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Autore: Ghostclimber    28/05/2023    4 recensioni
Citando gli 883, "Chi le ha inventate le fotografie? Chi mi ha convinto a portar qui le mie?"
Hanamichi si ritrova con la Gundan e un pacco di vecchi album di foto.
Il passato riemerge, insieme ai volti di persone di cui il nome è ormai dimenticato, ma forse il ricordo non è più tanto amaro.
Genere: Commedia, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sakuragi bevve un altro sorso di birra, aspettando che finalmente il locale dei suoi amici si svuotasse per permettere loro di farsi la loro serata speciale, quella che ormai riuscivano ad organizzare non più di un paio di volte l'anno ma che non per questo era meno speciale; anzi, forse lo diventava ancora di più.

Mito era diventato un pezzo grosso delle risorse umane di una gigantesca multinazionale: il suo talento per distinguere le persone giuste da quelle che invece avrebbero fatto meglio a dedicarsi ad altro era, come già dal liceo, una dote quasi sovrannaturale.

Takamiya, invece, era diventato uno scrittore: per quanto Sakuragi e i libri continuassero a non andare molto d'accordo, quelli di Takamiya se li era letteralmente macinati. La sua ironia, il suo umorismo pungente e i suoi excursus che sembravano leggerti direttamente nell'anima erano qualcosa a cui nessuna persona sana di mente avrebbe rinunciato.

Noma e Ohkusu, invece, si erano messi in società, avevano comprato una casupola fatiscente vicino a una spiaggia di Kanagawa rinomata sia per il surf sia per il deep water soloing e attualmente facevano più soldi di tutti gli altri messi insieme.

Finalmente, l'ultimo abbronzatissimo surfista salutò e uscì; Noma attese una manciata di secondi, poi chiuse a chiave la porta d'ingresso, mentre Ohkusu tirava fuori una bottiglia di Wild Tukey e spillava le birre.

“E allora, Takamiya? È vero quel che si dice?” chiese Mito, abbandonando il proprio posto ad un tavolino su cui giaceva il suo laptop in via di spegnimento per andare a sedersi di fianco all'amico al bancone del bar.

“A volte sì, a volte no, dipende, di cosa parli?” rispose lui, biascicando intorno a una manciata di noccioline salate che si era appena ficcato in bocca.

“Che hai fatto uno scherzo a J. K. Rowling.”

“Ah, quello. Sì, decisamente vero.”

“Come come?” chiese Sakuragi, piazzandosi dall'altro lato di Takamiya, “Questa mi manca!”

“Dicono che si sia messo una minigonna, poi è entrato nel bagno delle donne a una convention di scrittori e quando la Rowling l'ha visto ha cacciato un urlo da svegliare i morti,” spiegò Mito. Takamiya annuì, un mezzo sorrisetto sulle labbra: “Della gente è entrata di corsa per capire cosa stesse succedendo, al che io ho attaccato a piangere e mi sono messo a sparare cazzate su di lei che mi stava facendo fat-shaming.” Sakuragi cominciò a ridere e non smise per un minuto buono.

All'ultima riunione avevano concordato tutti quanti che, nonostante fosse l'autrice di uno dei pochi libri non di Takamiya che tutti loro avevano letto e amato, ormai era tocca nel cervello, e si meritava di essere presa per il culo fino alla fine del mondo.

“Cazzo, vorrei aver visto la sua faccia!” guaì Noma.

“Se vuoi, ti giro il video che ha girato Stephen King. Si sente lui che sghignazza dall'inizio alla fine, ma tanto l'audio non è rilevante, stavo sparando cazzate senza capo ne coda.”

“Beh, tanto quella lì non saprebbe distinguere una stronzata senza senso...” Ohkusu cominciò. Tutti si unirono in coro al finale di frase: “Neanche se le apparisse di fronte nuda con il copriteiera di Dobby in testa!” seguirono altre risate, un po' malinconiche.

“Ora, terf del cazzo a parte, ragazzi!” disse Noma, “Non indovinerete mai cos'ho trovato!”

“Il tesoro dei pirati?” chiese Sakuragi.

“A quello ci sto lavorando,” rispose Noma, poi tirò fuori da dietro il bancone una pila di enormi album di fotografie.

“Oh, per l'amor del cielo...” commentò Mito a mezza voce.

“EHI!” protestò Sakuragi, “Non le hai trovate tu, le ho trovate io! E ti avevo detto di non portarle stasera, dai cazzo, che figura ci faccio?”

