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Autore: Schwarzfreiheit    15/09/2009    1 recensioni
Come ci sente quando non senti di appartenere a nessun luogo? Quando la voglia di fuggire e quella di restare imperversano dentro senza sosta? Quando i Sogni e la Realtà non coincidono e non riesci a scegliere da che parte stare? Male. Ed allora qualsiasi alternativa è migliore... Anche gettarsi in una avventura a capofitto, senza sapere dove ti porterà ... Come ha deciso Andrea... Lei, che si sentiva zingara nella sua stessa città, che non sentiva le sue radici ancorarla al suolo, ma solo le “Sue Ali” trasportarla in alto ... " ...Le aveva nel cuore e nello spirito, quelle ali … Adesso le mancava solo di trovarle, di averle un po’ più concretamente al suo fianco ad aiutarla a volare... "
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Your Heart Is My Only Home cap 1 quando i dubbi ci dividono

Adesso se ne stava seduta su quella comoda, morbida, spaziosa poltrona.

Avrebbe preferito che fosse più stretta, più scomoda, così da darle un valido motivo per alzarsi ed andarsene.

Aveva 23 anni, una laurea in lingue ed un fidanzato, che aveva aspettato più o meno da sempre, che la attendeva a casa e che non immaginava nemmeno lontanamente dove lei si trovasse in quel momento. 

Ma quando la sua amica di una vita, Nadia, le aveva detto che aveva sentito, da fonti non proprio certe, che apparentemente appartenevano ad un presunto amico del cugino di un suo ex ragazzo, (di sicuro Nadia non era certamente una delle fonti più attendibili) che alla Universal stavano cercando un interprete che, per quello che ne sapevano, poteva benissimo servire ai Tokio Hotel, non aveva saputo resistere alla tentazione.

“So Resistere A Tutto  … Tranne Che Alle Tentazioni”

Oscar Wilde

E quella tentazione era stata grande.

Come quella che le si era presentata circa otto mesi prima.

Il ragazzo che amava da circa 12 anni, gli era capitato tra capo e collo durante un noioso, anonimo pomeriggio di shopping e le aveva detto a bruciapelo che con la sua donna, donna che era diventata moglie da meno di un anno, le cose non andavano affatto bene e che gli avrebbe fatto piacere rivederla.

E lei aveva ceduto. Aveva accettato di rivederlo, sebbene, mille dubbi le vorticassero in testa.
Erano anni che assicurava a piena voce la sua assoluta disponibilità a ricoprire anche il ruolo dell’ amante pur di stare con lui.
E adesso che quel ruolo le era stato, seppur educatamente e velatamente offerto, non si sentiva più tanto sicura.
Continuava a ripetersi che doveva farlo, che lo aveva aspettato per così tanto tempo, senza riuscire a dimenticarlo né a sostituirlo.
E adesso non poteva  permettersi di lasciarsi sfuggire quell’ occasione.
Non le piaceva l’ idea di essere una guasta-famiglia né voleva rinunciare ai suoi principi, ma ...
Ma non poteva rinunciare a lui di nuovo.

E così era iniziata la loro storia. 

Con incontri fugaci, pomeriggi rubati allo studio, per quanto riguardava lei e al lavoro, per lui.  

E in poco tempo aveva salutato i suoi principi, credendo che fosse il momento e l’ occasione giusta, a casa di un amico di lui, dove si incontravano spesso, anche solo per stare un po’ insieme a chiacchierare, come avevano fatto fino a quel pomeriggio.

Era giusto.

Era giusto che lei gli concedesse qualcosa di più, sarebbe risultata decisamente stupida, altrimenti : 

farsi tanti scrupoli sul sesso quando non se ne era fatto alcuno nel decidere di uscire con un uomo sposato. 

E così era avvenuto. 

E a ripensarci si accorse che, in quei giorni e tutt’ ora, aveva fatto di tutto per convincere la sua amica di quanto fosse stata la cosa giusta e di quanto fosse stato speciale. 

Ma quanto poteva essere speciale una prima volta vissuta in un letto singolo che non era il tuo, in una casa che non era tua, all’ una del pomeriggio, con l’ ansia dell’ appuntamento di lui alle due con la moglie? 

Poco.

Decisamente troppo poco.

Tornata al presente,osservando la vasta sala d’ attesa dove era stata “parcheggiata” da una tanto cortese quanto fredda receptionist, rise istericamente tra sé e sé ...

Era forse il momento ed il luogo adatto, quello, per pensare a tutte quelle cose?

Chiunque gli avrebbe detto di no.

Si trovava all’ interno di uno degli edifici più ambiti, che lei stessa aveva desiderato visitare e adesso che era riuscita ad entrarci dalla porta principale, e con ogni diritto di farlo per giunta, stava a rimuginare sulla sua vita di coppia?

Del resto adesso andava tutto bene, lui aveva lasciato la moglie seppure non avesse ancora avviato le pratiche per il divorzio adducendo come scusa che sarebbero state solo una scocciatura ed una inutile perdita di tempo e di denaro e che, al momento, potevano anche aspettare, e vivevano assieme in un minuscolo appartamento di sole 4 stanze compreso il bagno, ma che loro avevano saputo sfruttare e arredare con gusto e che lei amava, dopotutto.

Ma qualcosa dentro di lei le diceva che, forse, poteva essere davvero il luogo e soprattutto l’ occasione più adatta, in particolare se le sue aspettative fossero state realizzate.

Probabilmente, se Nadia fosse stata con lei e avesse sentito tutti questi suoi deliri mentali, le avrebbe dato ragione, le avrebbe detto che, sì, era il momento giusto, per più di un motivo. 

Erano almeno 2 : 

il primo, immaginò avrebbe enumerato sulle dita l’ amica, era che, da quando si era impegnata in quella relazione con Fabrizio, si era decisamente allontanata dai suoi desideri e progetti lavorativi, il secondo era quello a cui non voleva pensare.

Erano i suoi sogni, le sue illusioni infantili, erano ...

Qualcosa che non poteva certamente realizzarsi, sia che stesse con Fabrizio, sia che no.

Ma non poteva negare, soprattutto a sé stessa, che qualcosa era cambiata dentro di lei, all’ incirca un po' più di un anno prima.

All' incirca nello stesso, sconosciuto, istante in cui un ritornello aveva cominciato a danzarle nella testa, in cui il rumore di un elicottero si era rivestito di un significato ben preciso, se sentito alla tv o per radio ... 

In cui si era detta che, dopotutto, le sue preferenze sessuali non erano per forza costrette a restare incatenate ad uno stereotipo infiocchettato da anni di bigotte abitudini ... 

Chiuse gli occhi, stretti. La sua mente stava di nuovo divagando.

Adesso doveva solo concentrarsi e capire se sperare o meno che l’ interprete cercato dalla Universal fosse per i Tokio Hotel o meno.

Non ne era più tanto convinta.

 

Si distrasse guardando fuori dalle immense vetrate che occupavano l’ intera parete di fronte a lei.
Era un’ altra giornata uggiosa e grigia, Milano sapeva essere davvero soffocante con quella cappa di smog che la circondava.
Avrebbe voluto andar via.
Si sentiva soffocare e non riusciva a sopprimere quella voglia che sentiva dentro da sempre, quella che la aveva spinta nella scelta degli studi.
Si sentiva inchiodata a terra e allo stesso tempo sentiva dentro di sé quella voglia di viaggiare di un uccello migratore.
Lo aveva sempre desiderato.
Si sentiva una stupida, e strana, soprattutto quando si ritrovava a parlare con le sue amiche.
Tutte loro erano legate a casa loro, non provavano alcun desiderio di lasciarla.
Nessuna esclusa.
Lei aveva sempre desiderato viaggiare.
Vedere il mondo, visitare mille paesi e città.
Odiava le vacanze nei villaggi e avrebbe desiderato prendere un camper e visitare on the road tutta l’ Europa.
Non credeva più di voler semplicemente cambiare città dove vivere, credeva di aver capito che, presto o tardi, si sarebbe stancata della nuova meta raggiunta e ne avrebbe desiderata un’ altra.
Questo a volte la faceva soffrire.
A volte desiderava avere un posto da chiamare "casa", da sentire dentro come tale.

