Speranza nel tempo
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Il tempo scorre rapido per il mio cuore
e presto ogni giorno da noi vissuto
non diverrà altro che un ricordo.
Amore e sogni potranno essere dimenticati, un giorno,
ma io ancora desidero essere riscaldato...
QUATTRO STAGIONI COL TUO AMORE,
nel profondo del cuore.
Four Seasons, Namie Amuro
L'adorabile Primavera ha perduto il suo
profumo.
Il Tempo m'inghiotte minuto per minuto come fa la neve
immensa d'un corpo irrigidito io contemplo dall'alto
il globo in tutta la sua circonferenza e non vi cerco più
l'asilo d'una capanna.
Valanga, vuoi tu portarmi via nella tua caduta?
Baudelaire
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Sotto il sole del pomeriggio, nel calore della pigra giornata autunnale, il
lago si allargava come una macchia chiara, rappresa nel paesaggio
indifferente.
Indistinta, la superficie dell’acqua brillava ubbiosa, ferma e bassa rifletteva
un cielo sbiancato.
Le canne diritte fremevano nella loro fragile immobilità. L’onda gorgogliava
senza schiuma nelle stagnanti insenature verdi d’erba fradicia, coperta dalla
sottile alga giallastra degli stagni.
Il lago, come assopito, respirava adagio vapori densi, le dune intorno
sovrastavano informi e grigie, un volo di uccelli spaziava nella campagna
distesa.
Un ramo, che la corrente rigettava dolcemente a riva, si dondolava leggero e
moltiplicava ogni incurvarsi dell’acqua.
L’acqua..
..l’acqua passava rapida, come il tempo.
Era verde, azzurra e d’oro, e profonda e gelida. L’aria era limpida e i monti
rossastri sull’orizzonte sembravano stranamente vicini.
L’acqua passava con un singhiozzo intorno al vecchio salice, sui sassi
sgretolati della massicciata, trascorreva veloce, verso di lei.
Inesorabile.
L’acqua passava e riaffioravano i ricordi deposti, i sogni dimenticati,
tingendosi di verde e d’oro come i sassi sul fondo.
Nella piana in cui aveva trovato rifugio, regnava incontrastato il silenzio, un
angolo di tranquillo raccoglimento, permesso dalla quiete del luogo e dalla
solitudine.
Per arrivare fin lì si era fatta prestare Kirara da Sango e aveva dovuto
inscenare una specie di battibecco con Inuyasha.
Inuyasha. Possibile non avesse capito che non gliene importava nulla del..Per
cosa avevano litigato?Ah si, per un raviolo.
Già questo doveva dirla lunga sul resto, no?
Si sentiva la testa così pesante, troppi pensieri ad opprimerla in una morsa
crudele. Per non parlare poi di quel macigno, un peso invisibile, ma presente e
sempre lì a schiacciarle il cuore con il suo magone di dolore e sofferenza.
Eppure, nonostante tutto, nonostante l’ondata di tristezza e il cocente
rimpianto che a volte la prendeva, nonostante il supplizio di essere separata
dai suoi cari a volte la rinchiudesse in un cupo ed ermetico mutismo,
nonostante a volte arrivasse al punto di odiare se stessa per quella sua
fragile vulnerabilità ed eccessiva sensibilità, nonostante tutto questo lei era
felice.
Era felice nell’epoca Sengoku, tra amici fidati e compagni ritrovati, nipotini
scoperti, nuovi nemici da abbattere e pericoli da affrontare, compiti da
imparare e prove da superare, una nuova vita da creare e organizzare con lui.
Sospirò felice, mentre il vento le carezzava dolcemente il bel viso pensieroso
e sentiva le labbra stirarsi in un sorriso luminoso.
Inuyasha era stata la sorpresa più grande. Forse il suo cuore aveva sempre
saputo di essere ricambiato nell’amore che aveva donato a quello strano
ragazzo, ma la mente l’aveva sempre distolta da quella visione ottimistica e
realistica delle cose, preferendo spingerla verso ottiche più drammatiche e
negative.
