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Autore: MaryFangirl    14/09/2023    0 recensioni
Camilo si domandò come sarebbe stato trascorrere dieci anni senza essere toccato da nessuno. [...] Il suo cuore si serrò al pensiero. Bruno aveva passato dieci anni senza alcun tocco. E ora eccolo lì, a sciogliersi al contatto più semplice, come se ne avesse bisogno per respirare. (BruMilo)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bruno Madrigal, Camilo Madrigal
Note: Traduzione | Avvertimenti: Incest
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Titolo originale: Touch
Link storia originale: https://archiveofourown.org/works/36143014
Link autore: https://archiveofourown.org/users/boyswillbeboxes/pseuds/boyswillbeboxes

Sì, sono ancora ossessionata dai Brumilo. No, non me ne vergogno. 
 


 
Bruno era un uomo che aveva molta energia nervosa.
 
Era sempre in movimento: tamburellava con le dita o si dondolava sulla sedia, faceva rimbalzare la gamba su e giù, borbottava tra sé sotto voce. Era impossibile non notarlo, anche se la maggior parte della famiglia faceva del suo meglio per ignorarlo. Camilo lo trovava affascinante. L’ansia di sua madre era stata una parte rilevante nella sua vita mentre cresceva ed era diventato quasi istintivamente in sintonia con le sue abitudini, anche quando lei riusciva a tenere a bada le nuvole di pioggia.
 
Ora, i suoi occhi erano attratti da Bruno ogni volta che era presente, ogni contrazione e mormorio catturavano la sua attenzione. Ogni abitudine nervosa o superstiziosa diventava quasi tenera mentre la metteva in atto, forse dimenticando che adesso c’era gente intorno a lui.
 
Camilo si chiedeva cosa accadesse nella sua testa, quali pensieri inquieti si inseguissero nel suo cranio facendolo contorcere come un burattino strattonato da fili. Era solo da un mese che era rientrato in famiglia, eppure trovava ancora difficile trovare il tempo per parlare realmente con suo zio. Qualunque loro conversazione finora era stata, nella migliore delle ipotesi, fugace, a parte qualche commento a cena. Era ancora un mistero tanto quanto lo era stato durante la sua scomparsa durata dieci anni, poco più rispetto all’orco dei suoi ricordi di infanzia.
 
Ma non era così, affatto. Bruno sorrideva molto, faceva sciocche battute e tirava i fili dei propri vestiti. Era vivace con Mirabel e le sue sorelle, e goffamente affascinante con gli altri nipoti. Camilo si domandava come sarebbe stato conoscerlo veramente, scoprire cosa lo colpiva.
 
Una notte, tardi, molto tempo dopo che il resto della famiglia era andato a dormire, Camilo sgattaiolò in cucina, alla ricerca di qualche spuntino di mezzanotte. Si fermò di botto quando si accorse di non essere solo. Bruno stava inghiottendo un boccone e alzò lo sguardo con aria colpevole da dove era accovacciato, un piatto in bilico sulle ginocchia e un piccolo raduno di topi intorno alle caviglie che raccoglievano qualsiasi briciola cadesse.
 
“Ah, c’era solo quello?” disse Camilo con un leggero broncio. C’era qualcosa di molto divertente nel trovare lo zio di mezz’età che pareva un bambino sorpreso con le mani nel barattolo dei biscotti, ma non riusciva ad apprezzarlo adeguatamente mentre il suo stomaco brontolava tristemente.
 
Senza dire una parola, Bruno afferrò l’arepa ancora nel piatto e la porse a Camilo. Continuò a mordicchiare la sua, in maniera quasi timida ora che c’era qualcun altro. Camilo accettò con gratitudine, appoggiandosi al bancone mentre mangiava, studiando Bruno con piccole occhiate di sbieco.
 
“Allora...” disse Camilo, trascinando la parola, “qualche buona visione ultimamente?”
 
