Miguel O’Hara era un uomo attento, sveglio e intelligente, ma anche uno
sbruffone orgoglioso. Con te, però, era diverso: in tua compagnia si godeva ogni
attimo, ogni momento, ogni singola tua parola e ogni tuo tocco, ogni tuo
sguardo.
Vi eravate conosciuti meglio poco dopo che essere stato reclutato da lui
stesso per entrare nella Spider Society e dopo un breve periodo di battibecchi
e problemi, la tua voglia e il tuo interesse di provare ad avvicinarti a lui,
vi avevano portato a cominciare una semplice relazione all’oscuro di tutti. Non
che fosse difficile immaginare cosa faceste insieme per tutto quel tempo quando
scomparivate da tutti e tutto.
La difficoltà di Miguel stava per lo più nel dover far pace con sé stesso
per ricominciare a fidarsi di qualcuno, di essere sicuro che il Multiverso non
sarebbe stato compromesso se vi foste presi del tempo per voi. Ed in più vi era
il casino che era capitato con la Gabriella della Terra-968B, quando lui perse
quell’unica scintilla di felicità che gli aveva permesso, anche solo per un
breve periodo, di avere fiducia nelle persona, di essere in grado di amare.
Ma dopo quello che era successo come poteva essere di nuovo in grado di
amare? È vero, gli ci erano voluti mesi, anni prima di incontrarti, ma ora che
facevi parte del suo mondo, sarebbe stato difficile lasciarti andare. Doveva
capire che, passo per passo, si sarebbe tutto sistemato, doveva avere fiducia e
tu eri lì anche per quello.
Una missione da poco finita aveva riportato indietro, attraverso diversi
portali, numerosi Spiders feriti, chi più grave e chi meno. Cercasti con
attenzione Miguel nella folla e lo vedesti uscire insieme a Jess come ultimo prima
che il portale si chiudesse. Nel vederlo senza ferite facesti un respiro di
sollievo.
“Miguel!” lo chiamasti avvicinandoti “Cosa è successo? Non sei ferito da
qualche parte vero?” gli prendesti le braccia e le spostasti avanti e indietro
controllando tutto il suo corpo.
Con un leggero strattone Miguel ti intimò di lasciarlo andare “Tutto bene”
rispose con voce seria, ma con una leggera tinta di affanno. I suoi occhi erano
bloccati di fronte a sé verso gli altri Spider e le su spalle duramente rigide
chiuse in avanti. Lo osservasti con più attenzione mentre si allontanava con
Jess che nel frattempo ti aveva fatto un cenno con la mano per salutarti.
Non che fosse una cosa così strana vederlo stressato e stanco dopo una
missione, specialmente se era una che non era andata così bene come si sperava,
ma in un modo o nell’altro vederlo così era sempre snervante. Volevi e c’eri
per lui quindi essere scansato in quel modo non era certo il ringraziamento che
ti saresti aspetto. Sbuffasti sonoramente e ti mettesti al lavoro per cercare
di dare una mano al gruppo medico incaricato. In quel momento Miguel era meglio
che fosse lasciato stare e che si prendesse del tempo per calmare i bollenti
spiriti.
La giornata andò avanti tranquillamente. Desti una mano a sorreggere verso
l’infermeria coloro che avevano un minimo di bisogno di assistenza, mentre
coloro feriti gravemente venivano portati velocemente sotto i ferri e operati.
Non che tu fossi un medico, affatto, ma era un modo anche solo per rendersi un
pochino più utile, specialmente quando non c’era altro da fare.
Controllasti l’orologio in infermeria e siccome erano già le sei passate
del pomeriggio, iniziasti a pensare che forse era giunto il momento di
prendersi un attimo di pausa e pensare a tornare sulla tua Terra. Rimanere
sempre così lontani ogni volta non era una buona cosa siccome il crimine non
riposava mai ed eri canonicamente l’unico Spider del tuo mondo e di
Brooklyn.
