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Autore: Shainareth    02/10/2023    2 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Relegato al ruolo di amante, senza più una famiglia o un posto in cui andare, Athrun aveva dovuto rinunciare persino alla propria identità. La guerra gli aveva tolto tutto, ma in cambio gli aveva regalato lei.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: La presente shot è ambientata poco prima dell'inizio di Gundam SEED Destiny ed è in parte ispirata, oltre che da alcune fanart trovate online, anche alla shot Tresca di Tynuccia, che vi consiglio di cuore.




FRAGILITÀ


A quell’ora tarda, la magione era immersa nel buio e nel silenzio. Era stata una lunga giornata, una di quelle che avrebbe voluto dimenticare. Davanti agli occhi aveva ancora l’immagine di lei, che passava fra i corridoi degli uffici governativi insieme agli altri Emiri. Quel maledetto tipo alle calcagna, sempre pronto a metterle le mani addosso. Sebbene lei riuscisse a tenerlo a bada, Athrun avrebbe pagato oro pur di prenderlo a pugni almeno una volta. Non poteva farlo, però, e non solo perché Yuna Roma Seiran era uno dei membri del Parlamento di Orb. Era anche imparentato con gli Athha, ma grazie al cielo non condivideva un solo gene con Cagalli. Peggio ancora, era il suo promesso sposo.
   Relegato al ruolo di amante, senza più una famiglia o un posto in cui andare, Athrun aveva dovuto rinunciare persino alla propria identità. La guerra gli aveva tolto tutto, ma in cambio gli aveva regalato lei. Cagalli era forse la sola ragione che lo teneva ancora in piedi. L’unica per cui non era morto quel lontano giorno a Jachin Due. Le doveva tutto. Eppure, dentro di sé, avvertiva prepotente un senso di insoddisfazione che lo tormentava in ogni momento. Non era più padrone della propria vita; anzi, forse non lo era mai stato.
   «Athrun?»
   La voce di lei lo sorprese. Si volse verso l’ingresso della grande cucina e la vide lì, in piedi sulla soglia, con ancora indosso gli abiti da lavoro nonostante fossero le due passate. Era la prima volta che riuscivano a rimanere da soli dopo oltre ventiquattro ore.
   «Che ci fai sveglio a quest’ora?»
   «Non riuscivo a dormire.»
   Cagalli avanzò nella sua direzione. Aveva l’aria stanca, con tutta probabilità era rimasta a lavorare fino a pochi minuti prima. «Ti secca se ti faccio compagnia?»
   Lui le sorrise con tenerezza. «La smetterai mai di farmi domande sciocche?»
   La vide dirigersi verso il bollitore per prepararsi una tisana. «Ne vuoi una anche tu?» chiese, benché il giovane avesse già una tazza davanti a sé.
   «No, grazie.»
   Quando ebbe finito, sedette di fronte a lui. «Cos’è che ti ruba il sonno?» domandò in tono premuroso, allungando una mano per sfiorare la sua.
   Athrun intrecciò le dita a quelle di lei, godendosi quel contatto che gli era mancato durante tutta la giornata. «Tutto e niente», mormorò, non riuscendo a guardarla negli occhi. «Stamattina ti ho vista da lontano.»
   Non aggiunse altro, ma lei capì. Si alzò da dove era seduta, abbandonando così l’infuso ancora caldo, e andò a prendere posto accanto a lui. Poggiò la testa sulla sua spalla, nascose il viso nell’incavo del suo collo e Athrun le cinse subito le spalle, stringendola a sé. Si riempì i polmoni dell’odore dei suoi capelli, gli unici respiri capaci di tenerlo davvero in vita. Cagalli strofinò la punta del naso sotto la sua mascella, facendolo rabbrividire. Lo sentì ridere sommessamente.
   «Mi dispiace, oggi sono stata davvero impegnata.»