Bruno inclinò la testa, con un’espressione divertita mentre mangiava quello che rimaneva. “Beh, non ne ho avute di recente, quindi...no” sorrise nervosamente. Camilo pensava che la maggior parte delle cose che faceva erano nervose. “È da molto tempo che nessuno mi chiede una profezia”
 
“Perché sono sempre deprimenti?” Camilo diede un morso con disinvoltura, sorridendo per come Bruno arricciò il naso. “È quello che dicono tutti”
 
“Beh, insomma, non sono tutte deprimenti” mormorò Bruno petulante, “ma penso di sì. Forse. Probabile” alzò le spalle, tirando l’orlo della ruana. “Probabilmente è meglio così. Sono comunque fuori allenamento”
 
Camilo annuì. “Ti ho visto, una volta” disse casualmente, “quando ero piccolo. Forse avevo 3 anni?” era stato uno dei suoi ricordi base, una visione dello zio con gli occhi verdi luminosi che aveva tormentato i suoi incubi. Sua madre gli aveva detto che nei mesi successivi aveva pianto ogni volta che vedeva Bruno. Nel corso degli anni aveva superato la paura, ma il ricordo non l’aveva mai davvero abbandonato. Fino a poco tempo prima aveva pensato che l’aspetto di Bruno fosse esattamente quello.
 
Apparentemente anche Bruno lo ricordava, perché fece una smorfia e la sua espressione era mortificata. “Sì...mi dispiace. Non avresti dovuto...non so nemmeno come hai fatto a salire tutte le scale”
 
Camilo respinse le scuse con un gesto della mano e si cacciò in bocca quello che rimaneva dell’arepa. “È okay. Mi dispiace di aver pensato che fossi un mostro”
 
Perché Bruno doveva saperlo, no? Quello che Camilo aveva detto di lui? Non era possibile che non lo sapesse, se davvero aveva vissuto dietro le mura per tutto il tempo. Tese la mano per aiutare Bruno ad alzarsi da terra e, dopo un attimo di esitazione, suo zio l’afferrò.
 
Era così leggero che Camilo perse l’equilibrio quando lo tirò in piedi e Bruno inciampò contro il suo petto. Oh. Sembrava che lui fosse più alto. Camilo sorrise per il vantaggio di circa cinque centimetri, bilanciandosi con il bancone. “Cavolo. Forse avrei dovuto lasciarti quell’arepa. Sembra che tu ne abbia più bisogno di me”
 
La luce era scarsa in cucina, ma Camilo avrebbe giurato che le guance di Bruno fossero più scure.
 
E non aveva ancora lasciato la mano di Camilo.
 
L’aspetto di Bruno era ancora molto trasandato, indossava i vecchi vestiti, i capelli erano selvaggi e spettinati. Se si fosse preso cura di sé, avrebbe anche potuto essere definito bello. Camilo ci pensò per un attimo, rimuginando, poi strinse più forte la mano di Bruno e lo trascinò fuori dalla cucina. “Vieni. Voglio mostrarti una cosa”
 
Bruno si affrettò per tenere il passo, i suoi occhi saettavano nello spazio aperto, come avesse paura di essere visto. Tuttavia, non furono interrotti mentre salivano le scale e Camilo condusse Bruno verso la sua stanza.
 
“N-non so, si sta facendo tardi” balbettò Bruno. Si morse il labbro inferiore. “Magari...magari domani? Sì, domani...”
 
“Non ci vorrà molto” assicurò Camilo. Aprì la porta e tirò dentro suo zio. Bruno emise un gridolino. Nonostante le proteste, non gli aveva ancora lasciato la mano, anzi la strinse più forte mentre si avvicinava a Camilo.
 
Quando Camilo aveva aperto la sua porta per la prima volta, era rimasto deluso dalla sua stanza. Un breve corridoio conduceva a uno spazio perfettamente circolare, ogni centimetro della parete era rivestito di specchi che sparivano verso il soffitto. Per i primi mesi non era riuscito a dormire lì e spesso era tornato di nascosto nella vecchia cameretta per dormire con Mirabel. Ora però ci era abituato.
 
“Siediti qui” disse Camilo, indicando il pavimento accanto a letto. La sua stanza non aveva molto spazio per riporre gli oggetti, ma teneva alcune cose sotto il letto in una piccola cassapanca. Si guardò intorno per un momento, poi sollevò trionfante una spazzola per capelli. Era adatta per i suoi capelli, non per quelli di Bruno, ma...doveva arrangiarsi con quello che aveva.
 
Bruno guardò con cautela la spazzola mentre Camilo si sedeva sul letto, convincendo l’uomo a posizionarsi tra le sue ginocchia. Dalle sue labbra uscirono proteste poco convinte, ma curiosamente non fece alcun tentativo di andarsene, lasciando che Camilo lo spostasse delicatamente dove voleva.
 
