Questa storia è nata molto, molto prima del Pigiama Party di Fanworld.it, ed è rimasta a macerare nel pc per tutta l'estate. Ma ora, in occasione della nuova iniziativa di Fanworld.it e dedicata al bollino 'fic su videogiochi o RPF Sportivi', ho deciso di tirarla fuori dal barile!
Gegè is coming back!
The Bard’s song
La
goccia d’acqua
– o forse di muco; Dandelion preferì non
chiederselo – cadde sulla sua spalla con un sonoro ‘sploch’ –
sì, era muco, anche senza che si sprecasse a pensarci su;
evitò quindi di domandarsi che razza di bestia potesse
produrne in quelle
quantità indecenti –.
Con espressione schifata cercò di ripulirsi, mentre
continuava ad avanzare lungo la vecchia miniera abbandonata, seguendo i
passi
di un più esperto e poco incline al disgusto Geralt.
«Ghhh. Mi spieghi
quanto manca al nostro obiettivo?» disse, strofinando il
guanto inzaccherato
sui calzoni. Avrebbe speso un capitale per lavarli in tintoria, ma
tanto lo
avrebbe messo sul conto di Geralt, poco ma sicuro.
Il witcher volse appena il capo per inquadrare la sua figura
con la coda dell’occhio e ridacchiare. «Sei il
primo essere umano che si
lamenta di non aver ancora incontrato qualche mostro.»
«Oddei, che mostri? A giudicare da quanto sbavano mi fanno
già schifo.»
«Te l’avevo detto: siamo a caccia di kikimore.»
«KIKIMORE?!»
sbottò
Dandelion, raggiungendo toni acutissimi che lo fecero girare
completamente e
fargli cenno di tacere.
«Shhh! Abbassa la
voce, vuoi che ci piovano addosso tutti insieme?!»
«Non mi avevi detto che saremmo andati a cacciare kikimore!»
«Certo che sì, ma tu non mi stavi
ascoltando.» sospirò
Geralt, facendo spallucce.
«E che stavo facendo?!»
«Il solito: sbirciavi le tette della cameriera
all’Orso
Peloso.»
Il bardo cercò di giustificarsi «Beh, sarebbe stato un delitto non farlo.» per
poi incrociare le braccia al petto con stizza «E comunque mi
hai colto
impreparato; ma non potevi chiedere a Zoltan di andare a giocare con i ragni?!
Figurati se gli sarebbe
dispiaciuto.»
Geralt si fermò davanti ad una biforcazione della miniera,
portandosi le mani ai fianchi e scrutando i due sentieri piuttosto
pensieroso. «No,
Zoltan era impegnato. Lo sai, screzi tra Non-umani e Ordine della Rosa
Fiammeggiante; aveva altro da fare.»
Dandelion si sentì pungere sul vivo, portandosi teatralmente
le mani al petto. «Anche io avevo da fare!»
«Sì, certo. Come infilarti sotto qualche sottana,
vero?»
«Sono attività che richiedono impegno e
preparazione. E
poi dovevo comporre, sono sempre un bardo, dopotutto.»
La risata di Geralt lo fece sbuffare, prima che decidesse di
cessare le ostilità ed accomodarsi su un blocco di roccia
tirando fuori il suo
liuto ed iniziando svogliatamente ad accordarlo. Poi gli
lanciò un’occhiata
incuriosita, mentre gli vedeva tastare chiazze schifose sul terreno e
portarsi
le dita al naso per annusare chissà che odori fetidi.
Con disgusto
domandò «Che stai facendo?»
«Cerco di capire da che parte andare.»
spiegò il witcher,
restando ancora per qualche secondo in ginocchio a scrutare
nell’oscurità di
entrambe le gallerie, prima di liberarsi della bandoliera con le
pozioni e
decidere quale prendere. Estrasse Bufera
di Neve, Rampicante e Rondine,
mettendole da parte in modo da
poterle recuperare più facilmente durante lo scontro. Poi si
avvicinò a
Dandelion, porgendogli un’ampolla con del liquido latteo.
«Tienimi Miele Bianco,
mi servirà per dopo.» ed il bardo la prese dalle
sue mani, rigirandola per
qualche secondo prima di metterla via, e iniziare a muoversi insieme al
witcher
per scomparire all’interno della biforcazione di sinistra.