“Figura di merda, come al solito,” ridacchiò Mito, “Avanti, che ti fa?”

“Porca paletta, secchiello e rastrello...” borbottò Sakuragi, “Ditemi che non ci sono foto di me con quel cazzo di tirabaci...”

“Ce ne sono un botto,” lo rassicurò Noma, “E continuo a pensare che potremmo rilanciare la moda.”

“Risparmiami,” disse Mito, “Ho un nome da difendere.”

“Se mi facessi un tirabaci, Neil Gaiman non la smetterebbe più di prendermi per il culo.” disse Takamiya.

“Neil Gaiman ti prende per il culo a priori.” gli fece presente Ohkusu.

“Certo però,” disse Mito, sfogliando un album a caso, “Che un sacco di gente non l'ho più vista. Tipo questo, chi cazzo è?” Noma si allungò.

“Non ne ho la minima idea.”

“Ma sì, dai, è quel tale!” disse Ohkusu.

“Questo sì che restringe il campo!” lo prese in giro Sakuragi, “Ha gli occhiali?” Takamiya rise.

“Avanti, quello che c'è stato attaccato al culo per tre mesi perché così i bulli non gli rompevano le palle! Quello che poi s'è trovato un giro di bulli per prenderci per il culo.”

“Ah, lui!” disse Takamiya, “Perché non usiamo la foto per farci una bambolina vudù?”

“Perché non sappiamo un cazzo di vudù e probabilmente faremmo cazzate.” rispose Sakuragi.

“Parla per te, io ho fatto delle ricerche per un libro.”

“La tua cronologia dev'essere ancora più inquietante della mia.” commentò Mito ridendo.

“Però è deprimente.” commentò Noma, guardando la foto da dietro il bancone, “Di tutta sta gente, solo noi non abbiamo mai cercato di fotterci, non siamo mai spariti nel nulla...”

“Questo perché siamo un gruppo di deficienti,” disse Mito, buttando giù un sorso di birra, “Abbiamo tutti questo vizio di merda di dare anima e culo per la gente e poi a momenti nemmeno ci incazziamo quando non ci torna neanche un grazie.”

“Già,” concordò Hanamichi, “Come nel basket.”

“Chissà come mai quando si parla con te è sempre tutto come nel basket.” commentò Takamiya.

“Disse quello che in ogni libro ci deve mettere un vecchio che carica la pipa con dita rovinate dall'artrosi mentre guarda fuori dalla finestra seduto sulla poltrona reclinabile.”

“Touché.”

“Avanti, Hana, spiegaci perché è come nel basket.” disse Noma, sedendosi sul banco da lavoro dietro di sé, la birra in mano.

“Ecco, nel basket... puoi giocare alla stragrande, puoi essere il fottuto Michael Jordan, ma se in squadra non hai una buona difesa tanti auguri. L'avversario parte con il contropiede, e puoi anche essere un fenomeno sotto canestro, ma se la palla è dall'altra parte del campo sei solo un ciula che guarda un anello di ferro con una decorazione all'uncinetto sotto.”

“Cazzo, questa me la rivendo!” riuscì a dire Takamiya sghignazzando, mentre gli altri si buttavano in terra dalle risate.

“Però hai ragione, sai?” disse Mito, “Un po' è davvero la stessa roba. Noi siamo sempre stati pronti ad aiutare gli altri, ma non ci siamo mai preoccupati di dire neanche un 'ehi, a buon rendere', e ovviamente la gente prende senza mai restituire.”

“Vero.” concordò Ohkusu, prendendo cinque bicchierini per versare il primo giro di shots, “Dovremmo dare un nome a questa massima filosofica.”

“Massima filosofica.” ripeté Noma, in tono ironico.

“Senti, mi sembra un picco intellettuale alto quanto l'Everest dopo aver ascoltato i surfisti che parlano di onde per tutto il cazzo di giorno. Per non parlare di quei beoti che rischiano di sfracellarsi dalla roccia un giorno sì e l'altro pure.”

“Okay, ammesso. Dovremmo chiamarla...” Noma venne interrotto da Takamiya che cominciava a ridere. Si strozzò con la propria saliva e Sakuragi dovette battergli sulla schiena e farlo guardare in alto per un po'. Quando fu abbastanza certo che non avrebbero terminato la serata a vegliare sul corpo di un talentuoso scrittore, Sakuragi chiese: “Cosa c'è di così divertente? Fa' ridere anche noi.”

