La vita, pensava Elena, ancora nei suoi giorni di lutto che parevano infiniti – la vita, in fondo, dovrebbe essere estremamente semplice. Come fare la lavatrice, no? Si carica nel cestello una cesta di panni sporchi, si butta il detersivo nel cassettino, si seleziona il programma migliore per far girare il bucato, e ci si mette ad aspettare. Leggendo un libro, guardando la tv, mettendo lo smalto alle unghie. Scrivendo un diario, anche. I diari della lavatrice. Non era male, come idea. Peccato che lei non avesse tutte quelle velleità di narratrice che la sua famiglia, erroneamente, riteneva. Elena teneva un diario perché era troppo timida per confidarsi sul serio. Bonnie era troppo diretta e Caroline troppo frivola. E zia Jenna era troppo lontana.
Ma la vita non è semplice. E nemmeno fare la lavatrice, lo è. Troppi programmi di lavaggio tra cui scegliere. Basta un detersivo sbagliato e i panni si infeltriscono. Non si devono mescolare vestiti di colori diversi, o la macchina vomiterà fuori una massa color grigio. Triste e deprimente. Ed Elena si sentiva già troppo triste, per sopportare anche l’idea di aver azionato il programma sbagliato per lavare la sua vita.