«Cerca di non farti troppo male…»
ridacchiò «…o Shani se la
prenderà con me perché ti accompagnavo.»
Geralt avrebbe voluto replicare un qualcosa come ‘Io
ne approfitto così poi mi cura lei’,
ma si batté, invece, il palmo della mano sulla fronte,
facendo schioccare la
lingua tra i denti.
«Mapporc-! Era per stasera!»
«Uh?»
«La cena!» continuò ancora «La
cena era per stasera! Shani
la stava preparando da settimane, se la salto mi ammazza! Ma come ho
fatto a
dimenticarmene?! Accidenti,
vediamo di darci una mossa.». Si passò una mano tra i lunghi
capelli, tirandoli indietro e concludendo con un ringhio
«Detesto fare i lavori
di fretta.». Con fastidio aumentò il passo, mentre
Dandelion seguitava a
ridacchiare pizzicando qualche corda.
«E non mi hai ancora detto perché hai voluto che
fossi io ad
accompagnarti.» aggiunse il bardo, camminando ben poco agilmente tra
le assi mezze
crollate del soffitto della miniera – che non sembrava tanto
stabile – e massi
che si erano staccati dalle pareti; carrelli diroccati con ancora il
loro
contenuto inutilizzato e binari divelti da chissà che mostri
– piuttosto
pericolosi, a giudicare dai danni che avevano inflitto. Il ferro era
stato
piegato e addirittura tranciato di netto, in certi casi. Si parlava pur
sempre
di kikimore e lui sperò che ci fossero
solo quelli nei
paraggi – . Ad occhio e
croce, i minatori dovevano aver abbandonato il posto in tutta fretta,
il che
non faceva presagire nulla di buono.
Geralt si strinse nelle spalle. «Perché volevo
compagnia.» disse
con nonchalance, scavalcando una muraglia di rocce dove la galleria era
franata.
«Compagnia?!» il bardo gli fece il verso
«E non potevi
chiedere a qualcun altro?»
«Dan, non devi fare assolutamente nulla, faccio tutto io.
Tu ti metti buono in un angolo ed io falcio i mostri, non è
così complicato.».
Con gesti rapidi lo aiutò a superare la frana.
«Sì, e magari compongo anche una bella
canzone.»
«Se lo fai, evita di menzionare le mie arti amatorie, mh?
O devo ricordarti cosa è
successo l’ultima
volta?» Geralt gli lanciò un’occhiata
che avrebbe ghiacciato anche le fiamme
dell’Inferno, ma Dandelion non riuscì a non
ridacchiare senza ritegno,
ricordando come, il suo amico, si fosse quasi fatto ammazzare nella
palude e
tutto a causa di una delle sue ballate in cui…
beh… aveva mentito – ma giusto
un po’! – sulle sue capacità sessuali.
«Non è divertente.»
sottolineò il Lupo Bianco «Non te la
caveresti di nuovo a buon mercato, sappilo.»
L’altro alzò le mani in segno di resa.
«Va bene, va bene. Adesso
canterò qualcosa, così non sarò venuto
a farmi inzaccherare di moccio
inutilmente.». Con serietà si schiarì
la voce «Che ne pensi di: ‘Cantami,
o Vossignoria, del Riviano Geralt
l’ira funesta-‘…»
Ma l’occhiataccia del witcher lo fulminò.
«Dandelion.»
«Calma! Scherzavo!» e rise ancora, tracciando
strani disegni
in aria. «Vediamo, fammi pensare a cos-» ma la mano
di Geralt, che bloccò il suo
incedere, lo zittì, ed il suo sguardo perplesso si
posò sul profilo del
mutante. A giudicare dall’espressione seria e tesa, che
inaspriva ulteriormente
i suoi tratti già duri, non stava per comunicargli alcuna
buona nuova; o,
forse, lo comprese dal vibrare sempre più insistente del suo
ciondolo a testa
di lupo.
«Ci siamo.» affermò il witcher, dandogli
una leggera spinta
per fargli intendere di cercarsi un posto all’ombra,
suggerimento che Dandelion
non si fece ripetere, arrampicandosi su una sporgenza un po’
più alta.
