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Autore: MaryFangirl    27/06/2023    0 recensioni
Camilo è un barista part time al Café Madrigal, un piccolo locale che ha perso quasi tutto, tranne i suoi più leali clienti, a causa di uno Starbucks aperto vicino.
Un giorno arriva Bruno, un uomo misterioso che diventa un nuovo cliente abituale.
(Coffee Shop Au – Bruno/Camilo – NO incest)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Bruno Madrigal, Camilo Madrigal
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Bruno non torna il giorno dopo. Né quello successivo.
 
Al terzo giorno trascorso dal disastro con l’album da disegno, Camilo si presenta con trenta minuti d’anticipo. Forse Bruno è così imbarazzato che ha deciso di evitarlo e di venire di mattina – tarda mattinata (Camilo ricorda che ha detto che fatica a svegliarsi presto). Forse riuscirà a beccarlo – non per metterlo in trappola, ovviamente, solo per intravederlo.
 
Ma non c’è traccia di Bruno al suo arrivo. Camilo riceve le chiavi dalla signora Madrigal, si mette il grembiule e cerca di non sentirsi troppo deluso.
 
Contro ogni previsione, la giornata è molto impegnativa: un paio di turisti curiosi entrano per prendere dei caffè freddi e scattare una dozzina di foto alle decorazioni e ai cestini werrengue, esaltando la ‘personalità’ del locale. Isabela arriva a metà pomeriggio, seguita da Pepa (senza il figlio) e Mirabel. Le loro voci allegre riempiono lo spazio e la sensazione dovrebbe essere calorosa e accogliente: il suono di solito non manca mai di rallegrare Camilo, anche se intramezzato dai leggeri bisticci fra Mirabel e Isabela.
 
Qualcosa non va oggi: le loro risate sono forti e chiare, ma alle orecchie di Camilo risultano piatte. Sa che non c’è niente che non vada in loro – è lui che si sente un pesce fuor d’acqua. Per una volta, c’è una barriera che non riesce ad oltrepassare: vi sbircia dall’esterno.
 
-È così che Bruno si è sempre sentito?- si chiede Camilo. Un sordo dolore gli si espande nel petto al pensiero.
 
Tenta di distrarsi chiacchierando con Pepa mentre prepara il suo solito espresso. “Allora, dov’è il piccoletto? Lo prende a scuola suo padre oggi?”
 
“Certo! Il compleanno di Antonio sta arrivando, quindi Felix si è preso la giornata libera per portarlo al parco dopo scuola. Ovviamente il grande giorno sarà la settimana prossima, ma abbiamo pensato che non è mai troppo presto per festeggiare – non posso credere che abbia già sette anni!” Pepa è raggiante mentre tutti esplodono in un coro di auguri. Qualcosa sembra colpirla mentre gli occhi percorrono il locale. “A proposito di piccoletti” aggiunge, “dov’è quel tipo magro, sempre così cortese? Quello che sta sempre sulla poltroncina verde”
 
Il dolore nel petto di Camilo diventa una fitta acuta, sorprendento lui per primo per l’intensità. “Si chiama Bruno” dice, senza riflettere se Bruno vorrebbe condividere l’informazione, “non viene da tre giorni, in realtà. Forse è malato” dice, cercando di apparire disinvolto anche se le parole gli suscitano un nuovo allarme – e se Bruno stesse davvero male? “O probabilmente è impegnato” si corregge, “avete sue notizie, per caso?”
 
Solo quando incontra gli sguardi vacui delle sue clienti Camilo si rende conto di aver divagato. La bevanda di Pepa giace dimenticata sul bancone dietro di lui.
 
“Scusa, Cami, non sappiamo niente” dice Mirabel esitante, “onestamente, non ho mai realmente parlato con Bruno”
 
Pronuncia il suo nome come se lo dicesse per la prima volta, il che ferisce un po’ Camilo, anche se sa che non è colpa sua per non averle detto di Bruno. Qualcosa gli ha impedito di sollevare il discorso, apparentemente più forte di oltre vent’anni di amicizia. Aveva la strana sensazione che, condividendo le sue piccole interazioni con Bruno con altri, Mirabel inclusa, avrebbe spezzato una sorta di incantesimo troppo fragile da esprimere a parole.
 
