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Autore: Adifferenzadi    11/07/2023    1 recensioni
Sanzo aprí lentamente gli occhi. Qualcosa lo aveva svegliato. Un suono strano che era convinto di conoscere ma che non riusciva a mettere a fuoco. Riconobbe il soffitto e riconobbe la finestra da cui Gojyo aveva fumato la sera prima. Sollevò il busto dal materasso e non c’era dolore che potesse fermarlo o qualcuno dei suoi compagni che gli ricordasse di non strafare.
Spinse le gambe oltre il bordo del letto mentre quel suono continuava a reclamare la sua attenzione. I piedi raggiunsero il pavimento di foglie mentre macchie di luce filtravano dalle fronde degli alberi. Si mosse piano in mezzo al bosco, seguendo il suono di un pianto convulso.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Note dell'autrice: Che dire? Sono passati circa dieci anni dall’ultima cosa che ho scritto. Nel frattempo mi sono sposata, ho comprato casa, ho cambiato 4 lavori e ho raggiunto lo scoglio dei trent’anni (ma superato da un pezzo, eh?) Poi una mattina mi sono svegliata e mi sono chiesta… ma la gente che stava su EFP, che fine ha fatto?

Così, bho, ho ripreso a scrivere cose senza senso e mi sono detta, ma che ho da perdere? Fingiamo che sia il 2011 e fingiamo che la gente con cui mi sentivo e con cui mi piaceva confrontarmi per storie e commenti sia ancora su questo sito.

E dunque questa one-shot non ha pretese e manco idee ben definite. Solo cose a caso. Tanto per ributtarmi sulla scrittura. 

+ La Minekura non aggiorna Saiyuki da tipo il 2019, quindi perché non prendersi la briga di scrivere un pezzo per lei o anche per noi?
 

 

 

Credits: SAIYUKI ©2004 by Kazuya Minekura. All rights reserved.

 

 

Sogno Lucido

 

Per sogno lucido si intende un sogno avuto in coscienza del fatto di stare dormendo, onde la capacità di muoversi in maniera deliberata entro di esso. Con la pratica, il sognatore «lucido» può arrivare ad esplorare e modificare le situazioni del sogno a proprio piacimento.

 

“Hey, Sanzo…” l’occhio destro dalla pupilla violetta si aprí a malapena, alla ricerca di chi l’avesse chiamato, anche se sapeva perfettamente a chi appartenesse quella voce. Anche solo quel microscopico gesto di aprire un’occhio gli era costato un dolore immane, a partire dalla punta dei capelli sino a quella delle scarpe. La prima notte era sempre la più dura, in bilico tra il dolore lacerante che lo spingeva ad abbandonarsi ad un sonno profondo - e dunque ad una morte certa - e il bisogno di sopravvivere, c’erano ancora troppe domande e troppe cose in ballo per potersi permettere di morire così. 

Goku si chinò appena oltre il bordo del letto per guardare le condizioni del proprio leader, del quale il respiro spezzato segnalava le fitte continue di quelle bruciature di cui le cicatrici forse sarebbero rimaste per sempre. O forse no, Hakkai aveva fatto del suo meglio per riparare quel che poteva e poi i tre avevano scherzato sulla pellaccia dura di Sanzo, cacciando indietro le paure e dimentichi della realtà vera e cruda, il monaco era pur sempre solo umano.

Goku si era dunque addentrato nella stanza dove cercava di superare la notte il monaco, prima di ritirarsi nella propria per andare a dormire. La verità era che anche lui aveva la testa piena di pensieri e domande che non avevano risposta al momento, ma a cui non faceva altro che ossessionarsi. Un magone al cuore che aveva inizialmente associato alle condizioni critiche del bonzo ma che poi, ragionandoci, aveva capito appartenessero alla visione di quel Dio che era apparso per lottare contro Kougaiji e per certi versi salvare la vita di Sanzo - indirettamente.

Quando aveva allungato la mano per fermarlo, per un secondo, si era rivisto nelle azioni di Sanzo, quando questo aveva deciso di allontanarsi dal gruppo, mesi prima, per cercare Ukoku, il corvo che li aveva quasi annientati. Pur di parlare con quel Dio dalla spada affilata, avrebbe lasciato i suoi compagni di viaggio alle spalle. Forse. Forse no. Forse quel pensiero era apparso davvero per un secondo e poi era svanito velocemente alla vista del loro leader ferito. No, non ferito, ustionato.