Mentre il tremore del ciondolo diveniva sempre più intenso,
Geralt afferrò Rampicante e la bevve
in solo sorso facendo poi seguire Rondine e Bufera di Neve. La
tossicità
sommata di tutte e tre le pozioni gli diede una fastidiosa sensazione
di
pesantezza e, davanti ai suoi occhi, cominciarono ad apparire leggeri
formicolii rossastri, ma era ancora un livello accettabile per il suo
fisico e
non avrebbe minimamente influito sulle sue capacità
combattive. Un attimo dopo
aver messo via l’ultima boccetta, arrivarono i kikimore.
«Operai.» commentò tra sé,
estraendo la spada d’argento e
maledicendo Sua Tirchieria perché “Nooooo! Spendere
trecentocinquanta oren per
un unguento?! Staischerzando?!” e
quell’unguento, adesso, gli avrebbe fatto
davvero comodo.
I piccoli kikimore corsero verso di lui, emettendo versi acuti e fastidiosi e lui
cercò di
approfittare del fatto che non ci fossero ancora dei guerrieri per
atterrarli –
o almeno stordirli – attraverso il segno Aard.
L’onda d’urto ne mandò
tre-quattro a zampe all’aria, mentre i restanti arretrarono
di qualche passo.
Senza aspettare oltre si gettò nella mischia, sfruttando la
velocità negli
attacchi fornitagli da Bufera di Neve.
La sua spada maciullò carapaci duri come la roccia ad un
ritmo vertiginoso,
tranciò zampe a ripetizione e ringhiò svariate
imprecazioni quando l’acido dei
loro fetidi spruzzi di difesa lo colpì al viso e al collo,
ma Rampicante alleviò
l’effetto e Rondine annullò il dolore.
Quando mandò al tappeto anche l’ultimo degli
operai che
erano accorsi – e non era nemmeno riuscito a tenerne il
conto! – la voce
all’armata di Dandelion attirò la sua attenzione.
«Geralt! Ti dispiacerebbe?!»
Gli vide lanciare ridicoli
calci alla
cieca, cercando di colpire un piccolo operaio kikimore che tentava di arrampicarsi per raggiungerlo.
Il witcher lo mandò a schiantarsi con l’evocazione
di Aard,
ridacchiando dell’espressione del bardo. «Mettici
anche questo nella ballata,
mi raccomando.»
«Spiritoso.»
Lentamente ripresero il cammino all’interno della galleria e
Geralt sapeva che l’odore di morte, che emanavano i cadaveri
alle sue spalle,
non ci avrebbe messo molto per raggiungere le sensibili narici dei
guerrieri kikimore. Ed infatti,
mentre Dan veniva
nuovamente mandato a mettersi al riparo, lui venne accerchiato da quattro
bestie,
decisamente più grandi degli operai, ma per sua fortuna
anche più lenti. Mentre
ruotò la spada d’argento, cominciando il suo
attacco, si accorse che l’effetto
di Bufera di Neve stava
già passando.
Sarebbe stata una gran bella pozione, se non avesse avuto la fregatura;
una
volta rientrato a Kaer Morhen – semmai fosse davvero
rientrato, un giorno – avrebbe
dovuto chiedere a Vesemir se non si potesse modificarla un
po’, per farla
durare più a lungo: venti minuti erano davvero troppo pochi.
Ai quattro guerrieri kikimore,
se ne sommarono altri quattro e lui riuscì a districarsi dal
mucchio per
correre verso il fondo della galleria, che si apriva in un ambiente
decisamente
più ampio in cui avrebbe potuto muoversi meglio. Quando il
primo guerriero lo
raggiunse gli saltò sulla schiena agilmente, sfruttandolo
come trampolino per
infilzare, dall’alto, il secondo kikimore.
In sequenza, estrasse poi lesto la spada e tranciò le zampe
del terzo ragno,
sbilanciandolo e vedendolo arrancare ventre a terra, mentre con le
zampe
posteriori cercava inutilmente di rimettersi in piedi. Una fiammata
veloce col
segno Igni per distrarre nuovamente il primo kikimore e poi rotolarsi di lato per attaccare gli altri che
arrivavano dal fondo della galleria. Il brutto dei kikimore era che, per quanti ne atterravi, altrettanti ne
spuntavano e ci voleva pazienza e concentrazione per non abbassare la
guardia.
E lui aveva entrambe, per sua fortuna; e se solo Vossignoria non fosse stata così tirchia, magari avrebbe fatto pure
prima: tsk, non c’era
ragno che
poteva tenere contro l’unguento anti-insettoide!
