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Autore: Pearlice    07/08/2023    1 recensioni
"Dato che abbiamo a che fare con uomini è inevitabile che si debba prendere in considerazione una delle caratteristiche più deprecabili della loro natura: il fatto che presto si stancano del bene." Così diceva Tolkien a proposito di un seguito de "Il signore degli anelli" da cui ho tratto ispirazione per dare vita a questa storia.
Dieci anni dopo l'incoronazione di Aragorn, inquietanti eventi turbano la serenità dei protagonisti della Guerra dell'anello e la Compagnia dovrà nuovamente unirsi per far fronte all'empio culto di Sauron che si diffonde come un cancro nelle terre di Arda.
Seguito della mia precedente storia "Passato e Futuro". AragornxLegolas
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Note dell'autrice
Bentrovati, questa storia è un seguito di una mia precedente fanfiction pubblicata su EFP, "Passato e Futuro". Trattandosi di una fanfiction di quattro anni fa, vi scrivo qui un riassunto dove dovrebbero esserci tutte le informazioni necessarie alla comprensione di questa storia, chiaramente se avete intenzione di partire dall'inizio e leggere anche quella non andate avanti! Grazie di essere qui, a presto. 

Passato e Futuro
Per un incidente avvenuto molte centinaia di anni prima dei fatti narrati dalla trilogia, l'anima di Morgoth si insinua nel corpo del giovane Legolas. Ignaro di ciò, Legolas non si ha mai notato alcuna anomalia nel suo comportamento, finché non esce dal regno paterno e conosce Aragorn, che accompagnerà in svariate peripezie. Solo alla vigilia della battaglia di Minas Tirith della Guerra dell'anello però si rende pienamente conto di quella rabbia antica e soprannaturale che in alcune occasioni aveva preso il controllo delle sue azioni, intimandogli di uccidere Aragorn, quindi per salvaguardare l'uomo con cui aveva nel frattempo intrapreso una turbolenta relazione, torna nel Reame Boscoso per chiedere spiegazioni a Thranduil, l'unico a conoscenza dei fatti.
Dopo il termine della guerra Aragorn chiede aiuto a Vairë, la Vala che tesse la storia di Arda, che per estirpare ancora una volta Morgoth dalla terra di mezzo gli concede di tornare nel passato per sventare l'incidente che gli ha permesso di insinuarsi nel corpo di Legolas. Aragorn riesce nell'intento, ma quando torna nel presente è l'unico a ricordare di quel passato alternativo che ha scongiurato, così come di tutti i passi che lui e Legolas avevano compiuto uno verso l'altro negli anni. Nessuno ha memoria di quel Legolas tormentato che lui ha conosciuto e nessuno sa che cosa ha fatto per salvarlo, con l'eccezione di Thranduil. Inoltre dopo la fine della guerra scopre l'esistenza di un figlio illegittimo di Arathorn, Hannotar, e di suo figlio, Eldarion, di cui Gandalf era a conoscenza. Aragorn li accoglie nella famiglia reale e istruisce Eldarion al fine farne il suo erede, avendo lui rinunciato all'amore di Arwen ormai partita per Valinor, dopo aver provato sentimenti tanto travolgenti per Legolas.
In questa versione anche Legolas ha un fratello, Calimon, sposato con Alatariel, una galadhrim che Thranduil non ha mai approvato per via delle sue umili origini. 


Una nuova Ombra
Anno 10, Quarta Era

Sereni erano stati i giorni susseguitisi alla disfatta di Sauron e alla distruzione dell’Unico Anello, per gli abitanti del Reame unito di Arnor e Gondor. Il sentimento amaro per la perdita di tutti coloro che avevano partecipato alla grande guerra aveva lasciato a poco a poco il posto a una più edulcorata nostalgia e la vita aveva ripreso a scorrere tranquilla sotto la protezione del re Elessar Telcontar. Egli aveva governato con saggezza e lungimiranza, aveva trattato gli amici con gentilezza e i nemici con autorevolezza e nessuno aveva mai osato levare una parola contro il suo agire. Nessuno certo, a parte Saelon, il precettore della famiglia reale di Gondor.
«Vostra maestà, consentitemi di dire… » erano in realtà molte le parole che Aragorn gli aveva consentito di dire dal momento in cui Saelon l’aveva affiancato nella guida di quel regno. Fido consigliere da un lato, accanita spina nel fianco dall’altro, Saelon aveva dalla sua un’esperienza pluridecennale nella gestione degli affari esteri e interni del regno. Aragorn sapeva che, per quanto pedanti, i suoi consigli che spaziavano dalla gestione delle forze militari di Gondor alla correttezza della postura dei gomiti del re durante i pasti, erano quasi sempre stati avveduti. Quasi sempre, con l’eccezione dei suoi dissennati tentativi di spingere Aragorn al matrimonio. E in quel freddo mattino di primavera era per l’appunto in corso una di quelle eccezioni.