“Nemmeno io gli ho mai parlato” interviene Pepa, “è sempre così silenzioso...penso che non volessi disturbarlo”
 
Le tre donne si scambiano sguardi un po’ preoccupati e colpevoli e Camilo si sente subito male. Solo perché è depresso senza una valida ragione (Bruno sarà probabilmente impegnato a disegnare ratti o altro), non significa che debba guastare l’umore a tutti gli altri.
 
“Ah, non importa” sorride, “mi dispiace di essere un guastafeste, non volevo farvi preoccupare. E non posso lamentarmi di non avere clienti quando le più belle signore della città mi onorano della loro presenza” aggiunge con un inchino.
 
“È okay, tesoro” dice Pepa con un gesto della mano, “non è un problema. Sappiamo che lui ti piace più di noi” aggiunge con un occhiolino.
 
Camilo si finge indignato. “Pepa, luce dei miei occhi! Come puoi dire una cosa del genere?”
 
“Uh, forse perché lo guardi come se volessi saltargli addosso?” sentenzia Isabela.
 
Camilo si strozza con la saliva. “S-scusa?” farfuglia, “sembra che io voglia fare cosa?”
 
Nonostante sembri così misurata e tranquilla, Isabela sa essere straordinariamente schietta quando vuole. Pur conoscendola da mesi, occasionalmente Camilo si ritrova sorpreso da alcune sue uscite espresse con aria impassibile.
 
Questa volta è una di quelle. Camilo osserva le altre due e, con sgomento, le vede lottare visibilmente per trattenere dei ghigni.
 
“L’avete sentita?” chiede, totalmente incredulo.
 
“Non prendi in giro nessuno, caro” risponde Pepa con tono d’intesa, “so che prendi molto sul serio il tuo lavoro, e servi il miglior caffè che io abbia mai bevuto; ma trascorri un sacco di tempo sugli ordini di quel Bruno”
 
“Perché ci vuole molto tempo per la cioccolata santafereño” protesta Camilo, “è così, vero Mira?”
 
Mirabel si guarda le scarpe. “Beh...ti conosco da una vita, Cami” dice titubante, scrollando le spalle mortificata, “e non sei stato esattamente discreto”
 
Camilo si sente come colpito da un fulmine. Tradito, alla luce del giorno, dalla sua più intima amica – chi l’avrebbe mai detto? Torna sul viso vagamente compiaciuto di Isabela, senza parole.
 
“Io...davvero lo guardo così?”
 
“Niente di così rozzo come dice Isabela” lo placa Pepa, lanciando uno sguardo di leggero rimprovero all’altra, “il modo in cui lo guardi è molto dolce. Si capisce, è chiaro a tutti quanto ci tieni”
 
Prima che Camilo possa ribattere (cosa significa ‘è chiaro a tutti’?), lei si inclina e aggiunge con tono cospiratorio: “Inoltre, per quel che mi riguarda, non mi sembra che gli dispiaccia il modo in cui lo guardi”
 
Isabela sbuffa. “Questo è un eufemismo”
 
Mirabel ridacchia e lo stupore di Camilo raggiunge livelli record. I momenti di complicità tra Mirabel e Isabela sono rari; non ha mai pensato che, tra tutto, l’argomento Bruno le avrebbe unite, e lui non è nemmeno presente.
 
Le parole di Pepa risuonano nella testa di Camilo per il resto della giornata, molto tempo dopo che tutti se ne sono andati e lui rimane fino all’ora di chiusura.
 
-Il modo in cui lo guardi è molto dolce. Si capisce, è chiaro a tutti quanto ci tieni.-
 
-Non mi sembra che gli dispiaccia il modo in cui lo guardi.-
 
Camilo immagina di non doversi sorprendere. Nulla di tutto ciò è così inaspettato: le strane sensazioni allo stomaco, gli impulsi casuali di prendere la mano di Bruno o ravviargli i capelli, tutto questo dev’essere stato evidente. Nonostante le lezioni di recitazioni, non ha mai saputo controllare le proprie espressioni facciali. La consapevolezza gli ha almeno risparmiato l’umiliazione di scoprire i propri sentimenti tramite altri: sa di essersi innamorato di Bruno ormai da un po’, forse fin da quando ha messo piede per la prima volta al Café Madrigal.
 
È chiaramente cotto, oramai. Se avesse avuto bisogno di altre prove a riguardo, la costante irrequietezza degli ultimi tre giorni sarebbe stata più che sufficiente. Scoprire di essere stato così lampante al punto che chiunque se n’è accorto è stata solo la ciliegina sulla torta.
 