Agilmente, Geralt balzò all’indietro per evitare
una zampata
dall’ennesimo guerriero spuntato dal cunicolo e lui
sperò ardentemente che
Dandelion non si fosse cacciato nei guai, ma il non sentire la sua voce
strillare come una donnetta riuscì a rassicurarlo.
«Aspetta il tuo turno!» ringhiò nei
riguardi del primo kikimore che era
ripartito all’attacco,
ma il witcher aveva deciso che lo avrebbe seccato per ultimo,
così lo allontanò
con un’altra fiammata, mettendo definitivamente al tappeto
l’ultimo della fila.
Con un sospiro soddisfatto si passò un braccio sulla fronte,
asciugando sudore
e rimasugli di cadavere alla bene e meglio, poi si volse ad osservare
il
guerriero che tanto agognava a morire, inarcando un sopracciglio.
«Ecco, adesso
tocca a te.» e gli aprì la testa con un fendente
come fosse stato un cocomero
maturo. L’animale barcollò per qualche momento,
con movimenti scoordinati, poi
stramazzò al suolo e lì stette, attorniato da
ciò che rimaneva dei suoi
fratelli.
Geralt si guardò intorno, annuendo soddisfatto prima di dare
una voce all’ingresso della galleria.
«Dan?»
«Sono finiti?» si sentì di lontano e lui
abbozzò un sorriso.
«Sì, puoi uscire.»
Dandelion fece capolino all’interno dell’ambiente,
valutando
il mucchietto di cadaveri sparsi al suolo, prima di lanciare
un’occhiata ironica
al witcher – imbrattato da capo a piedi – ed
aggiungere «Avresti bisogno di un
bagno.»
«Se vuoi saperlo, è l’ultimo dei miei
problemi.» affermò
l’interpellato, portandosi le mani ai fianchi mentre il
ciondolo continuava ad agitarsi
al suo collo come impazzito. «Non
capisco…» mormorò, quasi stesse
pensando ad
alta voce.
«Il tuo amuleto dice che abbiamo compagnia.» gli
fece notare
Dandelion e Geralt si strinse nelle spalle, scuotendo il capo.
«Lo so anch’io, ma non vedo niente.» gli
occhi gialli
vagavano con attenzione a scrutare ogni possibile anfratto, ma era
piuttosto
buio e l’idea di prendere una pozione Gatto non era delle più felici, al momento, visto che
la
tossicità nel suo
organismo era già elevata. «Chissà,
magari qualche altro operaio o guerriero
nascosto nel terreno o comunque nei paraggi.». Ed in
previsione di un altro
possibile combattimento, decise che non era il caso di perdere
ulteriore tempo,
così estrasse dalla sacca il suo diario di viaggio, sul
quale annotava la
maggior parte delle informazioni che riteneva necessarie e le note
sugli
incarichi, cominciando a sfogliarne velocemente le pagine.
«A proposito: il motivo per cui siamo in questo covo di
bava?» domandò Dandelion, visto che non aveva la
più pallida idea del perché
stesse lì a rischiare la pelle e farsi sporcare proprio i
pantaloni nuovi che
aveva comprato un paio di giorni prima – e che aveva pagato
una fortuna! –.
Nuovamente, Geralt si strinse nelle spalle.
«Non lo so.»
«C-… cosa?!»
«Quello che ho detto.» ripeté, come se
fosse la cosa più
normale del mondo.
«Quindi, mi stai dicendo… che siamo andati allo
sbaraglio in
una tana di kikimore, a rischiare
il
culo, senza nemmeno sapere perché?!»
Geralt alzò lo sguardo al cielo con pazienza.
«Dandelion, ho
avuto una giornata pesante, sono in piedi dall’alba e non ho
ancora avuto tempo
di leggere i contratti passatimi da Vossignoria.
Chiedo tregua!»
Il bardo alzò le mani rassegnato, scuotendo il capo.
«Witcher.»
affermò «Ormai ci rinuncio.» e smise di
lamentarsi in modo che il Lupo Bianco
potesse consultare i suoi appunti senza ulteriori interruzioni, mentre
lui
continuava a tenere l’ampia cavità
sott’occhio; sia mai che fosse spuntato
qualche kikimore di rinforzo. Per
buona pace di Geralt, Dandelion riuscì a mantenere il
silenzio per quasi cinque
secondi prima che una colata di muco gli piovesse di nuovo sulla spalla.