“Hana, dici così ai ragazzi che alleni?” chiese Mito.

“No, o meglio sì, l'ho sentito dire a una prof e mi è sembrato irritante, lo dico quando voglio farli smettere di minchioneggiare. Sanno benissimo che non me ne frega un cazzo.”

“Quindi non sono tenuto a dirtelo?” chiese Takamiya.

“Col cazzo, ora me lo dici!”

“Guarda qui.” Takamiya puntò il dito verso una foto, senza aggiungere altro, chiaramente impaziente di mostrare la propria scoperta agli amici.

“Oh, cazzo!” ululò Mito.

“Nooo, questo l'avevo rimosso!” berciò Noma.

“Merda, non ci credo!” pigolò Ohkusu.

Le guance di Sakuragi virarono ad un grazioso color rosso geranio, mentre buttava giù il suo shottino e si riempiva di nuovo il bicchiere da solo.

“Il cappellino della miglior squadra di basket della East Coast... i New York Yankees!” annunciò Takamiya, per poi rimettersi a ridere, stavolta con tanto di pugno sul tavolo e versi da foca.

“Cazzo, per un anno non gli abbiamo visto il cranio!” disse Mito.

“Credo che se lo tenesse su pure al cesso!” aggiunse Noma.

“Il che stupisce, perché...” Takamiya si interruppe per ridere, “Perché una tale testa di cazzo...” rise di nuovo, agitando le mani davanti a sé come a scusarsi per non essere in grado di finire la frase.

“Sì, sì, il concetto è chiaro,” disse Sakuragi, “Fa strano che una testa di cazzo come me non debba togliersi il cappello per pisciare. E dai, raga, non è che c'era Google e potevo controllare chi cazzo fossero gli Yankees!”

“No, ma magari quando la gente puntava il dito verso il cappello e ti chiedeva se ti piaceva il baseball, magari, magari eh, magari due domande potevi anche fartele!” disse Mito.

“Pignolo, ecco cosa sei, pignolo e cagacazzi.”

“Oddio, ma quella poi è Haruko? Che fine ha fatto?” chiese Noma.

“Lavora al fan club internazionale di Rukawa.” rispose Sakuragi. Noma rise.

“No, va' che non scherzo!” insistette Sakuragi, “L'ho risentita di recente. Lavora a Tokyo e smista le lettere d'amore dirette a Rukawa. Hanno anche un bel giro di riciclaggio di carta straccia, perché ovviamente Rukawa non ne vuole vedere mezza.”

“È incredibile che Rukawa abbia ancora tutte quelle fan se poi nemmeno se le caga.”

“Rimandano a tutte una lettera prestampata con autografo e dedica falsificate.” disse Sakuragi, “Idea di Haruko.”

“Il suo esempio di moralità.” commentò Noma.

“Ti aspettavi di più da una che chiede al fidanzato di scegliere tra lei e gli amici?” chiese Mito.

“Ma com'era finita poi?” chiese Takamiya, genuinamente curioso.

“Che io le ho detto che l'avrei fatto se lei avesse lasciato perdere le amiche,” rispose Sakuragi, “Uno schiaffone ed è passata la paura.”

“Che peccato. Sembrava tanto carina.” disse Ohkusu. Sakuragi fece spallucce: ci aveva creduto anche lui, ma la realtà dei fatti si era rivelata ben diversa.

“Sapete che vi dico, ragazzi?” fece Noma, “Mi sa che della vita non abbiamo capito proprio un cazzo. Ancora qui noi cinque stronzi a sbronzarci un paio di volte l'anno e parlare tutti insieme e poi mandarci i meme stupidi, e nessuno di noi ha uno straccio di fidanzata, figurarsi una moglie...”

“Hana è sposato con lo Shohoku, oramai.” lo interruppe Mito.

“Youhei, alleno ragazzini, potresti non dire certe stronzate a voce alta che già ho i genitori che per poco non mi fanno licenziare perché ho insegnato ai loro bambini a tirarsi le pacche sul culo?”

“Sì, ma anche te che tiri pacche sul culo ai ragazzini!”

“NON TIRO PACCHE SUL CULO AI RAGAZZINI!”

“E allora dove l'hanno imparato?”

“Me... me l'hanno visto fare.” borbottò Sakuragi. Con orrore vide gli amici che si scambiavano un'occhiata tra loro. Conosceva quell'occhiata.

“Ah, sì? E con chi?” chiese Takamiya, fingendo malissimo una voce molto neutra.