Il pomeriggio si allunga fino a sera e Camilo aspetta il più a lungo possibile finché non può più ignorare l’elefante nella stanza: per il terzo giorno di fila, Bruno non si fa vedere al Café Madrigal.
 
Mentre si prepara a chiudere per la notte, un familiare suono raggiunge il suo orecchio e si gira abbastanza velocemente da provocarsi un colpo di frusta. “Bruno?”
 
Nessuno. Camilo scuote la testa. Potrebbe giurare di aver sentito il sommesso ‘Ehi’ di Bruno nell’oscurità.
 
Ma parla con il nulla. È ora di chiudere: il locale risulta vuoto in modo inquietante, come un palcoscenico dopo che tutti gli attori se ne sono andati. O un fantasma lo ha ingannato, o sta iniziando a perdere la testa per la situazione con Bruno.
 
Ha sempre saputo che questo posto è infestato.
 
 
 
A Camilo piace pensare di essere un ragazzo paziente. Deve esserlo: i clienti non abituali del Café Madrigal impiegano anni per decidere cosa prendere, esprimendosi con ‘Oooh’ e ‘Aaah’ davanti alla cassa per lunghi minuti. Quindi sì, sa essere paziente.
 
Tranne, a quanto pare, quando si tratta di Bruno.
 
Se la terza volta non è andata bene, succederà alla quarta, aveva pensato Camilo. Ma il quarto giorno era arrivato e passato, e così il quinto, e il sesto, senza traccia di Bruno. Mentre l’ottavo giorno si avvicina, Camilo prova una sensazione molto sgradevole.
 
Onestamente non ricorda di essersi mai sentito così male – non durante la settimana degli esami finali, non dopo aver rotto con il suo primo ragazzo, non quando i suoi genitori l’avevano fatto accomodare illustrandogli il piano decennale che avevano programmato per lui, caratterizzato da una carriera di successo e un’adorabile casalinga pronta a dare loro dei nipoti prima che lui arrivasse ai trent’anni.
 
Sta diventando nervoso e distratto, confonde gli ordini e commette errori come un ragazzino al primo giorno. Errori goffi e stupidi che lo rendono irritabile: il suo sorriso per i clienti è rigido come una maschera rimasta sul viso troppo a lungo e, a giudicare dalle monete in diminuzione nel barattolo delle mance, la gente se n’è accorta.
 
Ma non c’è niente da fare, perché è passata ufficialmente una settimana intera e Bruno non è ancora tornato.
 
Camilo ha già superato alcune cotte precedenti: questa è mille volte peggiore. Perché questa volta Camilo non ha un numero di telefono a cui inviare un messaggio alle tre del mattino; non ha un altro luogo di ritrovo in cui potersi imbattere ‘accidentalmente’ in Bruno dopo il lavoro; non ha nemmeno conoscenti in comune da cui avere notizie.
 
E Bruno non è semplicemente un ragazzo carino che ha catturato l’attenzione di Camilo. È un uomo che ha una profonda paura dei luoghi pubblici e dell’interazione sociale – basandosi sul poco che ha condiviso con Camilo, ha trascorso la maggior parte dell’anno passato vivendo in completo isolamento, pietrificato dal solo pensiero di uscire di casa. È uno che ha dovuto lottare con la sua peggiore paura solo per mettere piede in un locale mezzo fallito, qualcuno per cui il Café Madrigal è stata l’unica porta sul mondo esterno.
 
Ora che questa porta si è chiusa, dove altro può andare Bruno?
 
“Ehi, Camilo, stai bene?”
 
La voce di Mariano lo desta dai suoi pensieri giusto in tempo perché si accorga che sta versando troppo latte di mandorla nel suo ordine. Il bicchiere trabocca e, con sorpresa, Camilo se lo rovescia addosso.
 