«AH! Ma che
schifo! Maledette bestiacce!» si lagnò,
alzando fugacemente lo sguardo al cielo ed impietrendosi
all’istante. La bocca
che lentamente si apriva e la mano che tastò alla cieca
dietro di lui per
andare a richiamare l’attenzione di Geralt. Animatamente lo
scosse per una
spalla.
«Geralt…»
«Non adesso Dan, sto cercando di capire perché
siamo qui.»
«Geralt…»
«Ti ho detto ‘non
adesso’!»
«Geralt…» ma il witcher lo
ignorò per la terza volta, dando
invece un colpetto al suo diario.
«Tsk! Lo sapevo
che doveva esserci la fregatura da qualche parte!»
borbottò seccato «Ti rendi
conto di cosa mi ha chiesto?! Di uccidere addirittura la Regina
Kikimore!» scosse il capo, mettendo a posto il
volume «Fossi matto. Adesso io e te ce ne andiamo
da-…»
«…la Regina Kikimore è per caso grande,
grossa,
bavosa e con un pungiglione poco rassicurante?»
Il witcher abbozzò un ghignetto ironico, girandosi nella sua
direzione. «La conosci per caso?»
«Se vuoi… te la presento…»
disse l'altro indicando il soffitto sopra
le loro teste.
Geralt seguì il suo sguardo e la visione non fu proprio
piacevole. La proprietaria di quel nido, e che aveva generato anche
tutti i kikimore che lui aveva
fatto a pezzi
pochi attimi prima, restava immobile, attaccata alla roccia
sovrastante. Le
fauci che venivano lentamente aperte e lasciavano colare liquidi acidi
e fetidi;
le zampe, che a piccoli passi presero a muoversi, avvisarono i due
della sua
ferma intenzione di scendere dal soffitto.
«Ah.» fu l’unico commento del witcher.
«E… e adesso? Qual è la tattica? Io mi
metto nel solito
angolino a guardare e tu la fai a fettine?»
domandò Dandelion a bassa voce,
quasi non volesse disturbare.
«Mmmmh… non
proprio. Avrei un’altra idea.»
La Regina balzò al suolo, apparendo molto più
minacciosa e
pericolosa di quanto non fosse stata un attimo prima.
«Dilla in fretta.»
Geralt non se lo fece ripetere, agguantandolo per un braccio
e gridando.
«Scappa!»
Come fulmini, tornarono sui loro passi correndo
probabilmente come mai avevano fatto in vita loro. L’enorme kikimore emise un verso stridentissimo,
richiamando a raccolta tutti gli altri mostri presenti nella caverna,
che
accorsero in massa, cominciando a rincorrerli.
«E sarebbe questa la tua strategia?!»
gridò Dandelion,
guardandosi rapidamente indietro, dove un numero terribile di bestiacce
seguitavano
a guadagnare terreno.
«Perché tu ne hai una migliore?!»
«Non lo so! L’esperto sei tu!»
«E allora fai come ti dico! Quella ci secca con uno
sputo!»
«Non è affatto la morte che ho sempre
sognato!»
Poi, entrambi inchiodarono di colpo la loro corsa,
ritrovandosi con la strada sbarrata da altri gruppi di insetti.
Geralt estrasse l’argento, intimando a Dandelion di fare
altrettanto, per quanto lui fosse dotato solo di comunissimo acciaio,
ma era
sempre meglio di niente. Ad ogni modo, affrontare le orde di kikimore non rientrava nel piano del
witcher, che cercò di farsi largo sfruttando al massimo il
potere dei segni,
alternando Aard a Igni. Riuscirono a districarsi, con qualche fendente
volante
e piroette, da quell’affluenza di mostri, riprendendo la loro
corsa giusto un
attimo prima che la Regina – dai movimenti decisamente
più lenti – riuscisse a
raggiungerli. L’imponente spiegamento dei ragni fece tremare
i pilastri che
sorreggevano il soffitto della miniera, lasciando che frammenti di
rocce più
instabili rovinassero al suolo.
«Ma mi spieghi che diavolo stiamo facendo?!»
sbottò
Dandelion quando emersero nuovamente al principio del bivio e la strada
da
percorrere tornò ad essere esclusivamente una,
più larga. «Non dovresti andare
lì e… e utilizzare una delle tue magie e poi
farle, che so!, la pedicure con la
spada, mentre io osservo
le gesta e ne traggo una canzone?!»