E poi a dirla tutta, il suo continuo ed imperterrito disfattismo, il suo
paragonarsi ad altri che non fossero lei, la sua insicurezza e sfiducia nelle
proprie capacità, non erano stati gli unici ostacoli.
Erano state le stesse azioni e scelte da lei prese, ogni avventura straordinaria
e imprevisto, ogni incontro e peripezia, ogni amicizia sbocciata, ognuna di
queste cose aveva contribuito ad intralciare e boicottare i suoi
sentimenti e allo stesso tempo a sorreggerli e sostenerli in un perfetto e
calibrato gioco di equilibri tra sconfitta e vittoria, morte e vita, odio e
amore.
Il suo unico, indimenticabile, primo grande amore era nato in un’epoca di
sangue e battaglie, di guerre infinite e scontri epocali, di razzismi e
preconcetti, di stermini e disumanità, ma, anche se guastato da questo contesto
spietato e feroce, Kagome vi aveva scorto la bellezza pura e incontaminata
della natura, sfondo costante delle sue travagliate vicende.
Contro ogni aspettativa e influenza maligna o benigna che fosse, il suo
attaccamento al mezzodemone era proseguito fino a sfociare in un sentimento
così profondo da spaventarla.
Non era la prima volta che aveva “una cotta”, dopotutto aveva quindici anni, ma
aveva sempre pensato che con il passare del tempo lei avrebbe finito col cedere
alla persistente corte di Hojo facendosi così coinvolgere in un tranquillo e
pacato rapporto di coppia.
Era la prima volta che ne provava gli effetti spiacevoli per così dire.
Battibecchi continui, litigi, sfuriate, tradimenti e abbandoni, fughe
improvvise e inseguimenti. Insomma un tira e molla che dapprima l’aveva
lasciata leggermente confusa e disorientata, spiazzata visti i racconti
romantici e favoleggianti delle sue amiche, ma che poi aveva compreso essere il
segno e tratto che distingueva il loro rapporto.
Certo era che Inuyasha attaccasse facilmente briga con chiunque, eppure lei
aveva scorto un che di diverso nelle loro liti, forse un lampo ad illuminarne
gli sguardi, un sorriso spuntato sulle labbra.
Non sapeva dirlo, sapeva solo che c’era qualcosa di misterioso che li spingeva
ad avvicinarsi l’una all’altro. Era in quei momenti, quando abbassavano le loro
facciate e barriere di orgogliosi testardi e cocciuti, lasciandosi travolgere e
trasportare dagli occhi magnetici dell’altro e dalle reazioni che scatenavano,
che erano davvero vicini come non mai.
Tanto che lei si era sempre sentita minacciata dalla portata di quelle
sensazioni così intense e costretta a rinchiudersi nel suo protettivo guscio,
al sicuro nella sua corazza dalla pericolosità degli occhi d’oro del
mezzodemone.
Al sapore amaro di quei contrasti era subentrata allora un’altra consapevolezza.
E nei tre anni di forzata lontananza da lui si era ritrovata a dover combattere
non con i ricordi e la spiacevole sensazione di star dimenticando qualcosa di
fondamentale, quanto l’inspiegabile desiderio di sfida, di sentire l’adrenalina
scorrerle nelle vene e di azzuffarsi con qualcuno. Non chiunque, naturalmente,
ma quel qualcuno che la perseguitava nei suoi sogni chiedendole di tornare da
lui.
Perché cercare la perfezione di una relazione che sarebbe divenuta banale e
monotona, aveva compreso?Il suo legame con Inuyasha non era mai stato rose e
fiori, ma sempre speciale, magico, un miscuglio di opposti, difetti e pregi
insieme, che non avrebbe potuto trovare con nessun altro, neanche se avesse
continuato a cercare per l’eternità. Ogni certezza e dubbio erano crollati.
Loro due erano fatti per stare insieme e non c’era niente da dire, fare o
spiegare, punto. Era stato allora che aveva preso la sua strada, fatto la sua
scelta. Era stato allora che era cresciuta, nel momento in cui aveva
abbandonato la sua famiglia, il suo tempo, le sue sicurezze, se stessa, per
stare con lui.