Era il Viaggio. 

Ecco cosa voleva. 

Sebbene si sentisse un controsenso vivente.

Eccola, la sua parte razionale che prendeva il sopravvento su quei sogni che, nonostante tutto, lei era ancora in grado di sognare.  

Pensò che, fino a quando la razionalità sarebbe riuscita a sopraffare la fantasia, sarebbe andato tutto bene.  

Ma non andava tutto bene. 

Questo che stava vivendo, non era l' unico momento in cui si era sentita divisa in due ...  

Chiudendo gli occhi per un istante, pensò che lei si sentiva in quella maledetta maniera da una vita.  

Da sempre lei si sentiva una contraddizione vivente : da una parte avrebbe voluto la certezza di un lavoro e di uno stipendio sicuro, dall' altra desiderava un lavoro che le permettesse una sorta di autogestione anche se magari i guadagni sarebbero stati precari; a volte desiderava solo la libertà del cuore e dei sentimenti, l' avventura dei sensi, altre volte si era ritrovata ad immaginare un focolare caldo, dove accogliere ogni sera lo stesso uomo, il suo; a volte desiderava ardentemente vivere immersa in una grande metropoli, come le donne di "Sex In The City", altre volte detestava a tal punto la gente da desiderare di trovarsi su un' isola deserta, in cima alla montagna più alta e desolata, in mezzo al deserto; a volte il desiderio di viaggiare, di vedere il mondo, diventava talmente insopprimibile da riuscire a tenerlo a stento a freno, mentre altre volte desiderava solo trovare un porto sicuro, un punto fermo a cui appartenere, da amare e portare dentro di sè sempre, dove desiderare DAVVERO di tornare ogni volta che si allontanava.


Ma lei era questo, una contraddizione. 
A volte amava questo suo complicato modo di essere che la faceva sentire viva e la logorava, a volte avrebbe dato qualsiasi cosa per essere differente, per gli stessi motivi. 
Amava tutto quello che era e amava e desiderava tutto ciò che era totalmente differente da lei. 
Una contraddizione, appunto. 

Ed era anche questa sua maledetta  contraddizione che la legava così saldamente alle sue amiche, che si trattasse di quelle virtuali che non.

Loro erano esattamente tutto quello che lei non era :
Loro erano legate a doppio filo alla loro terra, Loro avevano delle famiglie alle spalle che le supportavano con affetto, cosa che lei non aveva avuto, non nella maniera più classica anche se non trovava nulla di strano nella sua famiglia allargata, o nelle sue due famiglie ristrette, per lei era normale e le viveva normalmente, ma questo forse era uno dei motivi che la avevano fatta diventare ciò che era :
un
a foglia al vento con nessuna voglia di fermarsi, seppure qualche volta lo avesse desiderato, loro, le sue amiche, portavano nel cuore le loro tradizioni, la loro terra, le loro radici ... 
Per lei, che questo non lo aveva mai avuto, era tutto maledettamente attraente ...

Lei, che si sentiva zingara nella sua stessa città, che non sentiva le sue radici ancorarla al suolo, ma solo le “Sue Ali” trasportarla in alto ...
Le aveva nel cuore e nello spirito, quelle ali …
Adesso le mancava solo di trovarle, di averle un po’ più concretamente al suo fianco ad aiutarla a volare.

C’erano altre ragazze nella sala d’ attesa, prima di lei, stavano tutte sedute composte nei loro perfetti talliur da donne in carriera, eleganti ma allo stesso tempo dall’ apparente efficienza : 
scarpe di classe con tacchi bassi, gonne comode come le giacche, camicette leggere, colori neutri come il grigio o l’ azzurro carta da zucchero, capelli raccolti in acconciature eleganti e pratiche. 
C’ era anche una  bionda prorompente, capelli color oro e rossetto di fuoco, unghie lunghe perfettamente laccate, scarpa tacco dodici ed un abitino stretch nel quale non sembrava essere meno comoda delle altre. 
Sorrise tra sé.
Se l’ interprete serviva davvero per i Tokio Hotel, e se fosse stato presente Tom ai colloqui, lei sarebbe stata la prescelta.
E non dubitava che il parere del ragazzo, seppure non presente, avesse una qualche influenza sulla scelta. 
Poi il sorriso svanì dal suo volto, mentre cercava di intravedere la sua immagine riflessa nella vetrata che si confondeva con i contorni dei palazzi grigi che la circondavano: 
indossava un paio di Jeans dal fondo largo e un po’ consumato per via del continuo trascinare sul pavimento, i nuovi anfibi ancora lucidi comprati la settimana precedente, una maglietta aderente nera, a collo alto con sopra un top a righe bianche e nere, unghie lunghe ma non troppo con una french bianca e nera, appena un po’ rovinata, trucco non proprio perfetto, ma per l’ occasione in versione decisamente più soft del solito, i capelli lisci e scalati e del suo colore naturale che lei non apprezzava particolarmente ma a cui era tornata per quieto vivere con Fabrizio, liberi di posarsi sulle sue spalle che adesso mostravano i segni del vento che li aveva scompigliati e che lei aveva aggiustato alla meno peggio specchiandosi in ascensore.

Avrebbe tanto desiderato raccogliere la sua capiente borsa di Jack Skeleton, con dentro il suo breve curriculum e la sua decisamente buona laurea e scappare a gambe levate.
Del resto non avrebbe certo dato buca ai Tokio Hotel.
Anzi!
Se tanto le dava tanto, quella svampita di Nadia non aveva nemmeno capito per bene la cosa e magari lei stava solo perdendo tempo prezioso lì, rischiando di litigare con Fabrizio e ...

Ancora presa dai suoi pensieri e dalla sempre crescente voglia di scappare lontano di lì, non si accorse di essere rimasta sola nella grande sala e che qualcuno si stava avvicinando alle sue spalle dopo averla evidentemente chiamata senza ricevere risposta.

Al suono di un lieve colpo di tosse la ragazza, ancora voltata verso la vetrata, alzò gli occhi di scatto e ringraziò il cielo di non aver indossato un paio di maledetti tacchi da dodici perché sarebbe caduta come una pera ai piedi dell’ uomo che aveva creduto di vedere riflesso nel vetro perfettamente lucido.
Ma doveva essersi sbagliata.
Per forza.
Quell’ uomo non poteva essere lì.
Non credeva davvero possibile che fosse proprio Lui ad occuparsi di una cosa come quella ...
Ma decise di fidarsi dei suoi occhi, di sfoggiare la sua espressione più professionale e seria possibile e di voltarsi impassibile.
Ormai non poteva più scappare.

Prese fiato e si volse.

La sua intenzione di rimanere assolutamente impassibile vacillò un istante davanti a quegli occhi azzurri ed intensi che la osservavano seri.
Lei però era quasi assolutamente certa di aver intravisto una scintilla di divertita sfida infondo a quello sguardo distaccato e professionale.
Ad un cenno d’ invito dell’ uomo lei lo precedette verso la porta dell’ ufficio e attese che lui la invitasse a sedersi di fronte alla immensa, lucida scrivania.
E lui lo fece, la invitò ad accomodarsi e lei non si fece pregare.
Dubitava inoltre che le sue gambe l’ avrebbero retta ancora per molto nonostante tutte le sue buone intenzioni e le apparenze.

