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Autore: Ikki_the_crow    31/07/2023    0 recensioni
SERIE MOMENTANEAMENTE IN IATO: in quanto basata su una campagna in corso, devo aspettare che gli eventi procedano prima di andare avanti...
Momenti di vita quotidiana di alcuni avventurieri, quando non sono impegnati a salvare il mondo o esplorare dungeon. A volte le avventure più emozionanti sono quelle che vivi tutti i giorni...
0) Istantanea n.0: come tutto ebbe inizio.
1) Istantanea n.1: una serata in accampamento, per iniziare a conoscerci meglio.
2) Istantanea n.2: anche i più duri dei duri hanno bisogno di qualcuno (in collaborazione con The_Red_Goliath)
3) Istantanea n.3: alcune ferite iniziano a guarire
4) Istantanea n.4: un’uscita tra amiche. O forse no.
5) Istantanea n.5: la conclusione di una giornata memorabile.
6) Istantanea n.6: un arrivederci che suona quasi come un addio.
7) Istantanea n.7: una splendida giornata e una terribile nottata.
Genere: Fantasy, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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ISTANTANEE DI VIAGGIO 6
In cui alcuni accordi vengono stretti, due ragazze si separano ma non veramente, e inizia un lungo cammino.

23-08-1373. Mattina. Conclave di Silverymoon.
 
Le espressioni sui visi del consiglio di facoltà erano divise più o meno equamente tra ammirazione e fastidio. I risultati presentati erano sicuramente interessanti; il modo in cui erano stati posti, però, lasciava molto a desiderare.
I sei membri del consiglio sedevano su uno scranno comune a forma di semicerchio. Di fronte a loro, era stato posizionato un tavolo su cui facevano bella mostra di sé alcuni reperti: i più interessanti erano un grosso libro dall’aria antica scritto in alfabeto Gigante, alcune immagini dello scheletro di un drago corredate di appunti, anch’essi scritti in Gigante, una mezza dozzina di monete d’oro, alcune delle quali grosse come un piatto da portata, e quella che pareva la mappa incompleta e ricoperta di annotazioni di un immenso complesso sotterraneo. La pianta non aveva il minimo senso, forse perché era stata tracciata da un golem impostato in automatico, come era stato loro riferito.
Dall’altra parte del tavolo, la professoressa Johan Joyce aveva l’aria stizzita. Era in piedi, entrambe le mani poggiate sul pianale, e aveva appena finito il proprio rapporto sulla spedizione. Come suo solito, era stata diretta, schietta e non si era persa in dettagli.
Seduta su una sedia a poca distanza, Daisy stava diligentemente trascrivendo tutto quello che veniva detto. In realtà non avrebbe dovuto trovarsi lì – non era più l’assistente di Johan da settimane, ormai – ma quando quella mattina si era presentata all’appuntamento nessuno aveva detto nulla. Johan temeva che non se ne sarebbe liberata tanto facilmente; non lo avrebbe mai ammesso neppure sotto tortura, ma la cosa non le dispiaceva affatto.
Però quella mattina Daisy aveva qualcosa di diverso. Sembrava assente, distratta. Non triste, però, no. Pensierosa, ecco. Forse…
“Professoressa Joyce?”
“Hmm?” La donna si voltò a guardare verso il presidente della commissione. In via del tutto eccezionale, Eltro Miresk in persona si era offerto di partecipare, e quando il rettore si dava volontario non c’erano alternative se non accettare.
“Ha sentito cosa ho detto?”
“Mi scusi, ho una malattia congenita: sono intollerante a stronzate e rotture di coglioni. E quel discorso sembrava davvero una rottura di coglioni di prima categoria. Qualcosa a che fare con regolamenti, accordi tra università e palle varie, giusto?”
Daisy si morse le labbra per non intervenire. A un paio di posti di distanza dal rettore, il professor Wingard soffocò una risatina. Dall’altro lato del tavolo, il professor O’Malley di Divinazione, invece, dovette trattenersi per non iniziare a urlare.
Eltro Miresk la guardò con aria irritata.
