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Autore: MaryFangirl    27/07/2023    0 recensioni
Bruno è sveglio durante la notte quando riceve una telefonata da suo nipote, una persona che si era ripromesso di lasciare nel suo passato. (BruMilo / AU)
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bruno Madrigal, Camilo Madrigal
Note: AU, Lemon, Traduzione | Avvertimenti: Incest
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Fanfiction tradotta dall'inglese

Titolo originale: Your voice, saying my name  

Link storia originale: https://archiveofourown.org/works/37245361
Link autore: https://archiveofourown.org/users/boyswillbeboxes/pseuds/boyswillbeboxes


Versione priva dei dettagli più espliciti, dato che si tratta di incesto :) per quella integrale, potete controllare sul mio profilo AO3 o FF.ZONE (link sul mio profilo)
 
 
Il vagito proveniente dal baby monitor destò Bruno dal suo sonno, nell’intontita terra dei vivi. Gemette, strofinandosi il viso e tirandosi su per mettersi a sedere sul bordo del letto. Mariana ancora non dormiva tutta la notte. Sapeva che ci sarebbe voluto del tempo, ma desiderava che la piccola si abituasse un po’ più in fretta. Le ultime notti lo stavano sfiancando, i suoi occhi erano sempre arrossati. Nemmeno il caffè più forte poteva qualcosa contro il liello di stanchezza che gli pendeva dalle spalle come un cappotto pesante.
 
Sua moglie si mosse dall’altra parte del letto, girandosi con un sospiro. Aveva fatto di tutto durante il giorno, cercando di racimolare una sorta di sonnellino, con una neonata che aveva necessità costanti. Per quanto fosse stanco, sapeva che per lei era molto peggio. Sorrise e si allungò per stringerle la spalla.
 
“Ci penso io” sussurrò, baciandole la tempia. “Riposa”
 
Lei non provò neanche a controbattere, i suoi occhi erano già chiusi mentre lui afferrava il monitor e il telefono, la fioca torcia era l’unica cosa che gli impediva di sbattere mentre si faceva strada nella stanza. Si infilò i pantaloni del pigiama e una vecchia maglietta. Quando chiuse la porta della camera da letto, sua moglie era tornata a ronfare, ignara del mondo.
 
Bruno sentiva Mariana che continuava a piangere dal monitor, ma era abbastanza abituato da conoscere la routine. Avrebbe avuto bisogno del cambio del pannolino e poi di mangiare. Se avesse riscaldato il latte ora, avrebbe avuto il tempo di raffreddarsi. Si mosse intontito in cucina, il cervello impostato sul pilota automatico mentre recuperava tutto ciò di cui aveva bisogno. Con in mano il biberon, si recò nella stanza della bambina.
 
Accese la lampada, sussultando alla luce che gli lasciò la vista disturbata. Sua figlia ora si lamentava per davvero, le piccole membra si dimenavano e il viso era rosso intenso. Lui emise dolci rumori per calmarla mentre la prendeva in braccio e la portava al fasciatoio. Così vicino, le urla risuonarono terribilmente nelle orecchie.
 
“Dai, ragazzina, rendimi le cose facili per una volta” borbottò, sbottonando la tutina e cercando di liberarla. Non ebbe molta fortuna. Lei calciò, mancandogli di poco il naso con il minuscolo piede, guadagnandosi un’espressione impressionata. Era una combattente. Doveva averlo preso da sua madre; lui, invece, era minaccioso quanto un fazzoletto bagnato.
 
In qualche modo riuscì a spogliarla e applicare il pannolino pulito, ma non si preoccupò di rimetterle la tutina. Era una notte piuttosto calda, probabilmente sarebbe stata più a suo agio senza. Il suo pianto si era trasformato in piagnucolii, le piccole mani gli afferravano i capelli mentre lui la cullava.
 
“Smettila” ridacchiò, liberando come meglio poteva i riccioli dalle sue mani, “non facciamo del male a papà, ok?” le avvicinò il biberon e lei tubò contenta mentre cominciava a bere. “Ecco qui. Brava bambina”
 
Quando il biberon fu vuoto, i suoi occhietti verdi iniziarono ad abbassarsi, le mani si muovevano senza meta. Bruno la sollevò e le diede un bacio sulla testa, tenendola stretta al petto.
 
