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Autore: Hatsumi    11/11/2023    0 recensioni
Stefano ha trent'anni, una grande passione per il calcio e un buon gruppo di amici. Stefano è gay, non lo nasconde ma nemmeno lo sbandiera ai quattro venti. Riesce perfettamente a dividersi tra la sua squadra di calcetto e il suo gruppo di amici, senza che queste due realtà della sua vita si scontrino. Finché in squadra arriva Paolo: bello e misterioso che Stefano scopre di conoscere dai tempi del liceo...
Genere: Commedia, Drammatico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La mattinata di lavoro scorre lenta. Non c’è molto da fare quel giorno, a causa di alcuni scioperi delle case editrici. Stefano si limita ad autorizzare e ordinare una serie bonifici, il classico lavoro del venerdì entro le dodici, in modo che tutto possa essere completato prima della chiusura del weekend. Alberto ne approfitta per portarsi avanti con i lavori della settimana successiva, effettua alcune telefonate e compila alcuni documenti. 
Stefano osserva il paesaggio grigio, cupo e prettamente autunnale che riesce a scorgere dai finestroni dell’ufficio. Probabilmente è piovuto nella notte perché la strada era umida e l’aria durante il tragitto casa-lavoro era decisamente più frizzante. Nonostante il grigiore, sembra che non pioverà nel corso della giornata e Stefano lo spera, perché la sera ci sarà l’allenamento preparatorio alla trasferta di domenica. Non sopporta giocare sul campo bagnato, specialmente di sera. 
Si sofferma sul profilo di Alberto, impegnato in una telefonata sul cordless dell’ufficio. Deve aver fatto qualcosa ai capelli perché sembrano diversi. I due ciuffi che generalmente ricadono sulla fronte sono un po’ più alti e la riga è un po’ più spostata verso sinistra. È annoiato, riesce a percepirlo dai micro gesti che effettua in modo quasi metodico: si aggiusta il colletto della camicia, si massaggia il ponte del naso con pollice e indice e poi allunga le gambe sotto la scrivania, facendo una smorfia. In quei sei anni di lavoro fianco a fianco ha imparato a conoscerlo bene e a riconoscere i segnali del suo corpo, si chiede se anche Alberto non si sia messo a studiare anche lui allo stesso modo. 
Passa poi a osservare l’abbigliamento, non è elegante come al solito, indossa una camicia bianca  con dei piccoli disegni blu assomigliano a dei gigli fiorentini, non porta il completo ma dei jeans a lavaggio scuro e delle scarpe da ginnastica in velour blu e bianche. Di solito quando indossa degli abiti più casual è perché ha fissato un incontro con qualcuno, un aperitivo seguito da una cena e sicuramente un dopo cena. Si chiede se possa trattarsi del barista del giorno precedente o se abbia già trovato un altro. A volte invidia le abilità sociali e seduttive di Alberto, grazie alle quali non è mai da solo. Eppure esteticamente non poi così appariscente. Certo, ha dei bei lineamenti, il suo aspetto è ben curato e la barba sempre tagliata di fresco, eppure quando escono in gruppo, lui è sempre il primo ad essere notato.
Distoglie lo sguardo e ritorna ad osservare lo schermo del pc. L’orario segna dieci e mezza, solo due minuti più tardi rispetto all’ultima volta che aveva controllato. Sbadiglia, coprendosi appena la bocca con il palmo della mano. 
 
-Caffè?
 
La voce di Alberto risuona come una melodia piacevole nelle sue orecchie. Si gira e annuisce. Si alzano e raggiungono la macchinetta del caffè, senza dire una parola. Dopo aver preso le rispettive bevande, si siedono al tavolino della caffetteria. L’ufficio è deserto, probabilmente approfittando dello sciopero molti dipendenti si sono presi dei permessi o dei giorni di ferie. Stefano inizia a pentirsi di non averci pensato lui stesso. 
Alberto mescola il suo caffè con lo sguardo basso, non ha ancora detto nulla ed è strano da parte sua. 
 
-Non mi hai ancora detto se il ragazzino ti ha chiamato… 
 
Chiede, deciso a rompere il ghiaccio. 
 
-Certo che mi ha chiamato. Siamo usciti subito ieri sera… niente di speciale. 
 
Risponde, lesinando sui dettagli. Stefano trova insolito questo suo atteggiamento, di solito non vede l’ora di raccontagli ogni cosa, anche i dettagli più scabrosi.
 
-Lo rivedrai anche stasera?
 
Chiede, per verificare che la sua ipotesi sull’abbigliamento casual sia fondata.
 
-No, magari più avanti… stasera sono stato incastrato da Giulio. 
 
Risponde. Sembra piuttosto scocciato.  Stefano lo guarda stupito, inarcando le sopracciglia. Alberto scuote il capo.
 
-Non farti strane idee. Mi ha praticamente obbligato a fargli da accompagnatore a un aperitivo in inglese, organizzato dalla Shenker per la sua banca. Ogni dipendente deve portare un amico o un familiare e lui ha ben pensato di portare me. 
 
Spiega, sospirando. Stefano capisce la scelta di Giulio, poiché sa che Alberto ha vissuto tre anni in Inghilterra, durante l’università. Tuttavia nulla gli toglie dalla testa che ci sia qualcos’altro dietro a questa scelta. Dopotutto anche lo stesso Stefano ha vissuto in Erasmus per sei mesi, ad Aberdeen, durante l’ultimo anno di università e anche Andrea e Luca hanno modo di confrontarsi con la lingua abitualmente. Perché scegliere proprio Alberto?
 
-Beh, tu lo conosci molto bene l’inglese. 
 
Conferma Stefano, sperando che Alberto si lasci sfuggire qualche altro dettaglio. Questi si limita a fare spallucce.
 
-Non era necessario, il livello offerto è così basso che anche un ragazzino di prima media ci sarebbe potuto andare. Anche tu sei stato in Inghilterra, ricordo male?
 
Stefano annuisce.
 
-Scozia, in realtà. Però solo in Erasmus e per sei mesi… tu ci hai vissuto veramente. 
 
Alberto storce il naso.
 
-Non è che vuoi andare tu al posto mio? Te lo cedo volentieri… 
 
Propone Alberto, con un finto sorriso. 
 
-Assolutamente no. Stasera ho gli allenamenti e poi… se l’ha chiesto a te, ci sarà un motivo.
 
Azzarda un po’ nella sua risposta e rivolge uno sguardo di sfida ad Alberto, sperando che la colga e si lasci sfuggire qualche dettaglio. Alberto, però, fa finta di nulla e taglia corto.
 
-Sì, per rompermi le palle. Comunque, ritorniamo in ufficio… questa giornata sembra eterna. 
 
Esclama Alberto, alzandosi dalla sedia della caffetteria e lanciando a canestro, a distanza, il bicchierino da caffè. 
 