“A volte mi capita di fare degli one on one con altri ex giocatori del liceo, non ti saprei dire esattamente con chi, potrebbe essere stato chiunque, a parte Miyagi ovviamente, quello torna dall'America ogni morte di papa, resta per sette minuti e poi riparte, oh e chiaro anche non Maki, si è distrutto un ginocchio dieci anni fa e ancora gli esce la rotula quando si gira di scatto, va bene tutto ma non voglio vedere una roba del genere, sai che schifo, non lo so potrebbe essere stato Sendoh, o magari Mitsui, oppure sai che c'è? Forse era Hanagata, con lui mi sono trovato parecchie volte, ma ho giocato spesso anche con Kiyota, con Rukawa, con...”

“RUKAWA?!” esplosero i quattro amici come un sol uomo.

“Ho fatto ottantamila nomi e voi uno solo ne sentite?”

“Grazie al cazzo, Hana, ormai è un riflesso di Pavlov, riesci a dire il suo nome settanta volte in un minuto quando sei in forma!”

“Non... non è vero, dai.”

“E io ho sempre avuto il sospetto che tu ti fossi comprato quel cazzo di cappellino blu degli Yankees per dar fastidio a lui.” disse Mito. Sakuragi non poté far altro che arrossire fino all'attaccatura dei capelli.

“Beccato!” esultò Takamiya.

“Sappiamo tutti, vero, le implicazioni freudiane di tutto ciò?” chiese Noma.

“OI! Senti, gestisci un bar per i surfisti e ti hanno promosso al liceo con la sufficienza e il calcio in culo, non venirmi a parlare di filosofia!”

“Innanzitutto è psicologia e non filosofia, e comunque il succo è che ho sempre sospettato che in realtà Rukawa ti piacesse.”

“Adesso non diciamo cazzate!” si spremette Sakuragi. Tuttavia, prima ancora che i suoi amici avessero il tempo di alzare i sopraccigli in sincrono, si rese conto da solo che era suonato meno credibile di un attore secondario di una soap opera indiana.

 

Poi, tutto accadde molto rapidamente.

Noma si portò il bicchierino alla bocca e si sbrodolò.

Ohkusu cacciò un piccolo urlo.

Mito si voltò e si illuminò come una lucina di Natale.

Takamiya si voltò a sua volta e per poco non cadde dallo sgabello.

Rukawa disse: “Sete.” e bevve un sorso dalla birra di Sakuragi.

“Gliel'hai già detto?” chiese quando si fu dissetato.

“Detto cosa?” chiese in coro la Gundam.

“Lo prendo come un no.”

“Scusa, Rukawa, senza offesa, ma tu dove cazzo eri?” chiese Noma, “Yuji, non avevi controllato prima di chiudere?”

“Ho controllato, giuro che non c'era!”

“Mi ero addormentato in bagno.”

“Scusate... detto cosa?” ribadì Takamiya.

“Beh ecco, io, noi...” cominciò Sakuragi, poi guardò Rukawa, nel panico.

“Ci frequentiamo da un mesetto.” disse Rukawa per lui. Noma scese dal banco di lavoro, si chinò sotto al bancone e prese un sesto bicchierino, poi li riempì tutti.

“Okay, com'è successo?”

“Oh, sai, Kaede non ha saputo resistere al mio fascino maturo!” disse Sakuragi, poi cominciò a ridere sguaiatamente. Mito lo guardò per un paio di secondi, poi si voltò verso Rukawa: “Rifaccio la domanda, com'è successo?”

“Si è presentato al mio fan club di Tokyo, sbronzo come la merda, biascicando qualcosa sui New York Yankees.” disse Rukawa, “L'ho riaccompagnato a casa, lui si è dichiarato e io sono rimasto.”

“Versa di nuovo, Noma, devo riprendermi,” disse Takamiya, “Gli ho sentito dire più parole stasera che nel resto della vita.”

“In realtà è un riassunto molto conciso,” ammise Sakuragi, “Ha omesso la parte in cui io supplico Haruko di farmi incontrare Rukawa e lei chiama la polizia.”

“Più te di così non potevi essere, eh?”

“Sono una persona genuina, non mi tiro a lucido per fare colpo. Se mi vuoi, prendi tutto il pacchetto, se no niente.”

Mito diede di gomito a Rukawa: “Scommetto che ti stai facendo delle domande, vero?”

“Nh. Qualcuna.”