Non avrebbe mai pensato di poter essere così fortunato. Aveva quasi perso la speranza di avere una famiglia, alla sua età. 54 anni erano troppi per un primo figlio, aveva pensato. Ma poi aveva conosciuto sua moglie e una gravidanza accidentale era diventata la benedizione che era sua figlia. L’amava con tutto il cuore e a volte si chiedeva come avesse avuto tanta fortuna.
 
Posò con cura Mariana nella culla, il suo petto si abbassava e si alzava nella profonda beatitudine del sonno. Era stata una serata tranquilla e ne era grato. Probabilmente poteva dormire ancora qualche ora prima di dover andare al lavoro.
 
Mentre chiudeva la porta della stanza, il telefono iniziò a ronzargli in mano. Sbatté le palpebre, accigliato. Erano le due del mattino passate. Chi poteva chiamarlo a quell’ora? Quando lo girò per guardare lo schermo, il suo cuore sobbalzò.
 
Era Camilo.
 
Le mani di Bruno tremarono mentre fissava l’immagine del profilo che aveva scelto per suo nipote, un selfie sulla spiaggia che Camilo gli aveva inviato qualche anno prima. Era passato tanto tempo dall’ultima volta che avevano parlato direttamente, il loro unico contatto erano le cene e le feste di famiglia occasionali, oltre alle informazioni che Pepa passava dall’uno all’altro. Probabilmente avrebbe dovuto rifiutare la chiamata e scoprire cosa voleva Camilo l’indomani. Ma se fosse stata un’emergenza? Era successo qualcosa a Pepa o a Felix?
 
Accettò.
 
“Ehiiii zio!” la voce di Camilo risuonò forte dall’altoparlante metallico del telefono, costringendo Bruno ad allontanarlo mentre si spostava in soggiorno e si buttava pesantemente sul divano.
 
“Camilo, sei ubriaco?”
 
Tecnicamente aveva l’età per bere, ma solo da qualche settimana. Bruno non era andato alla sua festa di compleanno, sostenendo che doveva rimanere a casa per aiutare con Mariana. Teoricamente non era stata una bugia, ma...
 
Avrebbe dovuto rifiutare la chiamate.
 
“Pfff...no” farfugliò Camilo, “solo un paio di drink, sto bene” rise. “Volevo lasciarti un messaggio in segreteria, ma così è molto meglio. Non puoi ignorarmi al telefono!”
 
Bruno sospirò, pizzicandosi tra le sopracciglia. “Io non...non ti sto ignorando”
 
Anche se ubriaco, Camilo avrebbe visto oltre quella bugia. “Ho solo avuto molto da fare”
 
“Sì, sì, lo so...” un leggero fruscio provenne dall’altro lato mentre Camilo si muoveva. Sperava che fosse a casa e non da qualche sconosciuto. L’ultima volta aveva sentito che Camilo cambiava fidanzati come fazzoletti. “Stavo pensando a te oggi”
 
Calò il silenzio. Bruno sapeva che non avrebbe dovuto chiedere, avrebbe dovuto dire a Camilo di andare a letto, avrebbero potuto parlare di mattina se lo avesse voluto. Non era una conversazione che avrebbero dovuto sostenere mentre Camilo era ubriaco.
 
Ma sospirò e disse: “Pensando a cosa?”
 
“A te” Camilo sembrava compiaciuto, il sorriso nella sua voce era inconfondibile. Poi la sua voce vacillò. “A...a noi”
 
“Camilo...” Bruno deglutì a fatica. Si erano ripromessi che avrebbero smesso. Qualunque cosa fosse successa tra loro, avevano concordato che era sbagliato continuare, ed entrambi sarebbero dovuti andare avanti. Erano passati quasi due anni; da allora Bruno aveva tenuto la testa bassa e si era concentrato sul lavoro, limitando al minimo gli incontri familiari. Quando aveva conosciuto sua moglie era stato facile calarsi nel ruolo del fidanzato affettuoso, trascorrendo ogni momento libero con lei e lasciando che diventasse la sua scusa per allontanarsi.
 