Le labbra di Sanzo si mossero ma senza emettere alcun suono. Il dolore era talmente debilitante da impedirgli persino di parlare, solo che Goku non sembrava avere bisogno di dialogare per comprendere l’altro. Lo sguardo del monaco si mosse per segnalare qualcosa sul tavolo adiacente la parete opposta. 

“Non ti agitare, te le prendo io.” Disse il giovane demone voltandosi e raggiungendo gli oggetti che erano stati segnalati dal monaco. Acqua e antidolorifici. Con un paio di pillole in una mano e  un bicchiere nell’altra, tornò vicino il biondo. Sanzo si lasciò aiutare senza fiatare mentre Goku prima spingeva le capsule tra le labbra del biondo e poi passava un braccio dietro le sue spalle per permettergli di raddrizzare appena la schiena e mandare giù gli antidolorifici con appena un sorso d’acqua. Poteva sentire la pelle di Sanzo sudare per via della febbre e dell’infezione cominciata praticamente subito.

Goku vide il volto dell’altro corrucciarsi dal dolore per quel movimento, il biondo cacciò un gemito senza controllo, l’altro aveva cercato di adagiarlo sul materasso senza causare nessun danno ma i tessuti sotto la pelle ustionata erano talmente danneggiati che anche la minima pressione avrebbe recato dolore immagine al monaco. Questo, a dispetto dell’urlo strozzato, non sembrava arrabbiato con Goku in alcun modo o tantomeno sorpreso. Ne avevano decisamente viste di molto peggio.

“Hai…” la voce di Sanzo era talmente debole che Goku dovette nuovamente abbassarsi per assicurarsi di seguire le successive parole. “… hai bisogno anche tu… di dormire. Questo non è un capezzale.” C’era un tono divertito in quelle parole nonostante ogni singola lettera sembrava costasse una fatica immensa al biondo.

Goku sbuffò una mezza risata prima di alzarsi ed avvicinarsi alla porta. “Chiamaci se hai bisogno di qualcosa.” Disse ma il monaco non ascoltava già più, il sonno l’aveva accolto per nascondersi dal dolore e rifugiarsi in un sogno.

***

Koryu si guardò alle spalle con le lacrime che non avevano smesso di fermarsi. L’avevano vestito, preparato e gli avevano dato un’arma con cui difendersi. L’avevano schernito e deriso e poi si erano arresi alla cruda realtà dei fatti; Koryu era un Sanzo adesso e anche lui doveva fare i conti con questo titolo che gli era stato posto sulla sua testa. Non aveva importanza quanto lo rifiutasse o quante volte avesse detto a se stesso che non poteva e non voleva esserlo; Genjo era il suo nome da questo momento. Lui non aveva scelto la via del Buddha, ma la via del Buddha lo aveva scelto.

Il kasa gli nascose lo sguardo e Koryu riprese quel lento cammino, immaginando che la rabbia e il desiderio di vendetta per la morte del proprio amato padre e maestro l’avrebbero velocemente indotto al ritrovamento di chi aveva compiuto quell’omicidio vile e senza coraggio. Komyou non aveva nemmeno provato a difendersi, si era preoccupato di proteggere il proprio pupillo, forse la cosa più simile ad un figlio ma si era abbandonato a quella morte certa e questo Koryu non riusciva ad accettarlo.

Alla sera, appena gli occhi provavano a chiudersi, il ricordo tornava immediatamente a tormentarlo e c’era uno strano meccanismo dentro il suo cervello che lo induceva a cacciarlo e allo stesso tempo a ricercarlo per riviverlo fino alla nausea. Il dolore era struggente e consolatore. La visione di Komyou in un bagno di sangue gli faceva schizzare i battiti del cuore alle stelle e poi il senso di desolazione e impotenza lo cullava in uno stato di ipnosi in cui perdeva cognizione del tempo e dello spazio. 