 
Seppur a fatica, Stefano riesce a portare a termine la giornata di lavoro. Quando esce dall’ufficio il sole sta già tramontando, anche se le temperature sono leggermente più gradevoli rispetto alla mattina. Si allaccia la giacca a vento fin sotto alla gola e percorre, senza troppa fretta, la strada per la metropolitana. Gli allenamenti sono alle otto, c’è ancora tempo. Appena prima di scendere le scale, sente vibrare la tasca della giacca a vento, dove si trova il cellulare. È un messaggio da parte di Paolo, con una foto.
 
“Pronto al sacrificio. 🫡 ”
 
Stefano si ferma un attimo per osservare con attenzione la foto. D’impulso vorrebbe rispondere “Sei bellissimo”. Ovviamente si trattiene. La foto lo ritrae davanti ad uno specchio a figura intera, probabilmente all’interno di una cabina armadio, a giudicare dagli abiti appesi che si intravedono attorno a lui. Indossa una polo bordeaux a manica lunga, piuttosto aderente, che evidenzia e fa esaltare pettorali e l’addome, con i bottoni bianchi lasciati aperti sotto il collo, al quale porta una collanina in metallo nera molto sottile. Nella parte inferiore porta dei jeans lavaggio scuro, dal gambale ampio ma strappati in più punti. Non riesce a vedere le scarpe ma, a suo avviso, sono il capo decisamente meno interessante da osservare su di lui. I capelli sono pettinati all’indietro, non è il solito styling finto spettinato, che porta generalmente, deve averli acconciati con il pettine e fissati con della lacca. 
 
“Buona fortuna, soldato. 🪖
 
Risponde Stefano, trattenendosi e cercando di risultare sempre imparziale ma simpatico. A volte si chiede se Paolo in realtà non cerchi un suo commento, una sua reazione, quando gli manda delle foto sue personali, oppure se lo faccia solo per metterlo volutamente in difficoltà. Ad ogni modo, non gli dispiace affatto ricevere fotografie sue e gli capita spesso, mentre e in attesa seduto sulla metro, o di notte quando non riesce a prendere sonno, di scorrere la galleria e guardarle. 
 
“😬! Salutami i ragazzi… Ci sentiamo domani.”
 
Ok. A domani...”
 
 
Giusto il tempo di arrivare a casa, farsi una doccia e cambiarsi ed è già ora di uscire. Non è in programma una cena al Bar dello Sport, motivo per il quale Stefano prima di uscire si mangia un panino al prosciutto cotto e una mela, giusto per non allenarsi a stomaco vuoto.
È il primo ad arrivare al campo, appena dopo il mister, così decide di aiutarlo a sistemare i dischetti e a recuperare palloni e pettorine per l’allenamento. La squadra è al completo quella sera, manca soltanto Paolo. Nonostante sia diventato parte del gruppo da poco tempo, la sua assenza si fa sentire, perlomeno Stefano riesce a percepire la sua mancanza. Quando c’è lui è come se fosse circondato da un’aurea, un campo magnetico in grado di attirare tutti quanti. I ragazzi del gruppo gli stanno sempre addosso per chiedere consigli, pareri, scambiare due chiacchiere o proporsi come coppia per allenarsi insieme. Il mister non fa che prenderlo d’esempio e lo utilizza per fare le dimostrazioni e spiegare gli esercizi. L’allenamento senza di lui è decisamente più sottotono, spento e silenzioso. 
Il mister spiega un esercizio di corsa a più ritmi con degli ostacoli di riferimento, provandoli in prima persona. Forma due file e due gruppi, predisponendo il medesimo percorso per ogni fila. L’esercizio consiste nell’arrivare agli ostacoli, effettuare degli stop e tornare rapidamente indietro per poi ripartire, arrivare ogni volta all’ostacolo successivo per poi effettuare uno stop e ripetere. Stefano è uno degli ultimi a provare. Chi termina l’esercizio deve poi allenarsi con i palleggi e passaggi da dietro. Quando è il suo turno Antonio e Diego, i due più rumorosi del gruppo, iniziano a chiacchierare.
 
-Certo che si sente la mancanza di Paolino… sembra un mortorio stasera.
 
Commenta Antonio. Stefano è davanti al primo ostacolo, non vuole distrarsi ma non può fare a meno di ascoltare la conversazione.
 
-Vai! 
 
Urla il mister. Corre e arriva al primo ostacolo e si ferma.
 
-Dietro!
 
Urla di nuovo il mister. Stefano corre indietro.
 
-Eh ma aveva qualcosa di più interessante da fare…
 
Ribatte Diego, con fare malizioso. Antonio ridacchia. Nel frattempo Stefano sta ripetendo il percorso, arriva al secondo ostacolo, si ferma, torna indietro, tutto seguendo le indicazioni, i tempi e i fischi del mister.
 
-Cosa ci scommetti che si fa la ex… stasera?
 
A quelle parole Stefano, che stava ripetendo il percorso per arrivare al terzo ostacolo inchioda. Si trova a metà tra il primo e il secondo ostacolo. Ha sbagliato.
 
-Stefano! Sveglia! Dovevi andare avanti!
 
Lo rimprovera il mister. Stefano con calma ritorna alla partenza.
 
-Scusa, mister. Mi sono confuso.
 
Esclama, facendo un respiro profondo, pronto a ripetere l’esercizio. 
 
-Ma certo. Ha l’aria di uno che le ribalta le tipe… 
 
Stefano nel frattempo corre al terzo ostacolo, si ferma, torna indietro. Non vuole farsi distrarre questa volta. 
 
-Pare che la ex sia anche una gran gnocca… mi sa che la cena è tutta una scusa. Questo ci torna insieme, ve lo dico io…
 
Queste ultime parole pronunciate da Diego hanno un effetto paralizzante su Stefano che, pur riuscendo a inchiodare al quarto ostacolo, appoggia male il piede, portandolo troppo in avanti e si sbilancia, finendo a faccia a terra e travolgendo l’ostacolo davanti a sé. 
 
-Ste! Ma cosa fai?
 
Gli urla Simone, correndo in suo soccorso. Stefano, con imbarazzo, si alza da terra. Le supposizioni e le illazioni dei compagni sulla cena tra Paolo e l’ex moglie aumentano il suo stato di preoccupazione. Si sente turbato e preoccupato e non riesce a fare a meno di pensare a ciò che potrebbe succedere. Si pulisce le ginocchia, verdi per via dell’erba umida e la faccia. Il ginocchio sinistro gli fa un po’ male, deve averlo tenuto in tensione nel momento in cui è caduto a terra. 
 
-Tutto bene, Stefano?
 
Domanda il mister, avvicinandosi con preoccupazione. Non è la prima volta che svolge quell’esercizio e non aveva mai avuto difficoltà, anzi, non ha mai avuto difficolta con nessun esercizio svolto durante gli allenamenti.
 
-Sì è che… sono un po’ stanco oggi. 
 
Spiega, cercando una facile giustificazione, nel frattempo continua a pulirsi nel tentativo di togliersi l’erba e la terra da dosso. 
 
-Vuoi riposarti un attimo?
 