Era così facile interpretare quel ruolo e fingere di amarla.
 
“Sei ubriaco” disse Bruno, “dovremmo...parlarne un’altra volta...”
 
“No. No, per favore, non riattaccare” la voce di Camilo era disperata, implorante. “Ti prego...avevo davvero bisogno di sentire la tua voce” un suono soffocato gli sfuggì dalle labbra. “Mi sei mancato”
 
Bruno si morse la lingua, costringendosi a non parlare mentre Camilo faticava a ricomporsi. Ovviamente anche lui aveva sentito la sua mancanza. Ecco perché si era impegnato così tanto per stargli lontano, per evitare di stare solo con lui anche se per pochi minuti. Anche ora, il suo cuore era dolorante; voleva tanto confortarlo, ma se lo avesse fatto, avrebbe dato a Camilo un’impressione sbagliata. Non potevano farlo. Non di nuovo. Una notte di ubriachezza e solitudine non cambiava il fatto che fossero zio e nipote, né i 35 anni che li separavano.
 
“Scusa” disse Camilo, con voce roca. “Ma...possiamo soltanto parlare, per un po’? Non di quello...” una pausa, “non ho davvero voglia di stare solo in questo momento”
 
“Sì. Certo” Bruno cercò argomenti, qualcosa di cui parlare che fosse territorio sicuro. “Come va, uh...la scuola? L’università ti piace?”
 
La risata di Camilo fu breve ma genuina. “Sul serio? Vuoi parlare di questo?” altro fruscio, “la scuola va bene. Ma...non so perché devo frequentare tutte queste lezioni extra quando studio teatro, sai?”
 
“Sì” ridacchiò Bruno, “è un po’ stupido”
 
Quando era toccato a lui, sua madre gli aveva chiesto di scegliere una laurea ‘sicura’, quindi tutte le lezioni gli erano parse una rottura. Ma ora aveva un buon lavoro che poteva mantenere una famiglia, quindi alla fine ne era valsa la pena. “Hai qualche spettacolo?”
 
“Mh. Sono un personaggio secondario importante” la voce di Camilo era sonnolenta e bassa. Si stava addormentando? “Se ti procurassi un biglietto, verresti? È tra poche settimane”
 
Bruno esitò. Non avrebbe dovuto, ma...sicuramente, vedere suo nipote in uno spettacolo sarebbe stato perfettamente tranquillo? Ci sarebbero state molte persone, e molto probabilmente Camilo sarebbe stato molto preso da altro; che male c’era?
 
“Certo” disse piano, “mi piacerebbe vederti recitare”
 
Camilo rispose allegramente. “Recito sempre, zio”
 
Bruno sospettava che non intendesse solo nelle commedie. Non c’erano molte persone che conoscevano davvero Camilo, che riuscivano a vedere oltre le maschere accuratamente costruite che indossava per mantenere il resto del mondo ignaro. Un tempo si era annoverato tra quei pochi fortunati. Ora dubitava di avere ancora il diritto di definirsi lo zio di Camilo.
 
Un piagnucolio dall’altro lato lo fece trasalire. “Camilo? Stai bene?”
 
“S-sì...” la sua voce era affannata, “continua a parlare”
 
Bruno non sapeva davvero di cosa, quindi iniziò a raccontare delle cose che accadevano al lavoro, dei suoi colleghi e dei piccoli drammi. Non si faceva coinvolgere, ma doveva ammettere che i pettegolezzi gli piacevano. Rendevano sopportabile una noiosa giornata lavorativa.
 
Mentre parlava, sentiva solo il respiro di Camilo, un rumore lontano che suggeriva che suo nipote lo avesse messo in vivavoce e avesse posato il telefono. Si fermò un momento, ascoltando attentamente. Si era addormentato?
 
“Ora vado” disse, non volendo svegliarlo. Un grido acuto lo fermò.
 
“N-no...ancora qualche minuto!” supplicò Camilo. Sembrava disperato.
 