“Merda!” impreca Camilo, “scusa, Mariano, te ne faccio un altro”
 
“Non preoccuparti” dice Mariano con un sorriso rassicurante. “Stai bene?” chiede, con voce preoccupata, “sembri un po’ sulle nuvole e...non so, un po’ giù oggi”
 
Camilo scrolla le spalle mentre fa del suo meglio per asciugare il latte versato con il grembiule. “Ho solo molte cose per la testa” aggrotta la fronte davanti alla grande macchia verde che si allarga sul tessuto giallo mentre inizia a preparare di nuovo l’ordine. “Sai com’è, ho un locale da mandare avanti”
 
Gli occhi di Mariano si addolciscono, facendolo apparire un orsacchiotto di peluche. “È per il signor Bruno? Avete litigato” chiede con tono leggermente più basso, avvicinandosi. “Mirabel mi ha detto che non viene da una settimana”
 
Camilo fa quasi cadere anche il secondo bicchiere. “Co-? No, non abbiamo litigato. Te l’ha detto Mirabel?” chiede, sconcertato. “Non litigo con i miei clienti”
 
Mariano alza le mani in segno di scuse. “Scusa, non sapevo che fosse solo un cliente. Pensavo fosse...” si agita, cercando le parole, “insomma, pensavo che foste intimi” termina imbarazzato.
 
Camilo si domanda cosa volesse realmente dire. Pensava che lui e Bruno fossero...cosa?
 
Intimi. Pensava che fossero intimi.
 
“Beh, siamo in due” replica.
 
Il silenzio che segue è pesante come il piombo. Si rende conto troppo tardi di quanto sia amara la sua voce, di quanto suoni infelice. I muscoli del suo viso sono tesi per aver forzato un sorriso per troppo tempo, e sa che deve apparire un po’ più che ‘giù’ al momento.
 
La tensione nell’aria sembra quella in cui il cameriere lascia cadere una grossa pila di piatti in un ristorante affollato e, a peggiorare le cose, l’espressione di Mariano inizia a sembrare quella di un cucciolo preso a calci. “Camilo, non intendevo...”
 
“Un caffelatte matcha con latte di mandorla in arrivo” interrompe Camilo, “scusa per l’attesa, te lo porto in un secondo”
 
Solo poche ore dopo, dopo aver raccontato l’intera conversazione a Mirabel davanti a dei muffin, Camilo comincia a sentirsi un po’ meno mortificato.
 
“Scusa se ho detto a Mariano che Bruno non viene da una settimana” dice lei con una smorfia, “non volevo trasformarlo in un pettegolezzo. Ero solo preoccupata per te”
 
“Lo so, non sono arrabbiato. Né con te né con Mariano. Solo non mi aspettavo che mi chiedesse se avessimo litigato”
 
Mirabel ridacchia. “Conosci Mariano: è un tesoro, ma sa essere un po’ ottuso. Ricordi quando aveva una cotta per Isabela?”
 
Camilo rabbrividisce. “Di sicuro non il suo momento migliore. Ma ehi”, aggiunge alzando una spalla, “chi sono io per giudicare”
 
Mirabel gli colpisce leggermente la spalla con la propria, una vecchia abitudine rimasta dai tempi dell’infanzia. “Ci tieni davvero a lui, eh?”
 
Lui emette un lungo sospiro, così lungo che rimane senza fiato. “Non so cosa fare. Mariano ha detto che pensava che io e Bruno fossimo intimi, Pepa ha accennato al modo in cui lo guardavo, e ora non riesco proprio a smettere di pensare...e se lo avessi spaventato? Se fossi risultato inquietante? Se avesse pensato che volessi troppo da lui?”
 
“Sei così sicuro che voleste cose diverse l’uno dall’altro?” domanda Mirabel cautamente.
 
Camilo capisce cosa intende. Ripensa all’ultima volta che ha visto Bruno: lo schizzo incredibilmente bello del suo viso sulla pagina, l’espressione sconvolta di Bruno mentre recuperava l’album. “...non lo so. Forse gli piacevo anch’io, ma non ho detto le cose giuste al momento giusto” sospira di nuovo, brevemente. “Se non altro, pensavo fossimo amici. E gli amici rimangono in contatto. Non scompaiono”
 
Mirabel annuisce, ma mentre Camilo parla, si rende conto che quello che prova è troppo urgente, troppo disperato per essere amicizia. Cerca di pensare a come si spiegherebbe con Bruno se fosse presente, ma niente appare del tutto giusto.
 
-Dovresti dirmelo se hai bisogno di aiuto. Se non stai bene, voglio saperlo.-
 
Per la prima volta in vita sua, Camilo ha perso di vista qualcuno senza possibilità di contattarlo. Si chiede vagamente come poter realizzare un volantino per una persona scomparsa senza sapere nulla di lei. Nessun indirizzo, né numero di telefono, nemmeno un cognome.
 