«Saelon, ho già espresso il mio pensiero a riguardo.»
«Ma un matrimonio con la principessa Naviniel sarebbe ancor più conveniente di quello da me precedentemente proposto, dal momento in cui sua sorella Lothiriel è promessa sposa del re Èomer di Rhoan, ci consentirebbe di rinsaldare l’alleanza con…»
«Saelon, io ed Èomer abbiamo combattuto fianco a fianco la guerra più disperata degli ultimi mille anni, la nostra alleanza è già più che salda, non ho bisogno di un matrimonio con una donna sconosciuta per ricordargli a chi deve la sua lealtà» lo interruppe seccamente e dal tono saturo delle sue parole il precettore dovette intuire il termine di quella conversazione, perché lo salutò con un asciutto e quanto mai deluso «Molto bene, allora faccio scortare la delegazione del principe Imrahil fino alle mura della città.»
Quando Saelon fu uscito dalla stanza Aragorn si concesse di accasciarsi sulla sua sedia in un attimo di scomposta stanchezza. Molte erano state le pressioni che aveva ricevuto a quel riguardo da quando era salito al trono e, seppur incalzanti, quelle di Saelon erano stata le più innocue. Dai capifamiglia delle più nobili casate degli uomini ai borghesi dai ricchi possedimenti, avevano fatto a gara per spingere le loro figlie nel suo letto, che fossero vergini, vedove, ormai infertili o sconvenientemente giovani, nessuno voleva lasciare intentata la possibilità di imparentarsi col re di Arnor e Gondor. E quasi ogni mese Aragorn congedava le sue pretendenti con fare cordiale ma irremovibile, sotto il severo dissenso degli occhi di Saelon. Era il re, non era tenuto a dare alcun tipo di spiegazione a riguardo e nessuno, nemmeno il suo precettore aveva mai osato chiedergliene, eppure sapeva che anche ben oltre i confini di Gondor iniziavano a serpeggiare delle voci circa il tenace celibato del re. Sapeva, ma non se ne curava.
Aveva scelto molti anni prima chi avrebbe voluto al suo fianco, aveva fatto una promessa, in un passato che ormai non esisteva più, eppure a quella promessa era ancora legato.
«Quando tutto sarà finito sarai al mio fianco e non solo come amico e compagno.»
Chiunque altro, al suo posto, sarebbe stato un compromesso e Aragorn non era più disposto ad accettarne. Legolas non poteva avere memoria di quelle parole, eppure quando ancora una volta si era dovuto allontanare forzatamente da lui, pochi giorni dopo la sua incoronazione, aveva visto nel suo sguardo di congedo l’ombra di una trepidazione, di verità non rivelate, dell’insofferenza per un’attesa, che mai avrebbe immaginato quanto sarebbe arrivata a bruciare di lì a dieci anni. Gli aveva chiesto di aspettarlo con quello sguardo e Aragorn aveva risposto con un muto assenso. Così era rimasta la loro amicizia, in un limbo cristallizzato nel tempo di desideri inespressi, su cui calava talvolta l’ombra dell’incertezza dell’uomo, che sperava di non aver frainteso le parole che sire Thranduil gli aveva rivolto il giorno della sua incoronazione.
È sempre stato uno strano elfo.
In quelle parole aveva voluto leggere la conferma che anche Legolas provasse per lui un amore che andava ben oltre i limiti del convenzionale e che questo era limpido agli sguardi altrui, seppur non avessero ancora avuto modo di parlarne tra loro. E le possibilità di farlo si erano ridotte drasticamente nel momento in cui, trafelato, era giunto un messaggero da Caras Galadhon che aveva tra i singhiozzi raccontato loro di come l’elfa Alatariel era stata rapita, probabilmente da qualche reduce milizia oscura e Calimon, suo sposo e fratello di Legolas, invocava il loro aiuto per ritrovarla.
Lì, sotto il cipiglio aggrottato di sire Thranduil, intimamente combattuto tra il correre in aiuto di suo figlio maggiore e lasciare al suo destino la cognata da lui ripudiata, si erano salutati con la muta promessa di ritrovarsi quanto prima e dieci lunghi anni erano trascorsi senza che alcuna notizia di Legolas giungesse a Gondor,
Aragorn non era cambiato molto, data la lunga vita dei discendenti di Numenor di cui beneficiava, ma avvertiva con dolore lo scorrere di quel tempo limitato che gli era stato concesso, che non aveva potuto condividere col principe del Reame Boscoso.