“Gliela farò semplice, allora. Il territorio del Grande Ghiacciaio è tradizionalmente studiato dalla Moonstone Manse dell’Impiltur. Non possiamo piazzare un campo di ricerca da quelle parti senza prima consultarli.”
“Allora andremo a portare le nostre scoperte alla Moonstone Manse. Sono sicura che lì saranno più interessati.” Johan allungò una mano verso il librone, ma la voce di Miresk la bloccò.
“Non ho detto questo, professoressa. E lo saprebbe se mi avesse ascoltato.” L’anziano mago sospirò. “Ma ci vorrà del tempo per prendere accordi con i nostri colleghi dell’Impiltur per organizzare un campo condiviso. Loro forniranno la manovalanza, noi l’esperienza, e divideremo oneri e onori. Ci sarà parecchio da contrattare, ma con questo materiale penso ne valga la pena.” Indicò con un gesto tutto quello che si trovava sul tavolo. Dal luccichio che aveva negli occhi, era chiaro che nonostante la facciata severa era parecchio interessato.
“Mi scusi, direttore. Credo di essermi espressa male.” Joyce si sporse sopra il tavolo. “Devo aver dato l’impressione che me ne fregasse qualcosa. Non è così. Potete fare quello che volete con quel sito, anche darlo in mano a quell’imbecille di Mulligan se avete proprio voglia di mandarlo a puttane. Solo, se qualcuno scava lì dentro, anzi no, se qualcuno pensa solo di scavare lì dentro, voglio che arrivi una comunicazione ufficiale sulla mia scrivania. E voglio che il mio nome e quello di Daisy compaiano su ogni fottuta pubblicazione sull’argomento, incluse le comunicazioni interne. Così è più chiaro?”
La professoressa Roy di Rune Antiche intervenne: “La signorina Woolen non fa più parte dell’organico dell’Università. Per tanto, non può avanzare pretese su –”
Joyce la interruppe. “Mi scusi, professoressa. Vedo la sua bocca muoversi, ma sento solo «blah blah blah». Le ho già parlato della mia malattia congenita, vero?”
L’anziana docente le rivolse uno sguardo infuocato prima di voltarsi verso Miresk. “Direttore, non può permettere davvero a questa donna di comportarsi così.”
“Oh, può e lo farà.” Il sorriso di Joyce era abbastanza affilato da tagliarci una pagnotta. “Perché se non lo farà, noi prenderemo baracca e burattini e porteremo tutta questa roba alla Moonstone Manse. O a Candlekeep. Non è importante. Qualcuno di interessato lo troveremo, potete starne certi.”
Fece scorrere lo sguardo sulla commissione. “Mi avete tolto la possibilità di andare in campo con le risorse dell’Università, altrimenti avrei preso in mano io stessa questo progetto e lo avrei portato avanti per conto mio. Ora fatemi un favore: sbattetemi fuori del tutto, almeno sarò libera di andare a presentare le mie scoperte da qualche altra parte. Magari dove sono anche solo un filo meno rincoglioniti.”
Eltro Miresk sospirò. “Non è necessario diventare scurrili, professoressa Joyce. Sono sicuro che possiamo arrivare ad un accordo soddisfacente per tutti…”
 
“Direi che è andata bene.” La voce di Daisy era stranamente pacata, mentre attraversava il portone dell’Università insieme alla professoressa. Avevano appena finito di rimettere tutto il materiale al suo posto in archivio, e tra una cosa e l’altra si era fatta quasi ora di pranzo.
“Bene? È andata alla grande!” Johan mimò un pugno verso il cielo terso. “Sfruttamento esclusivo per vent’anni, e diritto di opposizione su qualsiasi decisione che l’Università possa prendere sul sito. Se ci avessero pure pagato sarebbe stato perfetto!”
“A proposito. Grazie per essersi impuntata per me.”
Joyce le rivolse uno sguardo stupito. “E perché non avrei dovuto, scusa? Ti sei fatta il culo quadro per questa missione. Ci mancava solo che ti lasciassero fuori.”