   «Ora però sei qui», la tranquillizzò lui, accarezzandole la schiena. Sebbene lei avesse un fisico asciutto e i muscoli ben torniti, ogni volta che la toccava gli sembrava fragile e in lui affiorava con prepotenza un senso di protezione nei suoi confronti. Allo stato attuale delle cose, però, non aveva il potere di fare molto al riguardo. Si sentiva inutile e quel senso di insofferenza, di insoddisfazione, diventava quasi un dolore fisico. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di essere degno di lei.
   La ragazza sollevò un braccio, gli accarezzò il viso, gli cercò la bocca con la propria. Fu un bacio tenero, carico di tutto ciò che non potevano dirsi a causa del fragile equilibrio che li teneva ancora insieme. Sapevano entrambi che poteva finire da un momento all’altro, non certo perché non si amassero. Avvertivano sempre, immancabile, l’ombra delle responsabilità gravare su di loro, su quel sentimento puro, passionale, vero. Avevano solo due vie d’uscita: separarsi o rimanere cocciutamente insieme, rischiando comunque di distruggersi a vicenda. Erano egoisti a sperare ancora di riuscire ad andare avanti così? A pregare in un miracolo?
   Cagalli pronunciò il suo nome, la voce calda, lo sguardo languido mentre avvertiva la punta delle dita di lui cercare la pelle nuda sotto la sua camicetta. Fu, quello, un invito a baciarla ancora e ancora, fino a che, col fiato ormai corto, lei si ritrovò seduta sul tavolo, le gambe attorno ai fianchi dell’amato. «Facciamo ancora in tempo a raggiungere la camera da letto?»
   «Col rischio che ci sentano andare di sopra?»
   «È rischioso anche qui.»
   «Lo so.»
   Nessuno, a parte i più fidati, sapeva di loro. Forse qualcuno aveva intuito, non era facile fingere di non amarsi, di non provare la minima attrazione, di non essere semplicemente un politico e la sua guardia del corpo.
   Occhi negli occhi, rimasero in silenzio per alcuni istanti. Infine, non riuscendo più a farne a meno, tornarono a cercarsi, più testardi che mai. In ogni sospiro, in ogni respiro, una muta preghiera, un disperato bisogno che nulla potesse intaccare quel dono prezioso. Ogni volta che si amavano, temevano sempre che fosse l’ultima. Una lacrima asciugata da un bacio, una carezza che rassicurava, un sussurro che veniva dal cuore.
   Quando riacquistarono un minimo di lucidità, riprendendo fiato e padronanza di sé, Athrun la baciò teneramente, aiutandola a rivestirsi prima che qualcuno potesse sorprenderli ancora in quelle condizioni. Non voleva perderla, non poteva. Non avrebbe rinunciato a lei per nessun motivo al mondo.
   «Stamattina è arrivato il via libera per la visita ad Armory One», lo informò Cagalli, sistemandogli il collo della maglia. «Ho già chiesto e ottenuto che sia tu ad accompagnarmi.» Lo vide sorridere di cuore, sapeva che ne sarebbe stato felice. «Potremo finalmente stare un po’ da soli.»
   «Ho davvero bisogno di saperti lontana da lui.»
   «Athrun...» protestò debolmente la ragazza, accarezzandogli il viso.
   «Lo so, lo so», disse il giovane, contrito, prendendole la mano e baciandone il palmo. «Ma non posso impedirmi di provare un gran fastidio vedendolo vicino a te, quando io invece sono obbligato a starti lontano.»
   Avvertendo una stretta al cuore, Cagalli lo baciò ancora. «Non desidero nessun altro», giurò sulle sue labbra.
   «Neanche io», le assicurò Athrun, sfiorando con i polpastrelli della mano il dito anulare di lei. Glielo avrebbe dimostrato. Le avrebbe fatto capire che non avrebbe rinunciato per nessun motivo all’unica cosa al mondo capace di dare un senso alla sua esistenza.
  
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