Chiede il mister, posandogli una mano sulla schiena. Stefano accetta.
 
-Sì, bevo un po’ d’acqua e poi ritorno.
 
Risponde, dirigendosi verso gli spogliatoi. Si siede sulla panchina, dove ha posato il proprio borsone, appoggia la testa contro il muro, chiude gli occhi e sospira. Non riesce a togliersi dalla testa le parole dei compagni di squadra. Si immagina Paolo, esattamente come nella foto che ha ricevuto un paio d’ore prima, che sorride e scherza con l’ex moglie, con quel suo sorriso splendente, la fossetta sulla guancia sinistra e gli occhi socchiusi. Lo vede prendere le mani di lei sopra il tavolo, con quel suo tocco morbido, delicato, sempre un po’ tiepido. Infine immagina la fine della serata, lui che l’accompagna sulla porta di quella che è la loro casa da sposati, che la prende per la vita, con la sua presa casuale ma decisa per poi stamparle un bacio sulle labbra, che immagina essere morbide e dolci alle quali nessuno, neanche la ex moglie, è in grado di resistere, al punto da invitarlo ad entrare e concludere la serata, insieme, abbandonandosi alla passione.
Deglutisce, nel tentativo di mandar via quella serie di immagini che non fanno che affollarsi nella sua testa. Apre il borsone e quasi con rabbia prende la borraccia e ne beve un sorso, prende fiato e poi beve un altro sorso. Deve assolutamente calmarsi, non può agitarsi in quel modo. Deve riuscire a terminare l’allenamento e poi a casa… come farà a dormire quella notte? Apre il tappo della borraccia e si getta l’acqua in faccia, con il tentativo di riprendersi, si prende a schiaffi le guance, inspira ed espira finché il suo cuore, che fino a quel momento ha avuto un’altissima frequenza di battiti, inizia a calmarsi, fino ad un istante prima batteva violentemente contro il petto, come se volesse uscirne ad ogni costo. Quando è sufficientemente calmo ripone la borraccia nel borsone, si dà un’ultima sistemata alla divisa e si prepara a tornare in campo. 
 
 
Dopo l’allenamento torna subito a casa, non si è fatto la doccia negli spogliatoi, preferendo quella di casa propria, più calda, più comoda e decisamente più intima. Si concede del tempo in tranquillità, in accappatoio, sul divano, facendo un po’ di zapping, senza trovare nessun programma di suo gradimento. Dopodiché, iniziando a sentir freddo, decide di vestirsi infilandosi il pigiama per la notte. Si prepara e consuma la consueta camomilla, questa volta in cucina, sull’isola, perché il suo comodino ha ormai una gran collezione di tazze che si dimentica ogni volta di riportare in cucina e lavare. Quando sono le undici sale al piano superiore, per mettersi a letto. Naturalmente non riesce a prendere sonno e decide di affidarsi alla riproduzione casuale di Netflix che fa partire una vecchia puntata di Mythbusters non particolarmente divertente, al punto che Stefano si addormenta quasi subito. 
Quando si risveglia è mattina. La televisione è ancora accesa sul salvaschermo che mostra una serie di immagini in riproduzione casuale e l’orario. 
 
11.30
 
Stefano crede di aver letto male. Si sfrega gli occhi, accende la luce e guarda meglio l’immagine. Aveva letto bene. È molto tardi e tra non più di un’ora dovrebbe essere a pranzo dai suoi genitori, a più di quarantacinque minuti da casa. Senza perdere tempo si precipita fuori dal letto, si meraviglia di aver dormito così a lungo. Corre in bagno a sciacquarsi il viso e si veste con gli abiti del giorno prima, ancora puliti. Ritornando in camera dà uno sguardo al cellulare. Spera di trovare un messaggio da parte di Paolo ma non c’è nulla… solo una serie di commenti e di foto sul gruppo del calcetto. Rimane un po’ deluso da quella mancanza di contatto da parte di Paolo e di nuovo nella sua testa avanza il sospetto che possa essere successo qualcosa tra lui e l’ex moglie, durante la sera e la notte. 
 
Chissà se ha dormito là? Chissà se pranzerà con lei?
 
Queste sono solo le prime tra le mille domande che frullano nella testa di Stefano. Tuttavia questa volta, non vuole impazzire, non vuole torturarsi con le supposizioni e le ricostruzioni. Decide di farsi coraggio, vuole scrivergli lui un messaggio per primo. Inizia a digitare sullo schermo e poi si blocca. Vuole mandargli un messaggio vocale, lui lo fa sempre ed è decisamente più rapido. Fa un respiro lungo per prendere coraggio, dopodiché preme il microfono sullo schermo e comincia a registrare.
 
-Buongiorno! Sei sopravvissuto alla battaglia? Io mi sono appena alzato e sto andando a pranzo dai miei. Di solito vado la domenica ma visto che domani non ci sarò ho anticipato. Ieri sera ci sei mancato, il mister ci è andato pesante con l’allenamento! Vedi di essere pronto per domani, perché noi ce la faremo tutta per vincere. 
 
Chiude il messaggio. Per un attimo è tentato di premere il cestino e cancellare tutto ma poi preme invio e blocca il telefono. È già tardi e non può permettersi di perdere altro tempo ad aspettare una risposta da parte sua. Si precipita già dalle scale, prende le chiavi dell’auto ed esce. Ormai solo la domenica deve prendere l’auto per spostarsi, da quando ha cambiato casa non ne ha più avuto la necessità. Sfortunatamente, per raggiungere la casa dei suoi genitori non può fare altrimenti, essendo situata fuori Milano, in una città periferica. Il traffico del sabato mattina è decisamente meno intenso rispetto a quello della domenica, riesce a percorrere la tangenziale senza dover trascorrere eccessivo tempo in colonna ferma.
Appena arrivato parcheggia l’auto davanti al box, come di consueto. La sua casa di famiglia è una bella villetta bifamiliare con giardino, disposta su due livelli. I suoi genitori l’hanno sempre tenuta in ottimo stato, l’intonaco bianco è sempre splendente e non ci sono infiltrazioni o segni d’usura, nonostante abbia ormai trentacinque anni. Si tratta della casa in cui è nato e cresciuto, dove ha vissuto la maggior parte della sua vita e dove ancora vengono conservati tutti i suoi ricordi. Non ha bisogno di citofonare, perché ha ancora le chiavi, il suo personale mazzo di chiavi che si era guadagnato a tredici anni per essersi comportato bene. Apre il cancelletto e viene subito accolto da Biagio, il cane dei suoi genitori, un segugio grigio dal manto liscio come la seta. Ormai ha dieci anni e ha perso un po’ dell’esuberanza che aveva da cucciolo, Stefano abitava ancora in quella casa quando è entrato in famiglia. Non era il primo cane, anzi, era arrivato dopo pochi mesi dalla morte di Roger, il golden retriever con il quale era cresciuto. In famiglia c’era sempre stato un cane, Stefano era abituato alla loro presenza e i suoi genitori hanno sempre trattato gli animali come veri e propri membri della famiglia. Accarezza la testa liscia di Biagio e pensa a quanto gli manchi avere un cane con sé. Quando c’era Roger in famiglia, lui ed Elena e facevano a gara a chi riusciva a tenerlo a dormire nella propria stanza. Anche con Biagio ha avuto occasione di condividere dei bei momenti, pur avendoci vissuto solo un paio d’anni e vedendolo ormai solo una volta a settimana. In più di un’occasione si è ritrovato a pensare a quanto si sentirebbe meno solo in casa, se ci fosse un cane a fagli compagnia. Ha rinunciato all’idea, pensando che non sarebbe giusto lasciarlo solo durante le ore in cui è al lavoro, senza contare le serate e i pomeriggi dedicati al calcetto. 
 
