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Autore: Bluemoon_03    05/09/2023    0 recensioni
Non ci sono leggi che regolano l’amore, ci sono solo i giudizi della società che a volte vengono presi così tanto in considerazione da farli diventare una vera e propria legge. Artù è il re di Camelot e deve fare i conti di cosa pensa il suo popolo ogni giorno, a Camelot c’è un traditore e lui ancora non è riuscito a trovarlo e si sente così inadatto come sovrano. È un periodo così particolare, non sa cosa vuole e di chi può fidarsi, ma Merlino è l’unica certezza.
[…] “Mi uccideresti per lui?”, la domanda gli si ripeté nella testa. ‘farei di tutto’
[…] sentiva di star impazzendo [..] e in quei momenti Artù lo guardava, sempre […] Artù guardava sempre lui, gli donava pace […]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Dedicata a chi ama incondizionatamente,
chi ama con tutto il suo cuore senza preoccuparsi del giudizio altrui,
dedicata a chi libera il suo cuore e ama nonostante tutto e tutto,
a chi rispetta l’amore per quello che è: libertà.

 


One-shot Merthur
  
Inspired by 4×07
“The secret sharer” 
 

“al cuor non si comanda”
 
«Mi sono sentito legato a te
dal primo scambio di parole»
 
 
Era un giorno come un altro, ma era da un po’ che Artù si chiedeva di chi poteva davvero fidarsi, nell’ultimo tempo si erano verificati degli strani avvenimenti che gli avevano suggerito una cosa importante.
Tra quelle mura, probabilmente nella cerchia di persone a lui più vicine, c’era un traditore, qualcuno che stava giocando alle sue spalle e questo pensiero lo stava scavando dentro.
‘Chi diavolo potrebbe essere?’, era una delle domande che si poneva con maggior frequenza, il traditore doveva essere molto bravo a nascondersi e Artù aveva paura.
 
Il tradimento di Morgana di un anno prima era una ferita ancora dolorante, non voleva subirne un altro, ma soprattutto, con tutto se stesso il re sperava che non si trattasse di qualcuno a cui lui fosse particolarmente legato.
Non voleva soffrire di nuovo, non voleva sentire il suo cuore spezzarsi, dopotutto la fiducia per Artù era alla base di tutto e quando veniva spezzata era come se dentro di sé qualcosa si rompesse.
Era seduto alla scrivania nella sua stanza dove il disordine regnava sovrano, quell’incapace del suo servitore ancora non si degnava di venire a sistemare tutto quel casino.
 
La mattinata era inoltrata quando la porta si aprì e senza alcun preavviso qualcuno entrò e poco dopo inciampò nel piede della sedia cadendo a terra. Artù conosceva solamente una persona in grado di essere così maleducata da entrare senza permesso, così maldestra e dannatamente rumorosa.
“Merlino!”, lo richiamò immediatamente, mentre lo vedeva rimettersi in piedi era così goffo che poteva inciampare nei suoi stessi passi con la facilità con cui respirava. “Scusatemi, sire. Vi ho disturbato?”, chiese un po’ ironico fingendosi in qualche modo desolato e forse a disagio, ma il re lo conosceva fin troppo bene.
“Dove sei stato? È da ieri sera che ti cerco, guarda la mia stanza in che stato è! Ti ricordo che sono il re!”, il tono di Artù era autoritario e Merlino comprese che quella mattina non c’era tempo per scherzare, così abbassò la testa, non voleva farlo infuriare oppure gli avrebbe scaraventato qualcosa addosso ed era l’ultima cosa che voleva.
 
Così gli diede le spalle e iniziò a raccogliere da terra tutti gli abiti sporchi del re. “Non hai ancora risposto alla mia domanda”, puntualizzò, conoscendolo non avrebbe lasciato perdere la questione facilmente. “Dove sei stato ieri sera? Non mi sembra di averti dato del tempo libero”, si voltò a guardarlo, il re lo guardava con quei suoi occhi azzurri e un sopracciglio inarcato. Merlino fece un sorrisetto pensando a come potersi giustificare, si grattò la nuca una cosa che faceva sempre quando era in imbarazzo o a disagio.
“Eri alla taverna, vero?”, domandò alzandosi e appoggiandosi alla scrivania, per poi osservarlo a braccia conserte in attesa di una spiegazione. “Io…Galvano mi ha costretto! Sono dovuto andare…”, lo sguardo di Artù non era per nulla rassicurante, lo vide fare dei passi avanti e più si avvicinava, più Merlino sentiva il respiro farsi pesante e il cuore accelerare.
Indietreggiò di qualche passo finché non avverti la superficie della colonna alle sue spalle, il re si fermò a metà strada. “Hai passato tutta la notte alla taverna con Galvano?”,  chiese di nuovo con un tono più freddo.
Artù sentiva il suo stomaco stretto in una morsa che cos’era? Perché sentiva quelle strane sensazioni?
 