Ti avviasti verso l’uscita dopo aver salutato il personale della sala e
poco prima di mettere piede fuori dalla porta notasti un set di piccole
boccette su di un comodino. Ti venne un’idea stuzzicante e quando chiedesti ad
un’infermiera se potessi prenderle in prestito e lei ti disse di sì,
velocemente le presi in mano e ti avviasti fuori dalla porta quasi correndo.
Miguel più volte ti aveva chiesto di rimanere a fermarti per la notte. In
un primo periodo ti aveva lasciato una chiave elettronica per una delle stanza
del quartier generale, ma pian piano che la vostra relazione cresceva, era
inutile dire che quella chiave servisse sempre di meno. Ti aveva invece dato
una copia della sua per permetterti di entrare tutte le volte che volevi e
quando volevi, senza impegno.
Con tutta tranquillità ti avviasti verso la zona notte, dove sapevi che
Miguel sarebbe stato lì a riposare. Con tutta la sua buona voglia era quasi
impossibile, anche per lui, riuscire a concentrarsi quando era ovvio che fosse
così stanco. Salisti le scale che portavano alle stanze e una volta davanti
alla sua porta bussasti leggermente. Tre volte, come ti aveva chiesto di fare.
Aspettasti qualche secondo prima che la porta si aprì leggermente lasciando
spazio solamente per la testa di Miguel per fare capolino.
“Yo” lo salutasti con un sorriso sincero.
“Cosa c’è?” la voce pesante e assonnata, stanca. Lo si vedeva dai suoi
occhi così spenti che la missione aveva avuto più problemi del solito e in un
modo o nell’altro questo non aveva giovato alla sua salute, mentale e fisica.
Nonostante fosse snervante, sapevi che non lo faceva apposta a risponderti in
quel modo.
“Posso entrare? Vorrei passare un po’ di tempo assieme…” lo guardasti con
ancora il sorriso in volto.
Lo vedesti osservarti attentamente prima di lasciare un leggero sbuffo e
aprire la porta in modo la farti entrare. Senza neanche aspettarti si girò e
tornò a stendersi sul letto dove era stato fino a prima. Lo spettacolo era a
dir poco interessante: con solamente addosso i pantaloni di una tuta nera, la
schiena nuda era completamente in vista.
“Grazie,” ringraziasti entrando e chiudendoti la porta alle spalle. La sua
camera era semplice, nulla di che in particolare: il grosso letto contro una
parete, a lato due comodini. Vicino all’entrata una scrivania piena di
scartoffie e oggetti vari, mentre dalla parte opposta vi era un grande armadio.
Non c’era alcun che di decorazione e le grosse finestre erano parte del tempo
sempre chiuse in modo da non far entrare luce siccome i suoi occhi ne pativano.
Lasciasti le due boccette che avevi preso in prestito in infermeria, su uno
dei due comodini mentre ti sistemavi sul bordo del letto, vicino a Miguel. Lo
osservasti attentamente respirare, il corpo rigido come un pezzo di legno.
Allungasti una mano per poggiarla sulla sua nuca e lentamente la passasti in
mezzo ai suoi capelli. Appena lo toccasti notasti un visibile cambiamento della
postura, che divenne di poco più rilassata.
“Tutto bene…?” chiedesti con attenzione continuando ad accarezzarlo con
lenti movimenti. L’unica risposta che ricevesti fu un semplice e monotono mugugno,
stanco e leggermente infastidito.
“Ho notato che la missione è stata più difficile di quanto vi aspettavate.
Ho visto che sembri essere più esausto del solito,” la tua mano si spostò con
calma lungo il collo facendo una leggera pressione che Miguel accettò con
piacere facendo scomparire la faccia di più nei cuscini. Annuì leggermente alle
tue parole.
“Ho preso degli oli dall’infermeria,” lasciasti un attimo il tuo posto per
allungarti a prendere le boccette che avevi portato “Li ho portati perché sono
gli stessi che i medici e gli infermieri usano per i massaggi fisioterapico,”
sporgesti la testa in avanti per vedere meglio una possibile reazione dallo
Spider Man. “Ti andrebbe?” chiedesti.