-Ah, mi sembrava di averti sentito arrivare.
 
Esclama sua madre, Maura, presentandosi sulla soglia della porta. Indossa uno dei suoi soliti cardigan multicolore lunghi fino al ginocchio, un paio di leggings neri e delle pantofole con il pelo, grigie e bianche. La madre di Stefano è una donna di sessant’anni che non dimostra affatto la propria età, è di statura media, piuttosto minuta, il che la fa sembrare spesso una ragazzina. Ha dei lunghi capelli nero corvino, tra i quali si scorge solo con difficoltà, qualche capello bianco, sempre lasciati morbidi e vaporosi con onde naturali che le arrivano fino alla schiena. Il suo viso è ovale, liscio e poco segnato. Non è una donna che ama truccarsi o applicare troppi prodotti sul viso ma per sua fortuna la genetica l’ha dotata di una pelle praticamente perfetta ed elastica. Il suo sguardo passa dall’essere molto dolce e tenero, per via dei grandi occhi verde smeraldo, da dare l’impressione di poterti fulminare sul posto, ha il naso piccolo e stretto, leggermente all’insù e una bocca sottile, dalle labbra molto pigmentate, sulle quali sembra sempre di portare un velo di rossetto. 
Stefano ha sempre trovato sua madre una donna estremamente bella e affascinante e avrebbe voluto assomigliarle di più, sia fisicamente sia caratterialmente. Purtroppo non è stato così fortunato ed è decisamente la copia precisa di suo padre, Erio. 
 
-Ecco perché Biagio è scappato fuori.
 
Esclama, Erio, apparendo a sua volta sulla porta, vicino alla moglie. Di qualche anno più grande, ne sovrasta decisamente la figura. È un uomo molto alto e robusto, è sempre stato molto atletico anche se con gli anni, avendo abbandonato le attività di nuoto e pallamano che svolgeva in modo agonistico, si è leggermente appesantito. Il suo viso, squadrato e con tratti pronunciati, è praticamente lo stesso di Stefano, solo con qualche ruga in più, specialmente sulla fronte e vicino agli occhi. I capelli, ora prevalentemente grigi, erano castano scuro. Stefano nota di anno in anno come l’attaccatura dei capelli di suo padre si alzi sempre più, ampliando otticamente la superficie della fronte. Essendo così simile a lui, teme di subire lo stesso destino ed è proprio per questo motivo che ogni mattina, guardandosi allo specchio, si ispeziona l’attaccatura dei capelli con terrore, cercando di tenere segno con il dito, tracciando una linea immaginaria appena sopra le orecchie per accertarsi che non sia cambiato nulla. 
 
-Deve essere sempre il primo a salutare, lui.
 
Risponde Stefano sorridente, continuando ad accarezzare Biagio, chinando giusto un po’ la testa per permettere al cane di leccargli il viso. Dopodiché lo richiama, invitandolo a seguirlo in casa.
 
-Dai, andiamo!
 
Biagio lo segue, continuando a scodinzolare felice. Appena entrato in casa, Stefano viene travolto da un profumo dolce, un aroma alla vaniglia e qualche altra spezia. Deve essere una nuova candela acquistata da sua madre, una delle sue più grandi ossessioni.
 
-Ma’ …. hai comprato un’altra candela?
 
Chiede, chiudendosi la porta alle spalle. Sua madre è rimasta all’ingresso mentre suo padre è già sparito, deve essersi seduto in sala da pranzo. 
 
-Sì! È una Village Candle, un’edizione speciale per l’autunno. L’ho presa anche per te ed Elena, è molto intensa e dura tantissimo! Dopo te la do.
 
Almeno una volta al mese porta a casa una candela nuova, che puntualmente ripone in qualche mobile perché si dimenta di accenderla. Non ha una grande passione per le candele, a differenza di Elena, che condivide la stessa passione della madre. 
 
-Maura, allora! Il forno è suonato da cinque minuti.
 
Urla Ennio, arrivando dalla cucina.
 
-Ma sì, vado. Stavo solo scaldando le lasagne… 
 
Commenta, andando in cucina a sua volta. Il pranzo in famiglia prevede sempre lo stesso menù: antipasti a base di formaggi e affettato, lasagne al forno, arrosto ripieno con uovo e spinaci, patate al forno con rosmarino e una torta. Maura è una brava cuoca ma si limita spesso a cucinare solo ciò che sa che le viene veramente bene, in genere una decina di pietanze molto classiche che Stefano ed Elena mangiano e apprezzano da quando erano bambini. 
Stefano sente vibrare il cellulare nella tasca dei jeans, lo prende subito, pensando possa trattarsi di Paolo ma non è lui, è Alberto.
 
“Stasera pre-serata al pub sotto casa mia, ci troviamo all’ingresso alle dieci.”
 
Sbuffa. Non sopporta più i continui promemoria di Alberto per la serata in discoteca. Non ci vorrebbe proprio andare ma sa che Alberto non glielo perdonerebbe se non si presentasse e continuerebbe a rinfacciarglielo per settimane. Si limita a rispondere con l’emoji di un pollice in su, dopodiché apre la conversazione con Paolo per vedere se almeno ha ascoltato il suo messaggio. Non c’è nessuna spunta, non è stato riprodotto e neanche visualizzato. Sono quasi le tredici, si chiede per quale motivo non abbia ancora preso in mano il cellulare. 
 
-Ste c’è pronto, dai!
 
Lo chiama sua madre. Mette in tasca il telefono e cerca di non pensarci, cercando di concentrarsi sul pranzo con i suoi genitori. Quando arriva in sala da pranzo nota che entrambi sono già seduti, suo padre sta prendendo del salame dal piatto di portata, mentre sua madre sta dando dei pezzetti di prosciutto a Biagio, seduto accanto a lei ad elemosinare cibo come al solito. Stefano si siede al suo solito posto, a capotavola, inizia a servirsi. Trovarsi solo loro tre a tavola è strano e gli ricorda i suoi ultimi anni in casa, quando ormai Elena era andata a convivere con Roberto, suo attuale marito. Nonostante si trovi bene, da solo, a casa propria, il suo cuore si stringe ogni volta che ritorna a casa insieme ai suoi genitori, si sente come se lì il tempo si fosse fermato e ha la sensazione di essere di nuovo lo Stefano di quindici o vent’anni. 
 
