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Autore: piccolaJaneway    19/07/2023    0 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto Procuratore]
Imma, dal canto suo, non era minimamente dispiaciuta di trovarsi in quella posizione, ma doveva comunque mantenere un certo livello di dignità. Ciò non le impedì comunque di intrecciare le mani dietro al collo di Calogiuri.
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Stava venendo giù il mondo.

Calogiuri aveva parcheggiato il motorino poco distante dal ristorantino in cui si erano fermati a cenare, ma in quelle condizioni non avrebbero potuto fare più di due passi. La strada non esisteva più e al suo posto scorreva ormai un fiume, le famigerate buche di Roma erano diventate laghi, alcuni tombini in stradine secondarie avevano anche iniziato a rigurgitare acqua e ciarpame non meglio identificato, e Imma distolse lo sguardo.

Dovevano soltanto riuscire a togliersi da lì in mezzo, trovare qualunque tipo di riparo temporaneo, e sarebbero stati in salvo.

Più facile a dirsi che a farsi, visto che Imma portava la sua solita scarpa tacco dodici, anzi stavolta pure aperta, ovviamente. Doveva essere onesta, se avesse fatto un altro passo avrebbe rischiato l’osso del collo. Ma, dato che si stava facendo il bagno, provò a imitare Calogiuri, che stava guadando il fiume per guadagnarsi lo scalino del marciapiede.

Mise male il piede, sentì la scarpa scivolare via nella corrente: vide tutta la sua vita scorrerle davanti agli occhi mentre si sentiva andare all’indietro, ma non fece neanche in tempo a gridare che due braccia la afferrarono saldamente.

Riaprì gli occhi e si trovò due fanali azzurri piantati su di lei.

“Dottoressa, fate attenzione.”

Poi si sentì volare, ma era solo Calogiuri che, senza cerimonie, la prendeva di peso e la depositava sul marciapiede.

Zoppicando, con una scarpa sì e una no, col braccio del maresciallo che le cingeva le spalle, raggiunse il misero riparo di una tettoia.
Gocciolava. Aveva freddo fin nelle ossa. Aveva perso una scarpa. La porta del palazzo su cui erano praticamente spiaccicati odorava leggermente di muffa.
Ma tutto ciò, in qualche modo, non riuscì a impedire la scossa elettrica che le attraversò la spina dorsale.

Le mani di Calogiuri la stringevano ancora per i gomiti, il suo respiro caldo le soffiava sulla faccia, i suoi occhi erano nei suoi.

“Calogiuri…”

Non fece in tempo nemmeno a sbattere le palpebre che si ritrovò schiacciata sul portone, il pomello che le premeva nella schiena. Ma non ci fece il minimo caso, perché tutta la sua attenzione era concentrata sulle labbra di Calogiuri sulle sue, che le stavano facendo vedere le stelle. Era un Signor Bacio, era Il Bacio di Hayez, era semplicemente perfetto.
Era spensieratezza, era gioia, era una quindicenne che provava il primo brivido.

Calogiuri si staccò e l’universo si ricompose nei suoi colori, mentre dalle labbra di Imma usciva un mugolio di protesta involontario e molto poco signorile.

Lo guardò. Lui sembrava un pulcino bagnato, con quegli occhioni.
La guardò, e si accorse che un ricciolo le era scappato sulla fronte e adesso gocciolava, lasciandole cadere goccia dopo goccia sul naso.

Imma sentì un’euforia irrazionale salirle in corpo, e una risata le sfuggì prima che potesse accorgersene. Calogiuri la seguì a ruota, in quell’angolo di mondo che era tutto loro, senza doversi preoccupare di fare la figura di due idioti zuppi dalla testa ai piedi a ridere fino alle lacrime sotto una tettoia.

A un tratto, la risata di Imma si trasformò in brivido di freddo.

“Dottoressa, dobbiamo rientrare o rischiamo di ammalarci.”

“Hai ragione, Calogiuri.”

Imma fece per staccarsi ma si sentì trattenere, e in un attimo fu in aria.

“Calogiù!”

La faccia contrariata della sua dottoressa lo squadrò dalle sue braccia.

“Non potete camminare senza una scarpa. E l’hotel è qui vicino.”

“Calogiuri, se non mi metti giù ti faccio un rapporto che te lo ricorderai per la vita, ti avverto!”

“Correrò il rischio”, rispose con un sorrisetto.

Il maresciallo dei carabinieri si avviò a passo deciso sotto la pioggia che sembrava essersi data una calmata, mentre la dottoressa nelle sue braccia borbottava improperi in cui non credeva probabilmente nemmeno lei.