“E…Merlino spiegami anche da quando segui gli ordini di Galvano?”, restò in silenzio, non avrebbe capito, non conosceva poi così bene quel cavaliere. “Lui sa un mio segreto e mi ha ricattato, così sono andato con lui, alla fine…non mi sembra che siate morto senza di me”, rispose concludendo con un affermazione ironica.
“Il tuo lavoro è quello di servire me. Voglio saperlo quando non ci sei in modo da non dannarmi a cercarti per tutto il castello come un idiota!”, cadde il silenzio dopo quell’affermazione, davvero Artù l’aveva cercato ovunque?
Si era preoccupato per lui, il suo servo? A quel pensiero il cuore di merlino iniziò a battere più veloce e ancora di più, non riusciva neanche a guardarlo negli occhi. Voleva scusarsi, ma una parte di lui aveva comunque paura che Artù avrebbe urlato, lo conosceva e lo odiava quando s’innervosiva realmente.
“Non dici niente?”, gli domandò e il corvino lo guardò negli occhi. “Mi dispiace, la prossima volta vi avvertirò, non credevo che fosse così grave”.
“Be’ hai sbagliato! Ora metti in ordine la stanza  dopotutto sono il re immaginati la figura che farei se qualcuno entrasse nella stanza. Penserebbe che non riuscirei a tenere a bada neanche uno stupido servitore”, quelle parole  dette con tanta freddezza, lo ferirono, da quando Artù gli parlava in quel modo? Da quando gli importava del pensiero degli altri?
 
Lo seguì con lo sguardo finché non lo vide sedersi alla scrivania, decise di non dire nulla e si mise a ordinare, in completo silenzio, la stanza. Si sentiva solo la penna di Artù che scriveva sulle pergamene e che di tanto in tanto sbuffava o sospirava, sembrava stanco.
‘forse è la faccenda del traditore, per questo si è arrabbiato tanto’, pensò.
Merlino, infatti, lo sapeva che quello non era uno dei periodi migliori per lui, sapeva che pensava al traditore che viveva a Camelot. Ad un tratto bussarono ed entrò Agravaine che lanciò uno sguardo a Merlino, i due non andavano per nulla d’accordo e Artù lo sapeva molto bene.
“Zio, qualcosa non va?”, infatti sembrava avere un espressione molto turbata.
“C’è una cosa di cui vorrei parlarti, Artù…”, guardò il servo che più distante stava sistemando le coperte “…in privato”.
“Merlino esci”, così senza dire nulla il ragazzo fece una specie di cenno con il capo e lasciò la stanza del re a dir poco infastidito. Odiava il fatto che Artù si fidasse così tanto di suo zio, odiava non potergli dire nulla riguardo all’alleanza tra Agravaine e Morgana, era lui il traditore ed era lui che diceva ogni loro piano alla strega e si sentiva così impotente a riguardo.
 
Artù fissò suo zio per qualche istante, sembrava preoccupato. “È una cosa delicata, credo di aver trovato chi ti sta tradendo Artù e credimi ne sono quasi certo”, il tono con cui parlò gli mise ansia e agitazione, aveva paura di scoprirlo e allo stesso tempo lo desiderava così tanto.
“Chi? È un cavaliere?”, chiese, ma ebbe un segno di negazione “Un membro del consiglio? Una guardia? Un soldato?”, niente nessuno di loro.
“Fa parte della servitù”, il cervello di Artù lavorò freneticamente, chi poteva essere tra i servi, la cuoca? ‘È sempre stata molto legata a morgana’, pensò, ma gli sembrava così irrealistico. “Artù…è una persona a te molto vicina…”, non capiva, a chi si riferiva?
‘Non passo mai tanto tempo con i serv-ʼ, I suoi pensieri vennero interrotti.
Non poteva essere. “Merlino”, disse suo zio, Artù scosse la testa immediatamente, si rifiutava di accettarlo come opzione. “So che non ti va a genio, zio, ma questo è troppo”, rispose subito, non avrebbe neanche considerato l’idea.
 
