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Autore: Aliseia    19/11/2023    2 recensioni
[The Adventurer - Il mistero dello scrigno di Mida]
Un idiota, ecco cos’era. E le manette non erano un accessorio erotico ma il modo poco carino con cui Charles si era preso gioco di lui.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Around The Midas Box'
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Fandom: The Adventurer (movie)
Genere: Angst, Introspettivo
Rating: Mature
Personaggi: Will Charity, Charles Mundi

Note alla storia: un PWP dove si parla un po’ troppo. Si recita, persino.
A Miky: loro anticipano quello che pensiamo
A Abby: e sì, scelgono con una volontà propria
 
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa e nelle future storie in gran parte non appartengono a me ma a G. P. Taylor e agli sceneggiatori

 
The One I Can’t Have
 
On the day that your mentality
Decides to try to catch up with your biology
Come 'round

'Cause I want the one I can't have
And it's driving me mad
It's all over, all over, all over my face

I Want The One I Can’t Have – The Smiths
 
 
Non era per le manette, ma perché si era svegliato da solo. Nudo come un verme e ancora beato dei piaceri di cui avevano goduto in quella prima notte insieme… Un idiota, ecco cos’era. E le manette non erano un accessorio erotico ma il modo poco carino con cui Charles si era preso gioco di lui. Agganciato al letto con i vestiti per terra. Ecco, con un piede era riuscito ad avvicinare il comodino, le chiavi della stanza beffardamente in bella evidenza: le avrebbe prese con le dita dei piedi e poi portate alle labbra per forzare la serratura. Charles probabilmente stava ridendo al pensiero delle sue contorsioni ma lo rispettava abbastanza da concedergli almeno la possibilità di infilarsi i pantaloni, prima che i poliziotti facessero irruzione. Lo stesso Charity li aveva contattati prima di incontrare Lord Mundi e ora non sarebbe stato facile spiegare perché se l’era lasciato sfuggire. Charles… suo malgrado Will sorrise. Come sarebbe finito quel gioco?
*
Intanto nei giorni successivi era cominciato il secondo tempo. Un rincorrersi neanche troppo affannato tra gli antichi palazzi, i club esclusivi e i più lussuosi alberghi di Londra. Will aveva la sensazione di arrivare sempre l’attimo dopo di quello in cui Charles aveva lasciato la stanza. A volte gli sembrava letteralmente di sentire il suo profumo, quel misto di delicata acqua colonia e di sigari e dell’aroma dolcissimo della sua pelle. Will inspirò.
La stanza d’albergo aveva l’impronta inconfondibile del suo inquilino: elegante, di un lusso dichiarato ma non volgare, elusiva eppure eloquente nel rivelare affetti e passioni. Una foto insieme a Catherine e ai ragazzi era in bella mostra sul cassettone nella sua cornice di filigrana d’argento. Dietro, quasi nascosta, la statuetta dello spinario che Will gli aveva regalato anni prima. Accanto allo specchio un piccolo quadro dove un mitologico, candido Narciso osservava il proprio riflesso nell’acqua: i riccioli che dalla nuca china ricadevano sulla fronte, lo sguardo che si intravedeva appena, ma che Will immaginava scuro e ambrato come quello di Charles. Sul ripiano del cassettone anche due miniature di argento brunito dal tempo: Dioniso e Adone. L’uno piccolo e barbuto, l’altro semplicemente perfetto. Quelli erano regali di Charles a lui e Will non volle chiedersi come e perché fossero tornati in suo possesso. Quando li aveva ricevuti, ai tempi dell’università, non gli era sfuggito il fatto che Adone e Dioniso nella mitologia erano amanti.
Questa volta lo avrebbe aspettato nel posto giusto e al momento giusto. La pistola alla cintura, sotto la redingote, e al suo ingresso non avrebbe esitato.
*
