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Autore: Giulix_10    11/11/2023    0 recensioni
Bridgette, Geoff, Courtney, Duncan, Heather e Alejandro sono sei adolescenti che hanno deciso di stare per un mese e due settimane ad un soggiorno. I sei dovranno stare in un unico appartamento insieme, offerto dall'azienda che ha organizzato il soggiorno. Nessuno di loro conosce l'altro, come faranno a non crollare sotto il peso dei loro stessi demoni e a condividere qualunque cosa con gli altri?
DAL CAPITOLO VII:
" - Hai mai la sensazioni che il mondo stia lottando contro di te? Che ti voglia distruggere? - chiesi.
Alejandro rifletté qualche attimo.
- Sì, eccome. Ma sai, a volte la vita ci mette alla prova per vedere se siamo all’altezza di questo universo, testa se siamo abbastanza forti - fece una breve pausa.
- E quando nota che lo siamo, ci ricompensa, perché lei stessa sa che è difficile averla come compagna - "
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Ciao ragazzi e bentornati! 

Come vi ho detto in questi giorni sono 

molto impegnata ma comunque riesco a scrivere. 

Buona lettura! 


CAPITOLO VIII 
There’s things I wanna say to you 

But I’ll just let you live. 

Cinnamon Girl, Lana Del Rey 


Duncan 
Io, Geoff e Bridgette avevamo appena finito di giocare a carte e avevo vinto io grazie a qualche tecnica che mi avevano insegnato al riformatorio. 

Mancavano ancora i genitori di Courtney e i miei all’appello, ma sicuramente non sarebbe venuto nessuno per me. Sapevo già che Carmen era andata in vacanza per una pausa estiva e figuriamoci se i miei genitori mi sarebbero venuti a trovare. 

Era triste, ma l’avevo accettato. 

La madre e il fratello di Alejandro se n’erano appena andati, avevo scovato un altro demone. Ancora.  Mi venne in mente l’unica frase di Shakespeare che ero mai riuscito ad imparare, l’unica che mi era rimasta impressa come una cicatrice. 

“ L’inferno è vuoto e tutti i demoni sono qui”. 

Quella frase era vera sotto molti punti di vista, mai mi era sembrata reale come in quel momento. 

Osservai Courtney: era in piedi e batteva in continuazione il piede sul pavimento, mentre si mordeva le unghie della mano sinistra. Non le davo fastidio da un po’. 

Ansiosa, principessa? - le chiesi, non dimenticandomi del nomignolo. 

Da quando l’avevo baciata avevo fatto finta di ignorarla per non affrontare l’argomento, ma era stato più forte di me infastidirla. 

Alzò le spalle. 

Stavo per replicare quando si udì per la quarta volta il suono stridulo del campanello. 

L’ispanica aprì la porta, ricomponendosi in fretta. 

Ciao mamma, da quanto tempo - disse abbracciando la donna

dalla pelle bronzea. 

Ciao. Come va? - le chiese. 

Tutto bene - mentì.

La donna si girò verso di me e “i piccioncini”, la salutammo cordialmente. Fece un lieve sorriso, poi il suo sguardo tornò su Courtney. 

Stai studiando, vero? Quest’anno c'è un nuovo corso a cui vorrei che partecipassi - 

Courtney deglutì e per la prima volta vidi nel suo volto, apparentemente spavaldo, un briciolo di paura. 
Silenzio. 
Beh, allora? Per diventare avvocato non puoi certo startene con le mani in mano a non fare nulla dalla mattina alla sera, devi impegnarti anche quando ti sembra che non  serva - le disse dura la madre. 

Quella era l’ennesima prova. L’ennesima prova che la perfezione era solo la versione fotocopiata della realtà. Non esisteva.
Gli occhi dell’ ispanica si lucidarono. 

Se non hai niente da dirmi, me ne vado - la madre di Courtney fece per voltarsi, ma lei la fermò. 

Ti senti, quando parli? - disse con voce tremante. 

Fece una breve pausa.

Non ti sei nemmeno chiesta che cosa ho fatto in questi giorni, come stavo, se avessi problemi. Ti sei chiesta solo se la tua figlia perfetta fosse rimasta tale - parlò lentamente, come per assicurarsi che la madre sentisse tutto. 

Due lacrime rigarono il viso di Courtney. Dall’espressione di sua madre potevo intuire che era la prima volta che la principessa si ribellava. 

Courtney
Finora non avevo mai osato dire una cosa simile a mia madre. Tante volte ero stata sul punto di farlo, ma poi mi dicevo che forse era colpa mia e che lei si era tanto impegnata per avere una vita così perfetta, non avevo il diritto di rovinargliela. 

Invece il diritto ce l’avevo eccome, dopo tutto quello che mi aveva detto.

Appena pronunciai quelle parole mi sentii libera, libera di un peso che portavo da troppo tempo. 