“E per questo la ringrazio molto. Anche se sono comunque sicura che avrebbe potuto essere un pochino più diplomatica,” suggerì la ragazza. A quelle parole, Johan scoppiò a ridere.
“Dov’è il bello dell’avere il coltello dalla parte del manico se non ci giochi un pochino?” La professoressa rivolse uno sguardo alla sua ormai ex assistente. “Tu, piuttosto. Va tutto bene?”
Daisy sollevò lo sguardo, stupita. “Certo, professoressa. Perché me lo chiede?”
“Una sensazione. Com’è andato il tuo appuntamento di ieri?”
Daisy arrossì violentemente. Sulla pelle scura era difficile accorgersene, ma oramai Johan ci aveva fatto l’occhio.
“Come sa che avevo un appuntamento?” balbettò, gli occhi fissi sulla punta delle scarpe.
“Me lo ha detto Lilhara ieri mattina, quando sono tornata da Westgate. Non so come lei lo abbia saputo, ma la ragazza ha le sue fonti, immagino. Allora?”
Daisy sembrava ancora affascinata dalle proprie scarpe. “Ecco… direi che è andato bene…”
“Però? Sento che c’è un però.”
“Ho l’impressione che abbia complicato solo la situazione.” Daisy sospirò.
A sorpresa, la professoressa sorrise. “Allora è stato un ottimo appuntamento. Da quel poco che so, se c’è casino stai andando nella direzione giusta.”
“Forse per lei, professoressa.” Un lampo di divertimento passò negli occhi chiari della ragazza. “E com’è andato il suo appuntamento a Westgate? Il signor Gemmel sta bene?”
Stranamente, Johan parve imbarazzata dalla domanda. Non era da lei.
“Oh, bene. Benone. Abbiamo chiacchierato, mangiato, bevuto un po’… Una serata piacevole. Sì, decisamente niente di bizzarro da segnalare.” Si guardò intorno finché non scorse qualcuno in fondo alla strada. “Oh, ecco Felix e gli altri. Riconoscerei quel lupo gigante tra mille. Non che ce ne siano altri mille in giro, ma ci siamo capite. Forza, andiamo.”
Agitò un braccio in segno di saluto e accelerò il passo, lasciando indietro Daisy che la osservava con un misto di perplessità e divertimento.
A quanto pare non sono l’unica con una vita sentimentale incasinata.
 
L’appuntamento con Fianna e Bastion era alla casa di Susan. Quando il gruppetto arrivò, la guaritrice era nel proprio studio a parlare con la maga, la porta serrata dietro di loro. Ne emersero dopo qualche minuto; il viso di Susan era corrucciato, come al solito, mentre Fianna aveva un accenno di sorriso sulle labbra. Quando vide Daisy, arrossì leggermente e parve di colpo molto interessata al battiscopa. Johan soffocò una risatina.
“Qual è il verdetto, dottoressa?” chiese Bastion con tono neutro. Susan lo fissò dal basso verso l’alto, un sopracciglio inarcato. Sembrava stesse decidendo se rispondergli o prenderlo a calci. Alla fine, per una volta, puntò sull’alternativa pacifica.
“Fisicamente, sta bene. Niente febbre, l’infiammazione è guarita, non ci sono segni di ferite aperte. Ma sono comunque contraria,” decretò.
Il paladino non esitò. “Molto bene. Allora si parte tra due giorni. Giusto il tempo di mettere insieme l’equipaggiamento necessario.”
Il giorno prima, Bastion aveva annunciato a sorpresa di essere in procinto di tornare sul Grande Ghiacciaio, in cerca dei loro compagni ancora dispersi, una gnoma che rispondeva al nome di Rosili Minwyse e un Paladino di Illmater di nome Fodel Nemmesk. Era sua intenzione trovarli, o quanto meno tornare con le prove inconfutabili che fossero deceduti. Ancora più a sorpresa, quando la sera prima Daisy e Fianna erano tornate a casa di Susan e avevano trovato il messaggio del Paladino, la maga si era detta pronta ad andare con lui.
