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Autore: mutefish    17/09/2023    1 recensioni
Serenety sognava la Terra.
Correre tra prati infiniti e terra calda, e ridere sguaiatamente fino a stare male. Il calore del sole, e il pizzicorio gelido del vento sulla pelle.
Sognava l'amore, quello vero, dolce e perfetto.
Purtroppo i sogni, sopratutto quelli più belli, prima o poi finiscono.
La piccola principessa deve diventare adulta e affrontare due mondi pronti a farsi guerra.
Da che parte stare?
Cosa dovrà sacrificare per il Bene Supremo?
Scrivere è la mia cura ai miei attacchi di fantasia ossessiva. Da piccola ( ma anche ora da adulta) amavo Sailor Moon, e creavo nella mia testa storie aggiuntive o alternative alla storia canone.
Quindi vi propongo una storia diversa dal canone. Totalmente. O quasi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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* Nota autore: Salve a tutti, spero di ridurre le attese, ma ultimamente ho degli impegni lavorativi che mi costringono a lavorare nelle ore in cui di solito scrivo. (sigh), comunqueeee.... ho trovato difficoltà a gestire questo capitolo, perché la storia si sta evolvendo , lentamente, ma lo sta facendo a un ritmo ben prestabilito fin dall'inizio. tanto che in realtà ho tagliato due intere pagine, e messe da parte, o per il prossimo capitolo, o per il futuro. Nonostante ho la storia già delineata nella mia testa, alle volte capita che devio dal percorso prestabilito. Mi piace lasciare libertà ai personaggi, nei limiti del loro potere di prendere vita, e nel mio di essere loro "mamma". Spero che la storia vi stia piacendo, e se avete consigli o domande, sono aperta a ogni feedback. Detto questo, buona lettura!*


13. Due errori non fanno una cosa giusta, ma forniscono un'ottima scusa.







Un balzo calcolato, e senza troppo sforzo si era ritrovata sul parapetto di una delle finestre ad arco, che accostavano a decorazione il palazzo Argentato.
Il suo corpicino non aveva emesso un suono, e si adattava perfettamente nel percorrere quello spazio stretto, e dalla vista a strapiombo sul giardino. L’altezza non era un problema, fino a quando l’aderenza alle superfici si adattava perfettamente a ogni zampata, divorava la distanza tra una colonna all’altra, una rientranza, un parapetto; di quella che era una vera montagna russa di balzi e scatti rapidi, nati dall’istinto naturale di una percezione diversa da quella umana.
Odori a dipingere a chiazze colorate il mondo circostante.
Frequenze nell’aria.
Piccole onde, dalle diverse frequenze, a creare forme ben distinte, e le permettevano di vedere anche al buio. Anzi, soprattutto nell’oscurità si definivano con maggiore chiarezza, e la realtà si apriva davanti ai suoi occhi come un libro. E se oggettivamente tutto diventava più chiaro, consciamente tutto iniziava a perdere di significato. La sua parte animale stava totalmente prendendo il sopravvento sulla sua coscienza divina di guardiana. Luna manteneva ancora qualche sprazzo della sua natura, ma giorno per giorno quella limitazione la faceva sprofondare sempre di più in quella nuova natura bestiale. Tanto che iniziava a perdere consapevolezza e la connessione con le sue emozioni. Infatti, non temeva più di non poter tornare alla sua reale forma, e non le importava nemmeno.
Fame. Sonno. Riproduzione. Sopravvivenza.
Codici semplici, ma sovrascritti nel suo codice animale.
I buffetti vibravano e lei seguiva strisce di colore, che sembravano portarle a soddisfare quelle necessità base.
Sapeva chi era stata.
Sapeva quale era stato il suo compito.
Sapeva che aveva amato con tutta sé stessa quel mondo.
E la sua Principessa.
Tutto questo era sempre con lei, nel profondo, come un bagaglio emozionale a cui non aveva più totale accesso, se non un vago senso di familiarità.
Lontano.