Mia madre si girò verso di me lentamente, incredula. Rosa Parks cambiò il mondo con una parola, io avevo svoltato la mia vita con un paio di frasi. 

La donna con gli occhi scuri non disse nulla, troppo spiazzata per parlare, si limitò ad uscire da quell’appartamento. 

“Che cosa ho fatto?” Mi chiesi. 

Asciugai le lacrime che mi solcavano il viso e mi girai verso gli altri. Geoff e Bridgette erano dispiaciuti, era parecchio visibile, Duncan…Non lo so. 

Mi diressi in camera, chiudendomi la porta alle spalle. Avevo sicuramente ribaltato la mia vita, ora restava da capire se la svolta era positiva o meno. 

Mi sedetti sul letto, ma non piansi ancora, perché in fondo non mi sentivo davvero in colpa. 

Qualcuno bussò alla porta. 

Entra - dissi, convinta che fosse Bridgette. 

Rimasi sbigottita quando invece entrò Duncan. Stava sorridendo, ma non era un sorriso provocatorio. 

Che cosa vuoi? - 

Pensavo ti facesse piacere un po’ di compagnia - disse. 

Si sedette accanto a me. Lo guardai in cagnesco, ma non sembrò farci troppo  caso. 

Rimanemmo in silenzio per un po’, poi una domanda mi iniziò a tartassare la mente e non potei fare a meno di estinguere il dubbio. 

Perché mi hai baciata? - 

Duncan sembrò impreparato, ma trovò una risposta. 

Perché Kail è un vero pezzo di merda, devo fargliela pagare - 

Non credo proprio, non avrebbe avuto senso baciarmi solo perchè “Kail e un pezzo di merda”, non avrebbe avuto alcuno scopo - gli dissi. 

Volevo che capisse che non ero una di quelle stupide con cui se la faceva, non mi sarei imbambolata né avrei creduto alle stupidaggini che diceva. 

Lo guardai negli occhi: quell’oceano. Quelle sfumature così chiare da sembrare acqua vera e propria. Quell’azzurro innaturale. 

Duncan 

Mi aveva scoperto. Non le avrei mai detto la verità, che lei mi aveva intrappolato in quel pozzo senza fondo che erano i suoi occhi. 

E’ quello che penso davvero - mentii. 
Mi soffermai sui suoi tratti: gli occhi a mandorla, il naso delicato e gli zigomi pronunciati. Mi piaceva, ma non solo fisicamente. 
Ci guardammo per un po’, poi ricominciò a parlare. 

Ho sbagliato? A dirle così? - 

Pensai per qualche secondo. 

No - 

Roteai di poco il braccio, in modo da farle vedere un tatuaggio. 
I just want to see you shine 'cause I know you are a star, girl 
Lo lesse con calma. 

Non sapevo ti piacessero altri generi oltre alla musica rock e metal - disse. 

Infatti non mi piacciono. Ma questa frase me la sono tatuata aspettando il momento in cui non avessi trovato la solita ragazza che non mi ama davvero, la solita che mi adora solo per il mio fisico o per qualsiasi altra cosa che non sia la mia anima. L’ho inciso sulla mia pelle in attesa che qualcuna aprisse gli occhi - 

Mi guardò intensamente. Non avevo mai visto Courtney con quello sguardo. 

Tu oggi hai brillato. Hai fatto uscire la vera te. L’hai liberata - le dissi. 

Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma si sforzò per non farle traboccare. 

La raccolsi in un abbraccio, che accettò mentre quelle che mi piaceva definire gocce le scorrevano sul viso. 

Andrà meglio, principessa. Ci sono già passato -  

Heather 
Non sapevo quanto tempo avevo passato a piangere. A piangere con il conforto di Alejandro. Era stato il pianto più liberatorio della mia vita. 

Asciugai le lacrime che mi umidificavano le gote. Guardai Alejandro. 

Direi che ho finito - dissi con la voce ancora impastata dal pianto. 

Mi sorrise. Un vero sorriso. Un sorriso raro. 

Mi alzai e uscii dalla stanza, seguita da Alejandro. Un’altra porta si aprì, e ne uscirono Courtney e Duncan, la prima sembrava aver appena concluso un scaricata di lacrime. Eravamo nella stessa identica situazione a quanto pare. 

Andammo in salotto, dove trovammo Bridgette e Geoff che limonavano come se niente fosse. 

Feci un colpo di tosse per richiamare la loro attenzione. 

Ragazzi, finalmente! Dopo noi tre facciamo una bella chiacchierata - disse Geoff rivolgendosi ai ragazzi. 

Bridgette sorrise maliziosa. Adesso ci si metteva pure lei?! 

Non è successo nulla, ho solo fatto un pianto liberatorio, né più né meno - misi in chiaro. 

Stessa cosa - si affrettò ad aggiungere Courtney. 

Parliamo di voi piuttosto… - disse Duncan con un sorrisetto rivolto a Geoff e alla surfista. 

