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Autore: AkaNagashima    18/10/2023    0 recensioni
Mi sono sempre domandata: come sarebbe andata davvero la serie se Sherlock e John si fossero conosciuti da bambini durante le estati estive?
Edimburgo è la città di Watson, dove durante il periodo estivo si annoia terribilmente non avendo poi molti amici con cui condividere la giornata, ma due enormi occhi cangianti si presentano davanti a lui chiedendogli di giocare insieme. La noia, infine, non è poi così difficile da superare.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mr Holmes, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qua, buonasera a tutti. 
Come sempre creerò un intro, perchè mi piace così. Questa è una ff che mi balenava da un po' nella mente. A causa di problematiche, non è esattamente un bel periodo, ho dovuto smettere di ruolare e non sono mai riuscita a cominciare questa role, anche perchè la mia pdr (che era anche la mia ragazza e scrittrice qui su EFP) mi ha bellamente lasciata così di punto in bianco, ed io di conseguenza l'ho mandata a quel paese, come si suol dire. Ergo, sono tre mesi che non ci vediamo e parliamo, ma io ai Johnlock NON rinuncio, MAI. Quindi eccomi qua ♥
Spero che l'idea possa piacervi, perchè ho intenzione di far subentrare un headcanon che ho creato io stessa sul mio Jawn preferito, buona lettura u.u

 



Estate




Estate 1983 Edimburgo, Scozia


Un sospiro affranto irruppe nell'aria calda della tarda mattinata. I capelli biondi e spettinati venivano mossi da un leggero vento, talmente tanto leggero che ad un primo sguardo nessuno sarebbe riuscito a notarlo. John aveva 10 anni compiuti ormai da qualche mese. Era annoiato, terribilmente annoiato, e tutti gli anni era la medesima storia. 
Suo padre era nuovamente partito per la guerra lasciando sola tutta la famiglia. Sua madre continuava a ripetergli che l'uomo aveva pur sempre delle responsabilità da svolgere e non poteva rimandare solo perchè il figlio più giovane desiderava la sua presenza a casa, anche se ne avesse avuto tutto il diritto. Dal canto suo Harriet, sua sorella maggiore, era fin troppo felice di sapere che l'uomo sarebbe rimasto fuori casa per altri mesi, non si sapeva mai quanti sarebbero stati, ma a lei andava bene così.
Harriet Martha Watson aveva tre anni in più rispetto a John ed una percezione già ben diversa della severità paterna dovuta ad anni in guerra. Da sempre arruolato nell'esercito britannico, Mr Watson non era esattamente un uomo amorevole ed un padre paziente, tutt'altro. Divenuto successivamente colonnello, il suo caratteraccio era solo peggiorato diventando quasi insopportabile. Ma agli occhi di un bambino di soli 10 anni com'era John, suo padre era un eroe, perchè combatteva per l'Inghilterra e per la Scozia, per proteggere la loro amata regina dai nemici. Essendo un bambino vedeva tutto in modo molto cavalleresco, mentre la sorella maggiore commentava dicendo che fosse solo un pallone gonfiato che se la sentiva un po' troppo.
Un altro sospiro affranto raggiunse il precedente. Si annoiava terribilmente. I suoi compagni di scuola, che provenivano da famiglie ben più ricche, partivano per le vacanze il giorno successivo alla fine della scuola, andandosene a zonzo per il mondo come se non fosse niente. Mentre John era costretto a restare ad Edimburgo, in quanto la sua famiglia non camminava esattamente nell'oro.
Non che gli pesasse, amava aiutare sua madre nell'orto ed a sistemare la piccola casa che possedevano, ma a volte gli sarebbe piaciuto viaggiare un po' ed osservare dalla finestra un panorama che fosse diverso dai campi estesi e dorati di Edimburgo. Ma la famiglia di Martha Watson, sua madre, non avevano accettato che volesse sposarsi con suo padre, e di conseguenza si erano allontanati tutti, non desiderando nemmeno vedere i propri nipoti. Mentre il padre, Hamish, era orfano da quando era solo un ragazzino, ed era stato per quello che aveva deciso di arruolarsi immediatamente nell'esercito appena compiuta la maggiore età.
Mentre la sua mente continuava a galoppare in giro a causa della noia, alle sue spalle stava avvendendo qualcosa. Poco distante da lui si trovava la casa dei Watson, un piccolo chalet molto caratteristico della zona scozzese, completamente in pietra e dal tetto un po' ammaccato, ma era pur sempre casa, e fu lì che sentì provenire delle voci.

