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Autore: Rannek    27/07/2023    1 recensioni
Mary Delgarno vive nei primi del '900 nel New England, USA. Adam Norrington, figlio del ricco Salvador Norrington, diventa immediatamente un punto focale della vita di Mary, la quale cade immediatamente sotto il suo fascino. Mary, accecata dall'amore o dalla passione, si addentrerà in un giardino che dovrebbe essere proibito dalla natura stessa.
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Quegli occhi troppo blu...

 

Era una bellissima giornata di tarda primavera del 1912 in una bella città rurale del New England. Gli alberi di pesco, con i loro ampi fogliami, erano oramai sfiorenti e le api e le farfalle avevano abbandonato deluse i regali bouquet naturali alla ricerca di amori più terreni e frugali. Ma mai avrebbero potuto immaginare che fuggire dall'amore per i fiori morenti, li avrebbe accompagnati ad una vita più lunga e a qualcosa di ancora più prezioso che stava nascendo: i frutti che avrebbero nutrito l'anima e il cuore dei cittadini di quella comunità. Ma forse dovremmo discendere dai rami nodosi dei peschi e guardare cosa essi stanno adombrando, un piccolo ed elegante caffè di città, dove la nostra storia inizia. Il cielo era terso e il sole, brillante ma non ancora rovente, colpiva le fronde della passeggiata del centro commerciale della città, dove boutique, locasi chic e club di lusso incorniciavano una pavimentazione in granito riccamente decorata dove, accostati ai bordi, spiccavano dei vasi di pietra ricolmi di fiori che invitavano api e farfalle a suggerne i delicati nettari. Lungo le mura di alcuni edifici era possibile vedere gruppi di uomini, di donne e più raramente gruppi misti intenti ad affiggere diversi manifesti politici: altri, un po' vecchi e rovinati erano già stati affissi sui pali della luce o sui muri spogli; spiccavano i più disparati argomenti, ma quelli più comuni erano manifesti femministi per il diritto al voto, manifesti contro le politiche espansionistiche degli Stati Uniti e la segregazione razziale che tra le tante cose separava le attività commerciali dei neri e degli immigrati non bianchi, tenuti segregati in zone oltre lo sguardo dei passanti. Era invero un periodo ricco di conflitti e di grandi discussioni sui temi sociali e geopolitici che lì, nella terra dei liberi così come in Europa avrebbero cambiato per sempre il mondo.

Ma c'era chi in tutto questo non trovava un grande coinvolgimento, e si trattava di una ragazza appena ventitreenne di nome Mary Delgarno, seduta ad un elegante caffè e intenta a sorseggiare una tazza di tè mentre osservava distrattamente i passanti. Era una giovane donna, dai lunghi capelli corvini raccolti in uno chignon dal quale cadevano dei boccoli, mentre dei ciuffi ondulati in stile Marcel ne incorniciavano il volto. Mary aveva un viso spigoloso, ma che nell'insieme risultava affascinante e armonioso. Caratterialmente potremmo descriverla come una ragazza di buona famiglia, cordiale ma riservata, come ci si dovrebbe aspettare alle signorine per bene di quell'epoca. Sedeva composta, mentre i sui occhi lanciavano sguardi timidi sulle coppiette per bene che camminavano lungo la bella passeggiata alberata e ogni tanto si lasciava fuggire un vibrante sospiro

- Guardali, tutti felici e contenti, senza alcun pensiero nella testa se non l'amore che fiorisce, tranne me, sembrerebbe - disse fra se e se.

- Mary, io sono qui se hai bisogno - una voce limpida e un po' nasale riportò Mary alla realtà dalla quale si era allontanata, così tanto che aveva ignorato la presenza di Lorelay, la sua amica di infanzia, che era proprio lì davanti a lei. Una biondina minuta con un delicato vestito bianco con una fantasia floreale, che la guardava con un sorriso un po' divertito e costernato.

- Oh Lorelay, sono in età da marito e non ho conosciuto nessuno che non fosse quell'acciuga di Thaddeus Fitzroy III con quei capelli schiacciati in testa così tanto da farli sembrare disegnati. Per non parlare poi che si fa il bagno nella colonia oh Signore, si sente da un miglio di distanza. Tremendo.