In questo limbo che aveva creato, presto i giorni cominciarono a sparire veloci davanti agli occhi, gli unici avvenimenti che riuscivano a dare un senso a quel vagabondare erano i continui tentativi da parte dei nemici più disparati di attentare alla sua vita. Demoni o umani, non c’era alcuna differenza, tutti volevano qualcosa da lui. Che fosse il sutra, o che fossero i suoi averi in generale o che qualcuno lo avesse adocchiato per spingerlo in un angolo e tentare di violentarlo, Koryu finiva per odiarli tutti e non li uccideva soltanto fisicamente, li uccideva tutte le notti dentro la sua testa. Dovevano morire tutti, nessuno escluso.

Appena due mesi dopo avere lasciato il tempio Kinzan, Koryu correva con tutte le sue forze. Il fiato gli bruciava i polmoni ed era sicuro che il cuore sarebbe collassato da un momento all’altro. Qualcuno aveva affisso una taglia in denaro per chi riuscisse a fermare un orso che si aggirava ai piedi della montagna e che aveva attaccato una coppia lasciandoli moribondi. Koryu era convinto avrebbe potuto fermare l’orso e ricacciarlo nella profondità della foresta per racimolare del denaro. Aveva ascoltato alcuni racconti discordanti di chi pareva avesse avvistato la bestia e infine aveva trovato delle tracce e delle orme che lo avevano spinto in una zona nascosta della foresta. Quando l’orso era finalmente apparso e il biondo aveva cercato di avvicinarsi, questo non si era accorto dell’alveare nascosto nel cespuglio davanti a lui. Quando aveva tagliato con il proprio corpo la massa verde per passare, le vespe lo avevano attaccato senza dargli il tempo di urlare.

Sforzandosi di non aprire bocca e mentre lo sciame lo attaccava da ogni lato, intrufolandosi dentro ogni apertura della vesta monacale, Koryu corse disperato mentre ogni puntura lo dilaniava e il ronzio martellante dentro le orecchie lo perseguitava. Poi la visione di un lago artificiale gli era apparsa e dunque si era lanciato senza pensarci, dimentico della pistola o del sutra. Immerso fino ai capelli, Koryu si era dimenato come un matto mentre le vespe morivano velocemente incapaci di sopravvivere. Rimase immobile per un lunghissimo minuto prima di riemergere al limite del fiato.

Lentamente nuotò fino alla riva e si trascinò sulla terra, era come un grosso pezzo di carne tumefatto. Bolle, lividi e gonfiore ovunque. Boccheggiante, sconvolto, sporco di terra e fango, Koryu ritrovò la forza d’alzarsi. Trascinò il primo piede in mezzo alle foglie e poi il secondo. Le ginocchia tremarono e si aggrappò a qualsiasi tronco attorno per rimanere dritto. Mosse il piede destro in mezzo ad altre foglie e non si accorse della trappola nascosta sotto la suola.

Koryu gemette ma il dolore gli tolse immediatamente il respiro e per un secondo si sentì soffocare. Annaspò piegandosi in avanti, il mondo aveva cominciato a vorticare. Il proprio urlo era solo un’eco lontano. Svenne e ricadde all’indietro con il piede intrappolato fino alla caviglia nella bocca della morsa di ferro arrugginito, inconsapevole della fortuna di non essersi spezzato la gamba mentre perdeva i sensi.

***

Sanzo aprí nuovamente gli occhi, questa volta con la sensazione che il lato destro della testa stesse per aprirsi in due. Gli sembrava che qualcuno stesse cercando di infilare una grossa vite giusto sopra il sopracciglio dritta dentro il cervello. Il dolore al resto del corpo era diminuito ma non era sicuro se fosse una buona cosa o meno, certo era che la nausea dovuta a quell’emicrania fortificata dentro il cranio lo stava mettendo a dura prova. Non vedeva nemmeno decentemente, solo sprazzi di luci, forme e colori che deformavano la stanza intorno. Riusciva ad intravedere Hakkai che cercava lentamente di togliere i bendaggi infetti per cambiarli con i nuovi e Gojyo che si accendeva una hi-lite accanto la finestra. 

“Oi, sei sveglio?” Chiese il demone dagli occhi verdi accorgendosi degli occhi aperti del bonzo. Gojyo si girò di rimando seguendo i due da quella poca distanza ma Sanzo non sembrava in vena di dialogare, il mal di testa era talmente irradiato da causargli persino difficoltà nel parlare. Aveva la sensazione che le parole non uscissero proprio, che anche volesse dire una lettera dell’alfabeto - una qualsiasi - era come avesse dimenticato come formularla. Non erano una novità per lui quel tipo di emicranie.