“Rilassati” disse il ragazzo a bassa voce, posando una mano sulla testa di Bruno per tenerla rivolta in avanti. “Respira. Rimani fermo” iniziò a passare lentamente la spazzola tra i capelli, sciogliendo con cura i nodi e i grovigli che vi si erano formati. Bruno era immobile in modo quasi innaturale, rigido e senza emettere suono, a parte un sospiro affannoso quando camilo beccava un nodo particolarmente ostico.
 
Era sorprendentemente rilassante, passare ripetutamente le setole della spazzola tra i capelli di Bruno, districando gentilmente i nodi e i garbugli che incontrava con dita abili. Sua madre lo faceva per lui quando era bambino, con attenzione e amore, a volte per ore. Senza nemmeno rendersene conto, cominciò a canticchiare una melodia che lei cantava per lui, così profondamente nostalgica da fargli male.
 
Parte della tensione era scomparsa dalle spalle di Bruno, lasciandolo flessibile davanti a Camilo che gli inclinava la testa da una parte e dall’altra. Aveva smesso di protestare o agitarsi, si era rilassato gradualmente e permesso a Camilo di occuparsi di lui.
 
“Ecco fatto” mormorò Camilo, pettinando con le dita le onde lisce. Ora erano molto più morbide, meno aggrovigliate. Sorrise tra sé a pensiero che probabilmente c’era stato letteralmente un nido di topi lì per chissà quanto tempo. Vedeva spesso i piccoli roditori strisciare addosso a suo zio, dentro e fuori dai vestiti. Non si sarebbe sorpreso se avesse scoperto che dormivano sulla sua testa.
 
Il respiro di Bruno era regolare mentre Camilo continuava ad accarezzargli i capelli, il suo capo era appoggiato al ginocchio del ragazzo. Camilo pensò che dovesse essersi addormentato, e stava proprio pensando a come divincolarsi senza svegliarlo, quando un singhiozzo spezzato ruppe il silenzio.
 
“Zio Bruno?!” Camilo non poté evitare di allarmarsi. Le spalle di Bruno tremavano leggermente. Guardando lo specchio più vicino, Camilo vide le lacrime scorrergli lungo le guance. Si staccò con cautela dall’uomo e si inginocchiò davanti a lui, le mani sulle spalle per sorreggerlo.
 
Gli occhi di Bruno sembravano non vederlo.
 
Stava piangendo ma reagiva a malapena, le lievi scosse di Camilo non producevano risultati. Era come perso nel suo mondo. Camilo aveva già visto gli attacchi d’ansia di sua madre, l’aveva aiutata a superarli innumerevoli volte, ma non aveva mai visto niente del genere. Era terrificante.
 
“Io...vado a chiamare qualcuno” disse. Sua madre, Mirabel, zia Julieta, qualcuno avrebbe saputo cosa fare, giusto? Ma quando cercò di alzarsi, le mani di Bruno improvvisamente afferrarono saldamente la sua ruana, fermandolo. Scosse la testa, quel tanto che bastava per comunicargli quello che pensava. Non voleva che nessun altro lo vedesse.
 
Camilo sospirò. “Va bene” disse piano, “non vuoi che chiami nessuno. Quindi cosa dovrei fare?”
 
Bruno non rispose, rimanendo esasperatamente distante. Cos’avrebbe fatto sua madre? Riusciva solo a pensare a quello che faceva quando lui era piccolo, dopo aver avuto un incubo, quando cercava di calmare il suo pianto. Le dita tremanti di Bruno sulla sua ruana sembravano molto infantili, una vulnerabilità disperata, quindi forse poteva aiutarlo così?
 
Posò le mani sul viso dell’uomo, girandolo verso di sé. “Provo una cosa, okay?” la sua voce era calma, persa nell’immobilità del momento. I suoi pollici sfiorarono le guance di Bruno, asciugando le lacrime. Si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla fronte. Quando si allontanò, gli occhi di Bruno erano un po’ più presenti e lo guardavano confusi.
 
“Ehi, ecco” disse Camilo con un piccolo sorriso, chinandosi per baciarlo di nuovo: sulle guance, sul naso, sul mento. Bruno sembrava diventare più lucido ad ogni bacio, guardando direttamente Camilo. Alzò le mani verso quelle di Camilo, premendosi nel suo tocco con un sospiro.
 