Aveva preferito rimanere per sempre insieme a lui e non si era mai rimproverata
per ciò che aveva fatto, perché in fondo che vita sarebbe stata la sua senza
Inuyasha?
Erano così diversi da avere poco o niente in comune, così estremamente e
radicalmente antitetici, da essere incompatibili.
Eppure cosa avrebbe fatto lei senza di lui?
Era Inuyasha la sua famiglia adesso, amico e confidente, fratello e compagno, padre
e madre. Era il suo mondo ed era felice, tanto da avere continuamente il
terrore di perdere quella sua felicità conquistata tanto duramente.
Ed eccolo lì il problema, la piccola macchiolina che appannava e rendeva
incompleta e imperfetta la sua altrimenti completa e perfetta felicità. Se un
tempo una delle sue preoccupazioni era stata Kikyo, ora Kagome aveva un rivale
ben più potente contro cui scontrarsi, qualcosa di impalpabile, vago e
indefinito, appena percepibile, contro cui si trovava completamente inerme e
sprovvista di armi per contrattaccare.
Se c’era una cosa che odiava, quello era il tempo. Detestava con tutta se
stessa il lento, ma progressivo procedere dei minuti, l’implacabile trascorrere
delle ore.
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, stagione dopo stagione, il suo nemico,
beffardo e incurante della silenziosa lotta instauratasi con l’avversaria, era
avanzato col suo incedere borioso e arrogante, il suo fare silenzioso e
sfuggente. E così si erano susseguite le lune, in un impetuoso, incontrollabile
e ciclico ripetersi, sfumature diverse forse, ma stesse radici.
Ed erano già trascorsi sei anni. Sei anni, così pochi in confronto
all’immensità della vita, eppure così tanti.
E lei si sentiva così vecchia e stanca.
Ridicolo avrebbe detto qualcuno, ma lei alla veneranda età di ventiquattro anni
si sentiva come se il mondo dovesse crollarle addosso da un momento all’altro e
la sua vita fosse sul punto di concludersi, come sull’orlo di un baratro oscuro
e senza fine, pronto a inghiottirla e a portarla con sé nell’oscurità più
profonda.
C’era già stata lì e il ricordo ancora la terrorizzava.
Quella volta si era salvata, ma Inuyasha sarebbe andato ancora a trarla fuori
dall’incubo mostruoso che la assillava tanto profondamente?
Quel suo tacito scontro era davvero insensato e assurdo, ma cosa poteva farci
lei se provava quella incondizionata paura per il futuro?
La parola domani aveva sempre avuto il fascino dell’ignoto, l’eccitante
incertezza del futuro. Era stato per lei come una scatola chiusa da aprire con
emozione e sorpresa, ma da qualche anno a quella parte l’inesorabile
trascorrere del tempo l’aveva atterrita.
Era terrorizzata da ogni alba e tramonto che scandivano l’inizio e la fine di
un’altra giornata. E se da un lato era paga e riconoscente per ogni momento di
gioia passato con Inuyasha, dall’altro c’era sempre quella cupa ombra ad
incombere su di lei con le sue oscure minacce.
Molto spesso si era ritrovata a riflettere sulla sua condizione e ogni volta il
timore era stato maggiore. Sapeva che avrebbe dovuto continuare a sperare e
combattere, ad affrontare con coraggio il domani, non come entità distinta
dall’oggi, ma come una sua continuazione non interrotta, ma come poteva
riuscirci?
Ciò che temeva in fondo non era il futuro in sé, quanto le deleterie conseguenze
che il suo fluire immericordioso comportasse.
Alzò lo sguardo dalle sue mani incrociate e lo sollevò sino alla superficie
levigata dell’acqua.
Spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio osservando il paesaggio che la
circondava.
