Dopo l’ennesima insufficienza al test di matematica, Nobita sospirò sconsolato. Si aggiustò gli occhiali sul naso, non riuscendo a smettere di fissare il compito appena consegnato dal professore e pensare alla madre che, appena tornato a casa, lo avrebbe sgridato come sempre.
Come aveva fatto ad arrivare al primo anno del liceo se i risultati rimanevano sempre gli stessi? Se lo chiedevano tutti, e se lo chiedeva persino lui. Era qualcosa in cui nemmeno Doraemon poteva aiutarlo (e se l’avesse fatto, sarebbe stato barare).
Si sentì appoggiare una mano sulla spalla, e alzò lo sguardo.
«Non ti devi preoccupare»
Vide Dekisugi sorridergli, e posò gli occhi su di lui speranzoso.
Diventare adulti era un’impresa, soprattutto per Nobita. Difatti, anche dopo aver compiuto l’età adulta ogni tanto Doraemon tornava ad aiutarlo.
Pochi giorni fa si era reso conto che il suo anniversario di matrimonio era imminente. Suo marito era rimasto in silenzio, fin troppo tranquillo. Nobita invece, il giorno stesso, sentì il peso dell’ultimo minuto. Doraemon fece una visita dal passato e gli raccontò tutto. Il gatto robot non poté che scuotere la testa deluso.
«Ti riduci sempre all’ultimo! Sei un irresponsabile, devi imparare ad organizzarti come l’adulto che sei!»
Nobita lo sapeva bene, eppure aveva bisogno di sentirselo dire. In cuor suo si sentiva ancora quel bambino maldestro di anni fa.
Allo stesso tempo non sapeva che neanche Hidetoshi, troppo preso dal lavoro, non aveva potuto organizzare nulla.