Camilo sorrise alla risposta e alla sensazione dei palmi ruvidi di suo zio sulle mani. Si domandò come sarebbe stato trascorrere dieci anni senza essere toccato da nessuno. Nessun abbraccio amorevole da parte di sua madre, nessuna Mirabel a tenergli la mano quando era triste, nessun Antonio a salirgli in grembo, addormentandosi lì. Il suo cuore si serrò al pensiero. Bruno aveva passato dieci anni senza alcun tocco, avendo solo i topi a fargli compagnia. E ora eccolo lì, a sciogliersi al contatto più semplice, come se ne avesse bisogno per respirare.
 
Camilo passò delicatamente il pollice lungo la guancia di Bruno, cogliendo il leggero lamento che uscì dalla bocca dell’uomo. Si avvicinò, attratto da come gli occhi di Bruno cercavano i suoi, con una domanda persistente che pretendeva una risposta.
 
Prima ancora di rendersi conto di quello che stava facendo, le sue labbra sfiorarono quelle di Bruno.
 
Camilo avvertì il respiro affannoso durante il bacio. Quello non era un gesto che poteva essere spacciato per familiare, un’espressione platonica di affetto. Ma sembrava giusto, in quel momento. Bruno non lo stava ricambiando, non proprio, ma non lo stava nemmeno respingendo. Quando finalmente si separò, gli occhi di Bruno erano spalancati e lo fissavano increduli mentre Camilo cercava di sorridere.
 
C’era una tensione che non c’era stata poco prima, una linea di possibilità. Se uno di loro fosse riuscito ad allentarla, a prendere una decisione, forse il nodo allo stomaco di Camilo si sarebbe sciolto. Ma sentiva ancora il respiro di Bruno sul suo viso, vicini com’erano, il modo in cui le sue dita si avvolgevano intorno alle proprie mani, come se Bruno avesse paura di lasciarlo andare. Appoggiò la fronte contro quella di suo zio, fissando gli occhi verdi, così distanti e tristi da spezzargli il cuore.
 
“Non dovremmo” disse Bruno, con voce bassa e sommessa. Ma non era neanche un no, Bruno non stava dicendo di non volerlo, né che Camilo avrebbe dovuto fermarsi. Incoraggiato, Camilo si avvicinò ulteriormente, spostando una gamba sul grembo di Bruno finché non furono posizionati più comodamente. Le mani scivolarono sulle spalle dell’uomo.
 
“Vuoi cacciarmi, zio?” disse Camilo, con tono un po’ scherzoso. Doveva sdrammatizzare, altrimenti come poteva affrontare l’enormità della cosa? La serietà di quello che stava facendo persisteva in ogni angolo della sua mente, ma a meno che Bruno non gli chiedesse di smettere, aveva già fatto la sua scelta. Non importavano, si disse, tutte le cose che la gente avrebbe pensato o detto. Lì, nel loro piccolo mondo, non aveva importanza. Non per loro.
 
Il respiro di Bruno era tremante mentre scuoteva la testa. Deglutì e Camilo lo seguì con gli occhi, trovando inebriante il lento movimento nella sua gola.
 
“Perché dovresti volere-?” si interruppe, guardando la stanza, ovunque tranne che Camilo, “io non...non sono nemmeno...” qualunque fosse il commento autocritico che stava cercando, Camilo non voleva ascoltarlo. Si sporse per un altro bacio, e questa volta Bruno rispose, esitante, come un adolescente senza esperienza che seguiva l’esempio di Camilo. Le sue mani si agitarono, nervose e insicure, finché Camilo le afferrò delicatamente e le posizionò sui propri fianchi.
 
“Rilassati” disse Camilo contro le sue labbra. “Va tutto bene”
 
Bruno rise con voce più alta e nervosa. “Come fai a essere così calmo in questo momento?” le sue mani tremavano mentre afferrava Camilo, i pollici sfregavano delicatamente contro le ossa del bacino. “Lo sai che non è...sai che sono tuo zio, vero?”
 
Camilo alzò gli occhi al cielo. “Oh no, davvero? Non ne avevo idea”
 
Sfiorò il labbro inferiore di Bruno con il pollice. Si sentiva così attratto da lui, avrebbe voluto baciarlo fino a lasciare entrambi senza fiato. Tra le altre cose che voleva fargli. “Non lo dirò a nessuno. Tu?”
 