Geralt si fermò, prendendo fiato ed indicando lo stuolo di
creature che correvano velocissime per raggiungerli.
«Se ci tieni tanto, accomodati pure! Poi te la
canterò io
una canzone, anzi, una bella marcia funebre!»
Il bardo assunse un’espressione non propriamente entusiasta
all’idea, quando il Lupo Bianco richiamò
nuovamente la sua attenzione. «Tu
continua a correre, ormai non manca molto all’uscita. Io
credo di aver trovato
il modo per toglierceli dai piedi.»
«Sei sicuro di non tirarci le cuoia?!»
Geralt inarcò un sopracciglio con fare risaputo.
«Sono un
witcher.»
«Sì, ma non sei immortale, vedi di non
strafare.» e riprese
a correre, lasciando che l’amico fronteggiasse
l’orda di kikimore e la
loro Regina.
Rimasto solo, Geralt diede una rapida occhiata ai pali che
puntellavano il soffitto affinché non crollasse e, ad ogni
movimento delle
bestie, tremavano pericolosamente. Annuì con convinzione.
Non ci sarebbe voluto
molto, bastava solo scegliere il tempo giusto.
Piano si mise in posizione caricando nelle mani tutta la
potenza possibile del segno Aard.
– Non ancora. – pensò mentre i kikimore divenivano
sempre più vicini.
– Non ancora. – pensò
mentre la Regina arrancava lentamente verso il centro
dell’andito.
– Non ancora. – ed
ormai la distanza da quei mostri si era dimezzata.
«Ora!» decise, nel momento in cui la Regina si
trovò
perfettamente sotto al nodo di tralicci più debole, e
rapidamente rilasciò il
suo incantesimo. La potenza devastante dell’onda
d’urto mandò in pezzi la
giuntura che reggeva tutta la costruzione, collassando sulla Regina e
su tutti
i kikimore a lei vicini. In pochi
secondi, e quintali di polvere, roccia e legno li seppellirono senza
lasciare
scampo.
E lui aveva appena concluso la sua ennesima missione.
Geralt attese che la nuvola di polvere, sollevata dal crollo
dei calcinacci, si diradasse prima di muoversi verso
l’ammasso informe di roccia e
zampe di kikimore che ora si
stendeva davanti ai
suoi occhi.
Saltò agilmente sulle macerie, individuando il cadavere
della Regina, poco distante e dal ventre completamente schiacciato
sotto un
masso, estraendo il pugnale. Con un po’ di fatica –
perché pesava un accidente
e avrebbe sfidato chiunque a dire il contrario! – capovolse
una delle sue
enormi zampe, incidendo all’altezza del tendine e staccandolo
con una
precisione quasi chirurgica.
«Ma non poteva volere qualcosa di meno disgustoso?»
borbottò
tra i denti, mentre avvolgeva l’oggetto della sua missione in
un panno e lo
riponeva all’interno della sacca; le braccia luride fino ai
gomiti di vari
prodotti organici. Dopodiché si caricò nuovamente
la borsa sulla spalla e
lasciò definitivamente la miniera.
All’esterno, dove le prime stelle cominciavano già
ad
occhieggiare nel cielo, trovò Dandelion intento a comporre
qualche verso per
quella avventura appena conclusa.
Quando lo vide, il bardo balzò in piedi, facendoglisi
contro.
«Ehi, sei tutto intero?» gli domandò, ma
ad una prima
occhiata poteva già rendersi conto che stesse relativamente
bene, a parte la
tossicità delle sue pozioni ancora in circolo e lo sporco
che lo ricopriva da
capo a piedi. «A giudicare dal botto, ho la netta sensazione
che tu abbia
combinato un vero macello là dentro. Per un attimo, ho
temuto di doverti
incidere una lapide così, su due piedi.»
Geralt non rispose e l’espressione sul suo viso non faceva
presagire nulla di buono, tanto che Dandelion si affrettò ad
aggiungere «Dai,
stavo scherzando, davvero! Lo so che sei uno che conosce il fatto suo,
eh! La
mia era solo una battuta!» ma l’altro
seguitò a restare trincerato nel suo
rigido mutismo, grugnendo strani sbuffi, mentre si metteva subito in
marcia verso
Vizima, che non si trovava esattamente dietro l’angolo.