“Spogliati” ordinò Will puntando l’arma. Non era così che aveva immaginato la scena ma di fronte al sorrisetto insolente di Charles furono le prima parole a sfuggirgli dalle labbra. Abbassando le mani già sollevate in segno di resa, Lord Mundi obbedì. La seconda parola fu “voltati” e Charles seguì lo sguardo di Will. I suoi occhi si erano posati fugacemente sul quadretto del Narciso, sull’immagine del giovane che si rifletteva nell’acqua. Charles posò le mani sulla scrivania, proprio di fronte al cassettone, come un Narciso moderno si guardò nello specchio. Will sapeva che ancora una volta stava mandando all’aria l’operato di giorni e giorni, il frutto di un meticoloso pedinamento, di un’attenzione ossessiva a ogni più piccola traccia… ma in quel momento il desiderio era più forte. Un desiderio misto a risentimento, cattivo e senza gioia. Ecco perché questa volta non era in vena di preliminari. Sussurrò qualche parola sconcia all’orecchio di Charles e sul suo collo, mettendosi alle sue spalle e spogliandosi lo stretto necessario. Anche le sue attenzioni erano ridotte al minimo richiesto per non scadere nella brutalità. Il Narciso allo specchio riversò gli occhi. Non protestò e non si sottrasse. Sulla scrivania i fogli confusi di un discorso che Will aveva letto in fretta, ma che gli pareva di ricordare: con la sua buona dose di colonialismo e di inglese arroganza aveva finito per innervosirlo ancora di più. La cosa divenne subito appassionata, quasi violenta, poi Will si fermò. “Il discorso…” mormorò con voce roca nell’orecchio dell’altro. “Quale discorso?” sospirò Charles a corto di fiato.
“Quel discorso. Leggilo per me.”
“Come…ora?” “Ora. Mentre ti prendo.”
Charles scosse la testa.
“Adesso. O ti lascerò qui da solo…”
“Sei pazzo.”
Piccolo arrogante… Will spinse più forte, facendolo urlare.
“Non fermarti…” mormorò Charles, il ventre nudo che strusciava tra le carte.
“Recita per me.”
“Recitare? – Charles rise - non sono né un poeta né un attore, eri tu quello che recitava per me, ricordi?”
Will annuì sfiorando la nuca di Charles con le labbra. “Va bene, comincio io… Questa ti piaceva – sospirò – Tyger Tyger, burning bright, In the forests of the night; What immortal hand or eye, Could frame thy fearful symmetry?” i versi di Blake uscirono spezzati dalle sue labbra, la tigre splendente era sottomessa al suo volere e la sua resa scontrosa lo faceva impazzire. Le sue spinte si fecero frenetiche, Charles urlò forte.
“Vuoi che smetta?” più una provocazione che una premura.
“No…” gemette Charles.
“Più forte” sibilò Will al suo orecchio. – Chiedilo più forte”
“Ancora…” concesse Charles.
“Più forte!”
“Ancora!” gridò Lord Mundi, nudo sulla scrivania, completamente in balia del dio dell’ebbrezza. Poi si risolse a concedere ancora qualcosa, un ricordo. “Quando venivi a casa mia… con quel ridicolo cilindro e i pantaloni stretti… c’era qualcosa nella tua energia che…”
“Che cosa?” Will era vicino al culmine “Qualcosa che ti eccitava?” Non sapeva più cosa diceva. Non aveva mai creduto di eccitarlo. Si sentiva sempre così a disagio, così goffo e brutto in confronto a quell’Adone.
“Mi eccitavo, sì… Una sera… Fantasticavo e credevo di pensare a Catherine…sognavo di violarla sulla mia scrivania…”
Will si fermò. Non voleva Catherine tra loro. Per rispetto ma anche per altro. “E?” chiese con una certa freddezza.
“E… - Charles gemette, non voleva che Will si fermasse – nella mia fantasia tu entravi all’improvviso e ci sorprendevi… Catherine scappava piena di vergogna… E tu ammiccavi nel vedere quel macello. La scrivania in disordine, le carte confuse sul tavolo.”
“E?” ora la voce di Will era più carezzevole.
“Era una fantasia ricorrente, non c’era una vera conclusione… ma a quel punto invariabilmente la cosa finiva… come doveva finire”
Will era di nuovo eccitato, afferrò Charles per i fianchi. “E non hai mai pensato a questo?” “Inconsciamente… suppongo di sì”
“Allora il finale lo scriverò io… - cominciò Will con voce soffocata, mentre riprendeva a muoversi ma molto più lentamente - Arrivo nella stanza e ti trovo chiappe all’aria – entrambi risero - E ti chiedo: Charles, che ne sarà del tuo discorso?”