“Camilo...” sospirò. “È tardi. Dobbiamo andare a letto” si morse pensierosamente il labbro inferiore. Era andata bene, quindi forse... “Puoi...chiamarmi domani, se vuoi”
 
“Per favore” soffiò Camilo, “mi serve...ho quasi finito”
 
Il cuore di Bruno perse un battito mentre il suo orecchio captava finalmente i suoni morbidi e delicati. La vergogna gli indondò le guance di un rosso cremisi, rendendosi conto di quello che Camilo stava realmente facendo.
 
“S-stai...?” si interruppe con uno squittio imbarazzato.
 
“Scusa. Mi dispiace. Mi dispiace tanto” non sembrava minimamente pentito, il suo respiro gli arrivava in corti ansiti mentre i rumori acceleravano. “Non ho potuto...farne a meno. Ho sentito la tua voce e...” emise un basso gemito, “dì ancora il mio nome. Ti prego”
 
Avrebbe dovuto riagganciare. Bloccare il numero di Camilo, cercare di ottenere tutto il sonno che poteva recuperare. Andare a sdraiarsi nel letto accanto a sua moglie che lo amava. Ma l’immagine mentale di Camilo che si toccava soltanto sentendo la sua voce era così eccitante che sentì il mondo vorticare intorno a lui. Strinse una mano sulla coscia per evitare di scendere a schiacciare il doloroso rigonfiamento dei pantaloni del pigiama.
 
 “Per favore, Camilo...” Bruno non sapeva più cosa voleva chiedere. Che si fermasse? Non l’avrebbe fatto. Che continuasse? Non avrebbe dovuto. L’uomo chiuse gli occhi, l’ultimo ricordo di Camilo nudo nel suo letto gli diede un’utile immagine mentale di suo nipote, dai fianchi sottili e angoli morbidi, il suo sesso perfetto, arrossato e rosa mentre lo accarezzava, il rossore sulle sue guance che cancellava completamente le sue lentiggini. Gemette.
 
“Sì, così...” i gemiti di Camilo si fecero un po’ più alti, “ci sono quasi”
 
Bruno voleva sentirlo venire. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che lo aveva sentito, che lo aveva fatto venire. La sua mano si strinse più forte sulla gamba, mentre deglutiva a fatica.
 
“Forza” disse, con voce bassa e gutturale, sapendo che piaceva a Camilo. “Vieni per me, piccolo. Accarezzati per me”
 
Sentiva di essere lui l’ubriaco, con la testa stordita e persa. Emise un lungo gemito quando sentì Camilo finire, chiamando il suo nome.
 
Ci furono alcuni lunghi momenti di silenzio, mentre Camilo riprendeva fiato e Bruno teneva le mani saldamente in territorio sicuro.
 
Non sapeva dove si sarebbero diretti da quel punto. Aveva oltrepassato il limite per tornare in un campo in cui si era ripromesso di non rientrare mai più. Avrebbe dovuto parlare nuovamente con Camilo quando fosse stato sobrio, dirgli che era stato un errore. Ma, oh, quanto lo desiderava in quel momento. L’esigenza era qualcosa che graffiava e mordeva.
 
“Zio Bruno?” la voce di Camilo era quasi timida. Gli fece sospendere il fiato.
 
“Sì?” disse, a malapena un sussurro.
 
“Io...” un attimo di silenzio, “ho un appartamento. Vicino all’università. Vuoi...vuoi l’indirizzo?”
 
Sapeva di dover dire di no. Ma il modo sincero e innocente con cui Camilo lo aveva chiesto, come se non avessero fatto quello che avevano appena fatto, gli fece trattenere il sottile filo della speranza che si potesse ancora risolvere in modalità familiare. Una svista, niente che non potessero reprimere e fingere che non fosse accaduta. Era il motto della loro famiglia, dopotutto.
 
“Sì” disse, non fidandosi della sua voce. Quando trascrisse l’indirizzo nell’app degli appunti, finalmente riattaccò, fissando il telefono sulle sue gambe come se stesse per esplodere. Era solo un indirizzo. Un posto in cui viveva suo nipote.
 
Ed era a soli dieci minuti di distanza.
 