Un altro mugugno si fece strada fino alle tue orecchie, questa volta
sembrava essere decisamente più rilassato, significato di un via libera. In una
mano prendesti una delle due boccette e girasti il tappo per aprirla. Un forte
odore, ma piacevole, di lavanda arrivò fino alle tue narici. Versasti un po’
del contenuto sulle mani e iniziasti a girarle tra di loro per ungerti bene
tutta la superficie.
Con attenzione ti alzasti dal posto al margine del letto e con altrettanta
attenzione spostasti una gamba oltre il suo fondoschiena e ti mettesti a
cavalcioni. Un leggero borbottio lasciò Miguel quando sentì il tuo peso
addosso, notasti che le sue anche si spostarono lievemente in avanti, alzandoti
leggermente. Un sogghigno si fece largo sulle tue labbra.
Era difficile dover prestare attenzione a quello che dovevi fare quando la
tua vista in quel momento era solamente puntata sulla sua schiena così
perfetta. Ma dopo aver fatto passare qualche secondo, spostasti il peso in
avanti e lentamente posasti le mani sulle sue spalle, nella parte
dell’attaccatura del collo. Al contatto delle mani oliate, fredde, con la sua
schiena, Miguel rabbrividì leggermente.
Lasciasti che si abituasse un po’ alla tua presenza e quando lo vedesti
rilassare le spalle, iniziasti a fare pressione coi pollici sui muscoli così
visibilmente tesi e rigidi. Avanti e indietro, le tue mani viaggiavano lungo
tutta la sua schiena, prima in una zona singola, poi allargandoti sempre di più
con movimenti semplici ma efficaci.
Con la faccia di Miguel pressata tra i cuscini del suo letto, ti era
difficile poter vedere il suo volto e le sue espressioni così l’unico modo era
quello di basarsi su di ogni singolo piccolo movimento che il suo corpo faceva
in reazione ai punti che massaggiavi.
Passasti le mani sulle spalle, prima verso l’interno facendo scivolare i
pollici fino all’attaccatura dei capelli, poi verso l’esterno e giù, lungo
tutta la colonna vertebrale fino alla zona lombare. A differenza di come si
poteva pensare, la pelle di Miguel non era così dura come il suo carattere, era
invece decisamente più liscia e morbida.
Numerose erano le cicatrici. Segni delle molteplici battaglie contro i
nemici della sua Terra e di tutte quelle cadute e colpi che si era preso nel
corso della sua carriera come Spider Man.
Con una leggera scossa del capo tornasti a concentrarti sul lavoro che
stavi facendo. I tuoi pollici si soffermarono nella zona lombare e spostando il
corpo in avanti facesti parecchia pressione proprio nel punto che sapevi, e
sentivi, essere più rigido. In un istante le mani di Miguel volarono sulle tue
cosce stringendo il tessuto e la carne in una morsa stretta ma attenta. Tutto
il suo corpo si irrigidì all’improvviso. Un gemito soffocato arrivò come musica
alle tue orecchie.
“Trovato il punto dolente” ridacchiasti continuando a massaggiare la zona
lombare applicando la stessa pressione, incontrando più volte il nodo.
Osservandolo attentamente potevi vedere la sua schiena tremare leggermente.
Il suo respiro soffocato dai cuscini e dalle lenzuola facevano si udisse poco
chiaramente.
Spostasti le mani di nuovo verso l’alto e poi con leggerezza di nuovo verso
il basso schiacciando il punto in cui si trovava il nodo. Passati i pollici più
volte sulla stessa zona, notasti che ogni volta Miguel lasciava un gemito e le
sue mani si stringevano ogni volta con più forza sulle tue cosce.