« Ciao. »

Sobbalzò, non aspettandosi certamente che qualcuno lo salutasse improvvisamente. Non aveva sentito avvicinarsi nessuno, ma solo quel lieve bussare a poca distanza ed una donna che chiedeva se ci fosse qualcuno in casa, ma dalla voce sembrava particolarmente innervosita.
Abbassò lo sguardo, che ancora teneva in alto ad osservare il cielo completamente sgombro e senza una nuvola, trovandosi davanti a sè due enormi occhi azzurri, talmente tanto chiari e cangianti che per un attimo si chiese se fossero davvero di quel colore. Un bambino si trovava in piedi, davanti a lui, serio come mai credeva possibile da parte di una presenza così piccola, e con una benda da pirata che avrebbe dovuto coprirgli un occhio, ma era stata alzata per vederci meglio.
Solo dopo si accorse che costui era tutto completamente vestito da pirata, compreso di cappello, stivali, finto uncino ad una mano e pappagallo finto sulla spalla.
Perchè era finto, vero?

« Cos'è? Sei sordo? Ti ho salutato, sai? Sarebbe educazione rispondere. »
« Ah.. sì. Hai ragione, scusami. Ciao. » 

Vide il bambino sorridere, ma fu talmente veloce che si domandò se l'avesse fatto davvero. Quel cambiamento repentino lo lasciò perplesso dando però colpa al caldo che stava percependo. Cosa ci faceva lì quel bambino? Era da solo?

« Come ti chiami? »
« John. » rispose di rimando. « John Watson, e tu? »
« Sherlock Holmes. E mi sto annoiando, proprio come te. »
« Come fai a dire che mi stia annoiando? »
« Dubito che tu ti diverta a stare solo e a guardare il cielo, o intorno a te, per ore. » commentò di rimando, come se fosse la cosa più ovvia, il che era vero però. « Ti va di giocare? »

Il biondo lo osservava perplesso. Era troppo diretto per essere più piccolo di lui. Che avessero la stessa età ma era affetto da qualcosa che lo aveva reso così basso? Magari nanismo? Ne aveva letto qualcosa sui libri di medicina che possedeva sua madre, quindi poteva essere, ma non domandò, non sarebbe stato educato.

« E a cosa ti andrebbe di giocare? »
« Mi prendi in giro? Non vedi come sono vestito? » domandò il più piccolo, perplesso. « Ai pirati, ovvio! »

Beh, tanto meglio che stare seduto lì ad annoiarsi guardando il cielo ed il panorama circostante, no? Quindi decise che avrebbe accontentato quel bambino, che lo avrebbe fatto divertire e magari si sarebbe divertito lui stesso, in fondo. 

[ . . . ]

John si accorse immediatamente dell'intelligenza e della capacità di osservazione oltremodo sviluppata di Sherlock. Riusciva a captare qualsiasi cosa intorno a lui, sembrava avesse già letto più libri di quanto potesse riuscire davvero a fare un bambino della sua età. 
Si era fatto ormai pomeriggio ed avevano giocato per tutto il tempo. Non solo ai pirati, ma anche a nascondino ed a rincorrersi immersi in quegli enormi prati scozzesi che a  John piacevano tanto. Si erano lasciati andare sotto ad un albero, all'ombra, per riprendere fiato. Erano entrambi molto sudati, ma felici, e persino Sherlock stava sorridendo davvero, ed era talmente carino che John si ritrovò a fissarlo. 
Non aveva avuto modo di studiarlo in profondità. Aveva solo visto quegli occhi cangianti, ma la pelle era decisamente pallida - forse anemia, chissà - ed i capelli corvini e riccioluti gli donavano un'aria regale. Che fosse figlio di qualche nobile ancora in piedi? Ma lì non l'aveva mai visto.

« Puoi domandare, se vuoi. » mormorò il bambino, come se gli avesse letto nella mente. « Non ho niente da nascondere, cosa vuoi sapere? »
« I-Io.. veramente non saprei. »
« Non sono di qui. » continuò. « Vengo da Londra, in verità. Anche se in realtà dovrei dire dal Sussex, ma lì ci vive mio zio. »

John annuì, adesso molto interessato a quella descrizione. Non aveva davvero chiesto, eppure Sherlock aveva capito che voleva sapere qualcosa in più su di lui. Sperava davvero di aver trovato un amico. Aveva difficoltà a farsene sia perchè tutti conoscevano suo padre, e ne avevano paura, sia perchè dicevano che sua sorella fosse strana, quando a lui sembrava la ragazzina più normale del mondo. Storse il naso a quel pensiero.

