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Autore: Ghostclimber    16/09/2023    0 recensioni
Hanamichi è un Genio.
No, non il Genio del Basket, non questa volta.
Hanamichi è un Djinn.
Disgraziatamente, sarà Rukawa a liberarlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Hanamichi…" chiamò Miyagi, a un volume di voce appena udibile sopra alla voce di Hanamichi che cantava la sua tremenda canzone del Tensai. Gli spogliatoi erano vuoti, a parte loro, e dalla palestra venivano i suoni di Rukawa che terminava l'allenamento con qualche tiro extra.

"Ryochin! Dimmi tutto!"

"No, prima mi devi promettere una cosa," disse Miyagi, alzando le mani. Tremavano.

"Cosa?"

"Prometti che non mi picchierai," disse Miyagi, poi aggiunse rapidamente: "Sono ancora il tuo capitano e ho l'immunità diplomatica!"

"Sì sì, va bene, mi metto le mani nel culo se mi viene voglia di rifarti il naso, adesso dimmi!" Hanamichi si sedette, e per dar prova della propria buona volontà si infilò le mani sotto le cosce.

"Ecco, insomma… mi sembra di notare meno animosità…"

"Animosiche?"

"Tu e Rukawa vi saccagnate di botte meno del solito."

"Ah, okay. Sì, possibile."

"Questo… ecco," Miyagi diede in una risatina falsissima, "Sicuramente mi sbaglio, ma mi hanno messo la pulce nell'orecchio per cui oh, io chiedo eh! Giusto per far conversazione in questa bella serata, mica che lo penso dav…"

"Ryochin, vieni al punto?"

"Sarete mica…" Hanamichi si sentì arrossire. La voce di Miyagi si spense in un vago pigolio.

"No! Cioè sì, un po', nel senso!" Hanamichi si tolse le mani da sotto le cosce e Miyagi indietreggiò, facendosi scudo con una panca.

"Non ti meno!" disse Hanamichi, sull'orlo di una risata isterica.

"Questo è tutto da vedere, com'è successo?" chiese Miyagi. Era chiaro quanto fosse curioso, nonostante la paura di essere ridotto a una piccola palla di interiora fumanti.

"È complicato, e non c'è ancora niente di fisso o che. Questo weekend usciamo insieme e…" Hanamichi si accorse di avere un gigantesco sorriso idiota stampato in faccia.

"Ohhh…" fece Miyagi, meravigliato. Hanamichi ridacchiò, sentendosi un imbecille senza speranza.

"Senti… Hana chan," Miyagi si avvicinò con cautela, facendo una specie di giro largo. Sembrava che stesse circumnavigando una pozza. Si sedette di fianco ad Hanamichi, che infilò di nuovo le mani sotto le cosce, e disse: "Sembri felice."

"Io… sì, credo di sì. Ho solo una paura folle."

"Delle sue fan?"

"No, di… merda, adesso sì!" Miyagi rise e osò tirargli una spallata amichevole: "E guardalo qui, il re dei due di picche."

"L'ho sempre detto che ci doveva essere sotto qualcosa, ahahah!" si vantò Hanamichi.

"Vedi? Sbagliavi target!" risero insieme.

"Quindi…" disse Miyagi, "Alla fine Rukawa ha trovato il coraggio di parlarti? O hai fatto tu il primo passo?"

"Ecco, è… un po' più complicato di… aspetta, tu sapevi che Rukawa voleva attaccare bottone con me?"

"Immunità diplomatica!" Miyagi alzò le mani come se Hanamichi lo stesse minacciando con una pistola.

"Piantala e rispondi, Ryochin!" Miyagi abbassò le braccia: "Lo sapevo. Cioè, onestamente non avevo capito che c'era del tenero, mentre tu adesso me la stai buttando giù così e…" Miyagi si interruppe.

"Sì, c'è del tenero, vai avanti cazzo!"

"Pensavo che Rukawa volesse fare amicizia. Mi sembrava una cosa carina, anche perché tra un paio di mesi sarete voi due a fare sasso carta forbice per il ruolo di capitano, senza nessuno a prendervi a randellate se cominciate a scannarvi. Mi ha chiesto di non parlarne con nessuno e io… ecco, sai…"

"Ryochin," disse Hanamichi, piazzandogli le mani sulle spalle. Era certo di aver sentito, per la prima volta nella vita, una persona emettere il suono "glom". Proseguì: "Hai fatto bene, non intendo menarti, sono felice che tu sia stato un buon amico per Rukawa, ma tieni presente che il prossimo capitano sarò io, non lui." Miyagi rise, un po' nervosamente, ma sembrava molto più tranquillo di prima.

