2.
Ieri, alla fine, mi sono addormentato verso le due. Stamattina mi sono svegliato presto come al solito: suppongo di avere un orologio biologico a cui non va proprio a genio l'idea di farmi dormire più di sei ore a notte, perché non mi capita di svegliarmi ad un orario decente da mesi. Non ricordo di aver fatto alcun sogno, come spesso accade.
Mi sono alzato con gli occhi ancora mezzi chiusi, la bocca impastata e le labbra gonfie dal sonno. Guardandomi allo specchio, mi dico di dovermi dare una mossa a lavare i capelli. Con uno sbadiglio mi sciacquo appena il viso, giusto per dare una rinfrescata, ricordando però le solite parole della mia amica Serena: "É importante che tu ti lavi bene il viso tutte le mattine e tutte le sere. E mi raccomando, la crema solare di giorno. Non é che se l'acne sta andando meglio non devi avere cura della tua pelle."
E devo darle ragione. Il problema è che o sono preso bene, o di mettere tutti quei prodotti in faccia proprio non mi va, anche perché, come ha detto lei, l'acne sta anche andando via col tempo. Mi sono rimaste diverse cicatrici sul viso, ma almeno non devo trovarmi nuovi, fastidiosi brufoli ogni mattina quando mi guardo allo specchio.
Serena non abita qui, ma a Berlino, infatti con lei parlo in tedesco. È la figlia di un vecchio amico di mio padre, con cui mi sono sempre trovato bene, anche se é esattamente il genere di persona che potrebbe tirar fuori qualche battuta omofoba senza farlo apposta.
A Berlino ci torniamo spesso e a me fa piacere, perché mi piace sicuramente molto più di Taranto ed è una delle città più belle in cui sia mai stato. Quando ci andiamo, dormo sempre a casa di Serena, fin da quando ero piccolo: con lei mi diverto sempre tantissimo, condividiamo lo stesso senso dell'umorismo e ci ritroviamo spesso a ridere senza una vera e propria ragione. Passiamo le giornate a giocare a carte, a guardare film e cartoni animati senza senso sul divano della famiglia Roth, spesso dopo aver fumato una canna. Certo, da bambini non fumavamo le canne, ma mangiavamo i popcorn.
Fumare con Serena è ancora più divertente rispetto a farlo con Samuele e Clara, anche perché con lei mi sono sempre sentito a mio agio. É capitato che la botta mi prendesse male, facendomi finire in uno stato di ansia e paranoia di cui riuscivo a disfarmi solo una volta affievolito l'effetto, ma con Serena mai. Con Serena sono sempre tranquillo e spesso mi addormento sul divano, le volte in cui non passo quelle due orette a ridere per le stronzate che guardiamo in televisione.
"Voi due mi fate morire", aveva detto una volta mia madre, durante la cena della vigilia di Natale, mentre io e Serena, sballati a loro insaputa, scoppiavamo a ridere solo scambiandoci uno sguardo.
Con lei vado a quasi tutti i concerti, ci piacciono le stesse band e gli stessi artisti, che ascoltiamo per ore a casa senza far niente, semplicemente cantando e facendo gli idioti.
É stata la prima, Serena, a cui ho parlato di Federico. Eravamo al Tiergarten e stavamo mangiando un trancio di pizza (che per me era difficile chiamare realmente pizza). Faceva caldissimo, quel giorno, non passava nemmeno un soffio d'aria, io ero sdraiato con la testa sulle sue gambe, le ginocchia piegate con in cima il cartone della pizza. Avevamo compiuto da poco quindici anni, a cinque giorni di distanza. Serena non la smette mai di prendermi in giro perché sono più piccolo di lei di cinque giorni.
"Devo dirti una cosa."
"Se sei innamorato di me, Jü, giuro che..."
Feci una smorfia disgustata e la sentii tirarmi un pugno sul braccio. "No, anzi. Tutt'altro."
"Ti faccio proprio così schifo? Allora non ti do più le sigarette."
"Me le compro da solo."
"E poi come le nascondi ai tuoi genitori?"
"Oh, cazzo", lo avevo detto in italiano. I suoi non si facevano problemi, sul fatto che lei fumasse, ma per i miei neanche l'idea del tenere tra le dita una sigaretta poteva essere concepita. Ora me ne importa poco e niente, ma a quindici anni la pensavo diversamente.
"Quindi? Che mi devi dire di così importante da aver interrotto il mio pasto?"
"Sono omosessuale."
Serena aveva abbassato lo sguardo dalla sua pizza e mi aveva guardato per svariati secondi, come se stesse pensando a cosa dire. Poi aveva preso un morso e si era grattata la testa mora. "Sì?"
"Sì."
"E come lo sai?"
"Hai presente quel ragazzo, Federico?"
Ci pensò su per un attimo, per poi annuire. "Ah, sì. Quello stronzo del tuo migliore amico."
"Non è più il mio migliore amico."
"È il tuo ragazzo?"
"No." sospirai. Avrei voluto che lo fosse. "Non ci parliamo più."
"E perché? Non sarà mica omofobo, Cristo santo."
"No, al contrario. Mi ha baciato, l'anno scorso."
"L'anno scorso? E me lo dici solo ora?"
"Be', volevo dirtelo di persona."
"Ma a te piace?"
"Credo di sì."
"E allora perché non state insieme?"
"Perché dice di non essere gay. E non vuole parlarmi più perché a quanto pare secondo lui ci resterei troppo male."
Serena alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. "Che coglione", sbottò con la bocca piena.
Già. Che coglione.