Ovviamente, Susan si era opposta: le due avevano discusso per un po’, ma alla fine la guaritrice aveva dovuto ammettere che non c’erano ragioni mediche per cui la maga non potesse partire. Si era però riservata di cambiare opinione il giorno seguente, dopo un esame completo e approfondito.
Quando erano salite in camera di Fianna, la maga si era aspettata che Daisy cercasse di fermarla. Era già pronta al loro primo battibecco – si erano baciate per la prima volta meno di due ore prima e già stavano per litigare – ma dopo aver chiuso la porta, la ragazza dalla pelle scura aveva pronunciato l’ultima parola che la maga si sarebbe mai aspettata.
“Scusa.”
Una serie di ipotesi sfrecciò nella mente di Fianna, una peggiore dell’altra.
Mi sta lasciando. Si è pentita di quel bacio. L’ho delusa quando ho detto che sarei partita. Ho litigato con Susan e ora ce l’ha con me.
Prima che potesse dire nulla, Daisy continuò.
“Avevo promesso che avrei trovato i tuoi compagni per te, ma non ce l’ho fatta. E adesso il signor Bastion vuole ripartire, e tu giustamente vuoi andare con lui a cercare i tuoi amici, ma se io avessi fatto quello che avrei dovuto tu non dovresti tornare in quel posto terribile e…”
Gli occhi le si erano riempiti di lacrime. Prima che l’altra potesse mettersi a piangere, Fianna le aveva preso una mano tra le sue.
“Ehi, ehi, ehi. Non fare così. Non è colpa tua. Tu hai fatto tutto quello che potevi. E anche di più. Molto di più,” le aveva detto. Una lacrima era sfuggita dall’occhio destro di Daisy, e la maga l’aveva intercettata con un bacio.
“Starai attenta, vero? Promettimi che starai attenta!” Gli occhi di Daisy erano ancora umidi. “Prometti che avrai sempre un Teletrasporto pronto, e un Inviare, e se ci sarà puzza di guai tornerete indietro subito? E se non potrete mi chiamerai, e io arriverò immediatamente? E…”
Fianna aveva avvolto le braccia intorno alla vita di Daisy e l’aveva tirata a sé.
“Tranquilla. Andrà tutto bene. Te lo prometto.”
E per un momento ci aveva creduto davvero.
 
25-08-1373.
 
“Ho comprato un paio di pergamene di Teletrasporto senza errore. Nel caso servissero.”
“Oh, Daisy! Ti saranno costate un occhio!”
Mentre i due gruppi si preparavano alla partenza, le due ragazze si erano allontanate un poco per parlare al riparo da orecchie indiscrete. In quel momento erano vicino al pollaio di Susan e McGraw, con le galline che le osservavano con aria sospettosa da dietro la rete di canne.
“Non importa. Mi faranno stare più tranquilla.” Daisy sorrise. “Se non le useremo, meglio. Le terrò per venirti a trovare a Damara.”
Una volta fuori dalla vista degli altri, l’espressione sicura di Fianna si era fatta nervosa e preoccupata. Era una cosa che le succedeva spesso, ogni volta che pensava che nessuno la stesse guardando. Nei due giorni precedenti, le due ragazze avevano passato quasi ogni momento di veglia insieme. Daisy aveva portato l’altra a fare passeggiate nella campagna al di fuori delle mura di Silverymoon, l’aveva accompagnata in biblioteca a recuperare incantesimi da aggiungere al proprio grimorio, o ad acquistare oggetti utili per la spedizione. Più di ogni altra cosa, aveva cercato di starle vicino. E non solo perché ogni volta che Fianna le sfiorava la pelle con le dita o le labbra, il suo intero corpo sembrava formicolare: la maga era nervosa – di più, era spaventata – anche se cercava in tutti i modi di non darlo a vedere. Ma Daisy aveva buon occhio per queste cose. E il fatto che non riuscisse a staccare gli occhi di dosso dall’altra aveva sicuramente aiutato.