Bruno si morse il labbro, lanciando sguardi nervosi al viso di Camilo.
 
“Dovrei...interrompere tutto, no? È ciò che farebbe un adulto responsabile”
 
Non lasciò i fianchi di Camilo, tuttavia, e il suo sguardo indugiò sulla sua bocca. Vicini com’erano, Camilo sentiva già che si stava eccitando. No, non pensava che Bruno lo avrebbe detto né che avrebbe interrotto tutto. Un lento sorriso si aprì sul suo volto.
 
“Mettiti sul letto” ordinò, pizzicando la ruana di Bruno, “e togliti i vestiti”
 
Probabilmente non avrebbe dovuto sorprendersi del modo timido con cui Bruno si spogliò, slacciando e sbottonando con riluttanza tutto ciò che si accumulò sul pavimento, usando le mani per cercare di coprirsi. Il suo petto era così magro che Camilo poteva vedere le costole che spuntavano. Aveva messo su un po’ di peso da quando era tornato, ma era chiaro che il tempo trascorso tra le mura gli avevano lasciato dei segni. Camilo sentì il proprio cuore spezzarsi nel vedere Bruno così nervoso e insicuro, picchiettando le dita sulla coscia mentre gli lanciava occhiate. Camilo si spogliò velocemente, lasciando cadere con entusiasmo i vestiti e strisciando verso Bruno.
 
“Sai, avevo ragione” disse Camilo disinvolto, spingendo Bruno sul letto con una mano aperta sul petto. Sentiva il suo cuore battere forte sotto il palmo. Con l’altra mano attorcigliò i riccioli sciolti intorno a un dito, amando la morbidezza con cui ricadevano contro il cuscino.
 
“Riguardo a cosa?” chiese Bruno, sbattendo le palpebre.
 
Camilo sorrise, scostandolo un ricciolo dalla fronte di Bruno. “Sei bellissimo con i capelli pettinati”
 
Immediatamente, il volto di Bruno si tinse, il rossore si diffuse lungo il collo e le orecchie mentre si copriva gli occhi. Non riuscì a nascondere un sorrisetto timido, né un sospiro compiaciuto mentre Camilo rideva piano. Non si era aspettato una reazione così adorabile e il suo cuore gli batté forte mentre cominciava a lasciare una scia di baci lungo il petto dell’uomo. Lì c’erano le prove di una vita dura, cicatrici e pelle troppo tesa sulle ossa, ma c’erano anche risate, lo stomaco di Bruno sussultò sotto il suo tocco mentre trascinava le dita leggere sempre più in basso. C’era bellezza in ogni parte di lui e su cui Camilo poteva mettere le mani.
 
Quando raggiunse l’erezione parzialmente dura, Camilo esitò. Un fremito nervoso si manifestò nel suo petto. Non aveva mai fatto...niente di tutto ciò. La sicurezza e la spavalderia precedenti vacillarono sulla scia della sua inesperienza. E se avesse rovinato tutto? E se si fosse rivelato deludente? Desiderò, all’improvviso, non solo di poter cambiare il suo aspetto, ma di trasformarsi totalmente in un’altra persona. Qualcun altro che potesse rendere l’esperienza piacevole per Bruno.
 
“Camilo?” sobbalzò, alzando lo sguardo e trovando Bruno. “Sai che non devi...fare nulla che non vuoi. Vero?”
 
Camilo emise un suono di frustrazione. “Voglio farlo. Solo che...” si reclinò, mordicchiandosi il labbro inferiore. “Io non so...non so cosa fare” la confessione fu sommessa, piena di vergogna. Non riusciva a guardare l’uomo negli occhi. Non aveva affatto riflettuto. Lo desiderava con tutto se stesso, ma era così spaventato di rovinare tutto prima ancora di iniziare.
 
Una mano gentile gli sollevò il mento e osservò i teneri occhi verdi. Nessun giudizio né delusione. Solo comprensione e pazienza. Il cuore gli martellò nel petto, il desiderio in lui era come un uncino che lo strattonava dietro le costole. Anche con le rughe sul viso e le borse sotto gli occhi, Bruno era bellissimo.
 