Lottò con se stesso per un intero minuto, camminando avanti e indietro per il soggiorno. Il suo sesso gli pulsava tra le gambe, facendogli girare la testa e annebbiando il suo giudizio. Con un’imprecazione, si infilò le scarpe. A malapena ebbe la lucidità di scarabocchiare frettolosamente su un biglietto a proposito di un’emergenza familiare, poi prese le chiavi ed uscì.
 
Per tutto il tragitto, tenne il volante così stretto che le nocche diventarono bianche. Tutto in lui tremava e una vocina nella sua coscienza gli diceva di tornare indietro, di tornare a casa. Ma non lo fece, seguendo il navigatore in ogni curva finché non arrivò a un piccolo complesso di appartamenti.
 
A ogni passo i suoi piedi sembravano fatti di piombo; esitò, indietreggiò, esitò ancora, si rivoltò. Quando finalmente giunse alla porta, dopo aver controllato l’indirizzo quattro volte, tremava come una foglia.
 
Non poteva tornare indietro ora.
 
Girò lentamente la maniglia ed entrò, concedendosi un breve momento per ricordarsi di rimproverare Camilo per aver lasciato la porta aperta, permettendo a qualsiasi estraneo di entrare. Chiuse la serratura alle sue spalle mentre si muoveva nell’appartamento buio e silenzioso. C’era una tenue luce gialla proveniente da una stanza sul retro. Bruno si fece strada verso di essa, i piedi avanzavano silenziosamente sulla moquette. Esitò solo un momento: aveva già preso la sua decisione e la consapevolezza di ciò che lo attendeva dall’altro lato gli dava le vertigini.
 
Camilo era sdraiato sul letto, gli occhi chiusi e il petto che si muoveva in respiri soffici e uniformi. Indossava un paio di pantaloni neri attillati e una canottiera con un motivo luccicante dorato davanti. Il volto era truccato, anche se ora era sbavato, indossava braccialetti rigidi e orecchini di diamanti. Doveva essere uscito in discoteca. Era uno spettacolo con i capelli tutti arruffati, i pantaloni abbassati sui fianchi e il sesso morbido che faceva capolino.
 
Bruno si tolse le scarpe e si diresse silenziosamente verso il letto. Quando il suo ginocchio toccò il materasso, gli occhi nocciola di Camilo si spalancarono, un lento sorriso abbellì il suo splendido viso mentre si concentrava su Bruno.
 
“Ehi” disse piano, con voce timida.
 
Bruno deglutì. “Ehi” rispose, sedendosi. Allungò una mano, le dita accarezzarono il suo viso. L’ultima volta che l’aveva visto, aveva ancora un’aria infantile con le guance paffute. La sua mascella era un po’ più definita ora, con un minimo di accenno di barba.
 
Camilo si strofinò contro la sua mano e gli baciò il palmo. I suoi occhi erano sfocati, un po’ arrossati, ma guardavano Bruno come se volesse che l’uomo lo divorasse.
 
Oh, quanto Bruno desiderava divorarlo.
 
Ogni pensiero sul fatto che fosse una pessima idea fu distantemente silenziato, perso nel modo in cui Camilo si mise a sedere e si sporse verso di lui. Accettò avidamente il bacio, un braccio cinse la vita di Camilo per tirarlo più vicino. Il gemito che ne risultò fece pulsare la sua erezione.
 
Camilo si allontanò brevemente per sfilarsi i pantaloni, sforzo non particolarmente facile per quanto erano stretti, poi si avventò su Bruno, spingendolo sul letto mentre si metteva a cavalcioni su di lui. Schiacciò il sedere sul sesso duro di Bruno, facendolo gemere e portandolo a stringere con forza i fianchi del giovane.
 
“Sapevo che ti ero mancato anch’io” ansimò Camilo, gli occhi socchiusi mentre roteava i fianchi, “merda, ti voglio così tanto”
 
L’alcool stava chiaramente avendo ancora effetto su di lui, o forse due anni avevano davvero fatto molta differenza; Camilo era stato molto più timido con le parole quando erano stati insieme. Ora era come se fosse stato premuto un interruttore, scie di imprecazioni e sconci flussi di coscienza gli uscivano dalle labbra come niente. Bruno si sentì stordito e dovette costringere Camilo a fermarsi per non venire nei pantaloni.
 
Quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire.
 
Camilo tolse la maglietta di Bruno, poi la propria, rivelando un paio di cerchietti d’oro sui capezzoli. Bruno rimase sbalordito, allungando la mano per far scorrere le dita lungo il metallo riscaldato dal calore del suo corpo. Diede un piccolo strattone, affascinato da come Camilo rabbrividì.
 
Con un accenno di disperazione, Camilo recuperò dal comodino un flacone di lubrificante. Bruno ebbe un momento per soffermarsi sulla spavalderia di tenerlo alla portata degli occhi di chiunque, prima che Camilo ne spruzzasse un po’ sulle sue mani, praticamente inzuppandogli le dita. Poi si sistemò nuovamente su Bruno, a cavalcioni, appena sopra la sua erezione.
 
“Forza” disse Camilo, chinandosi su Bruno con gli occhi socchiusi. Afferrò una mano di Bruno e la condusse verso di sé. “P-preparami per te” sospirò, “ti voglio da morire”
 
Bruno si sollevò per baciarlo, quasi azzannando le sue labbra mentre procedeva. Bruno lo rovesciò sul letto, stendendolo sulla schiena, facendogli battere le palpebre. Era così bello che Bruno volle piangere.
 
Camilo emise un basso lamento, e si aggrappò a qualsiasi parte dell’uomo che riusciva a raggiungere. Una mano cadde sul materasso, e cercò freneticamente fino a trovare quella di Bruno, lasciando intrecciare le loro dita. Fissò il soffitto, gli occhi vitrei e sfocati, ma quando Bruno esitò, lo attirò in un lento, dolce bacio.
 
Per Bruno era come bere il primo sorso d’acqua dopo essersi perso nel deserto. Come aveva potuto pensare che qualsiasi altra cosa potesse avere un paragone?
 
Il suo bellissimo, rumoroso, impertinente nipote, steso tra le lenzuola solo per lui, a gemere il suo nome e avvinghiandosi a lui come a un’ancora di salvezza nel mare.
 
Afferrò le spalle di Camilo, strappando deliziose grida dalla bocca del giovane. Ognuno di essi faceva sentire la sua pelle come un cavo in tensione, il calore umido intorno a lui era così intenso che tutto si restringeva a quel momento. Nient’altro contava. Voleva restare lì per sempre, con Camilo finché il resto del mondo non fosse scomparso.
 
“Bruno” gemette Camilo. Il suo volto era disperato e implorante.
 
L’uomo si chinò e afferrò uno dei piccoli anelli tra i denti, tirando delicatamente prima di agganciare le labbra al capezzolo turgido. Il corpo di Camilo si irrigidì, la sua mano si infilò tra i capelli di Bruno. Un minuto dopo urlò, il suo corpo si inarcò. Bruno lo seguì poco dopo, , poi crollò esageratamente sopra Camilo.
 
Sapeva che doveva essere pesante: per quanto fosse magro, un peso morto rimaneva un peso morto. Ma Camilo era troppo occupato a riprendere fiato per esserne disturbato. Le sue mani accarezzarono pigramente i capelli di Bruno, la pelle sudata della schiena, piccoli tocchi leggeri come piume che lasciavano un formicolio.
 
Bruno seppellì il viso nel collo di Camilo con un sospiro, respirando ciò che restava della fragranza che suo nipote aveva messo durante la serata. Si sentiva pieno di calore, così felice, il sesso morbido ancora nascosto nel corpo del suo amante. Si appisolò leggermente, ma si svegliò di soprassalto quando la voce di Camilo gli sussurrò all’orecchio.
 
“Bruno” disse dolcemente, continuando ad accarezzargli i riccioli. “Bruno, il mio Bruno. Mio”
 
Il ragazzo lo baciò lungo la spalla fino al collo, strofinandosi contro la pelle. Quando i denti gli sfiorarono dolcemente la mascella, un impulso di panico fece balzare Bruno.
 
“Non lasciarmi segni!” esclamò, il cuore gli martellava dolorosamente nel petto. Come avrebbe spiegato a sua moglie la presenza di segni e morsi sul collo? Camilo lo fissò, con espressione ferita mentre si sollevava.
 