E forse, proprio in nome di quell’amore, la portava a vegliare su tutti loro, in silenzio o con gli artigli, senza sapere perché.
Un riflesso incondizionato.
Non poteva fare molto in forma di gatto, se non girovagare per il palazzo e tenere d’occhio quelle nuove creature ospiti, che sembravano come lei, più animali che esseri senzienti.
Artemis, invece, rimase aggrappato al suo senso di colpa, e di sé stesso labile traccia di quello che fu, e seguiva Venus come un’ombra. Se fosse stata la vecchia sé, si sarebbe risentita. Mentre da gatto, apprezzava solo la solitudine, e un posto caldo e morbido dove riposare.
Infondo, lasciare andare, e lasciarsi andare, doveva essere la ricompensa al suo sacrificio.
Passò un tratto, percependo onde di suono fievoli farsi sempre più vicine, e divenire corpi affaccendati e ignoranti della sua esistenza.

- Tre, quattro pasti al giorno… -
- Le cucine sono in pieno fermento, mai vista una cosa simile. –
- Mangiano come animali. –
- Io li trovo carini. –
- Fino a che non finiranno tutte le scorte… -
- Smettetela con queste sciocchezze e tornare ai vostri compiti, abbiamo ordini precisi per oggi. -
- Si, cert… -
- Attenta mi sei venuta addosso! –
- Scusa. Ho sentito qualcosa accarezzarmi la gamba…-
-
Le frequenze si persero, e diminuivano di forza.
Un uscio semichiuso e si ritrovò in un grosso corridoio, e il musetto arricciato per ricercare un odore familiare.
Un odore di fiordaliso dipingere l’aria di viola.
Svicoli, insenature, balaustre. Stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio, in quello che nella sua percezione di gatto sembrava un unico e immenso percorso ad ostacoli.
La caccia era puro istinto, e in quel momento percepiva che era vitale di ritrovare quell’odore specifico.
Un'altra stanza, e altre due frequenze, in un intenso color ocra e sovrastava per forza e intensità l’altra di un pallido color grigio.

- Posso esservi d’aiuto in qualche modo, Generale? –
- No. Restiamo in attesa della convocazione. Tutto confermato sul lato Seya? –
- Tutto sotto controllo. –
- Bene. Notizie sulla Terra? –
- Zoisite è stanziato al Nord. Sta tenendo a freno le pressioni da Lord Amalric per il rinforzare l’alleanza. Non sembra digerire questo contatto con il regno lunare. –
- Riferisci il mio ordine di restare semplicemente una presenza sul territorio, di monitoraggio. Non voglio dare nessuna scusa ad Amalric per attaccare durante la nostra assenza. -
- Credete, Generale, che si spingerà a tanto? –
- Non lo so, ma credo che stiamo iniziando a perdere presa sul Nord, e più restiamo sulla Luna senza un accordo, più il pericolo di una rivolta si farà più concreta. –
- Nephrite sta radunando gli alleati delle casate del Sud, e non sta trovando resistenze. Per ora. –
- Meglio restare aggiornati, non vorrei ritrovarci accerchiati da nemici. –
- Jadeite non ha riportato minacce per ora alla sicurezza della Capitale reale, e… -
- … -
- Tutto a posto, Generale? –
- … Credo di sì. Mi era sembrato… -

Non poteva lasciarsi distrarre da quella strana massa umanoide di luce ocra, e silenziosamente aveva oltrepassato la scena, e aveva annusato l’aria per identificare quello che cercava.
Un luogo specifico.
Due differenti frequenze, e due odori complente opposti.
Il delicato e rosato profumo floreale.
Il corposo e intenso odore di terra fresca.
Finalmente era giunta a destinazione.
Cautamente si avvicinò al trono in marmo, e con un balzo raggiunse il poggiolo per avere un posto in prima fila e percepire un grattino dietro all’orecchio per accoglierla.
Selene era magnifica, e irradiava quella calma da farle semplicemente accovacciare e desiderare di passare tutto il giorno a fare le fusa sotto le sue dita delicate. Nonostante non era, purtroppo, quella la situazione.