<< Bene signorina ... Lei è l’ ultima delle ragazze che dovevo vedere oggi ... E noto con piacere che, nonostante la giovane età, non sembra particolarmente turbata di trovarsi seduta di fronte a me e, cosa altrettanto gradita, se non di più, non ha iniziato subito a flirtare sfacciatamente ... Ho quasi temuto che la bionda di prima potesse decidere su due piedi di alzarsi e venirsi a sedere direttamente sulle mie ginocchia ... Mi scusi >>.
Aggiunse notando l’ aria appena un po’ assente della ragazza.  
<< Sono un po’ stanco ... E la signorina entrata prima di lei, ha decisamente messo a dura prova la mia pazienza ... >>. La ragazza castana lo interruppe. 
<< Signor Jost, credo che ci troviamo qui per parlare della mia eventuale assunzione, non delle ragazze che si sono presentate oggi >>. 
Aveva usato un tono di voce freddo, distaccato, professionale. 
Come le avevano insegnato. 
Ma quel suo modo di fare sembrò troppo duro persino per lei stessa. 
In più parlare in tedesco rendeva il suo tono ancora più duro. 
L’ uomo infatti la stava osservando, aveva perso quell’ ombra di sorriso dal volto e proseguì, altrettanto serio e professionale. 
<< Ha perfettamente ragione signorina, quindi ... >> 
Disse osservando il suo curriculum e storcendo un po’ il naso. 
<<  A quanto pare lei non ha molta esperienza ... >>. 
La ragazza si morse la lingua. 
Forse era stata un po’ troppo dura poco prima. 
Non era abituata a parlare con persone del calibro di quella che aveva di fronte. 
Temeva di essersi giocata la sua opportunità, sebbene ancora non ci credesse quasi.


Per un momento, uno di quei maledettissimi momenti che detestava con tutta sé stessa, desiderò davvero essere diversa, essere come la biondina che la aveva preceduta, essere capace di fidarsi abbastanza del suo corpo, che sebbene fosse ben lontano dall’ essere perfetto, era notevolmente migliorato, da permettere a sé stessa di abbandonare qualunque riserva, qualunque scrupolo e di sedersi sulle gambe di quell’ uomo e di offrirgli le sue grazie esattamente come aveva fatto la ragazza che la aveva preceduta.
Improvvisamente la comoda sedia le sembrò troppo piccola per i suoi fianchi floridi, improvvisamente le sue gambe non proprio esili le sembrarono enormi, si sentiva maledettamente troppo alta, troppo grossa e sgraziata.
E, non soddisfatta di questo, aveva risposto in quella maniera arrogante.
Certo, il suo tono nascondeva tutta la sua timidezza ed il disagio di trovarsi davvero in quella situazione, ma l’ uomo davanti a lei non poteva saperlo e lei non poteva certo spiegarglielo.
Sarebbe stata una scena  pietosa e patetica e lei non era certa di poter sopportare anche questo.
Decise di raddrizzare le spalle, che le sembravano decisamente troppo larghe, alzare lo sguardo fiero sul manager e contare mentalmente i minuti che la dividevano dal respirare nuovamente a fondo, ossia quando quel benedetto colloquio sarebbe terminato.

-  Ma quanto parla? ... E cosa sta dicendo? ... Maledizione, Andrea, concentrati! ...  -.
Ritornò al presente giusto in tempo per sentire l’ uomo dire 
<<  ... Bene, allora signorina, le faremo sapere entro una settimana, avremmo abbastanza urgenza ... Abbiamo degli impegni qui in Italia. Arrivederci >>.
Lei si alzò come una molla e tese la mano all’ uomo che la strinse brevemente ma con una presa salda e sicura. Questo fece guadagnare al manager dei punti nella stima della ragazza.
Amava gli uomini che, pur non ostentando il loro potere o la loro sicurezza, mostravano di averla, anche con una semplice stretta di mano.
Uscì accompagnata da lui dall’ ufficio, dette un’ ultima occhiata attorno alla stanza che , era certa, non avrebbe rivisto mai più.
-  ... Goditi questo momento Andrea ...  -.
Poi si diresse con passo sicuro verso l’ ascensore e, non appena le porte scorrevoli si chiusero, appoggiò con un sospiro le spalle alla parete provvista di specchio.
Non aveva nessuna voglia di osservare il volto di qualcuno che aveva appena perso l’ occasione della sua vita. Quando l’ immenso portone della Universal si richiuse, lei si voltò osservando con un sospiro malinconico l’ imponente edificio, con la sua facciata di vetro, dove, incredibilmente lei era appena stata.
Gli voltò le spalle e si diresse mesta verso la prima fermata della metropolitana che le capitava a tiro.
Voleva solo allontanarsi da lì.
Da quel palazzo che avrebbe potuto rappresentare il suo trampolino di lancio, o la sua linea d’ arrivo ...
Non voleva pensarci ...
Ma avrebbe rappresentato anche un sacco di problemi, come il dover essere sempre perfetta, il dover apparire magari in tv, e sapeva che la telecamera allargava, i suoi fianchi non ne avevano alcun bisogno ... E poi gli inevitabili  litigi con Fabrizio ... Quelli di sicuro.
Lasciare Nadia ...
Le piccole abitudini per gettarsi in un mondo del tutto nuovo, lavorando accanto a delle persone che non conosceva e per quattro ragazzi che, sebbene più giovani di lei, sapeva  non l’ avrebbero aiutata a sentirsi a suo agio ...
Ma insomma!
Aveva detto che non voleva pensarci e adesso stava continuando a rimuginarci sopra, senza rendersi conto che, per ogni lato negativo della faccenda che si sforzava di elencare diligentemente sul suo mentale libretto nero, il suo cervellino in continuo movimento trovava almeno un paio di soluzioni ...
Ignorò volutamente e cocciutamente quelle eventuali soluzioni non volendo nemmeno renderli un po’ più chiari e si concentrò su quello che la circondava.
Era salita sulla metropolitana completamente soprappensiero, ancora shoccata dall’ incontro di quel pomeriggio e, solo adesso, si rendeva conto di aver preso la linea giusta, ma dalla parte opposta a quella in cui doveva andare. Sbuffò esasperata da sé stessa, scese al volo alla prima fermata, cambiò binario e prese la metropolitana giusta.
–  Maledizione! Arriverò tardi a casa e dovrò trovare una scusa plausibile per Fab ... Un casino! Ecco cosa ho combinato! E per cosa? Per andare a fare una figuraccia davanti a David Jost! David Jost ... Non ci posso ancora credere! Ma come ...  -.
Stava nuovamente per perdersi nei suoi pensieri quando, uno spintone nemmeno troppo gentile, la fece tornare alla realtà permettendole di accorgersi che era arrivata a destinazione.
Scese, maledicendo sé stessa e soprattutto quella sua dannata abitudine di perdersi nei suoi pensieri nella frazione di un secondo.
Le bastava un attimo per estraniarsi dalla realtà.
Nadia trovava adorabile questa sua caratteristica, diceva che era sinonimo di una mente fantasiosa e libera e sempre in movimento a rincorrere diecimila pensieri, ma Nadia la adorava.
Punto.
Lei non faceva molto testo.
Sorrise pensando alla sua amica.
Ma il sorriso si spense lentamente.
Anche Fabrizio le voleva bene, eppure detestava questa sua abitudine alla distrazione, questo suo alienarsi dal presente, diceva che non sarebbe riuscita ad arrivare da nessuna parte se avesse continuato a lasciar vagare la testa tra le nuvole invece di tenerla ben salda sulle spalle.
Stranamente, quel giorno, i difetti del suo ragazzo gli erano saliti alla mente più volte dei suoi pregi ...
La cosa non le piaceva.
Raggiunse il vecchio portone scrostato in una piccola via laterale, scavò nella borsa alla ricerca delle chiavi e si precipitò su per i cinque maledetti piani, arampicandosi su quegli scalini alti mezzo metro, fino in casa senza accorgersi che dalla sua borsa mancava qualcosa.