“Artù...ascoltami ti prego, lo so che è difficile per te accettarlo, ma pensaci. Merlino è l’unico che sa sempre dei tuoi piani, è l’unico che viene sempre con te, conosce tutte le stanze del castello è facile tradirti”, Agravaine provò a convincerlo.
“Ti sbagli zio, è vero Merlino è goffo, maleducato, troppo chiacchierone, dice cose senza senso, è un pessimo servitore e dice cose che non dovrebbe, ma mi fido di lui e non farebbe mai nulla di male a me o a Camelot”, disse deciso, non avrebbe cambiato idea, Merlino era l’unica persona di cui davvero si fidava, avremmo scommesso la sua stessa vita sul fatto che il servo non fosse il traditore. “So che ci sei legato…ma dovresti almeno considerare l’idea, non vedi come si comporta con me? Mi tratta con diffidenza, ha paura che io ti dica la verità…”.
“Tu non lo conosci, zio. Io mi fido di lui, è l’unico di cui io non dubiterei, quindi ora ti prego di uscire, ho del lavoro da fare”, lo congedò con freddezza, Agravaine abbassò la testa ed uscì.
 
Il re crollò sulla sua sedia di nuovo con le mani tra i capelli, come poteva essere Merlino? Insomma era impensabile, quell’idiota non riusciva a camminare senza inciampare e doveva essere in grado di uccidere qualcuno? Era un pensiero ridicolo! Merlino era solo un ragazzo e Artù si fidava di lui più di chiunque altro, sapeva che non lo avrebbe mai tradito.
Glielo aveva dimostrato già parecchie volte, era sempre rimasto al suo fianco e poi se era lui il traditore aveva già avuto così tante possibilità per ucciderlo.
Merlino era in giro, Artù lo aveva mandato via per parlare con quel traditore di Agravaine e cosi aspettava per rientrare. Era in un corridoio  quando vide l’uomo venirgli incontro con due guardie.
“Sei in arresto, per ordine del re”, gli disse, lui scosse la testa, non aveva senso. Cos’aveva fatto? Le guardie lo presero e lo trascinarono di sotto senza alcuna motivazione, mentre veniva portato via incrociò lo sguardo di Gwen.
 
La mora non capiva, così poco dopo andò da Artù, bussò alla porta. “Avanti”, il re pensò proprio che quel giorno non poteva avere un momento di pace, appena vide Ginevra la guardò sorpreso.
“Artù…volevo…”, la ragazza era confusa sembrava che il biondo fosse tranquillo e non si aspettava di trovarlo in quel modo. “Che ha fatto merlino?”, chiese.
“Che intendi?”, era confuso e in quel momento Gwen non riuscì a capire cosa stava succedendo.
“È stato portato via da due guardie, è stato arrestato…sembrava sconvolto…”, a quelle parole scattò in piedi. “Agravaine”.
In un attimo fu fuori dalla stanza a camminare per i corridoi in cerca di suo zio, come aveva osato disobbedirgli? Come si era permesso di arrestarlo?
Lo fece chiamare e lo aspettò nella sala del trono, mentre era in attesa faceva avanti ed indietro per la stanza. Cosa stavano facendo a Merlino?
La porta della sala si aprì ed entrò suo zio, lo sguardo che gli riservò non fu per nulla positivo. “Artù…”, provò a parlare, ma fu interrotto immediatamente. “Ti ricordo una cosa zio…io sono il re tu sei solo il mio consigliere e quando prendi una decisione devi prima dirlo a me, soprattutto se riguarda qualcuno a me vicino!”, gli disse con decisione. “L’ho fatto per te…il tuo legame con merlino ti impedisce di vedere la verità…è lui che ti tradisce”.
“Tu non c’eri zio, tu non capisci…e non ti permetto di insinuare cose su di lui senza sapere…ora liberalo!”, ordinò con rabbia. “Mi dispiace, ma Camelot viene prima di tutto, un giorno lo capirai”, Artù senti la rabbia dentro di sé graffiarlo  perché non capiva che Merlino non avrebbe mai fatto del male a nessuno? Perché non capiva che ci teneva a lui?
Non doveva toccarlo, non doveva permettersi di fargli del male.
 