Imma, dal canto suo, non era minimamente dispiaciuta di trovarsi in quella posizione, ma doveva comunque mantenere un certo livello di dignità. Ciò non le impedì comunque di intrecciare le mani dietro al collo di Calogiuri.
 
***
 
Se il receptionist dell’hotel fu stupito di vedersi entrare nella hall due deficienti zuppi di pioggia, una nelle braccia dell’altro, riuscì a dissimularlo dietro una maschera di professionalità.

Calogiuri guadagnò l’ascensore, e finalmente (purtroppo?) la mise giù. Imma si chinò e si tolse la scarpa superstite, rimanendo a piedi nudi sulla moquette. Si guardarono nello specchio, e Imma si ritrovò una spanna più in basso rispetto al solito, i suoi occhi ad altezza labbra di Calogiuri. Una posizione tattica.

Lui la beccò a squadrarlo, ma prima che Imma potesse fare qualunque cosa di vietato ai minori di 18 anni, un altro brivido di freddo la attraversò. L’aria condizionata dell’hotel le avrebbe distrutto presto i polmoni.

“Ci siamo quasi, dottoressa.”

Imma provò un moto di ilarità per il modo in cui continuava a chiamarla dottoressa, nonostante stessero pomiciando con entusiasmo dieci minuti prima. Però, se doveva dirla tutta, era anche un filino eccitante.

La porta dell’ascensore si aprì al quarto piano e Imma non perse tempo ad estrarre dalla borsa la chiave magnetica, che per fortuna era rimasta asciutta. Non avrebbe tollerato ritardi di nessun tipo in quel momento.

Appena Calogiuri richiuse la porta dietro di loro Imma gli fu addosso, spingendolo contro la porta. Ma lui le prese le mani.

“Aspettate.”

Che diavolo c’era da aspettare mo?

Gli occhi di Calogiuri brillavano nella penombra, nell’unica fonte di luce soffusa che proveniva dalla finestra.

Le prese la chiave dalle mani, inserendola nella buchetta apposita, e luce fu.

Imma corrugò la fronte, lievemente contrariata.

Calogiuri sorrise al vedere la sua espressione.

“Prima dobbiamo fare una cosa.”

Dire che era confusa era dire poco, ma si aggiunse anche un pizzico di curiosità birbante.

Calogiuri la condusse per le mani a sedersi sulla sedia nell’angolo, così da non bagnare il letto, e si inginocchiò davanti a lei.

Imma ebbe un pensiero irrazionale, che subito si affrettò a soffocare.

Ma lui le prese la borsa e la posò sul tavolino lì accanto. Poi le mise le mani sulle spalle e le fece scivolare via la giacca, adagiandola sullo schienale della sedia dietro di lei.

Imma lo guardava come in trance.

Prima che se ne rendesse veramente conto, le mani di fuoco di Calogiuri erano all’orlo del maglioncino e lo stavano tirando su, finché non le passò sopra la testa e rimase in reggiseno. E prima che potesse formulare qualunque pensiero razionale, si sollevò leggermente per permettergli di sfilarle la gonna, e poi le calze, che scesero giù per le gambe lentamente, come se fossero una buccia di banana.

Imma non potè fare a meno di arrossire. La situazione era ad armi impari, visto che lui era ancora completamente vestito.

Non fece in tempo ad allungarsi verso di lui, che Calogiuri si alzò e velocemente si tolse scarpe, maglione e pantaloni, rimanendo in boxer.

Di fronte al petto nudo di Calogiuri, Imma riuscì per un pelo a trattenersi dal salivare apertamente. Le sembrava di essere regredita al livello di ragazzina ormonata, perché tutto quel che voleva in quel momento era mettere le mani su quegli addominali resi umidi e luccicanti dalla pioggia.

La visione in piedi di fronte a lei le tese la mano e Imma si alzò come un automa, ma invece di dirigersi verso il letto, la guidò nel bagno.

E poi le diede le spalle e si chinò per aprire i rubinetti della vasca da bagno.

“Dovete alzare la temperatura corporea, altrimenti rischiate di ammalarvi.”

E Imma capì. Calogiuri era passato dal ruolo di amante a quello di infermiera con la rapidità di un centometrista. Si era accorto dei suoi brividi e, come sempre, aveva anteposto la sua salute a qualsiasi bisogno fisico e personale.

A Imma venne da infuriarsi e da ridere allo stesso tempo. Era il momento di prendere in mano le redini della situazione.

“Più alta di così, maresciallo.”

Lui si voltò di scatto, stupito, proprio mentre nell’aria risuonò il clic dei gancetti del reggiseno che si sganciavano.