In particolare, quella mattina Daisy aveva notato come l’altra continuasse a stringersi in vita la cinghia di cuoio con cui aveva assicurato il proprio libro degli incantesimi, come a volersi sincerare che fosse sempre lì. Si era morsa la lingua un paio di volte, che si erano aggiunte alle innumerevoli dei due giorni precedenti, ma alla fine aveva ceduto.
“Non devi andarci per forza, lo sai?”
Fianna le rivolse un’occhiata interrogativa, e Daisy continuò.
“Non voglio dirti cosa fare o non fare. Non… non è quello che sono. Tu puoi fare quello che vuoi, e io ti sosterrò sempre, qualunque sia la tua decisione. Ma penso che non sia una buona idea che tu torni sul Grande Ghiacciaio. È troppo presto, non… Sono successe troppe cose, troppo di recente lassù.”
La prima sera, quando si erano baciate sotto la luna sulla riva del fiume, Daisy aveva sentito la fame nella bocca dell’altra, la disperazione con cui a volte l’aveva stretta, il desiderio spasmodico e terribile di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare da capo. La stessa fame che aveva avvertito più volte nei due giorni precedenti, di solito appena prima di salutarsi.
Fianna non stava bene. Non sarebbe stata bene per molto tempo. Come poteva voler tornare lassù, dove era accaduto tutto?
Con delicatezza, Fianna le avvolse il viso con le mani. La maga era di qualche centimetro più bassa di Daisy, per cui dovette mettersi in punta di piedi per appoggiare la fronte contro quella dell’altra.
“Devo farlo. Per Bor, per Ezekiel, per Rosili, per Fodel. Per Bastion. Ma soprattutto per me.” Diede un rapido bacio sulla punta del naso all’altra. “Non posso lasciare che quel maledetto ghiacciaio mi perseguiti per sempre. Devo tornare lassù. Finire quello che ho iniziato.”
Daisy annuì piano. Non era convinta che fosse una buona idea. Per nulla. Ma se era ciò che Fianna voleva, lei l’avrebbe appoggiata in tutto e per tutto. Non era forse quello il suo ruolo?
“Promettimi che starai attenta però,” mormorò di nuovo. “E che se ci sarà anche solo un accenno di pericolo –”
“Prenderò Bastion e me ne andrò di corsa.” Fianna sorrise. “Lo prometto. Ma tu fai lo stesso.”
Suo malgrado, anche Daisy sorrise. “Sarò con la professoressa e gli altri. Non sarò in pericolo.”
Avvolse l’altra tra le braccia e la strinse piano a sé. I capelli di Fianna sapevano di latte, più qualcosa di dolce che non riuscì a identificare. Non importava.
“E scrivimi, mi raccomando. Non vedo l’ora di arrivare a casa e trovare tutte le tue lettere.” Fianna sorrise. Aveva dato all’altra un indirizzo di Helgabal dove mandare le lettere. Casa sua. Così lontana. Eppure, dopo tutto quello che era successo nelle ultime settimane, non si era mai sentita più al sicuro di dov’era in quel preciso momento. Tra le braccia di una persona che le voleva bene, la rispettava, la sosteneva senza costringerla. Sapeva che, non importava quanto sarebbero state lontane, avrebbe sempre trovato un posto tra quelle braccia.
“Dammi un bacio,” mormorò. Daisy eseguì all’istante.
Quando si separarono, il fiato corto e il cuore che le batteva forte nel petto, la maga sollevò lo sguardo. “Un altro.”
“Un altro.”
“Un altro.”
“Un altro.”
“Un altro.”
“Ingorda. Quanti vuoi che te ne dia?” La ragazza dalla pelle scura ridacchiò.
“Molti di più.” Il tono di Fianna era mortalmente serio. “Almeno abbastanza da non sentire così tanto la tua mancanza quando sarai andata via.”
Daisy esitò per un attimo. Sembrò sul punto di dire qualcosa, poi scosse la testa.
“D’accordo. Spero solo che gli altri non abbiamo fretta.”
“Falli aspettare. Ora ho bisogno io di te.”
E credo che ne avrò bisogno per un bel po’.
   
 
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