Il re sfoderò la spada. “Io ti ordino di liberarlo immediatamente oppure ti farò impiccare”, la lama toccava la sua gola.
“Non ne avresti il coraggio, sono tuo zio, tutto ciò che tu resta della tua famiglia, non riusciresti ad uccidermi, per un servitore”,
Quella parola gli fece battere il cuore, davvero merlino era solo un servitore per lui? Davvero avrebbe fatto qualunque cosa per lui? Ne valeva la pena? ‘lui lo farebbe per me’, ne era certo, era sempre stato così.
“Lascialo andare zio…”, il suo tono non ammetteva scherzi, non poteva pensare a Merlino morto per colpa sua, non quando era innocente. “Mi uccideresti per lui?”, la domanda gli si ripeté nella testa. ‘farei di tutto’
“Ultima possibilità, liberalo”, era già una risposta, così suo zio annuì, Artù abbassò la spada e lasciò la sala.
 
Merlino uscì dalle segrete, aveva il corpo dolorante per i lividi e un po’ di sangue sul viso, le guardie c’erano andate pesanti, venne rilasciato e andò da Gaius.
Il medico sistemò le ferite e restò solo il segno del labbro e dello zigomo spaccato oltre ad un livido vicino l’occhio senza contare tutti quelli sparsi sulla pelle sotto i vestiti.
“Agravaine sa che tu l’hai visto andare da morgana, voleva liberarsi di te, per fortuna Artù non gli ha creduto o saresti morto”, rifletté Gaius e lui si trovò ad annuire.
Era sera e ora di cena quando decise di andare a ringraziare Artù per l’aiuto, davanti la sua stanza apri la porta senza bussare, come abitudine, e lo trovò seduto al tavolo a mangiare.
Appena i loro occhi s’incontrarono i loro cuori iniziarono a battere. “Merlino”, il suo nome suonò diversamente in quel momento.
“Sire”.
 
“Volevo ringraziarmi per avermi liberato…”, disse e il re gli fece un cenno e poi lo fece avvicinare al tavolo, alla luce del fuoco vide il livido e i tagli. “Mi dispiace, mio zio pensa che tu sia il traditore”.
“E voi?”, voleva sapere cosa pensava di lui. “Io ti conosco troppo bene per sapere che non riusciresti ad uccidere una mosca”, sorrisero entrambi.
“Non vi farei mai del male Artù, né a voi né a Camelot, volevo che ne fosse sicuro, vi sono leale…vi servirò fino alla fine, non dubitate mai di me”, era serio come lo era solo in rare occasioni e Artù sorrise e si alzò mettendosi da davanti a lui. “Lo so, lo so bene...mi fido di te Merlino…”, si guardarono negli occhi per un tempo infinito le loro iridi che si incastrano perfettamente.
Artù pensava che gli occhi del corvino fossero come due magneti da cui era impossibile staccarsi e il suo cuore batteva, batteva troppo veloce. Il servo non riusciva più a guardarlo, abbassò leggermente il capo, ma Artù lo costrinse a rialzare la testa e gli sfiorò il livido e il taglio sullo zigomo. “Ti prometto che non ti toccheranno più…”, disse sicuro di se. “Non importa, davvero...ora devo andare, sire-”, lo bloccò.
“Scappi? Cosa c’è Merlino…perché non riesci a guardarmi negli occhi?”, sentiva il cuore battere troppo veloce, da un momento all’altro poteva esplodere.
Prese un respiro ‘perché mi fa male...mi fa male quello che sento’, voleva rispondere, ma sapeva che il re non avrebbe mai capito.
O era quello che credeva, Artù cercava quei maledetti occhi blu che quella sera erano così sfuggenti.
 