L’espressione di Calogiuri fu impagabile: mille emozioni gli attraversarono la faccia in un nanosecondo, dallo stupore allo shock, ma si riprese in tempo record e sul suo viso si dipinse uno sguardo furbo da impunito.

A Imma venne da ridere.

Ma la risata si tramutò in urletto quando si sentì afferrare e si ritrovò distesa nella vasca che si stava ancora riempiendo.

Si ritrovò un maresciallo dei carabinieri spalmato addosso, e in un attimo i suoi slip volarono sul pavimento con uno schianto bagnato.

Lei non poteva essere da meno, sfilandogli i boxer, che fecero la stessa fine.

Lottarono per la dominanza tra carezze, morsetti e pizzicotti, fino a che Imma si ritrovò sopra di lui. Con una mano, lentamente, guardandolo dall’alto con le palpebre socchiuse e un’espressione sorniona, andò a chiudere il rubinetto dietro di sé.

Il silenzio calò nel bagno e rimasero a fissarsi così, solo i loro respiri leggermente affannati nell’aria.

Calogiuri fissò la mano della dottoressa che, con tutta la lentezza del mondo, spariva sotto l’acqua. Un secondo dopo tirò un respiro profondo.

La vide muoversi, poi, e cercò di sopprimere un gemito mentre Imma lasciava cadere la testa all’indietro, l’altra mano che andava a stringere la sua, intrecciando le dita.
E Imma riprese a muoversi, mandandolo al creatore, mentre l’acqua intorno a loro si muoveva e li cullava.

L’acqua della vasca aveva iniziato a schizzare e Calogiuri la guardò. Ogni emozione traspariva dal suo viso, e in quel momento vide la vera Imma, senza paletti, parametri, inibizioni. La Imma che era un libro aperto per lui e per nessun altro.

E la sua mano si perse sott’acqua, portandola oltre il precipizio insieme a lui.

Rimasero così, poi, la dottoressa stesa sul suo petto, le loro mani intrecciate. Calogiuri si portò la mano di Imma alle labbra e ci lasciò un bacio, mentre lei lo guardava con un’espressione indecifrabile e respirava insieme a lui.

Imma si sentiva il cuore pieno fino a scoppiare, una sensazione prepotente che le raggiungeva la gola e le faceva venire quasi da piangere.

“Cosa c’è?” Calogiuri la guardava, preoccupato.

“Niente.” Lasciò un bacino sulla sua clavicola e si rifugiò ancor di più nel suo collo.

Avrebbe potuto stare così per tutta la vita.

“Imma…”

Imma ebbe un lieve sussulto e l’acqua si increspò. Come l’aveva chiamata?

Sollevò lo sguardo sorpreso e guardò Calogiuri negli occhi. Deglutì. La stava guardando con così tanto… amore? che le si chiuse la gola. Si sporse e fece toccare le loro labbra.

“Abbiamo fatto un macello, Calogiù.”

E Calogiuri non era certo se si riferisse a loro stessi o alla stanza.
 
***
 
Calogiuri riuscì a scollare una palpebra e aprì un occhio, intontito. Rimase leggermente abbagliato dalla luce che filtrava dagli scurini. Non aveva idea di che ore fossero e, se doveva essere sincero, nemmeno dove si trovasse. Si mosse per cercare un contatto con la realtà, e la sua mano toccò un corpo caldo e morbido accanto al suo.

Sbarrò gli occhi, la memoria che si rinfrescava di botto.

Era stata la notte più bella della sua vita.

Voltò la testa sul cuscino e lei era lì, accanto a lui, con il viso rivolto verso di lui, le labbra leggermente aperte e gli occhi chiusi, ancora nel mondo dei sogni. Una cascata di ricci rossi incorniciava questa visione, e Calogiuri allungò tentativamente una mano per accarezzarli.

Sentì subito, però, che qualcosa non andava. Le toccò la fronte.

Imma bruciava.

Si tirò su di scatto e notò che effettivamente sulla pelle della dottoressa c’era un velo di sudore. Si prese a calci mentalmente: la sera prima, sicuramente, Imma aveva preso troppo freddo, e invece di pensare alla sua salute lui si era perso dietro al piacere fisico.

Stupido e ancora stupido, doveva rimediare subito. Si alzò in fretta dal letto, rimettendosi i boxer che nel frattempo erano asciugati, e cercò il numero della farmacia più vicina.
 
***
 
Imma si svegliò con un gemito sommesso.