Calò un breve silenzio, poi la porta dello spogliatoio si aprì. Rukawa, sudato fradicio, guardò entrambi, un velo di sospetto negli occhi.

“Cominciavo a pensare che avessi cambiato idea sull’appuntamento e avessi deciso di allenarti a morte per evitarlo,” scherzò Hanamichi.

“Nh…” rispose Rukawa, gli occhi fissi su Miyagi, che non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso dolce.

“Beh, direi che io vado, tanto tocca a voi pulire la palestra. Buona serata!” disse Miyagi, alzandosi con un movimento agile dalla panchina. Hanamichi trattenne l’impulso di spaventarlo con un calcio nel sedere: che diavolo di comportamento era, mettersi a fare il cagasotto? Neanche Hanamichi fosse un qualsiasi yank… oh.

“Ciao, Tappo, ci vediamo domani,” disse Hanamichi, alzandosi in piedi.

“Che vi siete detti?” chiese Rukawa, e c’era un’insicurezza nella sua voce, così strana se messa a confronto con la sicumera infinita che dimostrava in campo, eppure così… sua.

“Mi ha chiesto se io e te stiamo finalmente smettendo di menarci un giorno sì e l’altro pure.”

“Nh…”

"Gli ho detto che ci stiamo provando," rispose Hanamichi, restando sul vago, "Comincio a pulire la palestra, mi raggiungi?" Rukawa annuì in silenzio. Sembrava spossato, nonostante i suoi allenamenti non fossero stati più pesanti del solito.

Hanamichi ci meditò, attaccando l'aspirapolvere alla presa della corrente. L'accese, coprendo così il lontano suono della doccia, e pensò che probabilmente Rukawa aveva fatto molta, molta fatica a parlargli, a spiegarsi. Pur avendo parlato molto meno della domenica precedente, Hanamichi sapeva, o almeno intuiva, quanto poteva essergli costato.

L'ultima volta era stato un monologo istintivo, uno stream of consciousness se si ricordava bene cos'era. Quel giorno, invece, aveva parlato di cose molto più importanti, molto più vicine al cuore, ed era chiaro che gli era costato non poco riuscire a renderle comprensibili senza nel contempo sminuirle o farle sembrare banali.

Questo, Hanamichi lo sapeva per esperienza: è dannatamente difficile riuscire a dire cose così importanti senza sembrare un imbecille sentimentale buono sì e no a fare una comparsata in una soap opera. E Rukawa aveva anche l'ulteriore handicap di essere il tipo di persona che pronuncia una media di dieci parole al giorno.

Si rese conto, d'un tratto, che Rukawa non mentiva quando aveva dichiarato che i suoi sentimenti andavano al di là della gratitudine, e forse Hanamichi avrebbe potuto rendersene conto anche da solo.

La gratitudine di Rukawa era inusuale, era… andargli a dire che se avevano perso contro il Kainan non era colpa sua e che aveva già fatto più di quanto si aspettassero. Era ricoperto da una scorza dura e acida, e le sue frasi andavano rigirate per capirle davvero. Hanamichi riteneva, e sperava di non illudersi, che quella volta Rukawa l'avesse ringraziato per averli portati a pochissimi punti di distacco dal leggendario Kainan King. Oppure, quando gli aveva detto che la sua espulsione era un peccato, contro lo Shoyo, soprattutto perché era lui. Poteva forse essere un ringraziamento per aver trascinato fin lì la squadra?

Lo sproloquio di domenica altro non era che uno sfogo nervoso, ora Hanamichi lo capiva, la semplice esternazione di un'emozione che era troppo grande per essere contenuta.

Un piede gli colpì le chiappe, e Hanamichi sobbalzò, lasciando cadere l'aspirapolvere.

"Do'aho, ancora un po' che fai passare lo stesso punto e aspiri pure il parquet."

"Kitsune!" rispose Hanamichi, a corto di parole, poi spense l'aspirapolvere.

"Hai già passato tutto il resto?" chiese Rukawa.

"Credo di sì, e comunque chissene, tanto lo sai che per pulire bene qui dentro dovremmo lanciare una bomba e rifare la palestra da capo," disse Hanamichi, trascinando l'aspirapolvere verso il ripostiglio delle scope. Il posto dove tutto aveva avuto inizio. Lo rispose sui suoi sostegni, mentre dietro di lui Rukawa prendeva il mocio e il secchio; in quello spazio stretto e così significativo, ad Hanamichi sembrava di sentirsi bruciare la pelle nei punti in cui l'aria mossa dai movimenti di Rukawa lo sfiorava.