- Mary! Non essere così crudele con il povero Thaddeus, lo sai che gli piaci! Ti ricordi com'è stato carino alla festa di compleanno del defunto Dominique? - la incalzò Lorelay.

Mary la guardò un po' sottecchi inclinando la testa con un espressione esasperata - alla festa di compleanno di Dominique, io sono stata assediata da Thaddeus, dove costui ha iniziato a bersagliarmi con una raffica di domande, tra le quali alcune decisamente impertinenti e senza connessione alcuna l'una con l'altra, per poi finirmi con un discorso sugli indici di crescita della Federal Reserve. E le occhiate che ti mandavo sorridente erano chiaramente richieste di soccorso!

- Oh mi dispiace Mary di non aver capito, però si dice che metterà le mani sulla sontuosa eredità paterna, dovrebbe possedere diverse terre nell'entroterra europeo!

- Ma io non voglio cose o terre, voglio incontrare l'amore quello così all'improvviso, inaspettato, come quello dei miei libri!

C'era qualcosa di un po' bimbesco e capriccioso nel suo tono, Lorelay la guardava sognare ad occhi aperti - Mary sei proprio un incorreggibile sognatrice!

Lei sospirò di nuovo mentre tornava alla realtà, una realtà che le stava di anno in anno sempre più stretta e il peso del tempo si iniziava a far sentire, poiché se non si fosse accontentata, avrebbe ben presto superato l'età per maritare e sarebbe diventata una zitella, che sarebbe ingrigita nella solitudine, additata da tutti e derisa e di certo Mary non voleva questo! Mary voleva poter essere come tutte le altre e godere della bella società senza sentire la gente spettegolarle alle spalle.

- Saranno circa le due e anche se il sole è ancora alto avevo promesso a mio padre che avrei approfittato della nostra uscita per andare a fare alcune compere, sai vorrei tornare prima del tramonto.. - disse Mary riponendo la tazzina di porcellana sul vassoio con delicate fantasie floreali

- Accidenti sono già le due! - Esclamò Lorelay. - Avevo promesso a mia madre che l'avrei aiutata a fare i preparativi per la cena di oggi! Allora io scappo Mary! Noi ci rivediamo domani alla messa!

Mary fece in tempo a farle appena un saluto accennato che Lorelay era già scomparsa oltre l'angolo. Sospirò un po' divertita dal comportamento della sua amica e si avviò al negozio di alimentari per fare alcune commissioni, che furono abbastanza rapide ed uscì dal negozio con due piccoli cestelli avviandosi verso il parco centrale dal quale sarebbe poi giunta a casa.

Lungo il viale che tagliava il parco comunale erano stati piantanti dei rovi di more e purtroppo Mary passò troppo vicino uno di questi, finendo impigliata con la gonna del bel tailleur da passeggio turchese che le aveva confezionato il padre per il suo ventitreesimo compleanno

- Oh povera me! - se si fosse mossa anche solo per posare i cestelli, l'abito si sarebbe rovinato e di certo Mary non avrebbe voluto addolorare il padre con una tale delusione. Cercò un modo di disincagliarsi, ma non avrebbe potuto fare nulla senza fare un disastro. Si guardò intorno e ovviamente nessuno era lì per poterla aiutare

- Ho entrambe le mani occupate accidenti! - esclamò sommessamente Mary mentre guardava alle sue spalle il vestito incagliato cercando di pensare ad una soluzione e nel fare, finì per pungersi - ahi, ci mancava, no? -

- Signorina siete in difficoltà, posso permettermi di aiutarvi?