Sanzo mosse il braccio sinistro, quello sano o comunque appena escoriato qui e là durante la colluttazione con Kougaiji. La mano afferrò il polso di Hakkai senza stringerlo e lo sguardo di lui e del bonzo si incrociarono. Gli occhi del biondo erano lucidi e rossi, la febbre lo stava mettendo a dura prova ma la tipica caparbietà del monaco non lo aveva abbandonato.

“Cos’é, Sanzo? Ti sto facendo male? Ho quasi finito con il bendaggio.” Chiese il demone mentre Gojyo cacciava la sigaretta fuori dalla finestra e si avvicinava ai due per controllare la situazione, come se due paia d’occhi extra potessero offrire una diagnosi più accurata. Il mezzo demone odiava ammettere quanto gli costasse vedere qualsiasi membro del proprio team soffrire così. Forse questa era la sua unica debolezza, s’immedesimava troppo nel dolore degli altri.

Sanzo non riuscì a trattenersi, spinse in un angolo remoto della propria testa il dolore al braccio ed il fianco bruciato e si girò d’impeto su quel lato per poi vomitare oltre oltre il bordo del letto, dritto sul pavimento. Poi svenne pacificamente con la testa penzoloni e la bocca sporca di bile.

***

Si svegliò di soprassalto quando la mano di un uomo gli toccò la guancia. Cercò a tentoni la pistola per sparare ma il dolore vivo delle punture di vespa insieme congiunto al piede ancora stretto nella morsa interruppe quel gesto automatico e Koryu cacciò un lunghissimo urlo, non si era nemmeno accorto delle lacrime che gli uscivano dagli occhi. L’uomo questa volta gli tappò la bocca cercando di parlare sopra le sue urla disperate.

“Rischi di staccarti il piede! Calmati! Ora ti aiuto, ti giuro che ti aiuto!” Vide l’uomo voltarsi chiamando qualcuno, un ragazzino forse della stessa età di Koryu. Le pupille violette cercavano di seguire i movimenti dei due mentre restava a fatica cosciente. A dispetto della situazione sfavorevole e dunque della sua predisposizione a non fidarsi di nessuno, il giovanissimo Sanzo decise che non aveva altra scelta.

Abbandonò il proprio peso contro il fango e voltò il viso per scostare la mano dell’uomo che premeva ancora contro la bocca. Afferrò il pezzo di legno più vicino e lo strinse tra i denti nascondendo poi gli occhi dietro il braccio. L’uomo e il ragazzino si lanciarono uno sguardo. Il più giovane afferrò i lati della morsa e l’adulto fece lo stesso, spinsero insieme per aprire la trappola e appena il piede di Koryu fu libero, questo si abbandonò a un nuovo straziante urlo. Le lacrime non avevano mai smesso di scorrere ai lati degli occhi.

Koryu vide l’uomo rialzarsi e si convinse che il peggio stesse solo per cominciare. La mano cercò di nuovo la pistola. Alzò la canna contro il suo volto, pronto per sparare mentre il ragazzino urlava di paura alla vista dell’arma. Il fragore della Smith&Wesson esplose nella foresta. 

***

La seconda notte Goku era esausto ed indolenzito dalla giornata trascorsa ad aiutare, ricostruire, spostare e rimediare al danno subito durante l’invasione di demoni. Il castello di Sharak era ancora un disastro ma ce la stavano mettendo tutta per riportarlo ad un minimo di decenza. Goku si era incaponito ed aveva cercato in tutti i modi di contribuire come poteva, candidandosi per qualsiasi lavoro o lavoretto che necessitasse di forza fisica o manovale. Aveva imparato velocemente a tirare su una parete da solo e ricostruire colonne portanti. Eppure, non appena la mano si era posata sulla maniglia della porta per controllare le condizioni fisiche del monaco, non aveva potuto fare a meno di fermarsi di nuovo a riflettere. 