Sporgesti il volto in avanti e con stupore e piacere notasti un leggero
colorito rosso sulla punta delle orecchie. Non dicesti nulla per evitare una
possibile risposta scontrosa, ma sogghignasti tra te e te, divertito. Le tue
mani arrivarono fino alle scapole e si soffermarono lì per qualche secondo
prima di riprendere la loro strada lungo le spalle e la base del collo. Prima
rigide, le sue mani lasciarono la forte presa su di te, senza mai staccarsi
completamente.
Le tue dita si spostarono sulla lunghezza del suo collo fino ad arrivare
all’attaccatura dei capelli e premendo leggermente, con movimenti circolari,
proprio in quel punto.
Miguel si rilassò visibilmente, segno che quello fosse uno dei posti
migliori che potessi trovare. Le sue spalle si rilassarono notevolmente e
sentisti tutto il suo corpo quasi sciogliersi sotto il tuo peso. La sua schiena
si allargava lentamente, segno di profondi respiri.
Girasti intorno a quel punto per diversi minuti. Su e giù, su e giù. In
senso orario e antiorario, in modo da lavorare al meglio delle tue capacità. Di
nuovo come prima tornasti più in giù, prima sulle spalle e le scapole,
allargandoti anche lungo il braccio, poi scendendo nuovamente lungo la colonna
vertebrale.
E come prima, più scendevi e più pressione applicavi. Miguel d’altro canto
non poteva fare altro che irrigidirsi nuovamente. Le sue mani di nuovo
disperatamente attaccate alle tue cosce. Un altro gemito soffocato, seguito da
uno sbuffo trattenuto nei suoi polmoni.
“Hey fermo!” lo richiamasti ridacchiando quando per poco non cadesti dalla
sua schiena per un movimento troppo improvviso.
La sua faccia fece capolino per metà dai cuscini. Un forte strato di
rossore adornava la sua pelle dalla punta del naso fino allo orecchie. Gli
occhi vitrei dalle pupille larghe ti cercavano quasi disperatamente. Un leggero
rivolo di saliva cadeva dalle sue labbra, che disperatamente facevano entrare
più aria di quanti i polmoni potessero contenerne. Lo guardasti con attenzione
mentre sentivi un calore attraversarti tutta la schiena, i capelli sulla base
della tua nuca si rizzarono alla vista.
“Cosa succede, Miguel?” gli sussurrasti all’orecchio una volta che ti
sporgesti in avanti. Un sorriso malizioso sul tuo volto. La sua risposta fu
solo un mugugno quasi infastidito e la veloce fuga del viso di nuovo in mezzo
ai cuscini.
Per tormentarlo ancora un po’ decidesti di ripetere lo stesso processo di
prima e muovere di nuovo le mani lungo tutta la spina dorsale fino alla zona
lombare e quindi fare pressione con movimenti orari e antiorari. Lentamente,
delicatamente ma con precisione.
“Mh…”. Musica per le orecchie.
“Sembri essere parecchio stressato in questo punto, sai?” lo prendesti in
giro divertito. Miguel non parlò. Per un attimo pensasti che avesse iniziato a
mordere il cuscino così forte per non emettere rumori, che probabilmente
avresti poi ritrovato i buchi successivamente.
Massaggiasti ancora qualche minuto lungo tutta la sua schiena, ma
all’ennesima volta che lo stuzzicavi, in un attimo ti ritrovasti sbalzato via
dalla sua schiena. Miguel, infatti, si mosse così velocemente che non te ne
accorgesti nemmeno. In un attimo ti ritrovasti con la schiena sul materasso e
lui sopra di te, visibilmente rosso in viso.
“Si?” gli ghignasti divertito.
“Direi che possiamo fermarci qui” ti guardò dritto negli occhi, vitrei come
prima ma con un pizzico di lussuria che li faceva brillare di più.
“Mi sembra di aver fatto un buon lavoro, sai? Devo averti sciolto tutti i
nodi” pensasti ad alta voce sorridendo innocentemente, mentre sapevi che Miguel
tratteneva a stento uno sbuffo infastidito.
In un attimo ti si avvicinò più di prima, le sue labbra sfioravano il tuo
orecchio.
“Penso tocchi a me ora”