<<  Ti sembra l’ ora di arrivare? Mi hai fatto preoccupare! Hai di nuovo dimenticato di caricare il cellulare, come al solito ...  >>. 
–  ... Sì, è stata una pessima giornata anche per me, grazie dell’ interessamento ...  -. 
Ecco cosa avrebbe voluto rispondere al saluto, se così si fosse potuto definire, di Fabrizio che l’ aveva accolta con l’ ennesima sgridata sulla sua sbadataggine. 
Forse non era il momento migliore per dirgli che aveva perso il portafoglio o che, come minimo, se lo era fatto sgraffignare sulla metropolitana. 
Perché se ne era accorta, alla fine, poco prima di entrare in casa. 
<<  Scusa ...  >>. Decise invece di rispondere.
<<  Ero in giro e non mi sono accorta che era così tardi ...  >>. 
Nonostante tutto, non aveva potuto fare a meno di mostrare segni di stanchezza nella voce. 
Si sentiva davvero il morale sotto i piedi. 
E stava abbastanza scomodo dato il peso che doveva sopportare. 
Fabrizio parve accorgersi del suo tono un po’ troppo brusco. 
<<  Ho ordinato qualcosa al cinese sotto casa, vieni, prima che si freddi tutto  >>. 
Si sedettero in silenzio a mangiare, lei con le bacchette, lui con la sempiterna forchetta. 
Aveva cercato di fargli apprezzare l’ uso delle bacchette ma lui sembrava totalmente restio ad imparare ad utilizzarle. 
Dopo una cena silenziosa si sedettero sul divano a guardare un vecchio western che lei odiava e lui apprezzava particolarmente, in silenzio. 
Gli spari del film erano l’ unico suono che invadesse la casa e lei si sentiva terribilmente oppressa. 
Avrebbe desiderato poter chiamare Nadia, ma non poteva. 
Fece scorrere lo sguardo sul tavolino ingombro delle tazzine della mattina, sulle riviste a terra e sulla polvere che si era posata leggera sulla mensola e decise di alzarsi. 
<<  Dove vai?  >>.
Possibile che dovesse sempre sapere cosa stesse facendo o cosa avesse intenzione di fare? 
Come se avesse potuto andare chissà dove ... 
Sbuffò piano, non aveva voglia di discutere quella sera.
<<  Lo sai che i western non sono propriamente il mio genere ... Ne approfitto per riordinare un po’ di là ...  >>. 
Lui la lasciò andare, senza fare commenti fortunatamente, lei si ritirò in cucina e dopo aver messo tutto a posto e averla resa di nuovo presentabile, prese il suo portatile dalla borsa e si apprestò a fare un giro sui vari siti che frequentava, non per ultimo il sito di fans fiction dove lei stessa aveva pubblicato diversi racconti, almeno fino ad otto mesi prima. 
Da quando si era impegnata in quella relazione il suo tempo per scrivere si era dimezzato e lei non era riuscita a pubblicare niente di nuovo. 
Non di meno seguiva con piacere alcune storie. 
Lesse gli ultimi aggiornamenti, scrisse un paio di recensioni, poi, dopo aver controllato che Fabrizio si fosse definitivamente addormentato, digitò il nome di un sito che visitava spesso ...
E che lui non avrebbe assolutamente approvato. 
Sapeva della sua passione per i Tokio Hotel, dato che lei aveva messo bene in chiaro che, non appena se ne fosse presentata l’ occasione, sarebbe andata al loro prossimo concerto, ma pur non avendo avanzato particolari obbiezioni, trovava quasi grottesco quel suo continuo andare sul sito a controllare le novità di una band di ragazzini che riteneva adatta solo, appunto, alle ragazzine. 
<<  Hai già 23 anni, non credi che sia ridicolo fare la fila per andare ad un concerto dove sarai di sicuro la più adulta? O andare ogni giorno a controllare l’ uscita di un disco fantasma? Del resto, le boyband non durano mai molto ...  >>.
A quel punto iniziava un soliloquio mortalmente noioso e irritante che lei fingeva di ascoltare senza nemmeno troppo impegno, per evitare scenate inutili, pensando a quando, da ragazzini alle scuole medie, litigavano per questioni del tutto simili.
Adesso le cose erano cambiate.
Lei non aveva più dodici anni e stare con lui le sembrava qualcosa di talmente miracoloso che non si azzardava troppo spesso a contraddirlo. 
Certo, capitava ancora che lei sbottasse davanti a delle accuse stupide come quelle. 
Che male faceva semplicemente seguendo una rockband? 
Nessuno. 
E chi era lui per giudicare qalcosa che non conosceva e che non voleva conoscere? ... 
A quel punto lui le rispondeva che credeva di essere il suo compagno.
Lei non sapeva come prendere quella parola. 
La trovava strana ... Avrebbe forse desiderato che lui si definisse il suo ragazzo, o il suo fidanzato ... Ma la prima opzione lui la giudicava da adolescenti, la seconda non l' aveva mai presa in considerazione ... E così si definiva compagno ... Come un compagn di classe a scuola o un compagno di partito, o compagno di scorribande notturne e così via ... No, a lei quella definizione non piaceva molto.
E, comunque, non la considerava abbastanza da giustificare quello che lui faceva, quel suo arrogarsi il diritto di giudicare i suoi gusti e le sue passioni. 
Di ...  Tarpare le sue ali prima ancora che lei avesse avuto modo di poterle spiegare.

Un po’ le mancavano i ragazzini che erano stati, pronti sempre a bisticciare.
Ormai non lo facevano più spesso.
Anzi, non lo facevano quasi mai.
Pensava che quello fosse il lato più snervante e maledettamente eccitante e piacevole del loro rapporto di allora.
Il continuo litigare per delle sciocchezze, che aiutava lei a sfogare i suoi malumori e a ritrovare il sorriso e lui a rapportarsi con lei, dato che sembrava l’ unico modo che sapesse utilizzare per farlo.
Lei che era sempre stata maledettamente orgogliosa e che non era mai stata una bellezza.
Adesso aveva quel ragazzo che aveva tanto desiderato.
Il più bello della scuola.
Ma le cose erano cambiate.
Loro erano cambiati, cresciuti, e mentre lei sentiva ancora il desiderio di quel rapporto, lui sembrava aver deciso di impostare tutto in maniera differente.
Adesso, mentre le immagini di un vecchio episodio della Tokio Hotel tv che lei amava particolarmente e che le mostrava un Bill che spingeva attento un carrello, decidendo se prendere o meno la cartaigenica extra-strong per Georg, facendole scuotere la testa sorridendo, scorrevano davanti ai suoi occhi, lei riusciva solo a pensare che, da quando si erano rincontrati, le cose erano strane o, se non altro, diverse da come se le ricordava lei e da come aveva desiderato che rimanessero.
–  Smettila! Smettila immediatamente! Lui è il ragazzo che hai aspettato per anni, per il quale hai rifiutato chiunque non fosse lui ... Quello che hai sempre ritenuto l’ uomo giusto per te ...  -.
Si disse tra sé e sé, sgridandosi.
-  ... Ma non lo pensi più vero? ... Non lo pensi più da quasi due anni ormai ...  -.
Quella vocina fastidiosa nella sua testa fù il colpo di grazia per i suoi nervi tesi.
Chiuse di scatto il portatile e si buttò sotto la doccia, dopodiché, dopo aver scrollato leggermente Fabrizio per farlo alzare dal divano, si diresse in camera da letto e si sdraiò dalla sua parte, chiudendo immediatamente gli occhi per non dare nessun motivo a l ragazzo di pensare che fosse ancora sveglia.
Troppe cose e troppi pensieri si erano affacciati alla sua giornata e alla sua mente.
Non aveva voglia di nulla.
Nemmeno di dormire appiccicata a lui, del resto, nonostante fosse una ragazza estremamente affettuosa e coccolona il più delle volte, era  sempre stata anche una persona abbastanza indipendente e desiderosa dei suoi spazi.
Lui avrebbe capito, non essendo molto portato alle coccole gratuite.
Certo che erano una coppia non troppo bene assortita.
Ma, fortunatamente il sonno le impedì di pensarci ancora, rendendole le palpebre pesanti ed accompagnandola nel mondo dei sogni.

