Era
passato meno di un anno, da
quando quei due stranieri si erano trasferiti nel villaggio. Un giovane
uomo e
un bambino, suo fratello minore, che avevano deciso di lasciare la
grande città
della pianura per scampare all’epidemia che flagellava quelle
terre. Mihael aveva
legato velocemente con i due, Haruto, il bambino, adorava i suoi cani,
grosse
bestie bianche dalle orecchie fulve. E Kaito, beh, amava il
proprietario dei
cani. Forse perché, a ben guardare, erano entrambi due
emarginati, tenuti a
distanza dal resto della popolazione.
-Perché
ti guardano in quel
modo, quando vai in giro? Io sono straniero, lo capisco, ma tu?
Mihael
si chinò per lisciare
il pelo a Sceolan, che ansimava, accaldato, dopo una lunga corsa
all’inseguimento
di un cervo in compagnia dei due cacciatori:-Per lui. Lui e tutti gli
altri. C’è
una leggenda, qui… attorno al solstizio d’inverno,
per questi monti passa la
Caccia Selvaggia. Il Cacciatore abbandona dei cuccioli… io
me ne prendo cura. Faccio
da intermediario tra l’esercito dei morti e la
comunità. Per questo… mi temono.
Kaito
scrollò le spalle,
giocherellando distrattamente con un filo
d’erba:-Sciocchezze. Ho sentito
parlare anch’io della Chasse, della masnada
dell’Impiccato. Non è mai successo
nulla, sono solo uccelli notturni.
Il
più giovane si stese per
terra, incrociando le braccia dietro la nuca:-Da voi la leggenda
è stata
dimenticata, ma non qui. Il suo culto è vivo.
Finché avrò fiato in corpo, farò
in modo che la Familia continui a cavalcare. So di
cosa sto parlando,
Kaito. Mia madre era una strega.
-Non
mi hai convinto, ma non
importa. Se ti dovesse servire una mano, chiedi pure. Farò
il possibile per
aiutarti.
L’estate
era passata, e poi anche
l’autunno era volto al termine, erodendo sempre di
più i giorni, il sole che
moriva lentamente. Presto il Cacciatore sarebbe passato, con il suo
seguito di
spettri, trascinando con sé chi non gli avesse ceduto il
passo. Mihael ne era
certo, lo sentiva nell’odore dell’aria. In
vent’anni, aveva imparato a leggere
tutti quei segni, invisibili ai più, che svelavano i nomi
delle vittime
designate dal Figlio della Nebbia. Quando ebbe finalmente interpretato
il
messaggio, il giovane avvertì una stretta
all’altezza dello stomaco. Fischiò, e
Bran e Sceolan, i primi cuccioli che aveva allevato, si presentarono al
suo fianco,
silenziosi come fantasmi. Accompagnato dai due segugi, e con un bastone
bianco,
privo di corteccia, Mihael si avviò verso la piazza del
mercato, mentre, in
alto, uno strano, lugubre vento, cominciava a fischiare.
Non
si sarebbe mai aspettato di
vedere anche Kaito e Haruto, nella folla che si era raccolta al suo
arrivo. Buona
parte del villaggio lo stava fissando con occhi famelici, sperando che
non
fosse ancora il momento per rintanarsi nelle abitazioni. Mihael
inspirò
profondamente:-Stanotte. Stanotte i Buoni Vicini attraverseranno queste
terre.
State lontani dai crocevia, lo dico per la vostra incolumità.
Un
latrato risuonò sopra la sua
testa, a cui ne fece eco un altro, poi, un altro ancora. Il ragazzo
sollevò gli
occhi verso il cielo plumbeo, poi li riportò sugli astanti
che lo circondavano,
cercando i volti dei prescelti. Eret, il fabbro, che aveva imbrogliato
fin
troppe persone. Ana, la sarta, abile nel cucire bugie in grado di
rovinare vite
innocenti. E infine, Kaito,
l’estraneo con le mani sporche del
sangue dei cervi cacciati di frodo nella sua città
natale:-Chiudetevi in casa.
Non uscite, se avete a cuore la vita.
Ai
latrati si sommò il galoppare
dei mostruosi cavalli della Caccia, mentre il vento cominciava a calare.
-Chasse
Galerie, portami un po’
della tua caccia!
Mihael
si voltò orripilato verso
Haruto, ma ormai era troppo tardi. La Caccia avrebbe tenuto da parte un
po’
della sua preda per il bambino.
-Perché
l’hai fatto, si può
sapere?
Tutto
si sarebbe aspettato,
tranne che il bambino facesse una richiesta al Cacciatore. Mihael si
passò una
mano sul volto, esasperato dal fatto che il piccolo si mostrasse
totalmente indifferente
alla cosa:-In città si dice che, se chiedi alla Caccia un
po’ della loro
cacciagione, te la lasciano inchiodata sulla porta di casa. Ho pensato
di
provare, tanto non succederà.
Il
giovane digrignò i denti:-Stai
scherzando con la vita di tuo fratello, Haruto. Prega che non esca di
casa,
stanotte. Io… non posso proteggerlo. Non oggi.
Fece
per imboccare la porta, seguito
dai cani, ma Kaito lo afferrò per un
polso:-Non ti conviene uscire stasera, Caccia o no.
C’è una brutta tempesta. Resta
qui.
Bran
uggiolò piano, e Mihael lo
calmò con una carezza sulla testa:-Devo raccogliere un nuovo
cucciolo. Lo
faccio ogni anno, non ti preoccupare. Starò
attento… promettimi di non uscire.