« Sei qui in vacanza, quindi? »
« Già, ma è una noia mortale. » mormorò il più piccolo. « Mio fratello maggiore ha 17 anni, non ha mai giocato con me sul serio, ma da un po' ha smesso, troppo concentrato negli studi e nel voler andare all'Università. »

Beh, non era poi così strano che una persona desiderasse studiare e crearsi un futuro, alla fine, ma mettendosi nell'ottica di un bambino più o meno della sua età, e che fosse un fratello minore. Quindi rimase in silenzio a pensare per qualche minuto, giusto per capire bene come continuare la conversazione. Solo dopo si accorse del crepuscolo imminente, sua madre l'avrebbe sicuramente ammazzato se fosse tornato troppo tardi, inoltre doveva assolutamente portare Sherlock a casa, non conosceva quelle zone e poteva perdersi. 

« Credo sia arrivato il momento di andare. » ammise infatti, alzandosi ed aiutando il più piccolo a fare lo stesso. « Non vorrei che i tuoi genitori si preoccupassero.. »

[ . . . ]

Tornarono a casa di John che era ormai il crepuscolo inoltrato, il biondo non si era minimamente accorto di quanto si fossero allontanati a forza di giocare e rincorrersi. Davanti alla porta di casa sua si trovava sua madre che parlava con qualcuno, erano tre persone, due adulti ed un ragazzo, quest'ultimo aveva uno strano ombrello in mano e sembrava molto più vecchio della sua età. 
Quando sua madre lo vide avvicinarsi con Sherlock, indicò loro verso di lui, e tutti e tre gli estranei si voltarono. Non ebbe problemi a capire che fossero imparentati col suo nuovo amico, a partire dalla forma del volto dell'uomo e dagli occhi cangianti della donna, mentre il più giovane tra loro aveva uno sguardo dannatamente serio per essere solo un ragazzo di 17 anni.

« Oh Williamo, eccoti! » annunciò la donna, avvicinandoglisi. « Ti abbiamo cercato d'appertuto. Ti avevamo detto di stare con tuo fratello! »
« Ma era così noioso, non faceva altro che studiare.. » mormorò il bambino lasciando la mano a John ed avvicinandosi alla madre che lo abbracciò di slancio, abbraccio che non venne ricambiato. « ...e comunque il mio nome è Sherlock. »
« Grazie per avergli tenuto compagnia, ragazzo. » fu la volta dell'uomo di avvicinarglisi e posargli una mano sulla spalla. « Spero non sia stato così ingestibile, a volte William è complicato da tenere buono. Come ti chiami? »
« John Watson, signore. » si presentò immediatamente. « Oh no, è stato divertente. Era molto che non mi divertivo così. Sherl-- Cioè, William è simpatico! »

Un silenzio perplesso scese sui tre parenti del bambino. E tutti e tre lo fissarono come se si fosse appena trasformato nel mostro di Lochness. Cos'aveva detto di così eclatante? Che Sherlock fosse simpatico?
Ma poi, si chiama Sherlock o William? Non stava capendo. A quel punto fu la volta del fratello maggiore di schiarirsi la voce e parlare.

« Certo che la Scozia si sta veramente rivelando interessante, addirittura trovare simpatico mio fratello. » mormorò infatti. « John, scusami se mi permetto, ma devi annoiarti davvero molto. »

Beh, non che avesse torto, ma quel modo di saccente con cui gli aveva rivolto la parola non gli era andato molto a genio. Ma decise di non rispondere, incrociando così le braccia al petto ed assottigliando lo sguardo blu. In tutto ciò, Sherlock stava tentando di liberarsi dall'abbraccio - che stava durante decisamente troppo - della madre.

« Se posso permettermi. Se vostro figlio si annoia davvero così tanto e con John si trova bene, perchè non lo portate qui dopo pranzo? Possono stare insieme, si divertirebbero e si terrebbero impegnati. » 

Sua madre gli fece l'occhiolino da lontano, e John le sorrise ringraziandola con lo sguardo. I genitori, e così il fratello, del più piccolo sembrarono particolarmente d'accordo e soddisfatti con l'idea, si ritirarono per la cena promettendo che il giorno dopo Mycroft - così si chiamava il figlio maggiore - avrebbe accompagnato Sherlock a casa dei Watson per poter stare insieme nel pomeriggio.
Sì, forse quel periodo estivo non sarebbe poi stato così male. 
  
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