La mattina dopo, Fabrizio si alzò senza fare rumore e uscì presto per andare a lavorare. 
Lei si rigirò nel letto ancora un po’ poi decise di alzarsi, uscire ed andare a fare la denuncia di smarrimento del portafoglio. 
Chiamò Nadia e decisero di pranzare fuori in un Mac presumibilmente, dato che entrambe amavano il cibo spazzatura, come veniva volgarmente definito, e così si ritrovarono sedute ad un tavolino appartato a consumare due immensi Big Bacon e un mare di patatine fritte, chiacchierando. 
Fu solo davanti al gelato che Nadia si decise a rompere il riserbo sulla questione “colloquio alla Universal”. 
<<  Allora, hai intenzione di dirmi qualcosa o devo cavarti fuori le parole con il pede di porco? ... Ti ricordavo più espansiva ... Quel musone di Fa ti influenza negativamente sai?  >>. 
La prese bonariamente in giro. 
Andrea sbuffò alzando gli occhi al cielo. 
<<  Lasciamo stare quell’ argomento ... Ieri sera era seccato che fossi arrivata tardi ...  >>. 
E le raccontò della metropolitana e di come si era distratta rischiando di arrivare dall’ altra parte della città. 
<<  Sì, ok, lo so che hai sempre la testa tra le nuvole, ma del colloquio cosa mi dici? Era per i Tokio o no?  >>. 
Andrea arrossì violentemente. 
<<  Non hai idea di come mi sono sentita quando mi sono ritrovata davanti niente popò di meno che David Jost in tutta la sua imponente figura ... Questi tedeschi li fanno troppo alti, sai?  >>. 
Rise appena, al pensiero della “sua” Pertica Crucca e del degno gemello che si ritrovava. 
Poi raccontò all’ amica per filo e per segno tutto quello che era successo in quella stanza, senza risparmiarle le sue personali congetture e i suoi sentimenti ed emozioni per concludere in un sospiro 
<<  Ha detto che mi avrebbe contattata nel giro di una settimana, dice che hanno urgenza di trovare una traduttrice ... Figurati! Io! Mi chiedo ancora perché mi ci sono presentata a quel benedetto colloquio!  >>. 
Nadia sorrise comprensiva. 
Conosceva Andrea da sempre e sapeva che la sfiducia stava rapidamente prendendo il sopravvento su di lei così come rapida era salita l’ euforia che l’ aveva condotta a fare quel colloquio. 
Cambiava umore così rapidamente. 
Era una lunatica insopportabile, ma era la sua migliore amica e non la avrebbe cambiata per nulla al mondo. 
Adesso decise che l’ unca cosa che potesse fare per lei era darle una botta di energia e speranza. 
O, al limite estremo, una botta in testa ... 
E gurdò storto quella bottiglietta di plastica, per di più semivuota, che non le sarebbe stata per niente utile allo scopo.
<<  Io sono convinta che invece lo hai colpito, il pezzo grosso ... Magari ci è solo rimasto un po’ male perché non sei svenuta ai suoi piedi ... Lo sai come sono fatte queste superstar ... Peggio! Lui è una ex star! Brutta razza! Vedrai che ti richiamerà presto  >>. 
Finirono il gelato e conclusero la giornata facendo quattro passi in centro a guardare le vetrine e a ridere di tutte le cose assurde che la gente aveva il coraggio di comprare, come quelle scarpette da camera, col tacco alto il pon pon piumoso sopra, apparentemente scomodissime. 
<<  La signora che abita sotto di me mi manderebbe i vigili in casa dopo soli due giorni, se osassi indossare una roba del genere in casa ... Senza contare che 300 euro mi sembrano appena un po’ esagerati no?  >>. 
Risero. 
Era bello uscire insieme. 
Si sentivano entrambe come quando avevano 15 anni e la cosa non disturbava affatto nessuna delle due ragazze.


Fabrizio lavorava come consulente per una grande ditta di informatica con sedi in tutta Italia e capitava a volte che dovesse assentarsi per lavoro qualche giorno.
Andrea ne approfittava per invitare Nadia a stare da lei per un po’ e si davano alla pazza gioia.
Lei recuperava dalla cantina i suoi due bauli con dentro tutte le sue cose di adolescente, come tutto il materiale sui
Tokio Hotel, e passavano le giornate a sfogliare gli album e a guardare i loro dvd, ridendo come due sceme.

Erano passati cinque giorni dal colloquio e nessuno l’ aveva ricontattata. 
Andrea aveva abbandonato comunque ogni speranza. 
Ogni volta che ricordava quel giorno le sembrava che tutto fosse andato malissimo. 
Era in pigiama davanti alla tv con Nadia per vedere i Tokio Hotel ospiti in un programma tv, quando, accanto ai ragazzi, vide un viso che le risultò immediatamente familiare. 
Una ragazza bionda, prosperosa, cotonatissima con un sorriso a 32 denti contornati da labbra rosso rubino stava chinata, dall’ alto dei suoi tacchi, verso Bill e traduceva quello che il ragazzo aveva appena detto e che Andrea aveva compreso benissimo da sola. 
Si concesse un moto di stizza. 
Nadia aveva capito che la traduttrice era la stessa ragazza di cui le aveva parlato l’ amica e cercò di sdrammatizzare la situazione. 
<< Dai, non te la prendere ... Sicuramente David sarà stato obbligato da Tom a scegliere quella tipa tutta curve ...  >>. Rise. 
Ma Andrea non aveva voglia di ridere.
Il fatto che fossero stati gli ormoni di Tom a decidere, non la consolava affatto, anzi, metteva in triste evidenza lo stato delle cose ...
Aveva solo voglia di prendere il proprio corpo e strizzarlo fino a farlo diventare una taglia 30, apparentemente quella che indossava la biondina, e avrebbe voluto prendere la sua linguaccia e farci un nodo bello stretto, così da impedirle di lasciar trapelare al di fuori il suo maledetto caratteraccio. 
Era arrabbiata. 
Le dava terribilmente fastidio sapere di essere stata scartata solo per l’ aver dimostrato un po’ di carattere, per non essere stata svenevole con David, per ...
L’ essere quella che era. 
<<  Andy, giuro che se stai pensando quello che penso tu stia pensando mi alzo e ti vengo a soffocare con il cuscino di Bill! Giuro!  >>. 
Andrea sorrise mesta. 
Le sembrava un bel modo per soffocare. 
<<  Lo sai come la penso ... Ma non ho voglia di pensarci!  >>. 
E, stranamente, spense la tv prima che la breve apparizione dei ragazzi fosse conclusa. 
<<  La troverò di sicuro su internet ... Adesso non mi va di vederla ...  >>. 
Nadia sorrise e scosse la testa.