Almeno noi non lo nascondiamo - fece notare Bridgette. 

Tutti e quattro roteammo gli occhi. 

Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante l’ispanica spezzò la quiete. 

Voglio vendicarmi. Riguardo a Kail - 

Tutti la guardammo sorpresi. 

Non avevi detto di non volerlo rivedere mai più? - chiese Bridgette. 

Devo fargliela pagare - disse Courtney in modo deciso. 

E come intenderesti farlo? - domandai io. 

Avevo ancora quel peso che mi aveva lasciato Kail. Quella cicatrice che aveva osato sfiorare. 

Che ne dite se ne parliamo davanti a una pizza e due birre? E’ quasi ora di cena - disse Geoff. 

Tutti accettammo, ma stavolta decidemmo di uscire e quindi di non asportare il cibo. 

Dopo aver cercato qualche locale su Google Maps arrivammo alla conclusione che il posto più vicino era un ristorante di fritti. 
Arrivammo al locale, provvisto anche di bar e ci sedemmo su un tavolo spazioso. Ordinammo cibo e birre, appena furono arrivate discutemmo su come farla pagare a Kail. 

Non sei l’unica a volergli spaccare la faccia, Courtney, ma temo che non sia una buona idea picchiarlo a morte e piazzando prove per incastrare qualcun altro - disse Alejandro dopo aver ascoltato la vendetta  che aveva in mente l’ispanica. 

Lei sospirò. 

E se ci andassimo a parlare? Tutti, intendo. Ha insultato Heather, cosa che ha fatto palesemente incazzare Alejandro, ha quasi violentato Courtney e Duncan ha parecchi motivi per odiarlo - propose Geoff. 

E voi due che motivi avreste di essere incazzati a morte con lui? - chiese il punk mentre sorseggiava la birra. 

Io sono vostro amico e che mi crediate o no mi ha dato parecchio fastidio, e Bridgette è amica di Heather e Courtney e penso che anche lei di sicuro non lo adora - replicò il festaiolo. 
Io ero d’accordo, anche se tutti eravamo consapevoli che sarebbe finita male, ma lo facevamo per orgoglio. Perché il karma torna sempre, deve tornare sempre, ed è giusto così. Anche Kail doveva ricevere il suo. 

Fissai l’hamburger che avevo nel piatto. L’ultimo pasto che avevo ingerito l’avevo dovuto vomitare. Avevo paura di non farcela, ma Alejandro mi accarezzò la schiena. Non stavamo insieme e di certo non avrei iniziato magicamente ad amarlo per una consolazione, ma diciamo che rispetto a prima mi piaceva di più. 

Mi feci coraggio e iniziai a mangiare il panino. Mi sorpresi che non fu così difficile finirlo. 

A fine serata passeggiammo un po’, tutta quella birra e i fritti ci avevano gonfiati come palloni. 

A volte essere adolescenti era terribile, altre volte era divertente. 

Quella volta era la seconda opzione. 

Courtney 
Stavamo camminando per un vialetto, erano circa le undici di sera. Bridgette e Geoff si tenevano per mano. Alejandro aveva in mano una bottiglia di birra e Heather passeggiava accanto a me. Duncan stava tirando fuori dalla tasca un accendino e un pacchetto di sigarette. 

Mi sorpresi di trovare Heather intenta a fissare incessantemente Alejandro.

Sicura che non ti piaccia? - le chiesi a bassa voce. 

No. Cioè, non so, io… -  farfugliò invano. 

L’amore è un sentimento complicato - sentenziai. 

Heather sembrò infastidita dalla mia affermazione, ma in fondo era consapevole che era la verità.

Anche io mi stavo accorgendo che c’era qualcosa di diverso in me. Un’emozione differente. Mai provata prima. 

Osservai Duncan, anche se nel buio non si riusciva a vedere molto: indossava dei pantaloncini lunghi fino al ginocchio bianchi e una t-shirt oversize nera. Aveva da poco iniziato a fumare una sigaretta. 

Accorgendosi del mio sguardo addosso fu quasi sul punto di ghignare, ma non lo fece. 

Vuoi? - mi chiese porgendomi la sigaretta. 

Avevo fumato un paio di volte, non mi piaceva granché. Ma per una volta potevo anche permettermelo, no? Presi la sigaretta fra due dita e fumai per un paio di minuti, non di più, odiavo il retrogusto del fumo. 

Gli porsi di nuovo la sigaretta. 

Domani finalmente Kail avrà quello che si merita - mi disse. 

Sospirai. 

Già - 

La vendetta era bella, ti dava un senso di soddisfazione tutto nuovo, ma non durava per sempre. In fin dei conti, risolveva le cose temporaneamente, ma non per sempre. 

Nulla dura per sempre. 

Ed eccoci di nuovo qui! 

Anche stavolta grazie per aver letto, 

non so quanta gente sia arrivata fin qui. 

Ci vediamo al prossimo capitolo! 

Giulix
   
 
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