Si sentiva come se le fosse passato sopra un tir e non capiva perché. Ci mise un attimo per mettere a fuoco la stanza, e una fitta le attraversò le tempie. Cercò di tirarsi più su, ma una botta di nausea la costrinse a desistere.

Di male in peggio.

Stava cercando di rimettere insieme i pezzi, quando nel suo campo visivo spuntarono due fanali azzurri che la guardavano dall’alto.

Calogiuri…
Calogiuri!

Imma ricordò tutto, arrossendo leggermente.
 
“Dottoressa, come vi sentite?”

“Come se mi avessero sparato, Calogiù.” Si portò una mano alle tempie. “Ma che ore sono?”

“Mancano dieci alle undici…”

“Ma è tardissimo!” Non fece in tempo a finire che Imma cercò di tirarsi su con uno scatto, ma si rivelò una mossa fallimentare perché lo stomaco le si torse come uno straccio bagnato, e in men che non si dica si ritrovò a vomitare in un cestino comparso dal nulla nelle mani del maresciallo.

Quando riuscì a riprendere il controllo del suo corpo, sentì le mani di Calogiuri nei suoi capelli, che li carezzavano e li tiravano indietro dalla sua fronte sudata.

“Scusami…”

Lui le passò una pezza umida sul viso, e in quel momento Imma si avvide di essere ancora nuda come un verme. Arrossì violentemente, il ricordo della sera prima che si insinuava prepotente e le mani che tiravano il bordo del lenzuolo un po’ più su.

Calogiuri, sempre cavaliere, le passò subito la camicia da notte dalla sedia.

“Avete la febbre.” Le passò una pasticca e un bicchiere d’acqua. “Prendete, vi sentirete meglio.”

Lo squadrò dal basso. “Calogiuri, ti sembra il caso di darmi ancora del voi?”

Buttò giù.

“Il mio rispetto per la dottoressa sarà sempre compatibile coi miei sentimenti per Imma.”

Maledetto Calogiuri: lui, le sue dichiarazioni disarmanti, gli uomini d’altri tempi. Certe volte aveva seri dubbi che un uomo così fosse reale. E invece, dal primo giorno, l’appuntato poi maresciallo era stato l’unico. L’unico di cui sentiva di potersi fidare, l’unico che non la faceva saltare come una pentola a pressione, l’unico che eseguiva il suo lavoro impeccabilmente e l’unico che sembrava capire cose di lei forse ancor prima che lei stessa ne venisse a conoscenza.
 
In quel momento bussarono alla porta, e Calogiuri andò ad aprire.

Imma lo guardò, confusa.

Sentì parlottare, poi la porta che si richiudeva e Calogiuri tornò con un vassoio in mano.

“Ho chiesto al ristorante dell’hotel se potevano farci un brodo di pollo. Avete bisogno di mangiare qualcosa per riprendere le forze.”

Imma sbattè le palpebre per ricacciare indietro le lacrime di commozione che le si stavano abbarbicando sulle ciglia. L’essenza del suo Calogiuri stava in tutti questi piccoli gesti premurosi. Da quando in qua era suo? Vabbè, è stato un lapsus. Se la spiegò così.

La aiutò a bere qualche sorso, poi le sprimacciò il cuscino e la guardò mentre si stendeva di nuovo sotto le coperte.

Stava rimettendo a posto il vassoio, quando si sentì chiamare.

Si voltò.

“Calogiù…”

La dottoressa aveva poggiato la mano aperta sul lato vuoto del letto e lo guardava con una mezza richiesta in quegli occhi scuri, che a guardarli Calogiuri si era sempre sentito pervaso da un dolce tepore, ma che in questo momento lasciavano trasparire una punta di vulnerabilità.

Il tempo di togliersi i pantaloni del giorno prima e l’aveva raggiunta sotto le coperte.

Imma gli si fece più vicino e poggiò una mano sul suo petto nudo, le dita che si aprivano leggermente, esplorative.

Calogiuri coprì la mano più piccola di lei con la sua.

In quel momento, lì e ora, esistevano solo loro due, il maresciallo e la dottoressa.

Non serviva molto, bastava una mano nella mano e occhi negli occhi, e il loro mondo quadrava.

Calogiuri si sporse leggermente, ma Imma si ritrasse.

“Non devo essere una bella visione…”

A Calogiuri venne da ridere, ma davanti all’espressione ferita della dottoressa, le accarezzò la guancia con la mano libera.

“Sei la visione che vorrei ogni mattina appena sveglio e ogni sera prima di chiudere gli occhi, Imma.”

E le diede un bacio dolce, prima di raggomitolarsi stretti stretti e chiudere gli occhi
   
 
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