“Non intendevo farlo” affermò, allungando la mano. “Bruno...”
 
Bruno evitò il suo tocco, scivolando sul bordo del letto mentre il suo respiro si faceva ansante per il panico. Oddio, cos’aveva fatto? Se sua moglie lo avesse scoperto, avrebbe voluto il divorzio. E se avesse portato via Mariana?
 
Camilo si spostò dietro di lui, le braccia magre lo avvolsero e lo tirarono contro il suo petto solido.
 
“Respira” disse con voce calmante, “va tutto bene”
 
Non andava bene. Niente andava bene. Ma obbedì, ripetendo mentalmente gli esercizi di respirazione che aveva imparato e cercando di fermare la stanza che continuava a girare.
 
Quando finalmente si calmò abbastanza da essere di nuovo consapevole di ciò che lo circondava, si ritrovò con la testa tra le mani, Camilo adagiato contro la sua schiena, sfregando il viso contro di lui. La sua presenza era sorprendentemente calmante, ma il suo cuore si strinse dolorosamente quando si rese conto di quanto fosse innamorato di lui. Due anni passati ad evitarlo, a buttarsi su qualsiasi altra cosa potesse servire come distrazione, niente di tutto ciò contava, no? Il suo cuore apparteneva ancora a Camilo. Forse sarebbe stato così per sempre.
 
“Dovevamo smettere” sussurrò Bruno. Le sue spalle tremavano leggermente mentre respingeva le lacrime che gli bruciavano gli occhi. “Avevamo deciso che era meglio così...”
 
“Tu lo avevi deciso” la voce di Camilo era amara mentre stringeva maggiormente Bruno, “sei stato tu a dire che era una cattiva idea, che avrei dovuto frequentare qualcuno della mia età. Io non l’ho mai voluto” un singhiozzo giunse dalle sue spalle, “e poi hai iniziato a comportarti come se io non esistessi...non volevi nemmeno parlarmi!”
 
Bruno deglutì. “Cosa vuoi da me, Camilo?”
 
“Tutto!” Camilo singhiozzava apertamente ora, stringendo Bruno così forte che non avrebbe potuto girarsi neanche volendolo. “Voglio essere io a sposarti, ad avere un figlio con te. Voglio...voglio poter uscire ed essere orgoglioso di dire alla gente che sei mio. Di dire a tutti quanto ti amo! E non posso!”
 
Un gemito sfuggì dalle sue labbra, il crudo dolore e l’emozione strinsero il cuore di Bruno. Afferrò una mano di Camilo, premendo un bacio su ogni dito freddo.
 
“Amore...”
 
Avrebbe voluto dare tutto ciò a Camilo, cancellare gli ostacoli e le barriere che sembravano così insormontabili. Stare insieme, senza giudizi. Ma entrambi sapevano che non sarebbe successo.
 
Eppure, il pensiero di tornare a non avere tutto questo, a fingere di non amare con tutto il suo cuore suo nipote, sembrava impensabile. Una singola telefonata aveva annullato anni di repressione e diniego. Aveva aperto una saracinesca dentro Bruno che non poteva semplicemente essere richiusa.
 
Finalmente Camilo si calmò, strofinando la guancia sulla schiena di Bruno in segno di conforto. Entrambi erano piuttosto fottuti, apparentemente, e nessuna fuga avrebbe cambiato le cose.
 
“Bruno?”
 
“Mh?” Bruno si voltò parzialmente, guardando i capelli ricci e vaporosi, l’unica cosa che riusciva a vedere. “Cosa c’è?”
 
“Domani...verrai di nuovo?”
 
Bruno si immobilizzò. Doveva lavorare e tornare a casa per aiutare sua moglie con Mariana. Non poteva abbandonare le sue responsabilità, anche se sapeva di non poter abbandonare neanche Camilo. Pensò poi a quanto fosse vicino quel posto rispetto al suo ufficio, e che un’ora di pranzo fosse davvero molto più del necessario.
 
“Sì” disse piano, posando un altro bacio sulla mano di Camilo. “Verrò”.
 

 
  
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