Era ottobre e i primi freddi, portati dal vento, erano giunti. L’estate stava
per diventare un ricordo da aggiungere agli altri del passato, un’altra perla
da inserire nella collana e l’autunno stava già arrivando con le sue giornate
un po’ grigie e ravvivate da sprazzi di colore, di vecchie dorature, di rossi e
gialli vivaci. Mentre la prima stagione era gaia e festosa, grazie al sole vivo
e ai colori smaglianti, l’altra dava uno strano senso di malinconia al cuore,
rendendo taciturni e silenziosi. Forse era tutto quello che c’era di patetico e
morto in quel periodo dell’anno a provocare quegli stati d’animo, forse
l’apparente armonia del paesaggio, in cui si fondevano il grigio del cielo, il
pastello ovattato delle montagne nella nebbiolina, il rosso-rame delle foglie
morte, si rilevava in realtà piena d’amarezza. In autunno più che mai ci si
rendeva conto di quanto fosse passeggera la stagione dell’uomo sulla terra.
Eppure quella era di sicuro la sua stagione preferita. Amava il suo annunciarsi
con colori bruciati e sbiaditi, le sfumature di giallo, rossiccio e marrone
delle piante, il clima che diventava sempre più inclemente e procurava una
morte lenta a tutta la natura; una morte però apparente, che durava solo pochi
mesi.
Era sufficiente osservare le abitudini degli uomini per accorgersi di quanto le
stagioni influissero sulle loro vite. L’inverno giungeva col suo freddo ed il
manto regale e candido, recando con sé la cara neve, la primavera ingioiellava invece
i prati e gli alberi con i boccioli e i suoi colori vividi e brillanti, mentre
l’estate forniva calore e brillava d’oro, donando i suoi raggi luminosi.
Kagome osservò le foglie giallastre staccarsi delicatamente dai rami ad
ogni soffio lieve di vento, volteggiare e poi cadere lentamente in larghe
volute, ammucchiandosi alle radici sporgenti degli alberi e formando un soffice
e rumoroso tappeto d’oro sotto i piedi.
A un tratto, una ventata impetuosa strappò una piccola foglia dal suo ramo
facendola cadere in acqua; subito fu travolta dalla corrente insieme a tante
altre.
Provò un incondizionato moto di pena e senza neanche rendersene conto si
ritrovò a paragonarsi a quella. Si sentiva così fragile in quel momento.
Si strinse nell’ampio kimono color ocra, rabbrividendo leggermente mentre gli
occhi le si inumidivano. Pochi secondi e sentì qualcosa di pesante ricaderle
sulle spalle e una presa sicura, forte e delicata al contempo cingerla alla
vita.
Sgranò appena gli occhi, per niente sorpresa in fondo, quando due braccia
robuste la strinsero contro un petto saldo e muscoloso e provò il familiare ed
incontrollabile impulso di posarvi sopra la testa e farsi stringere da
quell’abbraccio così energico e caldo.
Non alzò lo sguardo né ne incrociò gli occhi, mentre sentiva le sue labbra
sfiorarle il capo e posare un tenero bacio sulla sua fronte.
Il suo cuore batteva impazzito contro il costato, ma lei non ci fece caso,
sicura che anche lui si fosse accorto di quali reazioni avesse scatenato.
Il respiro caldo di Inuyasha contro il collo le provocò l’ormai familiare
vampata e mentre le guance le si imporporavano, lui immerse il viso nei suoi
capelli.
Sapeva quanto gli piacesse farlo. Se li aveva fatti crescere, era stato anche
per soddisfare un suo capriccio. Voleva vederla con i capelli lunghi e lei
aveva deciso di accontentare quel suo piccolo desiderio. Quando Inuyasha posò
la testa sulla sua spalla, guancia contro guancia, Kagome smise di pensare,
lasciandosi cullare da quella stretta e godendosi l’attimo.
Solitamente non era così espansivo, a meno che non fossero soli e lei chiuse
gli occhi per assaporare meglio quel momento, sentendosi in pace con il mondo.
Quando stava per aprire gli occhi, sentì la presa del ragazzo irrigidirsi, ma
non si mosse, aspettando in silenzio che lui dicesse qualcosa.
“Mi dispiace per prima” buttò giù tutto
d’un fiato.
Pur non potendo vedergli il viso Kagome immaginò il suo sguardo da cucciolo
bastonato, le orecchie abbassate e le labbra piegate verso il basso in una
smorfia. Sapeva quanto fosse stato difficile per lui porgerle quelle scuse e
subito si sentì in colpa. Non era lui ad essere dalla parte del torto, ma lei.