“Lo so a memoria” rispose Charles.
“Oh, e vuoi ripeterlo per me? Farò in modo che tu non lo dimentichi”
“Gentili amici, nel giorno della mia laurea vorrei presentarvi … il mio più amico più caro…” ansimò Charles sotto la pressione di Will.
“Ho il piacere di…” suggerì Will ormai senza fiato.
“Ho il piacere…” rantolò Charles.
“Il piacere” confermò Will.
“il piacere, sì, e l’esclusivo onore…” con un ultimo eroico tentativo di trattenersi Charles provò a resistere al suo amante, ma questo infiammò Will ancora di più “L’esclusiva è mia – sussurrò Will – Non voglio sogni a tre… Sei mio e mio soltanto.”
“Sono tuo.” concesse Charles. Will esplose in lui e premendolo sul tavolo non ebbe neanche bisogno di sfiorarlo, Charles venne con lui. Forse per la sua foga, forse per le sue parole: “Ora, Charles. Siamo solo noi due… Ora, insieme”
Will costrinse Charles a voltarsi, accogliendone tra le braccia il corpo nudo e l’orgasmo che ancora lo faceva sussultare. Sistemando pantaloni e camicia Will riprese tranquillamente la pistola. Con un cenno indicò gli abiti di Charles ancora a terra. L’altro lo scrutò e poi raccolse i vestiti. Senza smettere di guardarlo si coprì. Poi inclinando la testa con la solita aria insolente sembrò riprendere un discorso lasciato a metà. “A volte… - cominciò – a volte ti pensavo davvero, però. In modo più… esplicito”
“E quando?” chiese Will un po’ sulle spine.
“Quando lo facevo con gli uomini”
Un lampo passò negli occhi di Will. Che stupido era stato a pensare di essere il primo. Il primo uomo di Charles. E invece quello se la faceva con altri, andava con tutti… tranne che con lui. Nondimeno Will incassò il colpo con apparente disinvoltura e non fece una piega. “Finisci di vestirti” commentò con freddezza.
“Ma non succedeva niente se non pensavo a te” aggiunse Charles senza levargli gli occhi di dosso. Anche questa volta Will rimase impassibile, ma a Charles non doveva essere sfuggito che il suo cuore aveva perso un colpo, perché sorrise.
Will era indeciso se prenderlo a schiaffi o baciarlo e allora dovette parlare ancora, anche se oscuramente sapeva che la risposta gli avrebbe fatto male. “Il discorso… perché proprio quello? Il tuo discorso di laurea. Posso capire che tu voglia circondarti di oggetti che ti ricordino la tua vita passata, quadri, statue, fotografie… Ma il tuo discorso, cosa c’entrava adesso? Tra l’altro non ricordavo che tu fossi un tale snob altezzoso”
“Forse eri distratto da altro” commentò Charles.
“Già… sono sempre distratto da altro, quando si tratta di te.”
Charles sbatte le palpebre, poi rispose alla prima domanda. “Perché è stata l’ultima volta in cui sei stato fiero di me.”
*
Will stava lasciando la stanza d’albergo, ancora stordito. Charles, che forse aveva creduto di farla franca, era ammanettato alla scrivania. Le stesse manette, le aveva portate apposta. E riteneva di essere stato ben più elegante di lui nel permettergli di rivestirsi. Ora però non poteva aspettare oltre. La polizia stava per arrivare e non voleva guardare mentre lo portavano via. “Ho amicizie molto influenti” aveva insinuato Charles. Will l’aveva ignorato mentre riordinava le carte sulla scrivania. “Non resterò a lungo dietro le sbarre” aveva continuato Charles.
Will annuì senza guardarlo. “Io ho fatto quello che dovevo”
“Oh… anche di più” lo canzonò Charles.
Si guardarono. “Mi dispiace” mormorò Will.
“Non dispiacerti – rispose Charles senza fare una piega – Presto sarò fuori. Io sarò libero… ma tu no.”
Sulla soglia Will si voltò “È il mio destino.”
Il bel viso di Charles si deformò in una smorfia. “Oh no, non dirlo come fosse il fato. Hai scelto, Will. Hai scelto di essere il mio amante, ora scegli di andartene. Hai scelto a chi credere.”
Ma non ho scelto chi amare, pensò Will uscendo dalla penombra  fumosa dell’albergo in una buia notte londinese.
  
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