Dall’altra parte della stanza, costruito apposta per l’occasione, su un enorme trono di legno in mogano scuro, incastrato in schegge d’oro, sedeva una figura massiccia e scura.
Erano stranamente soli.
Nessuna protezione, nessuna minaccia.
Un luogo dove la neutralità e una pax regnavano sovrani.
Entrambi i regnanti avevano giurato di rispettare uno stato di totale non belligeranza tra le mura di quella stanza, in un confronto alla pari tra Re e Regina.
Luna si accomodò impettita a seguire gli eventi, non tanto perché doveva, ma perché percepiva di essere nel luogo giusto, al momento giusto a ricordo di un tempo ormai lontano.

- Spero, Altezza, siate soddisfatto dell’ospitalità. Sarei molto rammaricata se non fosse o non fosse stata di vostro gradimento. –
- Non potevo aspettarmi di meglio, Vostra Magnificenza. Considerando che non siete abituati a visite da altri… mondi. –
- Forse i tempi sono maturi per questo incontro. –
- La Terra ha bisogno di rassicurazioni, non posso dire che tutti i miei vassalli siano contenti di questo incontro. –
- Comprendo, ma ripongo le mie più vivide speranze nel trovare un punto di connessione tra i nostri due mondi. Infondo, come potete ben vedere non sono poi così distanti. –
- A parte la vostra famosa longevità… -
- A parte la vostra famosa capacità di evolvervi. –
- Evolversi? Non riesco a seguirvi. È qualcosa da invidiare? –
- Chi persegue eternità raccoglie solitudine. -
- La vostra saggezza precede la vostra fama. Anche se sono sorpreso che vi siete spinta tanto a chiedere un primo incontro, soli. –
- Siete sorpreso? –
- Incuriosito, più che altro. -
- Mi hanno riferito che non siete rimasto molto colpito inizialmente dalla nostra ospitalità. –
- Voi siete famosa per la vostra saggezza, io per la mia irrequietezza. –
- Noto con piacere che sapete molto su di me, e sul nostro regno. Forse anche più di quanto noi siamo informati su di voi. Il Principe Endymion è stato molto meticoloso. –
- La conoscenza è un’arma. Mio figlio lo ripete continuamente. –
- Mi trovo concorde. -
- Non siate modesta, Altissima, la vostra erede al trono è stata altrettanto diligente nel raccogliere informazioni sul nostro piccolo pianeta. –
- Posso leggere il fastidio nel tono della vostra voce, e me ne dispiaccio. –
- Siete un popolo dal potere sconfinato, e con segreti aldilà della nostra comprensione. Non è stato piacevole scoprire di essere spiati. –
- La Terra è sempre stato un pianeta affascinante ai nostri occhi. Un respiro che si contraeva ed espandeva nell’universo. Così vicino ma anche così lontano. Voi siete stati proibiti, così quanto lo siamo stati noi per voi. Proibiti ma non meno interessanti. –
- Volete farmi credere che sia stato solo un atto di pura curiosità? –
- Chiamiamola curiosità, se vi aggrada. -
- Non mi state rassicurando. –
- Ho aperto i cancelli del tempo per voi, Maestà. Non vi sembra una rassicurazione abbastanza forte per passare al passo successivo? –
- Ho apprezzato i vostri sforzi, e sono rimasto colpito dall’invito. Ma a differenza vostra, Magnificenza, devo rendere conto ai miei alleati e sudditi. E loro non sono qui, con noi, a godere della vostra ospitalità. –
- Il mio popolo ha bisogno di rassicurazioni, così come il vostro. Il regno Argentato non ha mai conosciuto guerra, né spaccature interne, né conflitto. E torno ad assicurarvi, che non è nei miei propositi di affrontare un conflitto armato durante il mio regno. –
- Sulla Terra i regni si costruiscono e mantengono con il sangue. –
- E con matrimoni, se non sbaglio? –





Endymion percepiva la sua apprensione crescere, passeggiando avanti e indietro in quel corridoio, e gettando occhiate veloci alle porte serrate a nascondere l’incontro del secolo.