‘Che cosa mi stai facendo Merlino? Perché non posso smettere di guardarti?’, sentiva di star impazzendo, forse era la vicinanza, ma non era la prima volta, erano così numerosi i momenti in cui erano da soli e in quei momenti Artù lo guardava, sempre.
Quando sistemava il letto, quando raccoglieva i vestiti, mentre affilava la spada o lucidava l’armatura, Artù guardava sempre lui, gli donava pace, vederlo era una sicurezza e quando aveva sentito che era stato portato in catene la rabbia e la paura avevano preso il sopravvento.
“La vuoi sapere una cosa?”, gli disse ad un tratto sottovoce.
“C’è qualcosa in te merlino, qualcosa che mi fa dimenticare anche chi sono…mi fido di te così tanto che dannazione avrei ucciso mio zio per te, perché so che tu faresti lo stesso per me”, ammise. Il servo si sentì così felice in quel momento che non sentiva neanche più le gambe, ma solo il suo cuore. “E ucciderei chiunque altro”, il tono di Artù era così serio. Il suo respiro divenne più pesante, erano così vicini e ad un tratto l’unico rumore era lo scoppiettio della legna che si bruciava e i loro cuori.
“Sono solo un servitore…”sussurrò con un tono a malapena udibile.
“Vorrei che fosse davvero così, sarebbe più facile, ma lo sappiamo entrambi che non lo è. E credo che sia il momento di fare i conti con la verità”, a quelle parole non capi più nulla vide solo gli occhi di Artù così luminosi che si facevano sempre più vicini e poi le sue labbra sulle proprie.
All’inizio fu un bacio semplice, poi però divenne sempre più caldo, sempre più pieno di passione, il re spinse il servo contro il tavolo e gli morse leggermente il labbro inferiore. Merlino gli permise di approfondire il bacio mentre stringeva la sua maglia per tenerlo più vicino.
 
Il primo ad interrompere il bacio fu proprio il servo. “Tutto questo è sbagliato! Siete il re dannazione…siete fidanzato con Gwen…”, lo stomaco gli faceva male per quelle parole, ma era la verità e doveva dirle.
Artù gli sollevò il volto con le mani, voleva guardarlo negli occhi e li trovò già lucidi, sorrise dolcemente vedendo quanto fosse sensibile. “Non ho mai amato davvero Ginevra…non quanto pensavo…è così sbagliato baciare la persona per cui il cuore batte?”, Merlino lo guardò.
“Si, perché siamo due maschi, questo è sbagliato…e poi sono il vostro servo… Artù…”, era sul punto di scoppiare a piangere aveva trattenuto per anni questi sentimenti e ora che aveva scoperto che in realtà Artù lo ricambiava era così triste comunque. “Merlino guardami…”, lo ascoltò e si passò le maniche della maglia sugli occhi per strofinarli dalle lacrime.
“So che è strano, credimi ci ho messo così tanto a capirlo, ma è la verità…ti amo…e oggi ne ho avuto l’ennesima conferma, quando mi sentivo geloso del fatto che tu fossi uscito con Galvano e quando ho avuto paura di perderti per colpa di mio zio”.
“Siete geloso di Galvano?”, chiese quasi ridendo e Artù lo guardò con un’occhiataccia. “Un po’ forse…”, merlino sorrise e scoppiò a ridere riscaldando l’intera stanza e il suo cuore, aveva questo strano potere di portare calore solo con un sorriso.
“Oh Artù siete proprio uno zuccone”, disse con gli occhi lucidi, ma questa volta per le risate, era ancora appoggiato al tavolo con Artù che aveva le braccia ai suoi lati. “Senti chi parla”, ribatté cercando di nascondere un sorriso, poi lo colse di sorpresa e lo baciò di nuovo a fior di labbra e restarono vicini.
“Vi amo anche io…anche se siete un asino a volte…”, sussurrò guardandolo negli occhi. “Non prenderti troppe libertà, resto comunque il re”, disse.
“Non lo siete mai stato davvero…siete sempre stato molto più che un re…”, si guardarono ancora e poi fu merlino ad avvicinarsi alle sue labbra per assaporarle di nuovo e Artù lo strinse a se, per una volta in tutta la sua vita si sentì completo, aveva trovato la sua parte mancante e non gli importava che fosse un uomo come lui, lo amava e anche se era un re, l’unica cosa su cui non aveva alcuna autorità era il cuore.
Il cuore non si comanda e nessuno ha il diritto di farlo, ognuno doveva essere libero di amare chi più desiderava e Artù sperava che un giorno lui è Merlino fossero stati liberi di amarsi alla luce del sole.
 