-Alura Ste, quand’è che mi porti a casa il moroso?
 
Domanda, in modo totalmente inaspettato, Erio. Stefano si lascia sfuggire di mano il pezzetto di crostata che stava per addentare. 
 
-Ma che domande sono Erio?!
 
Lo rimprovera Maura, probabilmente sorpresa da quella domanda almeno quanto Stefano, sebbene non lo dia a vedere. Entrambi i suoi genitori si sono dimostrati comprensivi e aperti nei confronti della sua sessualità. Già da ragazzo, nel momento di quell’outing forzato a scuola, si erano comportati in modo ragionevole e rassicurante, facendo il possibile per farlo sentire a proprio agio, accettato e al sicuro. Tuttavia Stefano aveva ammesso di essere gay solo all’università e da allora non aveva mai parlato della propria vita sentimentale (non che ci fosse nulla di speciale da condividere) né gli era mai stato chiesto nulla. L’unica a fare domande, a chiedere insistentemente di vedere le foto dei suoi amici e dei ragazzi con i quali usciva, era Elena. 
 
-Quando ci sarà. Se ci sarà… 
 
Risponde Stefano, con diplomazia, recuperando la crostata. La sua risposta non soddisfa Erio.
 
-Come “se”? Datti una mossa che hai passato anche i trenta! Va’ che diventi vecchio anche tu, nanu
 
Incalza. Maura si limita a rivolgere un’occhiataccia al marito, che pare ignorarla.
 
-La Elena alla tua età s’era già sposata da due anni. Adesso c’è anche Riccardino… 
 
Maura dà un calcio a marito da sotto al tavolo.
 
-Che discorsi cretini, ognuno ha i suoi tempi. Lascialo perdere, Ste. Va’ avanti per la tua strada. 
 
Aggiunge, chiudendo definitivamente il discorso anche se Erio fa una smorfia, dimostrando di non condividere il parere della moglie. 
In realtà anche Stefano avrebbe piacere ad avere un fidanzato, un compagno, da portare in famiglia. Elena ha portato in casa Roberto quando avevano entrambi vent’anni, lui era stato in vacanza con loro, aveva trascorso il giorno di Natale, Capodanno e Pasqua a casa loro già dai primi anni di fidanzamento, è praticamente cresciuto insieme a lui ed Elena. Lui non potrà avere quella stessa esperienza con un ipotetico fidanzato perché ha un’età differente, più matura. Non vive più sotto lo stesso tetto dei genitori e decisamente non ha più intenzione di andare con loro in vacanza, a Varazze, dove si trova la loro casa vacanza e dove si recano ogni anno il mese di agosto e svariati weekend estivo-primaverili, da quando Elena e Stefano erano bambini. 
Quasi istintivamente decide di controllare il cellulare, per vedere se Paolo ha risposto o almeno ascoltato il suo messaggio vocale. Apre la conversazione e vede che il messaggio è stato visualizzato e riprodotto da circa venti minuti ma non ha ricevuto alcuna risposta. Ripone il telefono in tasca, prima che i suoi genitori si accorgano di qualcosa e inizino a fare domande. Dopodiché si alza.
 
-Vado un momento in camera, devo vedere se trovo ancora una cosa.
 
Esclama, alzandosi dal proprio posto.
 
-Cosa ti serve?
 
Chiede Maura, alzandosi a sua volta. 
 
-No, niente, un vecchio certificato dell’ECDL, so io dov’è… non ti preoccupare. 
 
La ferma lui, rinvitandola sedersi. Stefano sale le scale e raggiunge la propria camera, che è esattamente come l’aveva lasciata l’ultimo giorno che vi ha dormito. Il letto ovviamente non è preparato, non dovendo dormirci nessuno, è semplicemente coperto da un telo di cotone azzurro per evitare che il materasso si impolveri. Alle pareti sono ancora appesi i poster che Stefano aveva attaccato durante la sua adolescenza: Eminem, John Cena, un poster del film Kill Bill, quello della rosa del Milan del 2003 e uno del Milan del 2007, che ritrae la squadra con la coppa della Champions League e il poster di Maldini, ormai sbiadito, su un’anta dell’armadio, un armadio a ponte dalla forma a U che occupa tre quarti della stanza ed è tappezzato da una serie di foto e adesivi. 
La sua attenzione cade su ciò che stava cercando, la foto della rosa dell’ultimo anno del campionato scolastico di calcetto. La guarda e vede subito Paolo: giovane, biondissimo e bello esattamente come se lo ricordava. Il viso è decisamente più morbido, le guance più rotonde e anche lo sguardo, sebbene sia possibile notarne la brillantezza anche in foto, è diverso: più ingenuo, più innocente. Sta sorridendo e riesce a osservare un accenno di fossetta sulla guancia, esattamente come sul viso del Paolo adulto. Era quindi sempre stata una sua caratteristica, semplicemente Stefano non ci aveva mai fatto caso. 
Non avrebbe mai pensato di ritrovarlo, non avrebbe avuto modo di ripensare a lui, se non fosse stato per il calcetto. Gli viene poi in mente che anche Elena aveva in camera delle foto con Paolo, scattate nel periodo in cui erano nella stessa compagnia e si frequentavano. Cercando di non fare troppo rumore, per evitare che i suoi genitori facciano domande, entra nella camera della sorella che, a differenza della sua, è stata totalmente stravolta. Elena è uscita di casa a ventitré anni, sono quasi dieci anni che non dorme più in quella stanza che nel frattempo è stata utilizzata come deposito. Le ante dell’armadio, però, esattamente come quelle di Stefano, non sono state toccate. Foto e adesivi sono ancora ben incollati e tra questi ne vede una, stampata su un normale foglio di carta, sfocata e di bassa qualità, che ritrae proprio Elena e Paolo. Osservandola si stupisce, non riconoscendo quasi la sorella. Non ricordava che per un periodo avesse portato i capelli corti, molto corti, quasi a spazzola. Riesce persino a notare la somiglianza con sé stesso, vedendola così, a distanza di anni. Eppure aveva sempre pensato che non si somigliassero per niente, ad eccezione del colore di capelli e della carnagione chiara. Gli occhi di Elena sono decisamente più brillanti dei suoi, più verdi e meno nocciola. Paolo invece è esattamente come nella foto della squadra della scuola, stesso taglio di capelli, stessa espressione. Inizia poi a ricordarsi la giornata in cui quella foto era stata scattata, c’era anche lui. Era un pomeriggio al parco, dopo la scuola, in aprile. Elena era in apprensione per l’avvicinarsi della maturità e passavano ogni pomeriggio all’aperto, tempo permettendo, per svagarsi. Quel pomeriggio in particolare si era unito anche Paolo, che si trovava casualmente in zona. Elena aveva immediatamente abbandonato Stefano, che le aveva fatto compagnia fino a quel momento, per stare con Paolo. Stefano si ricorda di aver provato una gran gelosia nei suoi confronti, non aveva ritenuto giusto che sua sorella lo scaricasse così. Ricorda di non aver parlato per tutto il pomeriggio e di essersene rimasto in disparte a guardare i due a ridere e scherzare sulla panchina del parco, abbracciati. Loro non avevano dato troppo peso al suo sentirsi il “terzo incomodo” della situazione e, anzi, gli avevano chiesto di scattare loro una fotografia, quella fotografia, con il cellulare di Elena. Non si era impegnato troppo a farla e credeva di non averli neanche inquadrati, eppure, Elena aveva apprezzato quella foto al punto da stamparla non appena arrivata a casa, tenendola incollata sull’anta del suo armadio per molti anni. 
 