Suo padre e la sovrana assoluta della Luna erano da soli, in un incontro privato, e lui sudava freddo.
Non sapeva come prendere quella situazione in maniera logica, se non cercando di mantenere il suo solito stoicismo. Stoicismo tradito solamente dalla sua mano che ogni tanto cercava l’elsa della sua spada, e trovava l’aria, perché si era impegnato di non indossare.
Non sapeva se dovesse temere per quell’incontro, o auspicarlo, o se semplicemente rimanere interdetto per non essere stato coinvolto dopo il lavoro di mesi a saltare in due diversi fuochi e cercare allo stesso tempo di non scottarsi. Il Re non era famoso per la sua diplomazia nell’affrontare le situazioni, e ci trovavamo di fronte alla sovrana di un popolo che per secoli teneva nascosti i loro segreti e veneravano antichissime divinità.
Suo padre non sapeva dell’incidente con Seya, ed era meglio così. Gli avrebbe dato giusto una scusa per velocizzare le trattative a modo suo, mandando al massacro uomini su uomini, e prendere la Luna per sfinimento e ottenere un trattato di pace conveniente, soprattutto per la Terra.
I minuti scorrevano lentamente, o almeno gli sembrava di aspettare da un tempo interminabile che le porte di quell’incontro si spalancassero nel rivelare il destino di tutti loro. Aveva l’impressione che sulla Luna il tempo scorresse in modo diverso, e stava perdendo il senso del fluire degli eventi, in un contraddittorio percepire i secondi come secoli, e i secoli come impercettibili battiti di ciglia.
Un rumore di passi distaccò la sua attenzione dalla porta, e lanciando uno sguardo di intesa con Kunzite, si preparò a coprire la sua apprensione con una maschera di impassibile ritegno.
Baryl gli sorrise da lontano, sistemandosi una ciocca di capelli rossi scivolati lungo la fronte in un gesto abituale di tempi lontani di un’innocenza ormai perduta, o forse nascosta per necessità.
Ricordava quando l’aveva vista per la prima volta, una bambina spaventata, strappata dalla sua casa natale, e trapiantata in una corte dove si aspettavano meraviglie. Non si stupiva che per corrispondere alle aspettative, lei aveva combattuto con i denti e le unghie, e ottenuto rispetto e considerazione. Gliene dava merito, ed era stato il motivo per cui aveva avuto occhi solo per lei, per molto tempo. Aveva apprezzato la sua mente acuta, e la sua abilità di usare le parole per ottenere sempre quello che voleva, e i suoi racconti che profumavano di neve e paesaggi selvaggi.
E come lui, Beryl era prigioniera in una bolla troppo stretta.
Quella libertà che lui non aveva mai avuto, e lei aveva perso.
Beryl era riuscita ad avvicinarsi così tanto, che aveva scavato una voragine nel suo cuore.
E mentre la guardava avvicinarsi, quella voragine sanguinava.
L’immagine di quella ragazza dal cuore selvaggio non combaciava più con la donna che aveva di fronte.

- Interessante. –
- Beryl. – un cenno del capo, in un saluto appena accennato, per poi evitare i suoi occhi rubino, che lo squadravano da capo e piedi, quasi volesse agguantarlo e assaggiarlo in un sol boccone.
- Hai passato mesi a programmare un incontro diplomatico, e ti hanno lasciato ad aspettare come un cagnolino fedele, fuori alla porta. – lo stava provocando come al solito, per smuoverlo, farlo arrabbiare. E come al solito sapeva dove colpirlo, e racimolare sempre un briciolo di potere su di lui. Non gli piaceva quello squilibrio, e lo rifiutava, imponendo a sé stesso di non mostrare il più che minimo fastidio.