Descrizione: cliente preferito. Risponde al nome di Bruno. Alto circa un metro e settantacinque, con capelli neri spettinati e occhi verdi. Occupazione precedente: professore universitario. Occupazione attuale: lettore di tabloid e illustratore di ratti.
 
Camilo prende in considerazione l’idea per alcuni secondi prima di rendersi conto di quanto sia pericolosamente vicino a contemplarla seriamente. La signora Madrigal lo avrebbe ritenuto impazzito se l’avesse visto attaccare volantini per un cliente abituale che non si faceva vedere da una settimana. Ancora più importante, Bruno lo avrebbe odiato. Per uno così timoroso di attirare l’attenzione, vedere la sua faccia su un foglio sarebbe stata la realizzazione di un incubo.
 
Meglio lasciarlo in pace, come farebbe qualsiasi persona normale. Nello stesso tempo, Camilo pensa a Bruno, da solo nel suo appartamento, a battere sul legno mentre il mondo si restringe ancora una volta intorno a lui, e gli viene da vomitare.
 
 
 
“Se continui così, diventerai uno scheletro” gli dice un giorno la signora Madrigal mentre gli porge le chiavi per il pomeriggio.
 
Camilo si guarda. “Di cosa parla, signora? Sono il ritratto della salute”
 
Lei scuote la testa in segno di disapprovazione. “Sei sempre stato pelle e ossa, figliolo, ma ultimamente è peggio del solito”
 
“Mi piace pensare di essere un ragazzo di bell’aspetto, ma...”
 
“Non mangi abbastanza e sembra che tu non abbia nemmeno dormito” continua lei senza pietà, “se non ti prendi più cura di te stesso, sarai uno scheletro per la fine del mese – e gli scheletri non vanno bene per gli affari”
 
Per sottolineare le sue parole, poggia un piatto pieno di arepas sul tavolo che Camilo sta pulendo. “Mangia; le ho preparate solo per te. Mangia quello che puoi ora e porta il resto a casa per cena. Ti serve cibo vero, non quei noodles istantanei che i ragazzini mangiano ogni giorno”
 
La bocca di Camilo si riempie di saliva, l’appetito si risveglia per la prima volta da giorni. È vero che ha mangiato male e non ha dormito bene (ha avuto lo stesso incubo per diverse notti di fila – Bruno da solo in una stanza simile a una caverna con le porte sbarrate, circondato da sabbia che cadeva), ma il cibo della signora Madrigal farebbe venire fame a un morto.
 
Morde un’arepa e si sente in visibilio. “Si è superata, signora” dice con la bocca piena, divorando il resto. “Non ero così affamato da secoli”
 
“Certo che no” lei alza le spalle, “sei malato d’amore”
 
Mai in un milione di anni Camilo si sarebbe aspettato di sentire questo termine dalla voce della signora Madrigal. ‘Malato d’amore’ risulta così frivolo e sciocco, tutto il contrario della signora anziana che lui è orgoglioso di avere come capo. Per un secondo, Camilo pensa abbia parlato con sarcasmo, ma lei è mortalmente seria.
 
“Prego?” chiede dopo aver ingoiato un altro boccone.
 
“Pensi che non riconosca i sintomi? Sei di pessimo umore, dimentichi di mangiare, perdi il sonno; tutto perché sei preoccupanto da morire per qualcuno che ami, qualcuno che è prezioso per te” il bagliore consapevole nei suoi occhi si attenua in una foschia malinconica mentre si siede di fronte a Camilo. “Come moglie, madre e nonna, temo di doverti dire che non esiste una cura”
 
Camilo esita. Da un lato, si fida della signora Madrigal. D’altra parte, lei è pur sempre il suo capo, e lui non è sicuro di poter ammettere apertamente di aver perso la testa per un cliente, uno che lui stesso potrebbe aver spaventato e allontanato dal locale.
 
Per fortuna, lei sembra cogliere la sua riluttanza, spingendo il piatto verso di lui prima di scegliere con cura alcuni piccoli fiori di campo dalla composizione floreale sul tavolo. “Non devi parlarmene. Ma volevo ricordarti di non trascurare la salute” le sue dita forti e aggraziate iniziano a intrecciare i fiori con facilità. “Vorrei fare di più per aiutarti, caro, ma come ho detto...nessuna cura. In questa vita, amare significa avere paura”
 
“Mi è difficile immaginare che lei abbia paura di qualcosa, signora” ammette Camilo con un sorriso.
 