Era lei che doveva scusarsi, solo e solo lei. Scosse leggermente la
testa e girò completamente il busto, raggomitolandosi contro il suo petto e
poggiando il capo poco sotto la spalla. Le dita lunghe corsero ai capelli e
strinsero lievemente quei fili d’argento, mentre Inuyasha le carezzava la
schiena.
Voleva chiedergli perdono, ma non si sentiva ancora pronta ad incrociarne lo
sguardo e si limitò a sussurrare, in un bisbiglio appena udibile. “Chi ti ha
detto che ero qui?”
“Nessuno, ho seguito il tuo odore.”
Tutto si spiegava adesso. Avrebbe dovuto alzare una barriera, eppure una parte
di sé non aveva voluto, come se sperasse che lui accorresse.
E lui era arrivato, come al solito.
Per tutti i kami, lo amava così tanto!
Eppure..Sentì di nuovo quella sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Tic tac..Tic tac..
Il tempo scorreva e lei invecchiava ogni secondo di più. Un giorno, dopo essere
avvizzita e appassita come una foglia, sarebbe morta, ma lui?Cosa ne sarebbe
stato di Inuyasha?
Alzò finalmente il viso, incrociando gli occhi e il viso che amava. Erano
trascorsi sei anni da quando aveva detto addio alla sua epoca d’origine, alla
sua famiglia, al suo passato e mentre lei portava su di sé i segni brucianti di
quegli anni passati, Inuyasha aveva lo stesso aspetto di quando lo aveva
svegliato dal suo sonno, il loro primo incontro al Goshinboku. Mentre lei
cresceva e il suo fisico e il viso risentivano degli effetti del tempo, lui
rimaneva uguale a se stesso; Kagome diventava la splendida donna che da ragazza
si era previsto sarebbe stata e Inuyasha era fermo, bloccato all’apparenza di
ragazzo.
Tutti intorno a lui erano uomini e donne e si avviavano al loro destino di morte,
come tutti gli esseri umani, tranne lui. Come doveva sentirsi vedendo lei e gli
altri invecchiare, mentre lui non poteva?Cosa avrebbe provato vedendoli
morire un giorno, mentre lui sopravviveva?
Sentì la gola farsi secca e gli occhi inumidirsi di nuovo, ma ricacciò con
forza le lacrime, dandosi per l’ennesima volta della stupida.
Fissò i suoi occhi d’ambra e carezzò il viso dell’uomo che amava,
perdendosi in quei raggi di sole dorato vivi, tiepidi e morbidi che sciolsero
istantaneamente il freddo gelato del suo cuore, carezzandolo e riscaldandolo
con amore e dolcezza, come il più prezioso dei tesori.
Inuyasha la fissava serio, con sguardo stranamente risoluto e un’espressione
determinata che gli faceva brillare gli occhi ancor di più.
Aumentò la presa, stringendola con maggiore forza e decisione al petto.
“Non ho intenzione di lasciarti andare mai più, Kagome. Qualunque cosa possa
accadere, qualsiasi nemico o problema..noi lo abbatteremo insieme.”
Inuyasha.
Si poteva abbattere anche un nemico come la morte?
Un giorno del loro amore sarebbero rimasti solo i sogni e i ricordi e forse
neanche più loro..
No, non voleva pensarci. Ricambiò l’abbraccio e quando Inuyasha la prese in
braccio e la baciò, rispose con lo stesso trasporto, aggrappandosi a lui con
tutto l’amore che provava.
Era ancora presto e in fondo non era poi così vecchia.
Ne avevano passate di tutti i colori e di certo non si sarebbero lasciati
sconfiggere da qualcosa del genere. Avrebbero trovato una soluzione, insieme.
Ciò che davvero rende possibile l’esistenza all’uomo, scaccia lo sconforto
e le tenebre, rende più sopportabile ogni esperienza di dolore e di lotte e
illumina con la sua luce ogni cuore, è la speranza. Affidarsi alla
speranza è qualcosa di naturale, spontaneo ed immediato.