C’era qualcosa nello sguardo di quel Dio venuto dal cielo che aveva aperto le porte ad un luogo sconosciuto dentro l’animo di Goku. C’era tristezza e desolazione dentro quell’antro che non sapeva nemmeno di possedere. Qualcosa di straziante era stato nascosto per moltissimo tempo e l’ultima volta che aveva provato tali emozioni, era stato poco prima che Sanzo offrisse la propria mano per salvarlo da quella cella che lo aveva tenuto in prigionia per secoli.

Il giovane demone scosse la testa, sperando di cacciare via quei pensieri che non riconosceva nemmeno suoi, forse adesso capiva perché Sanzo avesse sempre un’espressione dura sul volto, chissà che anche lui non avesse sempre tutti questi pensieri. 

Goku entrò nella camera del monaco provando uno strano senso di dejavù alla vista del biondo sdraiato e nella stessa identica posizione della sera prima. Le uniche differenze erano una bacinella per terra ed Hakkai seduto davanti al letto che lentamente srotolava per la terza volta in quel giorno i bendaggi di Sanzo.

Goku affiancò silenziosamente il demone alla sua sinistra, cercando sul volto del biondo una qualche forma di miglioramento, al contrario, questo sembrava ancora più pallido e ridotto ad una costante agonia. Eppure gli occhi si aprirono non appena il bonzo potè percepire la presenza del più giovane vicino il letto. Sanzo respirava velocemente, con la bocca chiusa in una linea dura ed il volto imperlato di sudore. Il ferito dunque richiuse gli occhi, rassicurato del fatto che solo i suoi compagni più stretti potessero vederlo in quel condizioni. 

Per Sanzo, essere così vulnerabili significava abbandonarsi alla fiducia degli altri, un’azione che per via di forze maggiori aveva dovuto rigettare come poteva. Non c’era stato mai nessuno di cui fidarsi per tantissimo tempo nella sua vita, o per lo meno fino a quando i suoi tre compagni di viaggio non avevano arricchito le sue giornate.

Goku avvicinò una sedia al bordo del letto e lì sedette osservando i gesti lenti e minuziosi di Hakkai il quale rilasciava una bolla di qi per ogni drappeggio che doveva staccare dalla pelle viva del loro leader.

“Hakkai…” Goku pronunciò cercando con lo sguardo la finestra, la luna piena ad illuminare la camera. Sanzo aprí nuovamente gli occhi ed il demone dagli occhi verdi sorrise in attesa che il più giovane parlasse di nuovo. “Cosa c’è Goku? Sei stato incredibilmente taciturno in questi giorni e impegnatissimo.”

“Non ne sono sicuro.” Disse aggiungendo una nota criptica a quella conversazione che non era nemmeno sicuro dove volesse andare a parare. Forse, indirettamente, voleva che Sanzo ascoltasse.

“Credo… credo di stare ricordando qualcosa ma non so cosa. Ho fatto un sogno ieri notte. No. Un’incubo. Potevo sentire la mia voce urlare di dolore e quando mi sono svegliato la testa mi stava esplodendo. È come se, qualcosa mi impedisse di accedere a dei ricordi che mi appartengono ma le emozioni collegate a quei ricordi sono state sbloccate da quando abbiamo incontrato quel tipo con la spada.” Goku si portò le mani ai capelli scuotendo il capo. “Non so nemmeno cosa sto dicendo!” Aggiunse infine esasperato.

Hakkai e Sanzo si scambiarono una veloce occhiata ma per motivi diversi. Il biondo, impossibilitato a muoversi, avrebbe voluto dire qualcosa ma era ancora troppo provato per ricadere nel solito cliché e rimproverare la scimmia di stare pensando troppo. Così sperava che che fosse l’altro a rassicurare il più giovane del gruppo. Ma rassicurarlo di cosa?

Hakkai, d’altro canto, era preoccupato che la sorgente dell’ondata negativa - sempre più vicina a loro - stesse lentamente intaccando i nervi dei compagni. Per primo Gojyo e lo strano simbolo comparso dietro al schiena di cui aveva mantenuto il segreto con tutti nella speranza che declinandone la presenza, questo avesse meno impatto sul mezzo demone stesso. Ma adesso Goku, con quella strana rivelazione, metteva ulteriore carne al fuoco. Le condizioni critiche del bonzo sembravano improvvisamente un monito agli occhi del demone dagli occhi verdi. Un monito di un futuro vicinissimo e che non prometteva nulla di buono.