“È okay” Bruno posò dolcemente la fronte contro quella di Camilo, sorridendo. “Sai, non deve essere perfetto. Va...va bene se hai paura” le sue mani percorsero esitanti le clavicole di Camilo. Il desiderio nei suoi occhi era evidente ed elettrizzava il ragazzo così come lo faceva sentire troppo esposto.
 
“Tu hai paura?” chiese Camilo, avvicinandosi e sfiorando il suo naso con il proprio.
 
Bruno ridacchiò brevemente. “Io? Paura. Io...sì, sono terrorizzato” il suo sorriso aumentò, “ma, sai...non come pensavo” si sporse per baciarlo e spinse Camilo di nuovo sul letto. Camilo sentì girare la testa mentre il corpo caldo di Bruno premeva contro il suo, incastrandosi su du lui come un pezzo di un rompicapo che non sapeva gli mancasse. Si aggrappò a Bruno come a un’ancora di salvezza, lasciandosi travolgere dalle sensazioni, cercando di calmare il suo cuore impazzito.
 
Era bello baciarsi, quasi rilassante nel suo ritmo, era inebriante inseguire la lingua di Bruno con la propria in un pigro avanti e indietro. Ma avvertiva Bruno duro contro il fianco e la sua stessa eccitazione richiedeva attenzione, e presto l’urgenza superò la timidezza. Si spostò appena, quel tanto che bastava per unire le loro gambe, gemendo di sollievo per il benedetto attrito.
 
“Aah, Camilo” mormorò Bruno. Si strofinò contro il ragazzo con un lamento tremulo. “Fin dove...?” trattenne un gemito, deglutendo a fatica, “fino a che punto vuoi...vuoi arrivare?”
 
“Eh?” Camilo aveva chiuso brevemente gli occhi, ma li riaprì, considerando la domanda. Era bello strusciarsi l’uno contro l’altro. Probabilmente poteva esserne soddisfatto. Ma nonostanza la mancanza di esperienza, sapeva che avrebbe potuto essere ancora meglio per entrambi. Sentì le guance arrossire mentre diceva: “Io...ti voglio dentro di me. Per favore?”
 
Bruno gemette, lasciando cadere la testa sulla spalla di Camilo e stringendo forte il lenzuolo in una mano. “S-sì, sì, va...sì”
 
Si costrinse a sollevarsi e ad allontanarsi da Camilo, respirando profondamente.
 
“Tu hai qualcosa per...uh” si guardò intorno, “ci serve, ehm...una specie di lubrificante? O q-qualcosa unto” il rossore sul suo viso era pronunciato, estendendosi fino al collo. Camilo non poté fare a meno di ridacchiare: era adorabile e imbarazzato. Era intrigante.
 
“Non ho niente di simile” ammise, “ma...aspetta, lasciami provare una cosa”
 
Camilo chiuse brevemente gli occhi, concentrandosi. Solitamente non lo faceva, preferiva cambiare tutto il suo aspetto che un solo particolare, ma...a mali estremi, estremi rimedi. Sentì il cambiamento con un piccolo sussulto, la sua erezione dura si trasformò e divenne una vagina, l’improvvisa umidità dell’eccitazione gli diede le vertigini per un momento.
 
“Oh, wow...” Bruno fissò con ammirazione. Le sue mani erano appoggiate sulle cosce di Camilo mentre guardava tra le sue cosce. “Camilo, è...s-sei sicuro?”
 
Camilo roteò gli occhi, agganciando una gamba intorno alla vita di Bruno. L’uomo cadde in avanti con un grido, non crollando per un pelo.
 
“Sì” disse Camilo con fermezza, “sono sicuro. Lo voglio. E così” indicò tra le gambe, “è il modo più facile per farlo al momento”
 
Bruno annuì in silenzio, deglutendo mentre si riposizionava. Le sue mani svolazzarono nervosamente, come se non fosse sicuro di voler toccare. Camilo gliele afferrò, strofinando i pollici sulle nocche pronunciate. Era ancora nervoso, il cuore gli batteva forte in gola, ma si fidava di Bruno. Come avrebbe potuto non farlo, quando l’uomo lo guardava come se fosse qualcosa da custodire?
 
Bruno ricambiò il sorriso, un gesto timido quasi nascosto dai capelli mentre abbassava la testa. Una piccola ruga di concentrazione apparve tra le sue sopracciglia. Parte della tensione nel petto di Camilo si allentò e si ritrovò a ridacchiare per la sua espressione. Tutto in Bruno fino a quel momento era stato così adorabile che si sentiva quasi ebbro di lui.
 