E’ irrefrenabile l’impulso e il bisogno del nostro animo di placare la sua sete
insaziabile di pace e serenità. La speranza rende possibile tutto ciò.
Pur se per poco, ci si culla a volte nella dolce illusione di una facile e
rapida attuazione dei propri progetti, dimenticando di operare per raggiungere
ciò che si desidera.
Chi agisce in questo modo non riesce a vagliare rettamente quanto sia in suo
potere di realizzare e quanto invece non sia nelle sue possibilità, per
l’insufficienza delle sue forze e per cause che dipendano dall’ambiente in cui
vive.
Conoscere noi stessi è difficile e il giudizio che diamo sulle nostre capacità
può essere errato, ma quando abbiamo la certezza che la meta a cui tendiamo può
essere raggiunta con i mezzi a nostra disposizione, allora occorre allontanare
dal nostro animo ogni facile illusione e fare appello alle risorse di cui la
nostra volontà, vigorosamente stimolata, è prodiga.
E’ evidente che in ogni nostra azione c’è sempre una parte notevole di
imprevisto e di imprevedibile per cui esiste sempre la possibilità che essa non
si svolga secondo i desideri, tuttavia lo sforzo continuo della nostra volontà
può rendere sempre più insicuro il successo.
Esistono fatti che non dipendono da noi e allora è innato e istintivo il
sorgere della speranza e della fiducia negli avvenimenti futuri.
Aveva una fiducia illimitata in Inuyasha e nel loro amore e la speranza che
col tempo tutto si sarebbe appianato e risolto.
Il futuro non le sembrava più così terribile..
..Anche perché..
Inuyasha, noi due staremo sempre insieme, vero?
L’eco di una promessa mai dimenticata, un sogno che non si sarebbe infranto
e sarebbe rimasto intatto e protetto nel tempo..
“L’occhio che guarda con amore è una
lucerna provvista di fiamma.
Vede di là dal normale, per una
introspezione che trae su dalle ombre una ricchezza insospettata.
Chi ama comprende, perché l’amore è luce e
vede dove l’occhio senza amore vede solo tenebre.”
Igino Giordani
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Allora, cosa dire?
Questa breve one-shot era nata per partecipare al contest indetto da Roro ed
Emiko “Four Seasons”, ma poi non ho purtroppo fatto in tempo a completarla.
Dopotutto tempus fugit..
Comunque ero finalmente riuscita a concluderla da qualche settimana, ma per un
motivo e per un altro non la postavo mai.
Finalmente stasera mi sono decisa ed eccomi qui.
Scrivere di Inuyasha e Kagome nuovamente è stato qualcosa di indescrivibile. Ho
riscoperto l’amore incondizionato per quel mezzo demone cocciuto e la ragazzina
testarda nel suo amore, il coraggio, la forza, l’energia che mi avevano fatto
innamorare di questo magico manga cinque anni fa. Vedere la conclusione della
saga che tanto mi aveva fatto penare, commuovere, piangere, ridere, emozionare
è stato un po’ come perdere una parte di me. Inuyasha non è stato soltanto un
fumetto, ma un amico, un compagno che mi ha aiutato a superare momenti
difficili, a farmi sentire più forte.
Mi ha trasmesso coraggio e si, con lui si conclude un’epoca.
Per me rimarrà l’emblema della mia adolescenza, così come Peter Pan e i
classici Disney quelli dell’infanzia.
Perciò eterna gloria ai valorosi e prodi guerrieri che per tanti anni ci hanno
fatto sognare. Dopo tante battaglie il dovuto e meritato riposo.
Ben approdati ad Itaca!
Quindi anche se è doloroso ..Addio Inuyasha e Kagome e Sango e Miroku e
Shippo e Kirara e Sesshomaru e Kikyo!E grazie, mille volte grazie
per questi splendidi anni trascorsi insieme , grazie di cuore!Conserverò gelosamente il ricordo meraviglioso che mi avete donato e
non dimenticherò mai il vostro valore, la tenacia, la fermezza, i vostri
sorrisi così come le vostre lacrime, la gioia e il dolore di voi tutti.
Un bacio a tutti <3