 <<  Adesso basta Tom! Sei incredibile! Quella ragazza lavora per noi da meno di quattro giorni e tu le stavi già mettendo le mani addosso!  Io ... Io non ricordo nemmeno come si chiama e tu eri pronto a portartela a letto!  >>.
<<  Tecnicamente ero pronto a portarla nel bagno dell’ hotel, Bill ...  >>. 
Sorrise sornione il rasta davanti all’ espressione apparentemente scioccata di suo fratello. 
<<  E, credimi, non le sarebbe affatto dispiaciuto!  >>. 
Concluse con un sorriso. 
ufficio oggetti smarriti?il portafoglio. Si sedette al tavolorato.  di loro per accertarsi, dopo la rottura, che dentro vi foss<<  Certo! Non le sarebbe dispiaciuta venire con te, dopo averci provato con David e prima di provarci con tutti gli altri ...  >>. 
Esclamò il moro non appena ebbe ritrovato l’ uso della parola. 
<<  Ohhh bhè, lo sai ...  Non me ne interesso molto di queste cose ... Mica volevo sposarmela! Volevo solo divertirmi un po’ e farla divertire! Dovresti provare a divertirti anche tu, qualche volta, Bill! Magari saresti un po’ più aperto su certe cose!  >>. 
Bill lo fulminò con uno sguardo pieno di sdegno. 
<<  No grazie! Preferisco lasciare a te questo tipo di svaghi! Tom! Abbiamo un album da promuovere, un video da girare, siamo maledettamente indietro sul piano di lavoro e tu perdi tempo con quella ... Quella ...  >>. 
<<  Bill!  >> Lo derise il rasta.
<<  Non è da te parlare male dei nostri collaboratori!  >>. 
A quel punto la furia omicida che albergava trattenuta a stento nell’ animo del cantante, prese il sopravvento ed il ragazzo si gettò all’ inseguimento del fratello che aveva provveduto ad allontanarsi da lui, in previsione di quello che sarebbe potuto accadere. 
Tom sapeva riconoscere perfettamente il preciso istante in cui suo fratello sarebbe esploso. 
Fu così che li trovò David entrando nella stanza :
Bill aveva raggiunto il fratello e stava cercando di soffocarlo con un morbido cuscino del divano, stava seduto a cavalcioni sulle gambe di Tom, premendogli il cuscino sulla faccia e ripetendogli che era un perfetto idiota.
L’ uomo sbuffò spazientito, prese Bill per la collottola e lo levò da dosso a Tom, che riemerse boccheggiando, il viso paonazzo di chi aveva appena rischiato di soffocare.
<<  Sei un deficiente! Ecco cosa sei! Un cretino! Stavo per soffocare pezzo di ...  >>.
Ma la voce pacata di David smorzò quella lite prima che potesse degenerare. 
Si volse verso Bill. 
<<  Certo, tuo fratello ha ragione, lui è un idiota, ma tu non hai scelto certamente il modo migliore per risolvere la questione ... Se il tuo piano avesse avuto successo, adesso dovremmo cercare un nuovo chitarrista, oltre che una nuova interprete ...   >>.
<<  Una nuova interprete? >>.
Tom era rimasto basito, mentre sul volto da folletto dispettoso di Bill si andava dipingendo una espressione di puro piacere e soddisfazione, guardava suo fratello dall’ alto con un sorrisetto maligno dipinto in volto. 
David cercò di non ridere davanti alla faccia del ragazzo e si volse verso Tom per evitarselo. 
<<  Sì Tom, ho appena licenziato Melania, dato che, era più che evidente, che voi due non avreste potuto lavorare assieme! E adesso devo sbattermi e cercare di ricordare chi altro si era presentata ai colloqui e sceglierne una ... Spero vivamente che ce ne fosse una sopra i cinquanta, almeno potrò tirare un sospiro di sollievo! >>. 
Tom colse la palla al balzo per irritare Bill.
<<  Bhè, alcune cinquantenni non sono niente male ... >>.
La risposta non si fece attendere. 
<<  TOOOOOOOMMMMMM!!!!  >>. 
Bill stava per ripartire all’ inseguimento del fratello degenere sotto gli occhi spiritati di David che riusciva a pensare solo a quanto desiderasse un’ aspirina, quando, un lieve bussare alla porta distrasse Bill dall’ intento di uccidere il gemello e l’ uomo dai suoi oscuri pensieri. 
Una signora anziana stava porgendo qualcosa a David. 
E quest’ ultimo, alla fine del breve scambio di poche frasi con la suddetta signora, si era ritrovato con un portafoglio in mano che pesava un accidenti e sembrava aver visto giorni migliori. 
<<  Per quale recondito motivo avranno deciso di portare a me un portafoglio smarrito il giorno dei colloqui? Mi hanno forse preso per l’ ufficio oggetti smarriti? L' unica cosa che ho smarrito e che non ho la minima speranza di ritrovare mai più, è la mia pazienza con voi due!  >>.
Espresse questo pensiero ad alta voce così che i gemelli, che avevano dichiarato una tregua a favore della curiosità e si erano avvicinati, potessero udirla chiaramente. 
Bill, il più impiccione dei due in assoluto, propose di aprirlo e vedere a chi appartenesse. 
<<  Sei proprio un ficcanaso! Lo sai vero?  >>.
Bill si sentì punto sul vivo. 
<<  Non sono un ficcanaso ... E se ci fosse dentro qualcosa di importante?  >>. 
Disse con un tono di sfida di chi sapeva di avere il virtuale coltello della conversazione dalla parte del manico. 
<<  Non ci deve essere nulla di così importante, dato che lo hanno perso e non se ne sono nemmeno accorti né sono tornati qui a chiedere se lo avevano visto ...   >>. 
Disse Tom alzando le spalle con una indifferenza atta a far tacere suo fratello e a nascondere la sua stessa curiosità. 
David avrebbe voluto prendere quelle due zucche dure e scontrarle fra di loro per accertarsi, dopo la rottura, che dentro vi fosse qualcosa o se, come credeva, vi avrebbe trovato solo un mucchietto di cotone colorato. 
Decise comunque di aprire il portafoglio. 
Si sedette al tavolo, un gemello per parte, ed estrasse la carta di identità del proprietaria.
Il volto serio di una ragazza apparve davanti a lui. 
Certo, se la ricordava! 
Era stata l’ ultima a fare il colloquio, un po’ seria, un po’ sfacciata, un po’ tesa. 
Trovò anche un cartoncino nero con una scritta argentata che riportava il suo nome, il suo cognome ed un numero di cellulare, sul retro una dedica che diceva :
“ Credo saresti una delle poche persone, se ce ne sono, ad avere biglietti da visita del genere ... Questo è solo uno, se te ne servono altri fammelo sapere. Bacio. Nadia” e una faccetta sorridente.
David si lasciò sfuggire l’ ennesimo sospiro frustrato. 
Era lei la persona giusta? 
Era un segno del destino l’ essersi ritrovato tra le mani il portafogli di quella ragazza? 
Poteva davvero fidarsi di una persona che perdeva il portafogli e girava con quell’ assurdo biglietto da visita e che non aveva moltissima cura del suo look? 
Bhè, se non altro poteva quasi essere certo che Tom non la avrebbe importunata, evitandogli così ogni possibile casino successivo. 
Mentre ancora stava ponderando la decisione da prendere, Bill teneva fra le dita quel cartoncino plastificato e sorrideva. 
<<  Dai, chiamala! Dopotutto siamo senza interprete e questo potrebbe essere un segno del destino no? E poi mi è parso che Tom non sia rimasto particolarmente affascinato dalla foto sul documento ... Potrebbe essere un valido motivo in più per contattarla no?  >>. 
Bill sembrava avergli letto nel pensiero, ma non lo trovò tanto strano. 
Tutti conoscevano le inclinazioni di Tom, tanto più suo fratello. 
Estrasse il suo Black berry e digitò il numero che Bill gli stava diligentemente suggerendo.