 
 
 
 
 
 
 








 
 
3 mesi dopo…
 
“Artù…”, era una fredda mattina di dicembre, Merlino era accanto al suo re sotto le coperte, la notte prima avevano fatto l’amore ed era rimasto lì. “Mhmh”, mugugnò stringendolo a se. “C’è una cosa che devo dirti è importante…”, aveva deciso, erano tre mesi che stavano insieme e aveva il diritto di sapere la verità. “Può aspettare, Merlino, tra poco il castello si sveglierà e tu dovrai andare, voglio stare con te ancora un po’…”, sussurrò con la voce ancora assonnata.
“No, è importante”, insistette e si mise seduto guardandolo negli occhi era così bello con i capelli completamente disordinati che lo osservava in quel modo, come se fosse la persona più importante.
Aveva paura che avrebbe rovinato tutto, ma non poteva vivere con quel segreto per sempre, doveva sapere la verità. Abbassò la testa sentiva un nodo in gola. “Merlino…”, gli prese la mano  rassicurandolo, voleva vederlo felice.
“I-io…sono un mago…io…h-ho la m-magia”, non riuscì a trattenersi, si era preparato così tanto un discorso nella mente, ma poi erano uscite solo poche parole singhiozzate. Non riusciva a guardarlo, voleva strapparsi la magia se significava essere apprezzato da lui. “M-mi dispiace…s-sono un –”, le sue parole vennero interrotte dalle labbra di Artù.
Lo stava baciando? Aveva sentito le sue parole?
“I-io non capisco”, disse mentre gli asciugava le lacrime.
“Lo sapevo già, lo sospettavo due mesi fa, poi ho chiesto a Gaius e mi ha detto tutto, certo avrei voluto saperlo prima, ma ho aspettato che tu ti sentissi pronto”, rispose. “E non mi odi? Non ti sembro un mostro?”, Artù sorrise. “Quanto puoi essere idiota? Non ti odierei mai, Merlino, mi fido di te e so che usi la magia per il bene…non ti voglio lontano”, così senti il suo cuore più leggero si avvicinò per baciarlo, ma Artù gli mise una mano sulle labbra.
“Aspetta c’è una cosa che devi leggere, l’ho preparata da tempo, ma aspettavo il momento giusto”, prese una pergamena e gliela mostrò.
Merlino la lesse in fretta.
“Vuoi abolire la legge di tuo padre? Vuoi che quelli come me siano liberi?”, il re annuì. “Be’, mi sembrava un ottimo regalo di compleanno, lo sai che non sono bravo con le sorprese”, Merlino si era anche dimenticato che era il suo compleanno, così sorrise, sentiva una felicità nuova, non aveva mai provato nulla di simile era così felice.
“Grazie”, disse solamente e poi gli diede un veloce bacio sulle labbra, era libero, non doveva più nascondere chi era realmente. Artù lo accettava e lo amava, è vero non avrebbero mai potuto essere liberi di amarsi, ma a loro bastava avere l’un l’altro.
 
Artù sentiva di essere così felice, per una volta aveva ignorato tutti gli insegnamenti di suo padre e non se ne pentiva, amava ed era amato e questa era la cosa principale.
Finalmente era felice e non gli importava di cosa fosse giusto e sbagliato, il suo cuore batteva e non poteva impedirgli di farlo.
Nella loro epoca, amare la persona dello stesso sesso era vietato o meglio era vista come un malattia come qualcosa di estremamente sbagliato, per questo avrebbero vissuto la loro relazione di nascosto e sarebbero stati bene lo stesso, speravano solo che nel futuro ci fosse una maggiore libertà. Perché infondo nessuno, neanche la persona più forte e ricca e potente può comandare un cuore, perché esso è guidato dall’amore, il sentimento più profondo anche dell’odio che può rompere ogni confine e barriera, può essere nascosto, ma resterà sempre lì e nessuno potrà mai fermarlo.
 
Nessuno può fermare due cuori che battono insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Eccomi qui!
Per la seconda volta con una one-shot Merthur, molto più dolce della prima e decisamente con un finale migliore.
In verità non mi convinceva molto, ma alla fine ho scelto di pubblicarla, anche per sottolineare quanto il odi il personaggio di Agravaine, più degli altri. Ditemi cosa ne pensate, mi fa molto piacere sentire le opinioni altrui ho cercato di accorciare la scrittura per facilitare la correzione e spero che non ci siano tanti errori,
alla prossima.
 
helena  <33
 
P. S. la frase iniziale è presa da pinterest non c’era scritto l’autore.
   
 
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