“Ah!” emette una risata, acuta e secca, mentre le sue dita lavorano rapidamente sui teneri steli. “Ho avuto paura da molto prima che tu nascessi, Camilito, ed è tutto a causa dell’amore. Amare qualcuno significa preoccuparsi, avere paura per quella persona, specialmente se è lontana. Sono venuta in questo paese da sola, a parte i tre bambini che portavo in grembo. Il mio Pedro mi ha inviato per mesi una lettera dopo l’altra. Ogni giorno ne aspettavo una e ogni notte restavo sveglia a chiedermi quando sarebbe arrivata la successiva”
 
Camilo aggrotta la fronte. È la prima volta che la sente parlare delle circostanze del suo arrivo nel paese. “Non sapevo che fosse venuta qui da sola” dice piano, “pensavo che lei e suo marito vi foste sistemati insieme”
 
La signora scuote il capo. “Ci abbiamo provato, lui doveva rimanere indietro. Il mio amore per lui giunse insieme alla paura. Mi tenevano compagnia la notte: era come dormire con la sua sagoma al mio fianco. Non ho mai smesso di preoccuparmi per lui, anche molto tempo dopo aver saputo che non c’era più speranza, né lacrime da versare”
 
Chinata sui minuscoli fiori, il suo viso appare composto e irremovibile come sempre. Gli anni l’hanno solidificata invece di logorarla. A parte qualche ruga intorno agli occhi, la sua fronte è liscia come pietra.
 
Camilo deduce che il suo dolore sia stato scavato troppo in profondità e per troppo tempo per risalire in superficie. Si sente giovanissimo e trasparente accanto a lei, come un mollusco dal guscio traslucido.
 
Ma non c’è giudizio nei suoi occhi quando lo guarda e sorride. “Mi preoccupo per lui ancora adesso – un uomo morto da cinquant’anni! Quando mi sveglio e c’è il sole penso, ‘Devo ricordare a Pedro di mettersi il cappello, se lo dimentica sempre’, e poi ricordo. Sono vecchia da molto tempo, forse sto perdendo i colpi anch’io”
 
Camilo le stringe la mano. “Non potrebbe mai succedere, signora. La sua mente è fresca e luminosa come i fiori che tiene in mano”
 
“Non sprecare le tue dolci parole con me, Camilo. Conservale per la persona che ti ha fatto perdere il sonno, chiunque sia”
 
Camilo guarda il piatto di arepas: la prima cosa che abbia servito a Bruno. Ricorda di aver notato quanto fossero sottili i suoi polsi mentre prendeva l’arepa. Si chiede cosa stia mangiando Bruno adesso.
 
“Come si fa?” chiede, “quando non c’è modo di contattare, e tutto ciò che rimane è aspettare e sperare. Come si supera senza impazzire?”
 
“Io prego. Ho sempre pregato per avere la pazienza e la forza di amare, e Dio non mi ha mai deluso” prende la mano di Camilo e i fiori, ora intrecciati in un piccolo braccialetto, circondano il suo polso, come un portafortuna per bambini. “Dovresti fare un tentativo, figliolo”
 
Camilo non le dice che non è religioso; ma molte ore dopo, alla fine di un’altra giornata passata a sentire il cuore in gola ogni volta che la porta si apriva, il consiglio gli torna in mente.
 
È stata una giornata lunga e impegnativa e la serata è incantevole nella sua tranquillità. Dopo aver chiuso a chiave, Camilo si ferma a guardare la piccola caffetteria, buia e sonnecchiante alla luce delle stelle; quasi la sente russare.
 
Vorrebbe che Bruno fosse qui adesso. Gli piacerebbe molto – si infilerebbe nel letto come una perla in velluto scuro, con la sensazione di aver vissuto una bella giornata.
 
Inatteso e indesiderato, un pensiero terribilmente sdolcinato aleggia nella sua mente: forse Bruno sta guardando le stesse stelle al momento. Sbuffa; è più probabile che Bruno sia curvo davanti alla tv con le tende tirate, guardando altre stelle, quelle delle telenovele. Camilo sente un sorriso tirargli le labbra, prima di essere colpito nello stomaco da un’improvvisa ondata di angoscia.
 