Si chiese brevemente se sarebbe riuscito a tenerlo per sé.
 
Poi Camilo percepì Bruno premere e tutti gli altri pensieri fuggirono dalla sua mente. Non faceva male come aveva pensato, ma...era molto, molto strano avere uno spazio nel suo corpo che non c’era mai stato prima e ricevere qualcosa al suo interno. Bruno si mosse lentamente, lasciandolo adattare, le mani tremanti mentre gli afferravano i fianchi.
 
“Stai...stai bene?” ansimò Bruno. Le sue pupille erano così dilatate che quasi inghiottivano il verde dei suoi occhi. Tremava, i fianchi dondolavano leggermente mentre cercava di stare fermo, aspettando Camilo. Il ragazzo capì che era una battaglia persa, ma il suo petto si riempì di calore al pensiero mentre attirava Bruno in un altro bacio.
 
“Continua” mormorò, baciandogli il collo, “va bene”
 
Avvertì il gemito di sollievo sulle sue labbra mentre Bruno cominciava a muoversi, dapprima lentamente, trovando un ritmo. Camilo si aggrappò a lui, chiudendo gli occhi mentre l’uomo colpiva un punto delizioso, strappandogli un gemito dalle labbra tremanti. Bruno fece una pausa, poi ripeté l’azione, spostandosi un po’ per osservare il suo viso.
 
Camilo frignò, una parte di lui era imbarazzata per essere così esposto, ma quella maggiore voleva solo che Bruno proseguisse e non si fermasse mai. Sentì una mano sulla guancia e l’afferrò, baciandone il palmo.
 
“Sei così bello” mormorò Bruno. Gli occhi di Camilo si spalancarono. Il modo con cui Bruno lo guardava gli squarciò il petto, lasciandolo ancora più vulnerabile di quanto non fosse mai stato in vita sua. Quell’espressione morbida e intimorita, un’incontrollata adorazione, era troppo da gestire in quel momento. Seppellì il viso nel collo di Bruno e vi si avvinghiò, concentrandosi solo su quanto fosse piacevole e non sui sentimenti vorticosi e complicati che stavano montando in lui.
 
Sentì Bruno che gli sussurrava alle orecchie tenerezze e lodi, ripetendogli quanto gli stesse piacendo. Non si aspettava che l’uomo fosse così loquace a letto, ma immaginò che l’energia nervosa di Bruno lo inseguisse anche lì. Quelle parole non fecero altro che alimentare le fiamme che già si stavano accumulando dentro di lui, riempiendolo fino a esplodere. Emise un singhiozzo, affondando le unghie nelle spalle del suo amante, tremando per lo sforzo.
 
“Bruno” piagnucolò, “penso di...penso che sto...”
 
Bruno non gli diede la possibilità di finire, stringendo con forza i fianchi e accelerando il ritmo.
 
“Va bene, va bene, forza, vieni per me, sei meraviglioso...”
 
Camilo non udì il resto mentre tutto in lui scoppiava, il suo corpo tremava e raggiungeva l’orgasmo più forte della sua vita.
 
Il corpo di Camilo sembrava senza peso, distante da sé, ma le sue labbra si mossero, incoraggiando l’uomo. Lo sentì rabbrividire una, due volte, poi gemette contro la spalla di Camilo.
 
Rimasero così per un po’, la testa di Bruno appoggiata sul petto di Camilo, mentre il ragazzo passava pigramente le dita tra i suoi capelli. Pensò vagamente a come avrebbe dovuto pettinarlo di nuovo, a quanto i capelli fossero di nuovo selvaggi e intricati per via del loro incontro. Ma più immediato fu il caldo senso di pace che si irradiava per tutto il suo corpo. Giacevano lì, il silenzio era rotto solo dai respiri affannosi, fluttuando su una nuvola sonnolenta. Voleva che durasse per sempre.
 
Bruno alzò la testa per guardarlo, con un piccolo sorriso. “È andata bene?” chiese, con una sottile traccia di ansia nella voce. Camilo lo fissò per un momento. Bene? Era stata l’esperienza più straordinaria della sua vita. Non sapeva spiegare tutto quello che era successo a parole, come avvertiva che la sua stessa essenza fosse stata radicalmente cambiata.
 