“Lascia perdere, non è spiegabile da mente umana.” Rukawa concesse un sorrisino, che scatenò un'esplosione di risate quando gli altri videro l'espressione completamente innamorata di Sakuragi, che subito dopo cominciò a inveire.

“Sapete invece una cosa, ragazzi?” disse Takamiya, “Forse è spiegabile.”

“Sh, raga, silenzio, sentiamo cosa dice l'unico che non abbia bisogno di un consulto per scrivere un messaggino all'idraulico.”

“Il punto è un po' quello che dicevamo prima sul basket.” disse Takamiya, “Com'è che l'avevamo chiamata?”

“Non l'abbiamo chiamata,” rispose Noma, “Io stavo per proporre 'La Dura Legge del Dunk' ma tu hai cominciato a ridere.”

“Io approvo.” disse Mito.

“Vorrei farvi notare che appena Nozomi ha detto 'basket', la volpe ha alzato la testa.” disse Sakuragi, beccandosi una gomitata volpesca.

“Hana diceva,” disse Takamiya a voce alta, “Che se non hai difesa poi parte il contropiede e gli altri segnano. Ma anche lo Shohoku quando eravamo in prima era un cazzo di colabrodo in difesa, con Hana più impegnato a stuzzicare Rukawa e Akagi che usava le mani più per la capoccia dura di Hana che per la palla. Ma che cazzo di spettacolo non era?”

“Hai ragione,” concordò Mito, “La difesa faceva acqua da tutte le parti, ma voi stronzi non mollavate mai di un millimetro, cazzo. Era esaltante da vedere.”

“E Hana... Hana è quello che a volte molla le difese e ti si mostra senza maschere. È per questo che gli stiamo appresso dopo tutto questo tempo.”

“E piantala, cazzo, mi fai arrossire!” protestò Sakuragi, ma si vedeva che era felice.

“Più di così, ne dubito!” lo prese in giro Mito.

“Più stronzi di voi non ce ne sono!” si inalberò Sakuragi.

Ma, mentre partiva l'immancabile finta litigata di tutti contro tutti, Rukawa appoggiò la testa alla spalla di Sakuragi e gli strinse una mano.

Sakuragi si voltò a guardarlo e tutto il resto cessò di esistere per una manciata di secondi: negli occhi di Rukawa poteva vedere la verità, e quanto questa coincidesse con quel che aveva detto Takamiya, almeno per il suo bel volpino.

Sakuragi si era presentato al fan club di Rukawa un giorno in cui era certo della sua presenza, non prima di essersi caricato a suon di vodka.

Aveva detto tutto ad Haruko, che in tutta risposta aveva chiamato la polizia e gli aveva rinfacciato -anche se questo Sakuragi l'aveva scoperto solo dopo- di averle mentito quando stavano insieme.

Rukawa era uscito per vedere cosa diavolo fosse tutto quel casino, e Sakuragi si era dichiarato, si era inginocchiato a supplicarlo di dargli una possibilità, una sola, piccola piccola.

Aveva persino ammesso di aver indossato per un anno un cappellino dei New York Yankees, convinto che fossero una squadra di basket, nella speranza che Rukawa andasse a parlargli per cercare di convertirlo ai Bulls.

E Rukawa aveva visto tutto ciò, e l'aveva amato nonostante la scenata imbarazzante; anzi, e la possibilità sembrava prendere forma solo ora, nel bar sulla spiaggia, forse l'aveva amato proprio per quella scenata imbarazzante.

Sakuragi si era giocato tutto, come contro il Sannoh, e anche stavolta aveva vinto... e aveva vinto molto più di una partita.

 

Takamiya aveva proprio ragione, pensò Sakuragi mentre si chinava a baciare Rukawa sulla fronte, che spettacolo quando giochiamo noi.

 

Poi, cracker e petardi esplosero sopra di loro, mentre Mito sventolava un tovagliolino su cui aveva scritto “Vittoria!”, e per un attimo fu di nuovo il liceo, e i giorni senza pensieri, e il fischio dell'arbitro che annuncia l'inizio della partita.

Rimasti in pochi, senz'altro: ma chi ha bisogno di gente che non era disposta a restare?





Mitsui dalla regia: "Vedo che ti è tornata la vena delle cazzate"
Battete un colpo se gradite, e grazie a lizardiana per l'inspirescion! (se vi piace il piccante -e no, non la paprika- leggetevi la sua fic!)
XOXO

 
   
 
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