Il bardo lo affiancò rapidamente, apparendo titubante. Forse
l’irascibilità era un effetto delle troppe pozioni
ingerite – ma i witcher non
brillavano di cortesia a priori -. «Tutto bene?» e
non sapeva se avesse fatto la
domanda giusta, beh, al massimo Geralt l’avrebbe mandato a
quel paese.
Il Lupo Bianco grugnì di nuovo. «E’
tardi.» gli fece
presente «Si è già fatto
buio.»
«…»
«Shani andrà su tutte le furie.»
Dandelion cominciò a ridere sonoramente, dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla. «Suvvia, non
è niente che un mazzo di fiori ed
una sequela di scuse non possano sistemare, amico mio.»
«Ne sei sicuro?»
«Parola del più grande amatore del
mondo!»
*****
La porta si aprì dopo qualche secondo che lui aveva bussato.
Non aveva avuto il tempo di darsi una ripulita, non aveva
avuto il tempo di posare il tendine di Regina kikimore,
non avuto il tempo di comprarle un mazzo di rose – visto
che tutte le botteghe erano già chiuse da un pezzo
– e si era dovuto arrangiare
raccogliendo fiori di campo disseminati lungo il tragitto per ritornare
in
città e legandoli insieme con l’unico filo che
aveva a disposizione, quello di
spago. Consapevole di non presentarsi proprio nel migliore dei modi e
senza il
migliore dei regali, Geralt pensò che avrebbe puntato tutto
sulle scuse; un po’
di tono… mh… ‘carino’,
lo sguardo…
oddio, come aveva detto Dan? Ah, sì: lo sguardo da cane
bastonato, sequela di sdolcinatezze
e via. Perdono assicurato.
Oh, e poi Shani andava sì facilmente su di giri, ma era
dopotutto una persona
ragionevole e lo sapeva che lui era un witcher e comunque…
conosceva ben altri metodi per
farsi perdonare.
Come la vide comparire sull’uscio, con quella sottoveste
che indossava per la notte e che non lasciava assolutamente spazio
all’immaginazione, la mano appoggiata sul fianco
e lo sguardo che, se avesse
potuto, l’avrebbe ucciso seduta stante, si calò
l’espressione più carina che
potesse fare. Per quanto potesse essere carina una qualsiasi
espressione sul
viso di un witcher pieno di cicatrici, che non rideva se non per
sghignazzare e
che era coperto di, boh, moccio, sangue di kikimore e terra da capo a piedi e puzzava in una maniera indecente.
«Ciao, Shani.»
La porta gli venne richiusa sul naso con uno schianto e
l’unico rumore udibile per i successivi secondi fu quello di una cornacchia che passò in volo
radente sopra la sua
testa.
«Buonanotte, Shani.»
Decisamente, Shani non era poi così ragionevole come aveva
pensato che fosse e a lui non restò che girare i tacchi e
gettare il mazzo
striminzito di fiori nel primo angolo che trovò.
«Il più grande amatore
del mondo, eh?» fece il verso alle parole di
Dandelion, prima di alzare un
indice verso il cielo, agitandolo con fare minaccioso. Gli occhi gialli
che si
puntarono ad osservare un punto indefinito della volta celeste,
costellata di
nugoli di stelle.
«Non ridere, guarda che ti sento.»
- Non si tromba
stasera eh, Gegè? – quella voce
comparve
esattamente così, dal nulla, e stava
pure ridacchiando senza ritegno.
«Lo sai di essere la responsabile, vero?»
- Oh, suvvia, non
cercare di addossarmi le colpe. –
«Non dovrei? Hai una gran faccia tosta. Mi hai mandato tu in
quella miniera dimenticata dagli Dei.»
- E tu dovresti
cercare di vederla in rosa. Dammi retta, domani le sarà
passata e sarete di
nuovo d’amore e d’accordo. E vedi di comprarle
qualcosa di più di un semplice
mazzo di rose. –
«Potresti anche dirlo che Shani non ti piace.»
- No, ma non è vero. – ridacchiò ancora più forte –
Ora vedi di
andartene a dormire, domani ti aspetta un’altra lunga
giornata. –
«Non ne avevo dubbi.»
- Buonanotte, Gegè. –
«Buonanotte, Vossignoria.»