La cotta per Federico è andata via abbastanza presto e, aggiungerei, per fortuna. L'ho presa con filosofia. Mi chiedo tutt'ora cosa lo abbia spinto a fare quello che ha fatto, perché mica l'ho baciato io. In poche parole, ha fatto tutto da solo.
Ora come ora non ho un vero e proprio interesse per qualcuno in particolare, forse perché non incontro mai nessuno che non sia parte della mia cerchia di amici. E nessuno nella mia cerchia di amici é gay, per altro. La verità è che non sono molto bravo a fare conoscenze, mi piace instaurare un rapporto con le altre persone, questo sì, ma ad attaccare bottone proprio non sono capace, e quando qualcuno cerca di farlo con me sento spesso un senso di inferiorità che mi tiene bloccato, che non mi permette di tirare fuori il vero me per paura di non piacere agli altri.
"Ma che dovresti avere meno degli altri, Jü?" Mi aveva chiesto Samuele, un giorno dopo scuola, seduto sullo schienale di una panchina mentre finiva la propria sigaretta. Fuma le Chesterfield.
"Sei un ragazzo molto sveglio. Creativo, con tante idee. Fidati, non hai niente che non vada. Ti devi sbloccare, solo questo. E una volta che ti sarai sbloccato, sono sicuro che avrai così tanti amici che non saprai più con chi stare." Aveva buttato la sigaretta per terra dopo averla spenta sulla panchina.
A Samuele io ho messo una pietra sopra. Ho capito da subito di non avere speranze, con lui, perché gli piacciono le ragazze. Che senso avrebbe insistere? Non manca il modo in cui il mio cuore inizia a battere forte quando lo vedo, o quel calore che mi avvolge ogni volta che sono accanto a lui, ma almeno ho accettato il fatto che non potrò mai avere il privilegio e l'onore anche solo di baciarlo, di sentire le sue mani prendere le mie guance e accarezzarle.
"Fa schifo, Jü, lo so." Mi aveva detto lui stesso quando gliene avevo parlato. "E mi dispiace tanto."
Non ho mai capito perché avrebbe dovuto essere dispiaciuto. La tua sessualità non sei tu a deciderla, non è colpa tua se il tuo cuore batte per una donna piuttosto che per un uomo o viceversa. Fosse stato per me, non avrei di certo scelto di essere gay, perché la mia sessualità mi ha spesso portato problemi.
Insulti omofobi nei corridoi o, al contrario, amicizie fasulle date dalla voglia di fare carità da parte di molte persone, ma carità di cosa? Perché la gente, per avere un tornaconto personale, deve mostrare di essere buona con qualcuno che non ha alcuna difficoltà a parte quella di doversi sorbire gente del genere?
Se sei amico di un ragazzo gay, sei automaticamente una persona buona e onorevole? Stronzate. Essere un pezzo di merda oppure no non dipende dalle persone che frequenti né tanto meno dal farti vedere come un paladino della giustizia. É semplicemente invalidante e mi fa sentire diverso, quando di diverso, di fatto, non ho niente.
Quello stesso giorno, Samuele si era alzato dalla panchina e aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni larghi e cadenti.
I professori lo consideravano un teppistello solo per il modo in cui si vestiva e stronzate simili.
Samuele ha quattro piercing in faccia (un anellino in mezzo al labbro inferiore e uno al naso, due perline di metallo in mezzo alle sopracciglia) e svariati orecchini, i suoi lunghi capelli ramati sono spesso spettinati e, nonostante in realtà sia un ragazzo buono e gentile con tutti, sembra avere l'espressione di uno che potrebbe ucciderti da un momento all'altro.
Nonostante a scuola sia un genio, i professori proprio non vogliono accettare che Samuele, da loro visto come un pazzo criminale esclusivamente per il modo in cui appare, si impegni quanto gli altri se non di più. Ha talento, soprattutto. Da grande vuole fare il fumettista, quando mi mostra le sue vignette comprendo sempre più quanto sia geniale, sia per il modo in cui disegna sia per quanto divertenti ed efficaci siano, quelle brevi storie. Anche con Samuele, nonostante sia uno dei miei più cari amici, sento questo senso di inferiorità costante, perché so che non riuscirei mai a fare ciò che riesce a fare lui.
"Ho fame. Voglio farmi un panino." aveva detto.
"Sono le tre del pomeriggio."
"É la fame chimica."
"La fame chimica? Abbiamo diviso una canna in cinque."
"Sì ma era forte."
"No, non lo era."
"Stai zitto, Jürgen, o ti ficco la testa sotto la terra."
"Anche io ho fame", aveva detto Clara, passandosi una mano tra i riccioli tinti di rosa. "Vi direi di venire a casa mia e mangiare un po' di gelato, ma devo andare a prendere Alessandro."
"A quest'ora?" Era stata Matilde, ora, a parlare, gli occhi scuri perplessi. "E dove sta?"
"E che ne so. Quel coglione si perde sempre."
Clara è sempre così, con il suo ragazzo. In realtà gli vuole molto bene, ma spesso e volentieri quei due si arrabbiano tra loro per motivi che io non riesco tante volte a capire. I conflitti si risolvono spesso nel giro di pochi minuti, però.
"Jü, passami la birra." Fece improvvisamente Mattia. Lo stesso Mattia che alle medie mi riteneva nazista perché sono nato in Germania. Con gli anni è cambiato, per fortuna, ma solo per alcune cose. Per altre, ancora non brilla di giudizio. Vidi Samuele allungarsi al posto mio, passandogli la bottiglia, e mi soffermai sul suo viso lentigginoso, lo stesso che avrei voluto osservare ogni mattina appena sveglio, per poi distogliere lo sguardo e puntarlo sul pavimento.