Mary si girò sorpresa per guardare il suo soccorritore e il suo cuore perse un colpo quasi sussultando. Ecco che davanti ai suoi occhi apparve un bellissimo giovane, slanciato, dal fisico da pugile e degli occhi troppo blu "da dove è sbucato fuori, no c'era nessuno qui" pensò. Vestiva una blusa blu scuro a tre pezzi, stretta così da delineare la sua corporatura scolpita e reggeva sul suo petto una bombetta, così lasciando una ciocca dei suoi capelli biondo cenere, tenuti ordinatamente all'indietro, cadere su quel volto a diamante così simmetrico. Mentre la guardava, in attesa di una risposta che tardava ad arrivare, abbozzò un lieve sorriso e si chinò leggermente su di lei dalla sua statuaria presenza

- Io - Mary faticava a trovare le parole - si, come vedete sono impigliata - disse con un filo di voce mentre manteneva il contatto visivo con il giovane uomo. Il suo cuore stava battendo sempre più velocemente e quel bustino che le stringeva il petto di certo non la aiutava a respirare meglio o a calmarsi "era il caldo? O la paura di rovinare il vestito?" si chiedeva, ma non era né l'uno, né l'altro, perché Mary si stava ingannando semplicemente per la paura e l'emozione.

- Non vi muovete o il vostro bel vestito si rovinerà - rispose il giovane con tono fermo ma gentile, e prontamente si mosse verso il cespuglio di rovi come se dovesse andarla a salvare dalle fauci di qualche bestia feroce; si inginocchiò sulla ghiaia e iniziò ad armeggiare con la parte della gonna che era rimasta impigliata nel cespuglio, facendo molta attenzione a non rovinarla. Nel mentre, facendo attenzione a non farsi notare, iniziò ad indagare ogni centimetro del suo corpo "certo che è veramente alto" pensò quando lo vide inginocchiarsi, sarà stato alto minimo 6 piedi se non di più e ora che era chinato poteva ammirare la larghezza delle sue spalle; Mary si lasciò andare a pensieri zuccherini mentre pensava cosa avrebbe provato ad essere sollevata da quella forti braccia e non poté non indugiare nel pensiero di immaginarlo mentre loro...

- Ecco qui, il vostro vestito è salvo.

Mary riemerse violentemente dal suo sogno ad occhi aperti, sussultando come se stesse per inciampare da una ripida scalinata, ma lui parve non farci caso "che si fosse accorto che lo stavo guardando? Magari con aria immorale e peccaminosa? Sarebbe stato vergognoso" e arrossì, imbarazzata.

Mary si ricordava di questo ragazzo, lo aveva visto in diverse occasioni, poiché aveva un volto molto familiare "deve essere il Norrington Jr.!" pensò Mary. Ricordava quel bel giovane, una meta ambita da molte signorine di ricca famiglia, lo aveva visto frequentemente a teatro e in alcuni gala organizzati dal defunto Generale Dominique Castellano e di sfuggita al suo funerale, mentre faceva privatamente le condoglianze alla Signora Castellano. E' pur vero che di lì a tre anni, da quando il padre si era ammalato di una strana e debilitante polmonite, lo aveva visto sempre più di rado. Certo che a vederlo ora, sembrava diverso, inizialmente non lo aveva davvero mai notato con particolare attenzione, ma sembrava decisamente più bello di come se lo ricordava, se fosse davvero lui.

Mary riemerse dai suoi ricordi e il giovane uomo parve frenarsi prima di riprendere a parlare, sembrava essersi reso conto che qualche cosa l'avesse turbata e le sorrise teneramente.

- spero non vi siate punta - disse, posando i cestelli che portava con lei sulla panchina lì vicino e prendendo le sue mani nelle sue per controllare che non ci fossero tagli. Quando le afferrò le mani, Mary percepì qualcosa che non aveva mai provato fino ad ora, sentì come un fiume correre dalle sue braccia al suo petto, "che sensazione particolare" pensò soffermandosi su come stesse reagendo il suo corpo "e che mani così strane" continuò, al tatto erano lisce eppure parevano dure, non come le mani di un uomo dedito al lavoro dei campi, gonfie e scurite dal costante lavoro con la terra e con gli attrezzi agricoli, ma sembravano come fossero fatte di cuoio. Interruppe il suo flusso di pensieri e si sentì sciocca a fare tutte quelle elucubrazioni, era ovvio che non fosse un contadino, bastava guardarlo per rendersene conto, aveva un viso pulito, un taglio di capelli elegante e molto curato e il colorito del suo volto non era di certo quello di qualcuno dedito a passare ore e ore sotto il sole rovente. Mary si sentì stordita, forse dall'avvenenza di questo misterioso giovane, prima noto, ora sconosciuto, mosso da galanteria così apertamente genuina verso di lei, una cosa che nessun uomo aveva fatto prima d'ora con quei modi così cavallereschi. Per la prima volta nella sua vita si sentì davvero una donna ed era sicura che da quel momento in poi tutti in città lo avrebbero notato e glielo avrebbero riconosciuto, ma più indugiava in quel tipo di pensieri più si rendeva conto che degli altri e delle loro opinioni non le importava nulla, tutto diventava grigio e privo di valore quando il suo sguardo incrociava quello del giovane uomo. Essendo quasi certa che si trattasse di Norrington Jr. un ricco ereditiero, la sua mente iniziò di nuovo viaggiare furiosamente immaginandosi un sontuoso matrimonio, una vita felice e spensierata, viaggi in Europa o nelle terre esotiche del Sud America, come i Caraibi di cui aveva visto qualche bellezza solo nei quadri, nei suoi libri o di cui aveva solo sentito parlare.