-L’hai trovato, Ste?
 
Urla sua madre, in fondo alle scale, distogliendolo dai suoi ricordi. Stefano sobbalza e per un attimo non ricorda ciò che aveva detto di star cercando. 
 
-No… forse ce l’ho io, devo guardare bene.
 
Risponde, rimanendo sul vago. Dopodiché scende, pronto per ritornare a casa. 
 
 
Il resto del pomeriggio scorre piuttosto velocemente. Arrivato a casa Stefano carica e stende un paio di lavatrici e svolge tutte le faccende domestiche che di solito riserva al weekend. Ogni tanto si ferma per dare un’occhiata al telefono, nella speranza che Paolo gli risponda ma questo non accade. 
Arrivate le sette decide che è il momento di farsi una doccia e prepararsi per uscire. Considerato il pranzo abbondante a casa dei suoi genitori non ha molta fame né ha voglia di mettersi ai fornelli.  Dopo aver scrutato a fondo il contenuto del frigorifero sceglie una busta di insalata, al limite della data di scadenza, che versa in una ciotola, aggiunge una scatoletta di tonno, un pacchetto di mozzarelline ciliegine e un paio di noci, che rompe al momento. Condisce solo con sale e aceto, rigorosamente balsamico, dopodiché si mette a mangiare sulla penisola, direttamente dalla ciotola, senza apparecchiare nulla. Appoggia il cellulare sul bancone accanto a sé e inizia a mangiare. A metà pasto si accorge di aver terminato l’acqua e di non aver più nemmeno una bottiglia in casa, deve prendere una cassa nuova dalla cantina. Non ha voglia di alzarsi e sarebbe tentato di versarsi un bicchiere direttamente dal rubinetto, ci ripensa ricordandosi del pessimo odore dell’acqua corrente, che non usa mai se non dopo di averla bollita. Sbuffa scocciato e poi prende le chiavi della cantina, che si trova fuori, vicino alla porta d’ingresso. 
Prende ben due casse d’acqua, per poterne avere in casa una scorta sufficiente, dopodiché stacca una bottiglia dalla confezione e ritorna in cucina. Nota che il suo cellulare ha lo schermo illuminato. Si avvicina e con sorpresa vede che si tratta di una chiamata persa, da parte di Paolo. 
Paolo non gli telefona mai, di solito comunicano tramite messaggi, l’unica volta in cui l’ha chiamato glielo aveva chiesto. Si domanda per quale motivo debba averlo chiamato, senza prima rispondere al suo messaggio di quella mattina. 
 
“Vorrà raccontare qualche scusa per giustificare di essere con l’ex moglie” 
 
Pensa istintivamente. Vorrebbe richiamarlo. Dopotutto, aspetta una sua risposta da tutta la giornata. Ma perché ora? Perché non rispondere quando ha ascoltato il messaggio? Il suo orgoglio lo frena. Non vuole dare l’impressione di essere rimasto tutto il giorno ad aspettarlo, non vuole fargli capire quanto sia interessato a lui. Dopotutto, perché dovrebbe? Non conosce le reali intenzioni di Paolo nei suoi confronti, perché dovrebbe essere lui a esporsi per primo?
Questi sono tutti dubbi che si affollano nella sua testa. Non vuole pensarci, gira il cellulare in modo da non vedere lo schermo e termina la sua cena. Dopo cena si lava i denti e si veste per uscire. Indossa una delle sue camicie preferite, un paio di jeans scuri e degli anfibi. Prima di uscire passa in cucina per prendere il cellulare ma ci ripensa. Non lo vuole portare con sé. Se lo portasse finirebbe per contattare Paolo e si rovinerebbe la serata. Lo lascia esattamente dov’è ed esce.
Arrivato davanti al locale vede che Alberto lo sta aspettando, con lui ci sono Andrea e Luca. Alberto ha la schiena appoggiata al muro e sta fumando, Andrea e Luca stanno vedendo qualcosa al cellulare.
 
-Buonasera, signori.
 
Esclama, avvicinandosi ai suoi amici. Tutti e tre alzano lo sguardo. Andrea e Luca ricambiano il saluto. Alberto gli va incontro e gli dà un pizzicotto sulla spalla.
 
-Ahi!
 
Esclama Stefano, infastidito dal quel gesto insensato.
 
-Scusa, volevo verificare che fossi veramente tu e non un ologramma. Non vieni mai quando ti invito.
 
Spiega Alberto, con fare spiritoso. Stefano porta gli occhi al cielo, per nulla divertito. 
 
-Ti ho scritto venti minuti fa e non hai risposto.
 
Aggiunge. Stefano in effetti non aveva pensato che Alberto avrebbe potuto chiamarlo o scrivergli, durante il tragitto. 
 
-Ho lasciato il telefono a casa, non l’ho letto. 
 
Risponde. Alberto aggrotta la fronte, deve aver ritenuto sospetto questo suo gesto.
 
-L’ho dimenticato, capita!
 
Risponde, mentendo spudoratamente. Alberto scuote il capo, non ci è cascato. 
 
-C’entra qualcosa lui, non è vero?
Chiede, seccato. Stefano non sa se rispondere sinceramente o trovare un’altra scusa. Probabilmente Alberto insisterebbe per sapere la verità, se non gliela dicesse, motivo per cui sbuffando, decide di confessare.
 
-Mi ha ghostato da ieri, da quando si è trovato a cena con l’ex moglie. Io gli ho mandato un vocale, l’ha ascoltato e non ha risposto. 
 
Alberto fa una smorfia e un’espressione di sdegno.
 
-Bisex del cazzo. 
 
Commenta, prendendo un tiro della sigaretta che fino a quel momento aveva tenuto accesa tra le dita. Stefano non apprezza il suo commento. 
 
-Albe! Non dire così… 
 
Lo rimprovera. Alberto fa spallucce.
 
-Ste, sono tutti così! Ti stanno addosso finché la troietta di turno non gliela fa annusare! Perché sono degli eterni repressi che sperano solo di poter essere “normali”. Noi gli andiamo bene solo quando parte il prurito e la voglia di… 
 
Stefano lo ferma. Non è la prima volta che lo sente esporsi in quel modo, probabilmente deve aver avuto esperienze negative dirette in merito e non deve aver superato la questione. Non ritiene comunque che si tratti del caso di Paolo. Dopotutto non c’è mai stato nulla tra loro, sono semplicemente amici, non gli deve nulla. Se anche si fosse ripacificato con l’ex moglie, le cose tra loro non cambierebbero. 
 