Stava
correndo, correndo come un
matto sotto i fiocchi gelidi che turbinavano nell’aria,
facendo svanire nel
nulla ogni punto di riferimento. La muta latrava e ululava,
disperdendosi tra
gli alberi, alla ricerca di una vittima, ma sempre seguendo il suono
dei sonagli
che penzolavano dal copricapo di Mihael, un antico elmo decorato dai
palchi di
un cervo che la sua famiglia si tramandava da generazioni. Con sua
madre, la
Chasse aveva ripreso a uccidere, come non faceva più da
tempo. La donna,
accusata di magia nera, era stata gettata nelle acque gelide del fiume
e,
quand’era riemersa, semi assiderata ma viva, la folla aveva
deciso di bruciarla
nella piazza del villaggio. Mihael soppesò la clava di ferro
che aveva in mano.
Poteva bastare. Il vento gli sussurrava i nomi dei carnefici di sua
madre,
insieme a quelli di alcuni individui sacrificabili, per non destare
sospetti nel
villaggio. Kaito, l’estraneo, non ancora inserito nella
comunità, non poteva
mancare quell’anno, ma poi il giovane avrebbe taciuto il suo
nome.
Il
richiamo di Sceolan riecheggiò
tra gli alberi, e Mihael si precipitò in quella direzione.
Quell’anno toccava
ad Ana, che, per prima, aveva puntato il dito contro sua madre.
-Mihael!
Cosa ci fai qui? Morirai
assiderato, devi tornare a casa!
Avvolto
in un pesante mantello, e
circondato dalla muta di cani, Kaito lo stava fissando incredulo. Il
cuore di
Mihael saltò un battito, mentre la clava cadeva, senza
rumore, a terra. Non
doveva andare così. Bran e Sceolan erano addestrati meglio
degli altri,
conoscevano i nomi delle vittime. Forse anche loro si erano affezionati
a lui, ed
erano andati a salutarlo, conducendolo senza volerlo verso una fine
atroce. Oppure
Kaito aveva ignorato il suo avvertimento, ed era uscito a cercarlo,
seguendo
gli ululati dei cani. Con le lacrime che si ghiacciavano sulla pelle,
Mihael
tese una mano verso il giovane:-Balliamo, Kaito. Un’ultima
volta.
Lo
trascinò con sé in una danza
sfrenata, sulle note del vento e dei sonagli, sapendo di non poter
fermare quel
rituale crudele che aveva inventato. Non potevano esserci eccezioni,
per
nessuno. I cani scattarono, lacerando con le loro zanne di ghiaccio le
gambe di
Kaito. Mihael lo vide cadere, con troppo poco fiato in corpo per poter
urlare,
mentre la neve si tingeva di nero. Chiuse gli occhi e
continuò a ballare, sul
ghiaccio, sulla neve molle, su quel corpo che aveva amato, sentendo le
ossa
rompersi lentamente sotto il suo peso. Avrebbe voluto usare la clava,
per
accorciare le sofferenze di Kaito, ma l’arma era da qualche
parte sepolta sotto
il manto bianco che sarebbe diventato la tomba della sua vittima
innocente.
Crollò
a terra, piangendo, al
fianco del cadavere, ma non aveva ancora finito. Doveva adempiere alla
richiesta di Haruto. A fatica, facendosi aiutare soprattutto dalle
zanne letali
della sua muta, strappò il braccio sinistro di Kaito dal
corpo, avviandosi
lentamente verso quella che era stata la sua casa. Doveva sbrigarsi,
mancavano
poche ore all’alba, e ancora doveva scegliere, tra i cuccioli
che teneva
nascosti in una baracca nella foresta, quale presentare al villaggio
come
ultimo dono della Caccia. Lo squillo di un corno da caccia
risuonò nel cielo,
sopra di lui, accompagnato dal fragore degli zoccoli e i latrati dei
cani.
Mihael si fece da parte, mentre, nascosti nel folto della foresta,
Bran,
Sceolan e tutti gli altri guaivano sommessamente, lasciando passare la familia.
Anche quell’anno, la Schiera aveva visitato le loro
terre.
Angolo Autrice:
Salve a tutti, eccomi qui. Questa fic
riprende un argomento che sto studiando per la mia tesi, ovvero la
leggenda
della caccia Selvaggia. Nel corso della storia, infatti, ho fatto del
mio
meglio per menzionare i vari cacciatori furiosi, che cambiano nome in
base al
luogo e al tempo. Ad esempio, i cani di Mihael sono identici a quelli
che
seguono il cacciatore gallese Gwyn ap Nudd, ma Bran e Sceolan sono i
segugi
dell’irlandese Fionn Mac Cumahil. L’impiccato
rappresenta l’inglese Herne, mentre
la tradizione dei cuccioli abbandonati è tipica della
leggenda nordica della Cavalcata
di Asgard, guidata da Odino. Per concludere, la clava è
l’arma impugnata da
Hellequin, mentre il bastone scortecciato di Mihael riprende quello del
vecchio
Eckhart, che precede l’arrivo della caccia per avvisare i
ghermiti e permettere
loro di nascondersi. Se avete altre curiosità, consiglio la
lettura del libro “La
leggenda del Cacciatore furioso e della Caccia selvaggia”, di
Karl Meisen.
Oppure, potete anche lasciare una recensione ;-)
A prestissimo,
Hime
PS: ringrazio di
cuore Aiko/Ashla per avermi aiutata con il
titolo!