- Metti in dubbio le capacità del tuo sovrano di gestire un incontro diplomatico? Il Re sarebbe sorpreso di sapere di quanta poca considerazione hai per lui. –
- Touché. –
- Dovresti preoccuparti di quello che sta succedendo in patria. E cercare di smorzare l’impazienza di tuo padre. –
- Mio padre ha dato costantemente prova della sua fedeltà e pieno supporto alla corona, - piccola pausa, un sorriso soffiato e gli occhi che saettavano a richiamare l’attenzione, così che il messaggio sarebbe stato marchiato a fuoco. - viceversa, non vede il giusto ritorno ai suoi sacrifici. Ai nostri sacrifici. –
- Sono sicuro che riusciremo a trovare la giusta ricompensa alla vostra leatà, Beryl, appena riusciremo a chiudere il capitolo Lunare, e tornare sulla terra. –
- Non nasconderti dietro a un dito, Endymion, mentre indichi il problema. –
- Solo perché non ti piaccia la risposta, non significa che questa non sia la più adatta. –
- Dimentico quanto sei bravo a trovare una scappatoia in ogni situazione… - e lei rise, di gusto, assaporando le parole come fossero vino e lasciarsi inebriare, anche se c’era una labile nota di risentimento – quando ti troverai con le spalle al muro, e ti renderai conto di quanto vana sia la tua ostinazione, allora il peso che ti porti dentro, si scioglierà come neve al sole. – l’espressione seria conferiva forza a quella premonizione, e corse lungo la sua schiena sottoforma di un brivido gelato.
Lei non gli lasciava mai scampo, e lo raggiungeva sempre, nonostante i suoi sforzi di correre lontano. E per quanto provasse a nasconderlo, nel profondo, una parte di lui desiderava farsi prendere. Allo stesso tempo però, sentiva un’incrinatura da qualche parte, che aveva reso il vetro del loro rapporto incrinato e fragile alle intemperie, forse per quello rinnegava con tutte le sue forze, che lei fosse il suo destino.
Endymion non rispose, gli donò brevi attimi in cui quelle considerazioni sembravano modellarsi anche sul suo volto, per poi smorzarsi quando Kunzite gli aveva fatto notare che in quell’anticamera si era aperta un’altra porta, opposta a quella che nascondeva i sovrani.
Ticchettii di tacchi accompagnavano i passi delle nuove venute in una nenia cadenzata e lenta, e in una entrata in scena ad effetto.
Venus entrò per prima.
Mars, si affiancò a lato opposto.
Jupiter, di seguito.
E Mercury a posizionarsi a chiudere un quadrato immaginario.
E come un diamante incastonato in una montatura, Serenity prese forma in una scia di luce, vorticante. Di certo sapeva come fare un’entrata ad effetto, e forse, l’aveva programmata apposta per rimarcare le loro differenze.
Serenity era completamente vestita in nero, con il collo rigidamente coperto, e il tessuto a aderire come una carezza in un intrigato gioco di ricami. Un vestito molto casto, che ingabbiava le sue forme in un aspetto più adulto, meno sperduto. La parola “ragazzina” non si addiceva con la giovane donna che lo scrutava fin da subito in attesa. Di cosa non sapeva ben definirlo.
Di nuovo, un senso di familiarità che prudeva sulla pelle, come un sogno a occhi aperto non totalmente chiaro.
Si inchinò, reverenziale, ma non del tutto adeguato al protocollo, perché appena accennato, piegando le sue labbra in un sorriso enigmatico, ma educato.
Lei si stava avvicinando, e poté notare le sue protettrici trattenersi dall’agire e frapporsi fra loro, ma Serenity sembrava decisa a divorare la distanza, e a porgere la mano.

- Credo che sia il modo in cui voi Terrestri porgete i vostri rispetti, correggetemi se sbaglio, Principe Endymion. –
Rimase sorpreso da quella interazione, e dal tono amichevole, ma che sembrava punzecchiarlo in un crescendo.
Prese la sua mano, piccola e delicata, e sfiorarla gli sembrava quasi un’oscenità, e di sporcarla con la sua impura, così umana. Era pallida, come se il sole non avesse mai osato scalfire la morbidezza, e al contrario di quello che si aspettava, le sue labbra a quel contatto trovarono un tepore confortevole.
