La catena ondeggia sull’abisso.
L’acqua sferza i nostri corpi.
D’istinto, stringo le mani al ferro. I nostri uomini riusciranno a salvarci?
Anche se non voglio ammetterlo, ho paura.
‒ Chi sono io per te? ‒ la voce di Carina, ferma, risuona nel vuoto. Forse, ha trovato la prova del suo legame con Barbossa.
‒ Un tesoro. ‒ risponde lui. Una tale tenerezza nella sua voce è sorprendente.
Ad un tratto, vedo salire sulla catena Armando Salazar.
Comprendo. L’obiettivo è lei!
Prendo la spada di Henry. Non gli permetterò di versare altro sangue!
‒ Hector! ‒ grido.
Poi, gli lancio la spada di Henry.
Lui comprende, allunga il braccio e la afferra.
‒ Tieniti! ‒ dice alla sua figlia.
Sento la sua voce, oltre il fragore del mare.
E un lungo brivido sgradevole attraversa la mia schiena, nonostante il gelo.
Hector, senza alcuna esitazione, si lancia nel vuoto, la spada stretta tra le mani.
La lama, con un tonfo secco, si pianta nella carne marcia del Matador.
Poi, entrambi cadono nell’abisso.
Sbarro gli occhi. Hector, col suo sacrificio, ha salvato la nostra vita.
Con un forte rombo, le cateratte del mare si richiudono su di noi.
Lancio un grido, poi l’ancora viene tirata su in un fragore metallico.
Cadiamo sul ponte della nave, storditi, ma vivi.
Mi alzo e osservo l’oceano, calmo, indifferente.
‒ Vita da pirata, Hector. ‒ sussurro. Col tuo gesto, hai salvato le nostre vite.
Ognuno di noi potrà tornare alla propria vita.
E io ho di nuovo il comando della Perla Nera.
Dovrei essere felice. Ogni cosa è tornata al suo posto.
Eppure, perché tutto mi sembra privo di senso?