Mary tornò a guardare le sue mani in quelle di lui mentre con i polpastrelli indagava delicatamente alla ricerca di tagli, risultando però inopportuno. Lei ritrasse le mani e quel fiume che scorreva si interruppe di colpo, ma non quella strana magia di quel momento così particolare. Cercò di controllare l'accendersi del rossore sul suo volto e si rese conto di star tremando lievemente, certamente, doveva essere perché non era abituata a quel tipo di attenzioni, cercò quindi di ricomporsi nel migliore dei modi mantenendo quel ritegno che ci si aspetta da una signorina per bene e, quando finalmente ritrovò la compostezza, ritrasse le mani su di sé e fece per guardarlo con un espressione che, nella sua immaginazione, evocasse austerità

- Vi ringrazio del vostro aiuto, come vedete non sono ferita, ora scusate ma temo proprio di dover tornare a casa - disse cono tono grave e sistematasi la gonna per evitare che si gualcisse, fece dunque per andarsene

- Lasciate che vi accompagni ve ne prego - la fermò lui. Il suo tono era tagliente eppure suonava così caldo e pastoso, come il canto di uno di quegli uccelli esotici descritti nei suoi libri sulle bestie che popolano le grandi lande selvagge.

- Vi ringrazio mio buon signore per la vostra gentilezza e la vostra offerta, ma devo declinare. Sapete sono di fretta e devo tornare a casa e poi mio padre, cosa direbbe se tornassi accompagnata ad uno sconosciuto? - annunciò Mary con tono rigido e formale, con un po' indecoroso e malcelato piacere nell'aver ricevuto quella gentile offerta, ma in fin dei conti lui era uno sconosciuto e dare confidenza a degli uomini conosciuti per strada poteva essere malvisto. Dunque, ancora una volta fece per andarsene, questa volta con un'andatura più decisa come se stesse testando se l'uomo fosse davvero interessato a lei o se tutta la scena precedente fosse stata una semplice cortesia di circostanza

- Insisto! - disse il giovane uomo ostruendole il cammino facendo un solo passo in avanti - vi prometto che vi porterò a casa sana e salva e poi non mi vedrete più, se vorrete.

Al solo sentirlo dire che non lo avrebbe più rivisto, sentì un gelo dentro di sé tanto forte da farle perdere il fiato. Finse di riflettere per un attimo e abbozzò un sorriso felice che però represse quasi subito

- Sta bene, vi permetto di accompagnarmi, ma devo farvi presente che sono una donna di buoni costumi, quindi non cercate di fare cose strane o inizierò ad urlare! - disse con tono imperativo e un po' vezzoso

- Ve lo prometto! - sorrise abbozzando una risata e mettendo teneramente la coppola sul cuore e alzando buffamente la mano sinistra a mo di giuramento

Mary si rabbonì a quel gesto così volutamente goffo che sembrava stonare così tanto con la sua figura

- Allora a chi devo porgere il mio ringraziamento?

- Adam, Adam Norrington, figlio di Salvador Norrington il proprietario della magione oltre la collina. Potrei chiedere chi ho avuto il piacere di soccorrere e ora di riaccompagnare?

