❝ i gazed upon the earth
observed every faulted line and time
she moved so slow.
(persephone in the garden, aidoneus)
C’è stato un tempo in cui neanche un filo d’erba si sarebbe sollevato per lei. Aveva le spalle un po’ più fragili, un po’ meno curvate dal peso degli anni, e gli occhi colmi d’infantile meraviglia; era solo una bambina, eppure il ricordo di sua madre Vilya - capelli ramati come i suoi, occhi gentili ma decisi - è ancora vivido nella sua mente, come una ferita da poco inferta. Il potere scorreva già in lei, flebile ed acerbo, sebbene non fosse ancora un cruccio: ci sarebbe stato tempo per preoccuparsene.
C’è stato un tempo in cui, superato l’Aramenté, il vento aveva incominciato a soffiare solo per lei. Zephrah l’aveva riaccolta come una figlia che torna a casa, e che porta dietro di sé il peso della Nobile Odissea — l’incertezza, la debolezza, la preoccupazione, l’insoddisfazione, il timore, la rovina, il successo. Il mondo stesso sembrava piegarsi dinanzi alla Voce della Tempesta.
C’è stato un tempo in cui avrebbe chiamato la montagna, e la montagna avrebbe parlato con la voce di Vax’ildan. Si sarebbe diffusa come un’eco, scivolando nel fruscio delle querce, arrampicandosi lungo alberi secolari ed intrecciandosi alle loro solide radici — avrebbe riso, sottovoce, e la risata si sarebbe confusa col gracchiare d’un corvo.
Oggi i suoi passi non sono più incerti come anni fa. La montagna pare aprirsi dinanzi a lei, abbracciando il suo incedere costante, a volerle dire: è questo il posto a cui appartieni. Il corvo che ricambia il suo sguardo, dall’alto del suo ramo, sembra volerle dire la stessa cosa. Il vento si alza — le foglie danzano ai suoi piedi, rispondendo alla luce emanata dal bastone stretto nella sua mano; gli animali sembrano fermarsi, pronti ad ascoltare la druida; la natura trattiene il fiato, tornando a respirare solo quando è Keyleth ad ordinarlo.
Quando Keyleth - la Voce della Tempesta, la figlia degli Ashari dell’Aria - parla, la montagna, inevitabilmente, risponde.