E così com’era comparsa, la voce si
zittì, ma Geralt non
avrebbe mai saputo dire se se ne fosse andata davvero, almeno per quel
giorno,
oppure se avesse continuato a restare acquattata nell’ombra per
dargli nuovamente il
tormento alla prima occasione. Con passo sostenuto raggiunse la Locanda
dell’Orso Peloso che, nonostante l’ora tarda,
seguitava ad essere piena di
gente. In un angolo adocchiò Zoltan e Dandelion seduti al
tavolo. Massì, un
bicchiere di vodka ci voleva proprio per scacciare il pessimo umore.
Così,
facendosi largo tra pseudo-lottatori che lui avrebbe atterrato anche
con un
dito, sicari ubriachi che stavano per venire alle mani e cani che si
infilavano
tra le gambe col rischio di farlo ruzzolare, raggiunse i suoi amici e
compagni
di infinite avventure.
«Ah, Geralt!» lo salutò il nano, alzando
il suo boccale di
birra «Il bardo, qui, mi stava giusto raccontando della
vostra gita alla tana
dei kikimore. Perché
andate a
divertirvi sempre quando sono impegnato?»
«Ricorda che il novanta per cento delle cose che ti ha detto
sono balle.» affermò il witcher, sedendosi assieme
a loro e facendo cenno alla
locandiera di avvicinarsi per prendere la sua ordinazione.
Dandelion gli lanciò un’occhiata ironica,
trattenendo una
risata. «Se sei già qui deduco che il metodo del ‘fiori-scuse-sesso’ non ha funzionato.»
«Già. Ricordami di non seguire mai i tuoi
consigli.»
«E
tu, la prossima volta, ricordati
di farti un bagno prima di presentarti alla porta di una
signora.»
Zoltan gli diede una gomitata
complice «Non che il bardo
abbia torto: puzzi da fare schifo, vecchio mio.» e rise
sonoramente, dandosi
una manata sulla pancia. Geralt scosse il capo, abbozzando anche lui un
sorriso.
«Poche chiacchiere, mastro
nano, che tu non profumi certo di
Margherite. Piuttosto, ti va una partita a dadi?»
«Prima voglio sentire il
tintinnio dell’oren.» disse l'altro, passandosi
furbescamente le dita sulla barba.
«Dandelion, sei dei
nostri?» domandò il witcher, estraendo
un sacchetto pieno di monete, ma il bardo scosse il capo, agitando
animatamente
la piuma che stava usando per scrivere su un vecchio foglio che gli
aveva dato
la locandiera.
«No, amici miei, stasera la
mia vena poetica è
particolarmente ispirata, anzi, sentite questa: ‘Nel
mezzo del cammin dell’avventura, mi ritrovai in una miniera
oscura, che la diritta via era biforcuta…’ è
solo l’inizio, ma sento che sarà
una fantastica ballata.»
…E poi Bla bla bla…
La
Regina Kikimore è
stronza, ma così stronza che sarò morta
almeno una decina e più di volte prima di riuscire a farla
fuori. Giuro.
Sicuramente, è stato forse
l’avversario più difficile da
battere, perché le bastava davvero uno sputo per farti
fuori. XD
Ovviamente, anche questa volta come
ne “Il bello del gioco”,
l’avventura si ispira ad una realmente affrontata da Geralt
(appunto contro la
Regina Kikimore), ma,
chi ha giocato al
game, sa benissimo come il contesto sia totalmente differente.
Ci sono alcuni riferimenti a “Il
bello del gioco”; e stavolta
ci ho piazzato pure la SelfInserction XD, ma io giuro solennemente che
PARLAVO
DAVVERO con Geralt XD. Lo prendevo in giro, ridacchiavo, commentavo le
sue
disgrazie. Non mi sono mai divertita tanto con un videogame X3
Giusto
per farvi capire di chi parlo:
- Dandelion
- Regina Kikimore
- Shani
- Zoltan
Di
Geralt non c'è bisogno, vero? *ihih*
Credit:
- “The
Witcher”: RPG appartiene al Red Project e Andrzej
Sapkowski che ne detengono
tutti i diritti.
-
Varie citazioni a “L’Iliade” di Omero e la “Comedia” di Dante. X3
(dai! In bocca a Dan ci stavano benissimo X3 e spero mi perdonerete la
‘licenza
poetica’: ma ‘biforcata’ non suonava
bene XD).