«Zio, sei chiamato ad onorare la tua promessa!»
Una nuova richiesta, stavolta sotto forma dell’allegra e squillante voce di Eldarion, lo distolse dalla pena di quei pensieri. Un ragazzino alto e dinoccolato fece il suo ingresso nella stanza. Per quanto tentasse di mantenere un’andatura composta confacente al suo rango era evidente l’eccitazione infantile a stento trattenuta.
Aragorn rise e gli accarezzò i capelli indomabili con affetto. Si era molto legato a Eldarion in quegli anni, occuparsi di lui aveva reso meno tormentosa l’assenza di Legolas.
«Ogni promessa è debito, va’ a far sellare i cavalli» accordò, strappando al più giovane un grido di vittoria.
 «Di questo passo, l’allievo cacciatore supererà il maestro» lo avvertì bonariamente Hannotar, che fece il suo ingresso all’uscita del figlio.
Aragorn rise, ribattendo che era proprio quanto si auspicava dal futuro re di Gondor.
Hannotar lo scrutò con i profondi occhi grigi. Era l’unico con cui si era confidato riguardo ciò che realmente lo legava a Legolas, anche se più che di confidenza si era trattato di un’estorsione in un momento in cui non era stato molto abile a celare i suoi sentimenti.
«Stai bene?» Chiese, guardingo. Non era un campione di delicatezza ma, sapendo, non poteva mancare di notare la tristezza che velava i suoi occhi ogni qual volta il sovrano veniva lasciato da solo, lontano dai suoi doveri di re, di fratello e di zio.
«A volte, la speranza di rivederlo inizia a vacillare, ecco tutto…» si concesse di spiegare.
Hannotar parve per qualche secondo pensare davvero a una risposta ponderata da dare a suo fratello, che avrebbe lasciato il sovrano di Gondor assai stupito, ma poi si riscosse, porgendogli invece una cassa in legno, che aveva portato fin lì.
«Affoghiamo i pensieri negativi nell’aromatico vino di Umbar?»
Aragorn forzò un debole riso a lasciare le sue labbra e annuì, mentre suo fratello chiamava un servitore che portasse loro dei bicchieri. Non si sarebbe aspettato nulla di diverso da lui.
«Questo è un dono per la famiglia reale in persona» gli spiegò gaio Hannotar, mentre apriva la cassa e ne traeva una bottiglia in vetro colma di un liquido scuro. Aragorn gli aveva dato il compito di curare i rapporti commerciali di Gondor e non era raro che qualche ricco mercante aggiungesse ai beni da loro acquistati, pregiati presenti per il re.
Quando Pothilon, un giovane goffo e leggermente sovrappeso che da poco serviva a palazzo del re, portò con andatura incerta un vassoio carico di tintinnanti bicchieri di vetro, Hannotar ne versò tre ben colmi, invitando anche lui a servirsi. Non aveva mai imparato ad entrare nel suo ruolo e per quanto Saelon arricciasse il naso con impercettibile disapprovazione ad ogni gesto di Hannotar che non convenisse a un principe degli uomini, ad Aragorn andava bene così, perché dopotutto neanche lui aveva abbandonato del tutto il ramingo per fare spazio al re.
Aragorn guardò pensieroso il liquido violaceo che gli venne porto, con la mente ancora parzialmente lontana dal palazzo e stava portando il vetro alla bocca quando un tonfo e lo schiaffo veloce di Hannotar sulla sua mano lo precedettero. Mentre il suo bicchiere e il relativo contenuto si infrangevano a terra, osservò con occhi sbigottiti Pothilon che si contorceva sul pavimento, gli occhi sbarrati in una smorfia di dolore, emettendo lamenti smorzati dalla schiuma rosata dal sangue che gorgogliava dalla sua bocca.
«Vado a cercare aiuto» lo avvertì il fratello minore sparendo dalla sua vista, mentre il re tentava inutilmente di spostare il corpo del servitore teso da spasmi, in una posizione laterale. Quando Hannotar tornò, accompagnato da coloro che avevano risposto alla sua richiesta di soccorso, Aragorn non poté che rivolgergli uno strozzato «È morto».
Nella confusione generale, mentre il corpo veniva trasportato fuori, gli sgomenti occhi di entrambi convergerono verso quella cassa di vini che era stata specificatamente indirizzata a loro. Con mano tremante Hannotar ne trasse un biglietto che giaceva sul fondo e in un primo momento non avevano notato.
«Ai discendenti di Isildur»
Così recitavano le lettere sgraziate sotto i loro occhi. Si guardarono esterrefatti mentre una nuova ombra si faceva strada tra i loro pensieri. Dalla caduta di Sauron nessuno li aveva più chiamati così.
  
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