"Lo sapevo!" pensò Mary e lasciò cadere la maschera di austerità porgendogli la mano - mi chiamo Mary Delgarno, figlia del sarto Johnatan Delgarno - lui afferrò la sua mano e le rispose con un galante baciamano al quale Mary sorrise a pieno volto e lui contraccambiò.

- Delgarno? - disse sorpreso e poi con un cenno della mano mostrò il proprio abito - questa blusa mi è stata fatta su misura proprio alla sartoria di vostro padre!

- Ah! Quindi conoscete mio padre - domandò vivacemente sorpresa Mary

- Non proprio personalmente, ho avuto solo dei fugaci scambi di parole, mio padre lo conosce sicuramente di più dato che molti dei suoi abiti sono stati confezionati proprio alla sartoria di vostro padre. L'ho rivisto di recente anche se ho avuto solo a che fare solo con una delle sue assistenti, ma era solo quando la sarta prendeva le misure delle spalle, chiedendomi di mio padre.

Mary sentì per un attimo un brivido di gelosia dell'assistente, ma che controllò e represse subito dandosi un contegno

- Vi farò da cavaliere fino a casa Miss Mary, posso permettermi? - e le porse il braccio

Mary sorrise - potete Mr. Norrington.

- Adam andrà benissimo.

La stradina sterrata che portava dal parco centrale a casa Delgarno, era dentro la città ma non era molto distante, ci sarebbero voluti solo una decina di minuti a piedi e quindi per questo, sotto suggerimento di Adam, fecero una piccola deviazione verso una zona meno edificata e più in aperta campagna. Mary era sicura che nessuno li avesse visti allontanarsi insieme verso i campi, ma non le importava in quel momento cosa avrebbe avuto da ridire la gente, perché ora lei, proprio lei, figlia di un sarto, stava camminava sottobraccio con un uomo affascinante che la faceva ridere, la faceva sentire importante e che non la trattava come una bambina, ma come una la donna che era e che finalmente cominciava a sentirsi. Adam non sembrava affatto come tutti gli altri che le parlavano o le rispondevano con accondiscendenza mascherata da cortesia, Adam era diverso, Adam era perfetto, Adam doveva essere l'uomo perfetto.
Questa bella città del New England aveva dei paesaggi suggestivi che le ricordavano un po' la bellezza dei tipici paesaggi Inglesi a cui si era stata abituata da bambina: le collinette erbose e ampi campi fioriti che si accostavano a dei piccoli boschetti che offrivano riparo dal sole e dalla caldura delle afose giornate estive, dove immaginò di invitarlo a fare un pic-nic uno di quei giorni, ma non prima che l'avesse invitata a cena!

Fecero una lunga deviazione che disegnava un arco che usciva dal centro abitato verso le zone più rurali e boschive e si concludeva con il rientro all'interno della città in una zona un po' più di periferia, dove era ubicata la casa di Mary e questo permise loro di conoscersi un po' meglio.

- Quindi avete vissuto in Europa? E dove ditemi? - le chiese Mary afferrandogli il braccio

Lui le sorrise divertito da quel comportamento - Ho vissuto la mia infanzia a Bruxelles in Belgio per pi trasferirmi a Montpellier in Francia per quasi tutta l'adolescenza. Mi sono trasferito negli Stati Uniti dove ho studiato Scienze Agrarie alla Columbia University.

- Wow! Che vita avventurosa Adam e avete vissuto anche in Francia ! Come vorrei andarci un giorno!

- Vi consiglio di andarci, è decisamente diversa dall'Europa o dal New England - disse con tono assertivo - Però alla fine sono dovuto tornare anche per volontà di mio padre che voleva che studiassi agraria perché ci teneva particolarmente, anche se ho sempre preferito la letteratura e la pittura.

- Anche io! Amo la letteratura! Emily Dickinson mi ha fatto innamorare del New England con le sue atmosfere fantastiche e Melville con il suo romanzo Moby Dick che mi ha fatto sempre desiderare di salpare... Beh senza affondare se fosse possibile.

Lui rise di gusto a quella genuina e involontaria battuta - Vedo che siete un'accanita lettrice, potrei permettermi di consigliarvi dei titoli da leggere?

Le arricciò leggermente le labbra e gli sorrise

- Certamente! Leggerò sicuramente quello che mi consiglierete.

 

  
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