La verità è che non sa affatto quello che Bruno sta guardando in questo momento, e osservare tutte le stelle del mondo non gli darebbe alcun indizio. Bruno potrebbe essere in preda a un orribile attacco di panico, potrebbe essere morto e le stelle continuerebbero a brillare altrettanto luminose. Come diavolo ha fatto qualcuno a credere di leggervi il futuro, si chiede Camilo, scrutando il cielo. Non può pregare come la signora Madrigal, non ha mai creduto nel suo Dio, ma per una volta vorrebbe che ci fosse qualcuno o qualcosa ad ascoltarlo.
 
Al posto di un potere superiore, la prima cosa che gli viene in mente è il Café Madrigal.
 
-Ti prego- supplica silenziosamente il locale che conosce così bene, -se c’è mai stato un momento in cui sei stata magica, questo è quello giusto. Va bene se non ricambia. Anche se non lo rivedrò più, starò bene prima poi. Ho solo bisogno che lui stia bene. Per favore, fa’ che stia bene.-
 
Una calda brezza serale soffia, facendo tintinnare dolcemente le tegole sul tetto del locale. Il suono ricorda a Camilo i sonagli di un tempio e il suo cuore si sente un po’ più leggero.
 
 
 
Il giorno dopo, Camilo ha a malapena il tempo di allacciarsi il grembiule e prepararsi per l’inizio del turno prima che il campanello sopra la porta del caffè suoni. Si raddrizza come un suricato, una nuova speranza si espande nel suo petto.
 
Si sgonfia quando Mirabel entra e Camilo cerca di non apparire deluso. Questa volta c’è una nuova presenza che lui non riconosce: una giovane donna che sembra avere qualche anno in più di lei, con un delicato viso innocente e capelli castani ricci raccolti in una bandana rossa.
 
“Ehi, Cami, questa è la mia amica Dolores del corso di danza” presenta Mirabel entusiasta, “le ho parlato un sacco di questo posto e finalmente ha avuto un po’ di tempo per passare”
 
“Benvenuta al Café Madrigal” sorride Camilo, “è sempre bello incontrare uno degli ostaggi di Mira, spero non ti abbia torturata troppo per portari qui”
 
La donna sorride pudicamente alla battuta. “In realtà era da tempo che volevo venire qui” dice con voci così bassa che lui fatica a sentirla, “uno dei miei pazienti dice che è il posto che preferisce in città”
 
Qualcosa scatta nel cervello di Camilo. Dolores. ‘Uno dei miei pazienti’. Potrebbe essere...?
 
“Hai un paziente che si chiama Bruno?” sbotta prima di fermarsi.
 
Dolores emette uno squittio, come se l’avesseto sorpresa a dire qualcosa che non avrebbe dovuto. “Non posso discutere i dettagli dei miei pazienti senza consenso...”
 
“No, lo so, scusa, non volevo ficcanasare” interrompe Camilo, farfugliando. La sua lingua improvvisamente sembra troppo grande per la sua bocca. Quindi lei è Dolores, la terapista di Bruno, la persona che probabilmente lo ha aiutato a superare più attacchi di panico di quanti Camilo possa contare, la persona che lo ha condotto al Café Madrigal. Se c’è qualcuno che può dare a Camilo un’idea di come stia Bruno, e indicargli che probabilità ci siano che lo rivedrà, è lei.
 
Non può rovinare tutto.
 
“Non devo sapere nulla di privato, ma...se lo conosci, puoi...” Camilo inghiotte il groppo in gola, dolorosamente consapevole di quanto stia apparendo strambo. “Puoi almeno dirmi se sta bene?” chiede.
 
Dolores non dice nulla a lungo, fissandolo con un’aria strana nei suoi occhi da cerbiatta, quasi come se lo stesse riconoscendo. Il che non ha senso, dato che Camilo è abbastanza sicuro di non averla vista prima in vita sua.
 
“Sta bene” risponde alla fine. La sua voce è attentamente neutra, non tradisce alcuna emozione, ma non lascia spazio all’incertezza.
 
E tutta la tensione che si è accumulata in Camilo per più di una settimana sparisce.
 
Bruno sta bene.
 
È come se qualcuno gli avesse allentato una vite nelle articolazioni: la gola, le spalle si rilassano. Camilo ha la sensazione di essere uscito dalla doccia più lunga e calda della sua vita. Le sue ossa sono diventate liquide.
 