-Non ha fatto niente di male. Sono io ad essermi fatti dei film assurdi… 
 
Aggiunge, senza celare un velo di dispiacere. Alberto rimane della sua posizione. Fa l’ultimo tiro della sigaretta e poi getta il mozzicone in mezzo alla strada.
 
-Balle! Ti tocca, ti sfiora, te lo appoggia. Ti scrive i messaggi la notte, ti manda le foto… ti pare niente?
 
Incalza. Stefano scuote il capo, non vuole che Alberto peggiori la sua situazione. È uscito per non poterci pensare e non vuole pensarci, vuole seriamente godersi la serata, senza dover continuare a rimuginare su Paolo, immaginando cosa possa aver fatto nelle ultime ventiquattro ore.
 
-Sono venuto qui apposta. Non parliamone più, per favore. 
 
Alberto non risponde subito. Lo guarda un attimo e poi gli appoggia una mano sulla spalla. 
 
-Mi prometti allora che ti divertirai e che se ti richiama lo mandi seriamente affanculo?
 
Stefano sorride. Un sorriso nervoso in realtà. Non potrà mai fargli quella promessa, perché sa che non la rispetterà, sa una che volta arrivato a casa si affretterà a cercare il cellulare per vedere se Paolo ha tentato di nuovo di contattarlo. Tuttavia quella sera, per qualche ora almeno, vuole provare a divertirsi sul serio.
 
-Ti prometto che mi divertirò. Altro non posso giurarlo… 
 
Alberto sospira. Stringe la spalla di Stefano e poi gli da’ una pacca, in segno di solidarietà.
 
-Vabbè, dai, è già qualcosa. Entriamo?
 
Stefano si guarda in giro. Andrea e Luca non sono più fuori dal locale, quindi probabilmente sono già entrati a prendere il posto. Non ha visto però Giulio.
 
-Ok. Ma Giulio? Non l’ho visto. È già dentro?
 
Domanda. L’espressione sul viso di Alberto è curiosa, come se non si aspettasse quella domanda o come se non volesse sentirla. Si gira di spalle. 
 
-Non viene stasera. 
 
Risponde, con tono secco, accelerando il passo. 
 
-Come mai?
 
Chiede Stefano, cercando di raggiungerlo. Alberto fa spallucce.
 
-Che ne so?! Saranno cazzi suoi. Chi se ne frega.
 
Risponde, sparendo all’interno del locale. L’atteggiamento di Alberto è decisamente sospetto, dal momento che la sera prima Alberto e Giulio erano stati insieme all’aperitivo organizzato dalla banca di Giulio. Stefano si chiede se non sia successo qualcosa tra i due e se sì, cosa? Ripromette a sé stesso di indagare e di andare a fondo della faccenda non appena sarà solo con Alberto in ufficio, lunedì. 
 
I quattro amici rimangono nel locale circa un’ora, a bere e a chiacchierare. Stefano ordina tre sambuche senza ghiaccio che immediatamente lo fanno sentire più leggero. Non è la prima volta che fa un’ordinazione di quel tipo, probabilmente quella sera il suo stato d’animo è tale da abbassare di molto la sua soglia di sopportazione dell’alcool. Uscendo dal locale, è felice che Alberto lo prenda sottobraccio, perché la vista inizia a sdoppiarsi e il suo equilibrio è piuttosto precario. 
Dentro la discoteca la situazione peggiora. Le luci soffuse, i neon e il rumore generale lo fanno piombare in una strana condizione di trance. Alberto e i suoi amici parlano con lui ma è come se non li capisse, ha la sensazione di avere dell’ovatta nelle orecchie, scuote più volte la testa per riprendersi ma non cambia nulla. Dopo aver lasciato la giacca a quello che crede sia il guardaroba, entra nella sala da ballo, seguito dai suoi amici. Andrea e Luca vanno subito in pista, Andrea gli afferra il braccio per trascinarlo insieme a loro ma lui preferisce non seguirli, si appoggia al bancone del bar e respira profondamente, per riprendersi. Alberto gli sussurra qualcosa nell’orecchio ma non riesce a comprenderlo, riesce a captare solo la parola “figo” e poi lo vede sparire in mezzo alla folla. Si sfrega il viso con le mani, ha bisogno di darsi una rinfrescata ma non ha idea di dove sia il bagno. Il locale è troppo pieno, non gli è possibile scorgere insegne o notare porte particolari. Guardandosi attorno, però, viene colpito da un ragazzo di spalle al bancone, vestito con una canottiera a righe grigia e dei jeans, fisico snello, capelli biondi. 
 
-Paolo!
 
Urla. Potrebbe essere lui, sembra lui, deve essere lui. Rapidamente si fa spazio tra le persone al bancone e lo raggiunge. Con un inaspettato coraggio si avvicina al ragazzo e gli tocca la spalla. 
 
-Ehi! Allora sei qui!
 
Esclama. Il ragazzo si gira. Non è Paolo. Certo, è biondo, piuttosto avvenente, con occhi chiari e dei bei lineamenti ma non è lui, non ha il suo sguardo penetrante, non ha il suo piercing al sopracciglio, le sue labbra color vermiglio, il suo naso dritto e simmetrico… 
 
-Scusami. Ho sbagliato persona. 
 
Spiega rendendosi conto dell’errore. Si gira e si fa spazio tra le persone sulla pista e quelle al bar, per cercare il bagno. Deve assolutamente prendere aria, rinfrescarsi. Si sente un grande nodo alla gola, la testa gira e le gambe danno l’impressione di voler cedere da un momento all’altro. Quasi fortuitamente riesce a trovare i bagni e vi si getta subito dentro, appoggiandosi di forza con entrambe le mani, al primo lavandino libero. L’odore del bagno è nauseante, è un misto tra marijuana, sudore e deodorante per wc. Apre il rubinetto e comincia a sciacquarsi il viso energicamente, bagnandosi anche i capelli e la camicia. D’un tratto si sente toccare la spalla e si gira. È il ragazzo di poco prima, che aveva scambiato per Paolo, riesce appena focalizzare, poiché si trova subito a pochi centimetri dal suo viso e viene baciato. Stefano trattiene per un attimo il fiato poi, probabilmente in preda ai fumi dell’alcool, si lascia andare. Non è decisamente il bacio più romantico né eccitante che abbia ricevuto in vita sua, la bocca del ragazzo sa di alcool, menta e probabilmente tabacco. Il bacio dura qualche minuto dopodiché il ragazzo lo prende per mano e lo trascina in uno dei cubicoli dei wc, chiudendo la porta alle sue spalle. Stefano viene sbattuto con la schiena contro una parete, la sua testa continua a girare, le piastrelle rosse del bagno del locale gli sembrano in movimento, come piccoli mattoncini che collassano su loro stessi per fondersi e poi ricomporsi. Chiude gli occhi e respira, nel frattempo il ragazzo ha ripreso a baciarlo, il bacio però dura davvero poco perché il sosia di Paolo inizia a far scorrere le mani sui suoi fianchi, la sua vita e si sofferma poi sul bottone dei jeans, che apre, con forza. Dopodiché si inginocchia, sul pavimento lurido e disgustoso del locale. Stefano ha capito quali sono le sue intenzioni. Normalmente esiterebbe o cercherebbe di andar via ma in quell’occasione rimane, lo lascia fare. Il ragazzo abbassa la zip dei jeans di Stefano, facendoli scivolare appena sotto il sedere e fa lo stesso con i boxer. Stefano abbassa lo sguardo e si accorge di essere già pronto. Non credeva di essere particolarmente coinvolto nell’atto, forse è solo colpa dell’alcool o forse è la situazione in sé ad eccitarlo, tuttavia si lascia trascinare e lascia che il ragazzo faccia ciò che vuole e ci sa fare, anche piuttosto bene. Stefano si regge al muro, appoggiando entrambi i palmi delle mani alle piastrelle, sporche e unticce. L’atto dura almeno una decina di minuti dopo i quali Stefano, quasi miracolosamente, ritorna in sé. Gli effetti dell’alcool stanno iniziando a svanire. Non appena il ragazzo di alza, lui si gira per prendere un pezzo di carta igienica e ripulirsi, senza neanche guardarlo in viso. Si dà una ripulita e poi getta la carta nel wc, affrettandosi a tirare su i pantaloni. 
 