Indugiò meno di un secondo, ma non lasciò subito la sua mano, come se per istinto avesse voluto sentirne la consistenza e rendersi conto che quella stretta fosse reale.
- Non sbagliate, Principessa. La vostra conoscenza sulle nostre tradizioni è encomiabile. Temo di non poter ricambiare tale favore. – lei ritirò la mano, come se volesse allontanare dal fuoco e non scottarsi, e il faccino manifestava che non aveva apprezzato quel commento, ma le labbra si era incurvate comunque in un sorriso di circostanza.
- Vi perdono, ma non crucciatevi, ben presto tornerete alle vostre tradizioni, sulla Terra. –
Prese tempo, per cercare di capire come reagire a quella considerazione, e soprattutto cercare di capire se la Principessa avesse informazioni a lui precluse.
- Siete già stanca della nostra presenza, Principessa? – domandò, studiando attentamente la sua espressione, e gli occhi cielo rabbuiarsi di nuvole. Forse, non avrebbe dovuto, ma non resistette a sussurrare basso, al solo lei udito – In passato avete dimostrato piacere ad essere guidata da un terrestre. Spero che possiate ricambiare la gentilezza e istruirmi sulle vostre tradizioni, così da non recarvi mai offesa… -
Endymion era così vicino da poter sentire la fragranza di gelsomino e riflessi d’oro dei suoi capelli giocare con la luce naturale della stanza. Serenity era nettamente più bassa di lui, e quell’avvicinarsi era volutamente studiato per voler mettere a disagio e prendersi del tempo per scrutarla meglio.
Lei non indietreggiò, e non smise un solo istante di fisarlo negli occhi, e restituire uno sguardo che nascondeva la tipica calma prima della tempesta.
- Vi sentite soddisfatto? -
- Non capisco a cosa vi riferiate. –
- Se pensiate che darò la minima considerazione alle vostre parole, vi sbagliate. –
Quella frase lo colpì, ma non per il significato delle parole, o l’intenzione, ma il modo in cui la Principessa le aveva pronunciate. Forse, Serenity credeva di mantenere un certo contegno gelido, ma in realtà non era riuscita a contenere il rossore imporporargli le guance per la rabbia, e spezzare quella perfezione divina che l’ammantava. Per un attimo avrebbe potuta confonderla per un’umana o, meglio, una donna combattiva che rispondeva a tono a una battuta poco brillante.
Ancora una volta non riuscì a trattenere un sorriso.
La trovava buffa, e allo stesso tempo, temibile.
Una strana dicotomia, che non riusciva nemmeno lui a spiegarsi, e lo spingeva a sconfinare verso un limite molto pericoloso, e continuare a provocarla.
- Mi scuso se vi ho recato offesa in qualsiasi modo. – e si era inchinato, con rispetto e questa volta caricando la sincerità nel tono. – Non era mia intenzione. -
Serenity lo scrutò perplessa, forse perché si era preparata a contrattaccare a un'altra cattiveria gratuita, e non a delle scuse.
- Mi spiace di aver messo a rischio la pace di tutti. – sussurrò a fil di voce, solo per lui, come se lei gli avesse consegnato un regalo inaspettato.
La rabbia era scemata e lei sembrava genuinamente rammaricata. Lei che ammantata di un potere sconfinato, si scusava con lui, umano, e si dispiaceva per le sorti del mondo. E se davvero come professava Seya, il loro amore era così forte, significava che in quelle parole ci fosse il suo sacrificio offerto su un piatto d’argento.
Lo aveva spiazzato.
Serenity non gli diede il tempo di rispondere, perché era tornata dalle sue guerriere, e sembrava non guardarlo di proposito. E lì dove prima si erano scontrati, rimaneva come ricordo solo il suo profumo di gelsomino.
- Generale. –
Kunzite aveva richiamato la sua attenzione alla maestosa porta, finalmente spalancata. I due regnanti li aspettavano.

  
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