Gli occhi di Goku cercarono nuovamente quelli di Sanzo il quale, se in un primo momento sembrava volesse essere partecipe di quella conversazione, adesso stringeva gli occhi mentre il dolore lo trascinava nell’oblio dell’incoscienza.

La verità è che nemmeno Hakkai voleva o poteva dire molto, il viaggio stava diventando sempre più impegnativo e tutti e quattro dovevano accettare che paura, preoccupazione ed ansia sarebbero rimaste con loro fino alla fine della loro avventura. Ed era così che dovevano disperatamente cercare di ricordarla, un’avventura che per quanto difficile portava gioia e dolore. E se per un secondo si fermavano a riflettere sulla realtà di quello a cui stavano andando incontro, ecco che allora il terrore diventava una paralisi.

Goku tornò a guardare la luna, conscio che non avrebbe ricevuto risposta per quella sera. Solo il suono del respiro affannato di Sanzo faceva da sottofondo a quella serata stranamente limpida.

***

Sanzo aprí lentamente gli occhi. Qualcosa lo aveva svegliato. Un suono strano che era convinto di conoscere ma che non riusciva a mettere a fuoco. Riconobbe il soffitto e riconobbe la finestra da cui Gojyo aveva fumato la sera prima. Sollevò il busto dal materasso e non c’era dolore che potesse fermarlo o qualcuno dei suoi compagni che gli ricordasse di non strafare.

Spinse le gambe oltre il bordo del letto mentre quel suono continuava a reclamare la sua attenzione. I piedi raggiunsero il pavimento di foglie mentre macchie di luce filtravano dalle fronde degli alberi. Si mosse piano in mezzo al bosco, seguendo il suono di un pianto convulso.

Oltre la vegetazione, nascosto in mezzo al fango, sporco di sangue e terra, Koryu piangeva stringendo con tutte le forze un pezzo di stoffa intorno alla gamba macellata da quella trappola arrugginita. Le mani non riuscivano a smettere di tremare mentre cercava in tutti modi di non guardare il corpo senza vita dell’uomo che aveva appena ucciso.

Sanzo mosse un piede in direzione di Koryu rivelando la sua presenza. Il ragazzino corse alla pistola sollevandola come monito mentre le lacrime non riuscivano a smettere di rigare il suo volto.

“Vattene!” La voce del più piccolo era uno stridulo rauco. I singhiozzi gli avevano raschiato la gola ed ogni parola era un respiro convulso. Non c’era luce negli occhi violetti. Non c’era gioia. Solo disperazione e paura.

Sanzo avanzò nuovamente. Lo sparò riecheggiò tra gli alberi ed il dolore di un proiettile contro la spalla interruppe il suo camminare solo per un secondo. Solo per avere il tempo di stringere il foro con una mano mentre il sangue immediatamente cominciava a zampillare sulla veste bianca.

Ma Sanzo non demorse. Ancora un passo ed ancora un altro e ancora uno sparo e ancora una ferita. Contro l’altra spalla. Contro il petto. Contro lo stomaco. Sul fianco ed alle ginocchia. Koryu si mosse appena cercando d’indietreggiare quando Sanzo si fermò ad osservarlo dall’alto. L’ombra del monaco contro il suo volto.

Sparò un’ultima volta quando la mano di Sanzo si mosse questa volta senza colpirlo. Gli toccò una guancia. Gli occhi di Koryu s’inondarono nuovamente di lacrime. 

“Non volevo ucciderlo.” Singhiozzò Koryu.

Una smorfia di dolore attraversò il volto di Sanzo mentre lentamente si abbassava a stringere le mani dell’altro per aiutarlo ad annodare lo straccio attorno alla ferita.

Sanzo sollevò lo sguardo dalla ferita agli occhi di Koryu. 

“Lo so.” Disse soltanto accogliendo con la mano destra la guancia del più piccolo. “Hai solo tredici anni.”

Koryu si lanciò in avanti cercando l’abbraccio disperato di qualcuno, di chiunque potesse dargli conforto e Sanzo lo strinse, con tutte le sue forze. 

 

 

END

  
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