Quindi si limitò a sorridere e disse: “Sì” sperando che fosse sufficiente. Quando Bruno si spostò per stringerlo, acconsentì con entusiasmo, ridendo quando l’uomo cominciò a baciargli le spalle.
 
“Hai un sacco di lentiggini” disse Bruno, tracciandole con le dita. Erano tutte sulle braccia, alcune anche sulle gambe e sul petto. Camilo si mosse perché Bruno riuscisse a raggiungerle.
 
“Mmh, sì, devo averle prese da mio padre” disse assonnato. I suoi occhi si chiusero. Solo per un secondo, si disse. “La mamma non ne ha. Nemmeno tu e zia Julieta”
 
Si sentiva sul punto di addormentarsi mentre Bruno gli accarezzava con delicatezza la guancia, il collo e la clavicola. Cercava un sacco il contatto fisico. Non che Camilo si lamentasse.
 
Quando le dita si ritirarono, si lagnò per protesta, costringendosi ad aprire gli occhi. Bruno lo guardava di nuovo con aria triste, il sorriso era scomparso dal suo volto.
 
“Cosa c’è?”
 
Bruno si morse il labbro. “È che...” sospiro, “t-temo che tu...abbia commesso un errore”
 
Camilo batté le palpebre. “Non ti seguo”
 
Bruno si mise a sedere, torcendosi le mani e chiudendo gli occhi. “Voglio dire...t-tu non lo vuoi davvero, giusto? Non è possibile. Io sono...beh, guardami!” la sua risata sembrava forzata, come avesse ricevuto un pugno in petto, “sono...sono Bruno, presagio di sventura! Sono molto più vecchio di te! Sono...sono tuo zio!”
 
“Ehi. Ehi...” Camilo si tirò su e prese le mani di Bruno tra le sue. “Respira, okay? Andrà tutto bene” descrisse gli esercizi di respriazione che usava per sua madre, finché Bruno non fu più in iperventilazione. Ghermì le mani di Camilo come fossero l’unica cosa che lo teneva ancorato.
 
Non aveva torto, in realtà. Non era esattamente una situazione facile in cui trovarsi. La sola reputazione di Bruno, che non si era mai ripristinata del tutto nemmeno ora che era tornato, era sufficiente a far parlare la gente. E tutto il resto? Se loro due fossero diventati di dominio pubblico, sarebbe stato uno scandalo. Senza tenere conto di come avrebbe reagito il resto della famiglia. Sentì l’ansia crescere nel petto, ma la represse. Non aveva importnaza, si disse. Non avrebbe dovuto averne.
 
Camilo sapeva di amare Bruno, lo sapeva per come voleva stringerlo e proteggerlo, difenderlo da un mondo che non aveva mai veramente cercato di capirlo. Lo sapeva così come sapeva che gli spazi tra le sue dita erano della misura giusta per accogliere quelle di Bruno. Lo sapeva da come l’attrazione gravitazionale di Bruno,lo aveva catturato, e qualsiasi tentativo di staccarsi gli avrebbe solo fatto del male.
 
“Ho paura” ammise Bruno, incontrando finalmente lo sguardo di Camilo. Era una ferita aperta, esposta a tutto il dolore che il mondo aveva da offrirgli. Guardava Camilo con occhi imploranti, supplicando silenziosamente per qualcosa che non riusciva a identificare. Camilo sapeva che sarebbe stato meglio fermare tutto subito, far finta di niente e andare avanti con le loro vite, ma la parte egoista del suo cuore non voleva permetterlo. La profondità dei suoi sentimenti, ancora nuovi, lo terrorizzava, ma gli appartenevano, e non avrebbe finto che non esistessero.
 
Camilo attirò Bruno a sé e si adagiò con lui sul letto, accarezzandogli la schiena mentre lui nascondeva il viso nel suo collo.
 
“Anch’io ho paura” disse dolcemente, premendogli un bacio tra i capelli. “Ma non vado da nessuna parte, okay?”
 
Avvolse entrambi nelle coperte. Potevano preoccuparsi al mattino. Lentamente, Camilo sentì Bruno rilassarsi contro di lui mentre si addormentava. Persino l’ansia che turbinava nel suo stomaco non riuscì a soffocare l’ondata amorevole che provava mentre si lasciava andare e finalmente si addormentava.
  
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