-Vogliamo continuare da me?
 
Chiede il sosia di Paolo che ora, a mente lucida, non ha veramente nulla di simile a Paolo. Non è nemmeno così biondo e gli occhi che in pista sembravano azzurri sono in realtà più scuri. 
 
-Magari un’altra volta. 
 
Risponde Stefano, uscendo di corsa dal bagno. Rientrato in sala cerca di scorgere i suoi amici da qualche parte ma non li vede. Non perde tempo a cercarli, non vuole essere seguito di nuovo da quel ragazzo. Esce in fretta dal locale, dopo aver recuperato la giacca al guardaroba e poi si allontana a piedi, a passi rapidi, per tornare a casa. 
Arrivato a casa si guarda nello specchio dell’ingresso. I capelli bagnati e sudati appiccicati alla testa e alla fronte, il viso rosso e accaldato, gli occhi lucidi e gli abiti stropicciati. Prova vergogna per ciò che vede allo specchio, non è da lui, non si riconosce.
Viene interrotto dalla vibrazione del cellulare. Corre a prenderlo. È Alberto.
 
-Dove cazzo sei?
 
Chiede, piuttosto alterato. Sta urlando, un po’ per rabbia e un po’ per evitare che la sua voce venga coperta dalla musica della discoteca. 
 
-Sono a casa… Scusami ma ho fatto un casino. 
 
Risponde, accasciandosi sullo sgabello della penisola.
 
-Aspetta… esco un attimo. 
 
Stefano rimane in attesa e sente pian piano la musica svanire, all’altro capo del telefono.
 
-Ti abbiamo cercato per tutto il locale, che fine hai fatto?
 
Domanda poi. Stefano sospira. Non vuole raccontargli, ora per telefono, quello che gli è successo. Lo farà magari domani, a mente più lucida, dopo aver dormito. 
 
-Albe….
 
Viene interrotto da un’altra voce, all’altro capo del telefono, si tratta di Giulio.
 
-Sei riuscito a contattarlo?
 
Chiede. 
 
-Sì, è a casa… 
 
Risponde Alberto. 
 
-C’è Giulio?
 
Domanda Stefano, distogliendo l’attenzione su di sé.
 
-Sì, l’ho chiamato io…. Comunque, stai bene? Voglio solo sapere se stai bene.
 
Chiede Alberto, tagliando corto, assumendo un tono meno collerico e più preoccupato.
 
-Tranquillo, sono a casa e sto bene. Ti racconterò tutto domani, dopo la partita. 
 
Lo rassicura. 
 
-Ok… sei hai bisogno chiama, tra poco torno a casa anche io.
 
Afferma. 
 
-Va bene. Buonanotte. 
 
Chiude la chiamata e fa un respiro molto lungo. Osservando l’orologio sul display del microonde nota che è l’una passata. Pensava fosse molto più tardi. Nel prendere il telefono si accorge di avere delle notifiche non lette su Whatsapp. Una di Alberto, risalente alle 22, mentre stava uscendo per raggiungerlo al locale e una di Paolo, alle 21. Si tratta di un messaggio vocale, piuttosto lungo. 
Si blocca. È arrivato soltanto pochi minuti dopo la chiamata persa. Se solo avesse aspettato… Vorrebbe continuare ad ignorarlo ma non resiste, preme il tasto di riproduzione.
 
-Ciao Ste. Scusami se non ti ho risposto ma… ho avuto, credo, una delle notti peggiori della mia vita. Ora, tralasciamo l’incontro con la mia ex che ovviamente è stato inutile, fastidioso e mi ha solo fatto incazzare. Il peggio è arrivato dopo… quel maledetto, schifoso e insopportabile sushi. Sono stato malissimo, perdonami l’immagine ma… ho trascorso l’intera notte sul pavimento del bagno e… tralascio i dettagli perché non mi pare il caso. Mi sono ripreso più o meno alle cinque, sei di mattina e poi sono andato a dormire, finalmente. Mi sono alzato giusto per bere un goccio d’acqua, verso mezzogiorno, più o meno quando mi hai scritto tu, volevo risponderti ma non ce la facevo… mal di testa, gambe che mi tremavano, terribile. Sono tornato a dormire e… mi sono svegliato poco fa, sto… bene, diciamo. Adesso sto preparando i panini per domani anche se l’odore del cibo, onestamente, mi disturba… perché voglio venire alla trasferta. Non so se riuscirò a giocare ma voglio almeno esser presente, ho già avvisato il mister. E… niente. Perdonami questo audio infinito ma non avevo voglia di stare a scrivere tutto e onestamente sono ancora un po’ stanco. Comunque, niente, ci vediamo domani. Buona serata!
 
Stefano avverte un tuffo al cuore. Si sente incredibilmente stupido. Ha trascorso le ultime ore a immaginarsi le cose peggiori, a immaginare Paolo e la sua ex in qualsiasi situazione possibile e non era vero nulla. Certo, non poteva immaginarsi quale fosse la verità. Avrebbe però potuto richiamarlo qualche ora prima, gli avrebbe spiegato tutto e lui avrebbe evitato di comportarsi in quel modo in discoteca, si sarebbe goduto la serata lo stesso, con la mente libera e il cuore leggero, non sarebbe stato necessario bere tutto quell’alcool. Decide di rispondergli subito, anche se dubita leggerà.
 
“Scusami. Ho sentito solo ora, avevo dimenticato il telefono a casa. Mi dispiace che tu sia stato male… ci vediamo domani, buonanotte.”
  
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