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Autore: amy_hime    05/08/2023    0 recensioni
Presto il Cacciatore sarebbe passato, con il suo seguito di spettri, trascinando con sé chi non gli avesse ceduto il passo. Mihael ne era certo, lo sentiva nell’odore dell’aria. In vent’anni, aveva imparato a leggere tutti quei segni, invisibili ai più, che svelavano i nomi delle vittime designate dal Figlio della Nebbia. Quando ebbe finalmente interpretato il messaggio, il giovane avvertì una stretta all’altezza dello stomaco.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruto Tenjo/Hart Tenjo, Kaito Tenjo/Kite Tenjo, Michael Arclight/ Three
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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Era passato meno di un anno, da quando quei due stranieri si erano trasferiti nel villaggio. Un giovane uomo e un bambino, suo fratello minore, che avevano deciso di lasciare la grande città della pianura per scampare all’epidemia che flagellava quelle terre. Mihael aveva legato velocemente con i due, Haruto, il bambino, adorava i suoi cani, grosse bestie bianche dalle orecchie fulve. E Kaito, beh, amava il proprietario dei cani. Forse perché, a ben guardare, erano entrambi due emarginati, tenuti a distanza dal resto della popolazione.

-Perché ti guardano in quel modo, quando vai in giro? Io sono straniero, lo capisco, ma tu?

Mihael si chinò per lisciare il pelo a Sceolan, che ansimava, accaldato, dopo una lunga corsa all’inseguimento di un cervo in compagnia dei due cacciatori:-Per lui. Lui e tutti gli altri. C’è una leggenda, qui… attorno al solstizio d’inverno, per questi monti passa la Caccia Selvaggia. Il Cacciatore abbandona dei cuccioli… io me ne prendo cura. Faccio da intermediario tra l’esercito dei morti e la comunità. Per questo… mi temono.

Kaito scrollò le spalle, giocherellando distrattamente con un filo d’erba:-Sciocchezze. Ho sentito parlare anch’io della Chasse, della masnada dell’Impiccato. Non è mai successo nulla, sono solo uccelli notturni.

Il più giovane si stese per terra, incrociando le braccia dietro la nuca:-Da voi la leggenda è stata dimenticata, ma non qui. Il suo culto è vivo. Finché avrò fiato in corpo, farò in modo che la Familia continui a cavalcare. So di cosa sto parlando, Kaito. Mia madre era una strega.

-Non mi hai convinto, ma non importa. Se ti dovesse servire una mano, chiedi pure. Farò il possibile per aiutarti.

 

L’estate era passata, e poi anche l’autunno era volto al termine, erodendo sempre di più i giorni, il sole che moriva lentamente. Presto il Cacciatore sarebbe passato, con il suo seguito di spettri, trascinando con sé chi non gli avesse ceduto il passo. Mihael ne era certo, lo sentiva nell’odore dell’aria. In vent’anni, aveva imparato a leggere tutti quei segni, invisibili ai più, che svelavano i nomi delle vittime designate dal Figlio della Nebbia. Quando ebbe finalmente interpretato il messaggio, il giovane avvertì una stretta all’altezza dello stomaco. Fischiò, e Bran e Sceolan, i primi cuccioli che aveva allevato, si presentarono al suo fianco, silenziosi come fantasmi. Accompagnato dai due segugi, e con un bastone bianco, privo di corteccia, Mihael si avviò verso la piazza del mercato, mentre, in alto, uno strano, lugubre vento, cominciava a fischiare.

Non si sarebbe mai aspettato di vedere anche Kaito e Haruto, nella folla che si era raccolta al suo arrivo. Buona parte del villaggio lo stava fissando con occhi famelici, sperando che non fosse ancora il momento per rintanarsi nelle abitazioni. Mihael inspirò profondamente:-Stanotte. Stanotte i Buoni Vicini attraverseranno queste terre. State lontani dai crocevia, lo dico per la vostra incolumità.

Un latrato risuonò sopra la sua testa, a cui ne fece eco un altro, poi, un altro ancora. Il ragazzo sollevò gli occhi verso il cielo plumbeo, poi li riportò sugli astanti che lo circondavano, cercando i volti dei prescelti. Eret, il fabbro, che aveva imbrogliato fin troppe persone. Ana, la sarta, abile nel cucire bugie in grado di rovinare vite innocenti.  E infine,  Kaito, l’estraneo con le mani sporche del sangue dei cervi cacciati di frodo nella sua città natale:-Chiudetevi in casa. Non uscite, se avete a cuore la vita.

Ai latrati si sommò il galoppare dei mostruosi cavalli della Caccia, mentre il vento cominciava a calare.

-Chasse Galerie, portami un po’ della tua caccia!

Mihael si voltò orripilato verso Haruto, ma ormai era troppo tardi. La Caccia avrebbe tenuto da parte un po’ della sua preda per il bambino.

 

-Perché l’hai fatto, si può sapere?

Tutto si sarebbe aspettato, tranne che il bambino facesse una richiesta al Cacciatore. Mihael si passò una mano sul volto, esasperato dal fatto che il piccolo si mostrasse totalmente indifferente alla cosa:-In città si dice che, se chiedi alla Caccia un po’ della loro cacciagione, te la lasciano inchiodata sulla porta di casa. Ho pensato di provare, tanto non succederà.

Il giovane digrignò i denti:-Stai scherzando con la vita di tuo fratello, Haruto. Prega che non esca di casa, stanotte. Io… non posso proteggerlo. Non oggi.