Dall’ altra parte della città, a piedi scalzi per lasciare asciugare lo smalto e con una ridicola, profumatissima maschera alla frutta in faccia, due ragazze sobbalzarono al suono del cellulare di Andrea.
<<  Chi cavolo potrebbe essere a quest’ ora? Fabrizio chiama sempre alle otto e non tarda né anticipa mai un solo minuto ... E’ un numero privato ...  >>. 
<<  Rispondi! Se aspetti ancora un po’ metteranno giù!  >>. 
Cercando di non rovinare lo smalto ancora bagnato delle unghie Andrea aprì il cellulare e rimase a bocca spalancata qualche secondo prima di rispondere con voce strozzata.
<<  Sì, sono io ...  Lo ho perso lì? La ringrazio ... Io ... Si arriviamo subito, grazie ancora ... Arrivederci  >>. 
<<  Da quando parli tedesco al telefono?  >> Chiese Nadia. 
<<  Da quando mi chiama David Jost ...  >>.
Rispose la ragazza ancora scioccata dalla piega che aveva preso la giornata. 
<<  Ho perso il portafoglio alla Universal e qualcuno ha pensato di darlo a lui ... Dio solo sa il perché ... Ha detto di andarlo a prendere appena mi è possibile ... E tu verrai con me!  >>.

Un’ ora dopo, del resto avevano dovuto attraversare tutta la città in metropolitana, erano ai piedi di quel colosso che era la Universal, che troneggiava davanti a loro incutendo nelle ragazze una certa ansia. 
Entrarono timorose e salirono all’ ultimo piano dell’ edificio, dove Andrea aveva tenuto il colloquio ormai una settimana prima.
Nella grande sala d’ attesa era tutto esattamente come lo ricordava :
la moquette scura, i vetri lucidi, alcun grandii dipinti d’ arte moderna alle pareti, e la stessa receptionist che la aveva accolta anche la volta precedente che, evidentemente messa al corrente del suo arrivo, si avvicinò ad Andrea per condurla nuovamente nello studio dall’ altra parte della stanza, ignorando Nadia. 
<<  Lei è con me, grazie  >>.
Afferrò per un braccio la sua amica e se la trascinò dietro. 
Quando entrò nell’ ufficio arioso ed austero si fermò davanti alla porta. 
David era seduto dietro alla scrivania ma, all’ arrivo delle due ragazze, si era immediatamente alzato e aveva fatto cenno ad entrambe di accomodarsi, senza dare segno di alcun fastidio della presenza di Nadia, salutandola invece cortesemente.
<<  Bene, arriviamo subito al sodo ...  >>. 
Andrea era confusa. 
Di quale sodo stava parlando? 
Lei era venuta solo a riprendersi il portafogli anche se, effettivamente, le sembrava un po’ strano accoglierla in quella sede, quando avrebbero potuto consegnarle il portafoglio direttamente all’ entrata. 
<<  Immagino che si stia chiedendo cosa ci faccia qui, quando tutto ciò che è venuta a fare è riprendere il suo portafoglio  >>. 
Nadia sorrise compiaciuta. 
Quell’ uomo sembrava essere particolarmente sensibile alle sfumature, cosa che lei apprezzava molto. 
Anche David, notando il sorriso di Nadia glielo restituì, seppure appena accennato. 
Andrea, notando quel breve scambio di sguardi, cominciava ad essere sempre più tesa, ma decise di mantenere l’ atteggiamento che aveva già avuto in presenza di quell’ uomo. 
Drizzò la schiena e nel tono più neutro che le riuscì di trovare, chiese 
<<  In effetti, signor Jost, mi sto chiedendo a cosa voglia alludere. Ero venuta per riavere il mio portafogli ma lei sembrerebbe intenzionato a parlare d’ altro  >>. 
David sorrise sornione e scoprì le sue carte in tavola. 
<<  In effetti, signorina ... Lei avrà avuto modo di notare che abbiamo provveduto ad assumere una interprete ...  >>. La ragazza si morse la lingua per non rispondere a tono. 
Sì, lo aveva visto, ma cosa dava il diritto a lui di credere che lei seguisse tutti i movimenti dei Tokio Hotel? 
Chi si credeva di essere quell’ arrogante ...  
La risatina di Nadia la costrinse a rinunciare ai suoi pensieri e a concentrarsi sull’ uomo che le stava di fronte e che stava proseguendo quel discorso che lei aveva quasi perso.
Adesso se ne stava con l' aria beatamente rimbambita a fissare David come se provenisse da un' altra galassia. 
-  ... No ... Non posso aver capito bene ... Mi devo essere distratta di nuovo ...  -. 
L' uomo pareva essere seduto su delle puntine molto affilate e terribilmente fastidiose. 
Nadia non poteva fare a meno di sghignazzare fra sè e sè. 
Quell' apparentemente efficentissimo, serissimo, impertubabile manager era quindi un essere umano con delle debolezze.
Credeva di aver capito che quelle debolezze si chiamassero Tokio Hotel. 
Quei quattro ragazzi dovevano mettere a dura prova le sue capacità, la sua professionalità e la sua pazienza, se quello che si diceva era vero. 
E adesso, una semplice ragazzina si permetteva di lasciarlo in attesa, come se, quello che le stava offrendo, non fosse esattamente la cosa migliore del mondo.
-   Credi che voglia farti aspettare per puro sadismo, vero? Se sapessi che è rimasta shoccata, non te la prenderesti così tanto David ...  -. 
Nadia avrebbe potuto dire quelle parole ad alta voce ... 
In effetti le due differenti, ma ugualmente divertenti, almeno per lei, espressioni sui volti dei due, meritavano una risposta : 
SI Nic, hai capito bene / NO David, la mia amica non ti sta prendendo in giro. 
Ma non poteva. 
Lei era ospite silente di quella scenetta che si stava svolgendo sotto i suoi occhi. 
Trattenne la risata e si accomodò meglio sulla sedia morbida, appoggiando la schiena, rilassando le spalle e sorridendo beata, in attesa.


David si arrischiò a distogliere lo sguardo dal volto della sua, ormai temeva improbabile, interprete per posarlo fugace sul volto della sua amica :
occhi di un verde abbagliante e capelli rosso fiamma, forse tinti, comunque accecanti, taglio medio sulle spalle in boccoli morbidi ma perfettamente definiti, labbra appena rosate, occhi truccati nei toni dell' oro, ciglia lunghe ... Ed una insopportabile espressione sorniona sul volto rilassato.
Lui era sulle spine per colpa di quella sua strana amica e lei si permetteva di starsene lì così, beatamente rilassata. Lo sguardo scivolò verso il basso :
al contrario dell' amica, aveva il seno piccolo, pochi fianchi ed era molto alta.
Piacevolmente fasciata in una gonna non troppo corta ma abbastanza attillata ed in un maglioncino stretto dello stesso colore dei suoi capelli e dei suoi stivali dal tacco piuttosto alto.
-   ... David! Che cazzo stai pensando? Sei qui che non sai nemmeno se hai una nuova interprete e ti permetti di distrarti guardando le gambe di questa spilungona? ...  -.

Andrea del resto non era maggiormente d' aiuto al manager. 
Stava ferma come se l' avesse colpita un fulmine a ciel sereno, come se avesse appena avuto la più mistica delle visioni, come se ... 
Come se dubitasse di essere ancora viva. 
Continuava a fissarlo senza proferire parola alcuna. 
David si stava spazientendo. 
<<  ... Ehm ... Signorina, capisco che la mia richiesta sia giunta inaspettata e capisco benissimo che la proposta dovrebbe essere ponderata da lei ma ... In effetti avrei bisogno di una risposta da lei in breve tempo ... Così che possa provvedere a contattare qualcun' altra, in caso lei non volesse accettare l' offerta ...  >>. 
Aveva scoccato l' ultima freccia al suo arco. 
Sperava che questo avrebbe scosso la, apparentemente apatica, ragazza, chiedendosi quasi disperato se avesse fatto bene a contattare proprio lei. 
Ma, se non altro, la sua frecciata aveva raggiunto la sua amica che le aveva rifilato un calcio nemmeno troppo nascosto, che l' aveva fatta sobbalzare. 
Andrea finalmente si riscosse, si voltò stupitaverso Nadia, poi, fulminata da uno sguardo di fuoco dell' amica, si era decisa a credere alle sue orecchie e a rispondere a David. 
<<  La sua offerta è, ovviamente, molto interessante. Posso farle avere risposta domattina? Mi dica lei a che ora posso chiamarla ...  >> . 
<<  Il prima possibile ... Alle otto, direi. Allora  >> 
Concluse alzandosi ed invitando in quel modo le ragazze a fare lo stesso
<<  Attendo la sua chiamata, se non la riceverò entro le otto di domattina mi riterrò libero di cercare un' altra sostituta. A risentirci  >>. 
E strinse la mano ad entrambe le ragazze.