"Passo io il pavimento, tu pensa ai palloni," disse Rukawa. Hanamichi prese lo straccio e il detergente, poi di slancio si voltò e abbracciò Rukawa, che per lo shock lasciò cadere il mocio.

Il rumore echeggiò nella palestra vuota. Poi, mentre Hanamichi già cominciava a chiedersi se per caso non avesse fatto una cazzata, le braccia di Rukawa gli cinsero la vita, leggere, timide, in un contrasto quasi assoluto con i movimenti rapidi e sicuri che caratterizzavano il suo gioco. Era come una magia, vedere questo Rukawa che viveva oltre la spessa maschera del giocatore di talento, e Hanamichi si sentì assurdamente onorato e commosso all'idea di potervi assistere.

Senza una parola, Hanamichi sciolse l'abbraccio con un sorriso sghembo, sentendosi le guance in fiamme, e andò a pulire i palloni mentre Rukawa, con i suoi soliti tempi biblici, riempiva il secchio e si metteva a passare il pavimento.

 

Terminate le pulizie, Hanamichi chiuse la palestra mentre Rukawa andava a recuperare la bicicletta.

Non si aspettava di vederlo andare via pedalando, e non si stupì di vederlo, bicicletta alla mano, in attesa davanti al cancello della scuola.

Ancora senza parlare, Rukawa troppo stanco e Hanamichi troppo stupito per farlo, si incamminarono verso il passaggio a livello.

Appena la ruota anteriore della bicicletta di Rukawa toccò il marciapiede, risuonò lo scampanellio che avvertiva dell'imminente passaggio di un treno, e la leva cominciò ad abbassarsi.

"Cazzo, ultimamente sembra che lo facciamo apposta!" scherzò Hanamichi, a corto di argomenti ma ormai logorato da quel silenzio imbarazzante.

"Nh. Già," rispose Rukawa, poi prese un grosso respiro: "Dove vuoi andare, domenica?"

"Scegli tu, a me va bene tutto," rispose Hanamichi, sentendosi arrossire.

"No, davvero, io…" Rukawa esitò, "Sei tu che stai facendo un favore a me, decidi tu."

"Non ti sto facendo un favore, se non mi andasse non avrei potuto scontarti un desiderio," gli ricordò Hanamichi, "Ma se vuoi conosco un posto vicino alla spiaggia che fa delle cioccolate molto buone. Non mi dimentico che me ne hai promessa una, eh!"

"Nh," disse Rukawa, "A me va bene." Hanamichi lo guardò, mentre il treno in transito rendeva temporaneamente impossibile la conversazione. Non sembrava andargli affatto bene, sembrava la stessa faccia di quando lo obbligavano a salire in treno durante l'ora di punta.

"È un posto molto tranquillo," aggiunse Hanamichi, e vide Rukawa arrossire, "Volendo, ci sono anche dei separé. E giuro che lascio a casa gli altri."

Il petto di Rukawa si alzò e si abbassò rapidamente, come se avesse trattenuto il fiato per un po', e lui annuì.

La sbarra si alzò, e insieme attraversarono i binari. Hanamichi stava per salutare e dirigersi verso casa, quando Rukawa parlò di nuovo: "Cos'era?"

"Cos'era cosa?"

"Prima. Quell'abbraccio."

"Ah, quello, io…" Hanamichi rise e si grattò la nuca, "È che lo so che hai fatto una fatica boia oggi a parlarmi, e… boh, non era un ringraziamento, credo, solo che non lo so, ci ho pensato e…" Hanamichi gesticolò a caso per concludere il discorso.

Rukawa sbatté le palpebre rapidamente, poi bofonchiò qualcosa.

"Che hai detto?" chiese Hanamichi.

"Ho detto che prima o poi dobbiamo trovare qualcuno che ci traduce a vicenda." Hanamichi ridacchiò.

"Vedremo di organizzarci, se alla fine del nostro appuntamento di domenica non mi fai accidentalmente cadere dagli scogli perché non mi sopporti più!"

"Non penso proprio che succederà," disse Rukawa, e la sicurezza nella sua voce spinse Hanamichi a guardarlo in faccia, cosa che aveva cercato di non fare negli ultimi minuti.

Rukawa scosse la testa: "Non ce la faccio a spiegartelo senza raccogliere le idee prima," disse, "Magari domenica."

"Magari domenica," disse Hanamichi con un sorriso, poi alzò un pugno: "Allora buona serata, Kitsune, fai tanta nanna che si vede che sei stanco."

"Nh. Buona serata," rispose Rukawa, battendogli il pugnetto. Poi, inforcò la bici e si allontanò pedalando.

   
 
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