Fece per imboccare la porta,  seguito dai cani, ma Kaito lo afferrò per un polso:-Non ti conviene uscire stasera, Caccia o no. C’è una brutta tempesta. Resta qui.

Bran uggiolò piano, e Mihael lo calmò con una carezza sulla testa:-Devo raccogliere un nuovo cucciolo. Lo faccio ogni anno, non ti preoccupare. Starò attento… promettimi di non uscire.

 

Stava correndo, correndo come un matto sotto i fiocchi gelidi che turbinavano nell’aria, facendo svanire nel nulla ogni punto di riferimento. La muta latrava e ululava, disperdendosi tra gli alberi, alla ricerca di una vittima, ma sempre seguendo il suono dei sonagli che penzolavano dal copricapo di Mihael, un antico elmo decorato dai palchi di un cervo che la sua famiglia si tramandava da generazioni. Con sua madre, la Chasse aveva ripreso a uccidere, come non faceva più da tempo. La donna, accusata di magia nera, era stata gettata nelle acque gelide del fiume e, quand’era riemersa, semi assiderata ma viva, la folla aveva deciso di bruciarla nella piazza del villaggio. Mihael soppesò la clava di ferro che aveva in mano. Poteva bastare. Il vento gli sussurrava i nomi dei carnefici di sua madre, insieme a quelli di alcuni individui sacrificabili, per non destare sospetti nel villaggio. Kaito, l’estraneo, non ancora inserito nella comunità, non poteva mancare quell’anno, ma poi il giovane avrebbe taciuto il suo nome.

Il richiamo di Sceolan riecheggiò tra gli alberi, e Mihael si precipitò in quella direzione. Quell’anno toccava ad Ana, che, per prima, aveva puntato il dito contro sua madre.

-Mihael! Cosa ci fai qui? Morirai assiderato, devi tornare a casa!

Avvolto in un pesante mantello, e circondato dalla muta di cani, Kaito lo stava fissando incredulo. Il cuore di Mihael saltò un battito, mentre la clava cadeva, senza rumore, a terra. Non doveva andare così. Bran e Sceolan erano addestrati meglio degli altri, conoscevano i nomi delle vittime. Forse anche loro si erano affezionati a lui, ed erano andati a salutarlo, conducendolo senza volerlo verso una fine atroce. Oppure Kaito aveva ignorato il suo avvertimento, ed era uscito a cercarlo, seguendo gli ululati dei cani. Con le lacrime che si ghiacciavano sulla pelle, Mihael tese una mano verso il giovane:-Balliamo, Kaito. Un’ultima volta.

Lo trascinò con sé in una danza sfrenata, sulle note del vento e dei sonagli, sapendo di non poter fermare quel rituale crudele che aveva inventato. Non potevano esserci eccezioni, per nessuno. I cani scattarono, lacerando con le loro zanne di ghiaccio le gambe di Kaito. Mihael lo vide cadere, con troppo poco fiato in corpo per poter urlare, mentre la neve si tingeva di nero. Chiuse gli occhi e continuò a ballare, sul ghiaccio, sulla neve molle, su quel corpo che aveva amato, sentendo le ossa rompersi lentamente sotto il suo peso. Avrebbe voluto usare la clava, per accorciare le sofferenze di Kaito, ma l’arma era da qualche parte sepolta sotto il manto bianco che sarebbe diventato la tomba della sua vittima innocente.

 

Crollò a terra, piangendo, al fianco del cadavere, ma non aveva ancora finito. Doveva adempiere alla richiesta di Haruto. A fatica, facendosi aiutare soprattutto dalle zanne letali della sua muta, strappò il braccio sinistro di Kaito dal corpo, avviandosi lentamente verso quella che era stata la sua casa. Doveva sbrigarsi, mancavano poche ore all’alba, e ancora doveva scegliere, tra i cuccioli che teneva nascosti in una baracca nella foresta, quale presentare al villaggio come ultimo dono della Caccia. Lo squillo di un corno da caccia risuonò nel cielo, sopra di lui, accompagnato dal fragore degli zoccoli e i latrati dei cani. Mihael si fece da parte, mentre, nascosti nel folto della foresta, Bran, Sceolan e tutti gli altri guaivano sommessamente, lasciando passare la familia. Anche quell’anno, la Schiera aveva visitato le loro terre.

 

Angolo Autrice: Salve a tutti, eccomi qui. Questa fic riprende un argomento che sto studiando per la mia tesi, ovvero la leggenda della caccia Selvaggia. Nel corso della storia, infatti, ho fatto del mio meglio per menzionare i vari cacciatori furiosi, che cambiano nome in base al luogo e al tempo. Ad esempio, i cani di Mihael sono identici a quelli che seguono il cacciatore gallese Gwyn ap Nudd, ma Bran e Sceolan sono i segugi dell’irlandese Fionn Mac Cumahil. L’impiccato rappresenta l’inglese Herne, mentre la tradizione dei cuccioli abbandonati è tipica della leggenda nordica della Cavalcata di Asgard, guidata da Odino. Per concludere, la clava è l’arma impugnata da Hellequin, mentre il bastone scortecciato di Mihael riprende quello del vecchio Eckhart, che precede l’arrivo della caccia per avvisare i ghermiti e permettere loro di nascondersi. Se avete altre curiosità, consiglio la lettura del libro “La leggenda del Cacciatore furioso e della Caccia selvaggia”, di Karl Meisen. Oppure, potete anche lasciare una recensione ;-)

A prestissimo,

Hime

PS: ringrazio di cuore Aiko/Ashla per avermi aiutata con il titolo!

   
 
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