L' uomo aveva voluto mettere bene in chiaro che non si trattava di un accordo ufficiale e  liberarsi di ogni possibile responsabilità. 
Nadia corrugò appena la fronte, ma rimase in silenzio seguendo l' esempio dell' amica, per tutto il tempo che passarono all' interno dell' edificio. 
Ma, una volta messo piede fuori dalla Universal, afferrò saldamente un braccio di Andrea e la trascinò a sedersi su una panchina un po' appartata del parco lì vicino.
Era arrabbiata con lei. 
Detestava questa sua insicurezza che la spingeva a prendere, talvolta, delle decisioni sbagliate e che, in questo caso più che mai, rischiava di farle perdere una grande opportunità ... 
No, anzi! 
L'Oppotunità con la "O" maiuscula! ... 
Avrebbe voluto metterla a sedere sulla panchina, piazzarsi davanti a lei con le mani sui fianchi e iniziare ad urlare e a maltrattarla fino a farla rinsavire. 
Ma non poteva farlo. 
La conosceva troppo bene e da troppo tempo per permettersi una cosa del genere in quel momento. 
Sapeva perfettamente che era spaventata. 
Così decise di sedersi accanto a lei, fissando il suo profilo dolce che spuntava appena dalla cortina di capelli castani che le coprivano il volto, mentre lei si fissava la punta degli stivali con aria assorta e contrita. 
Nadia le aveva posato una mano sulla sua, che teneva inerme sulla gamba. 
Immobile.
<< Andy ... Avevano chiamato quella bambolona gonfiabile, ma ... Hanno capito che eri tu quella giusta! Dovresti essere ... Orgogliosa di te, sai?  >>. 
Le aveva detto senza riuscire a trattenere un sospiro un po' amareggiato. 
Andrea alzò uno sguardo un po' perso su di lei. 
<<  Io ... Io non posso accettare quel lavoro Nadia! Non posso ... Combinerei qualche casino e poi ... Lo sai ... Come posso davvero pretendere di lavorare per Loro? ...  >>. 
A questo punto, Nadia non fece nemmeno finta di reprimere la sua impazienza e la sua frustrazione. 
Andrea aveva pronunciato quel "Loro" in tono quasi reverenziale e lei sbuffò energicamente.
Non erano più delle bambine, del resto Andy aveva 23 anni e lei 25. 
Poteva benissimo tener testa a dei ragazzini più piccoli di lei no? 
No. 
A quanto pareva, Andrea non si sentiva affatto a suo agio al pensiero di dover affrontare due 19, e un paio di venetnni o poco più. 
Sapeva che quei ragazzi avevano questo strano potere su di lei, di farla sentire ... 
Piccola. 
E fuori posto. 
E strana. 
E inadatta.
E ... Sbagliata. 
Sapeva che la sua amica si sentiva così. 
E, per un istante, dimenticò di essere una fan e detestò quei ragazzini che facevano stare male la sua amica. 
Perchè stava male : era pallida e i suoi occhi di quel grigio incredibile che riusciva sempre a colpirla, erano sgranati e maledettamente lucidi, segno che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all' altro.
Detestava il fatto che lei si sentisse a quel modo. 
Avrebbe desiderato che potesse vedersi coi suoi occhi. 
Ma sapeva anche che i suoi, erano gli occhi di un' amica, e che erano velati dall' affetto che la legava a lei. 
Ma, allo stesso tempo, era assolutamente convinta di essere abbastanza obbiettiva da sapere esattamente quanto valesse la sua amica. 
Cercò di dirglielo, ma l' espressione triste della ragazza ed ancor più la sua risposta, la lasciarono per un attimo senza parole. 
<<  No ... Non posso ... E non solo per Loro ... Come ... Come farei a spiegare a Fabrizio che devo stare in giro per l' Italia per un sacco di tempo? ...  >>. 
Per Nadia questa fù la classica goccia che fece traboccare il vaso della sua pazienza.
<<  Non ci credo ... NON E' POSSIBILE, ANDREA! Mi stai dicendo che vorresti gettare alle ortiche questa opportunità SOLO per Fabrizio?!? Per un ragazzo che ti ha ... Come posso dirtelo? ... Spenta! Ecco cosa ti ha fatto! Ti ha fatta diventare come tutte le altre, come tutte quelle ragazze che per il loro compagno, dimenticano sè stesse, quello che sono state, quello che ancora sono, quello che potrebbero essere! Tu sei migliore di così!!! ...  >>. 
Prese fiato osservandoAndrea con sguardo di fuoco. 
<<  Ma se è questo quello che vuoi ... Fai pure! Non sarò certo io a farti cambiare idea, no?  >>. 
Detto ciò le voltò le spalle e se ne andò lasciando la ragazza allibita e senza fiato su quella panchina ad osservarla allontanarsi, per poi spostare lo sguardo sulla sede della Universal. 
Non sapeva davvero cosa fare, quale fosse la decisione giusta da prendere.

Alla fine si era risolta per tornare a casa e adesso se ne stava sul divano, in pantofole, osservando il numero che le aveva lasciato David Jost, David Jost! 
Non poteva crederci ...
E sperando che Nadia la chiamasse, troppo orgogliosa e vergognandosi troppo, per farlo lei. 
Ma Nadia non la chiamò, nonostante lei fosse stata in piedi tutta la notte ad arrovellarsi il cervello su quella situazione di cui non riusciva a venire a capo. 
C' erano così tante cose che le venivano in mente : 
c' era l' opportunità di un lavoro ben remunerato e apparentemente divertente, sebbene impegnativo, c' era l' occasione di fare un' esperienza al di fuori dal comune, qualcosa che di certo non ti capitava tutti i giorni, c' era l' opportunità di conoscere quei benedetti ragazzi ... 
E qui iniziavano a presentarsi i contro della situazione ... 
Certo, moriva dalla voglia di poter conoscere i Tokio Hotel e soprattutto di constatare di persona se l' immagine che di loro si era creata era almeno simile a ciò che effettivamente erano, ma ... 
L' idea di mostrarsi a lora la faceva tremare ... 
Osservò severa il suo pigiamone largo e comodo e pur adorandolo lo detestò ... 
Non aveva un minimo di classe, non poteva nemmeno immaginarsi accanto a Loro, così vicina mentre traduceva a loro beneficio quello che chiedeva una super bellissima come le vj di MTv ... 
Il paragone e la differenza sarebbe stata talmente evidente e palese che Loro si sarebbero vergognati di lei ... 
No!
Non poteva nemmeno pensarci! ... 
E poi ... 
Poi c' era Fabrizio ... 
Le era venuto in mente per ultimo, ma non per questo si trattava di un argomento meno importante ... 
Era un ostacolo abbastanza alto da superare ... 
Come avrebbe preso la notizia? 
Cosa avrebbe detto? ... 
Non voleva pensarci ... 
Non voleva pensare a nulla! 
Avrebbe solo desiderato dormire!
Almeno un po'... 
Si stese sul divano e rimase a fissare il soffitto, stringendo il cellulare e senza chiudere occhio.

   
 
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