Riesce ad annuire. “Bene. Questo, uhm, è un bene” forse è la cosa migliore che abbia sentito.
 
Dolores lo sta ancora fissando e Mirabel sembra decisamente perplessa, quindi Camilo si riprende abbastanza da prendere i loro ordini e iniziare a prepararli automaticamente. Mentre le sue mani eseguono i movimenti con poco o nessun input dal cervello, fatica a tacere. Ora che la domanda più grande e urgente ha avuto risposta, ne spuntano altre mille, come al gioco in cui c’è da colpire le talpe.
 
-È stato fuori casa? Parla con qualcuno? Gli manca la mia cioccolata? Quando tornerà?-
 
Camilo consegna alle ragazze il loro resto, porta le bevande e si ricorda di tenere il naso fuori dagli affari altrui. Solo perché Bruno sta bene non significa che abbia intenzione di presentarsi presto al Café Madrigal.
 
E se non dovesse più tornare...beh, Camilo si era detto che lo avrebbe accettato.
 
Nonostante tutto, non riesce a impedirsi di lanciare qualche occhiata verso Dolores. Lei se ne accorge, ovviamente; mentre saluta i pochi altri clienti abituali che passano più tardi nel pomeriggio, lui avverte rapidi sguardi furtivi da parte sua, come piume che gli solleticano la nuca.
 
Quando si alza per andarsene, Camilo ricorda improvvisamente della promessa fatta a Bruno, dalla quale sembrano passati secoli.
 
“Aspetta” la chiama mentre apre la porta, “la prossima volta, ricordami di offrirti un caffè. Il primo ordine è offerto dalla casa. Politica aziendale”
 
Dolores gli lancia un’altra lunga e silenziosa occhiata, il suo sguardo è stranamente penetrante nonostante sia gentile. È una terapista: Camilo si sente un esemplare di insetto particolarmente vulnerabile osservato al microscopio. Sente anche che lei si sta sforzando per non sorridere.
 
“Grazie” dice infine con la sua voce bassa, “me ne ricorderò per la prossima volta”
 
È tutta la conferma di cui Camilo ha bisogno. La prossima volta – ci sarà una prossima volta. Sarebbe tornata con altre notizie di Bruno. Non da condividere con Camilo, ovviamente, ma è comunque un ponte, un collegamento. Se mai fosse successo qualcosa di brutto a Bruno, in un modo o nell’altro gliel’avrebbe letto in faccia. Meglio che cercare un segno nelle stelle.
 
-Sono senza speranza- pensa mentre la porta si chiude dietro Dolores.
 
Una voce incerta interrompe i suoi pensieri. “Ehi, Camilo. Quella ragazza...ha detto che tornerà?”
 
Camilo si volta e vede Mariano con un’espressione così palesemente speranzosa che deve mordersi il labbro per trattenere una risata.
 
“Probabile, dato che le ho promesso un caffè gratis” dice, “mi spiace, penso che dovrai aspettare la sua terza visita per offrirle da bere”
 
Si sente un po’ in colpa quando Mariano arrossisce come una barbabietola fino alla radice dei capelli, ma non abbastanza da cancellare il ghigno sulla sua faccia. In effetti, non smette di sorridere per il resto della giornata, mentre serve i clienti, lava i piatti e anche quando pulisce un grumo non identificato dall’aspetto particolarmente ostinato dal lavandino.
 
Sorride ancora mentre rassetta il locale e si prepara a chiudere per la notte. Prima di spegnere le luci, si volta a osservare la poltrona verde accanto la finestra dove Bruno era solito sedersi. Sembra bizzarramente immobile senza di lui, con i suoi tic, sfogliando la sua rivista o disegnando. L’aria intorno pare ronzare in attesa, come se mani invisibili indicassero a qualcuno di sedersi.
 
“Sì, manca anche a me” dice Camilo con affetto. Non si imbarazza a parlare al caffè quando non c’è nessun altro. “Grazie per aver vegliato su di lui”
 
Il locale non risponde, ma Camilo sente che la sua gratitudine è stata accettata.
 
“Sta bene” dice un’ultima volta mentre chiuda, perché ha bisogno di risentirlo ad alta voce. Bruno è al sicuro, è tutto ciò che conta. Può smettere di preoccuparsi.
  
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