Machecoul,
Francia
1789
«Poi, Julia Belmont lo ha ucciso.» Olrox chiuse il libro.
Ogni volta che ripensava a Calian doveva fare i conti con quella sensazione spiacevole di nostalgia e, ancor peggio, di vulnerabilità.
Poco prima, Mizrak si era messo alla finestra con le braccia incrociate. I paesani si stavano raccogliendo nella strada sottostante. Le lanterne si disseminavano per la collina, fino alla chiesa, un’ombra oscura stagliata nel cielo notturno.
L’arrivo del Vampiro Messia era prossimo, ma Mizrak non era sembrato intenzionato a unirsi alla scorta dell'Abate, già disposta sul sagrato e si era trattenuto ad ascoltare il canto della creatura della notte; la sua melodia non riusciva a rendere più dolci le parole taglienti.
Per quanto a Olrox facesse piacere che Mizrak avesse imparato a sentissi a suo agio in sua compagnia, avrebbe preferito di gran lunga che trascorresse ancora un po’ di tempo con lui nel letto.
«I tuoi pensieri fanno un gran rumore stasera,» aveva detto, dal fondo della stanza. «Ancora ripensamenti?»
Mizrak si era voltato e, d'improvviso, gli aveva fatto quella domanda. Perché il giovane Belmont ha così paura di te?
La sua curiosità riguardava davvero solo il ragazzino? Beh, in ogni caso, Olrox aveva deciso di offrirgli qualcosa di più di una semplice risposta, qualcosa che potesse accrescere il dissidio che di certo gli si annidava nel cuore quella notte.
Gli aveva raccontato, così, la storia di Boston, della rivoluzione e... di Calian, ovviamente.
Mizrak aveva ascoltato senza interromperlo, appoggiato alla finestra, con lo sguardo in ombra ma attento, fino a quando Olrox non aveva concluso il suo racconto.
Poi, un breve silenzio teso.
Il passato di un vampiro celava le sue debolezze e, ora che Mizrak ne conosceva una parte, avrebbe potuto colpirlo, se avesse voluto.
«Perché era un vampiro e tu lo avevi reso tale.» Il cavaliere non perse tempo. «Gli hai almeno chiesto il permesso?» Proprio come con la sua spada e il pugnale, Mizrak aveva maneggiato anche quell'arma con grande maestria e l'aveva infilata in una ferita invisibile, ma ancora sanguinante. Prevedibile: dai una lancia a un cavaliere e stai ben certo che la userà per abbattere il drago.
Olrox fu di fronte a lui, in un istante. Lo guardò dritto negli occhi, così vicino da sentire il suo respiro caldo sulla bocca.
«Ero innamorato.» No, non gliel'ho chiesto. «Volevo che restasse con me per sempre.» Ho scelto io per lui.
Mizrak non arretrò né batté ciglio, con l’arroganza di chi sa di aver colpito nel segno e ne è orgoglioso. C'era qualcosa di taciuto però dietro la sua espressione, come se, in fondo, una parte di lui riuscisse a comprendere.
«Dunque,» mormorò, «è questo che hai in mente anche per me?»
Povero ingenuo, pensi di essere come lui?
Olrox si raddrizzò con la schiena e un sorriso malvagio nacque sul suo viso.
Mizrak non era come Calian. Per paura del giudizio del suo dio e di perdere la testa nella rivoluzione, si opponeva al corso del fiume e, presto o tardi, sarebbe annegato nelle sue acque. Anche se la sconsideratezza che li accomunava li avrebbe condotti verso lo stesso tragico destino, Mizrak non aveva né l'audacia né la volontà di cambiare le cose per il meglio che avevano reso Calian così speciale. E questo li rendeva profondamente diversi…
«Niente affatto, Mizrak,» disse Olrox, godendosi il barlume di affronto. «Io non sono innamorato di te.»
La creatura della notte concluse la sua canzone malinconica e Mizrak deglutì, nel silenzio. Mise di nuovo le braccia conserte e guardò fuori dalla finestra. «Non era quello che intendevo.»
«O non era quello che volevi sentire?» Olrox lo studiò nel riflesso della finestra. Sembrava... deluso? Gli mise le mani sulle braccia, il mento appoggiato alla spalla. Poteva vedere quello che vedeva lui, in strada, ma non riusciva a scorgere l'ombra dei suoi pensieri. «Forse, una parte di te sperava nella prospettiva di una vita eterna.»
Le sopracciglia di Mizrak si avvicinarono. «Quando è Dio a offrirla, è la massima aspirazione per un uomo,» mormorò. «Egli promette grazia fino alla fine dei tempi a coloro che vivono nella sua luce.»
«Conosco bene il tuo credo,» ribatté Olrox. «Per voi, amore significa pentimento, fede cieca e, spesso, sacrificio. La sofferenza è parte del prezzo da pagare in vita, per avere pace nella morte.»
Mizrak si voltò verso di lui e lo studiò con attenzione, come se lo guardasse per la prima volta. «Tu gliela levasti,» disse, «la pace.» Non suonò come un rimprovero, solo un dato di fatto. Un’altra stilettata dritta nel petto di Olrox.
«Ero convinto che questo mondo avesse ancora bisogno di lui,» ammise, «ma la verità è che ne avevo bisogno io.»
«E dici di averlo amato?» Ora, sul viso di Mizrak, c'era disgusto. «Amore ed egoismo non possono convivere.»
Le grida in strada riportarono la sua attenzione fuori dalla finestra.
Mizrak era convinto di sapere cosa fosse l’amore, lo aveva imparato nei versetti di libri polverosi e ammuffiti, ma quello vero non poteva essere compreso dagli uomini di fede. L'amore non dava nulla indietro: era paura, tormento e, sì, puro egoismo. Almeno, quello era ciò che Olrox aveva imparato nella sua lunga esistenza.
«Oggi comprendo meglio,» continuò, calmo, «la bellezza di alcune cose sta nella loro fine. L'eternità è solo per dèi e demoni e la differenza fra i due, beh... è sottile.»
Mizrak fece un verso di sdegno, simile a un ringhio. «I demoni non sanno cosa sia la misericordia di Dio.»
«Misericordia,» ripeté Olrox, con una breve risata. «E voi cavalieri la conoscete?»
Petali rossi cadevano dal cielo e tappezzarono le strade mente un calesse dorato trainato da due destrieri bianchi entrava in paese. Nelle orecchie udiva l'eco delle voci degli spagnoli giunti a Tenochtitlan, secoli prima e sulla pelle sentiva lo stesso presagio oscuro. «Tempo fa, quando ero ancora umano, vidi uomini sbarcare dalle navi e massacrare il mio popolo. Uccisero centinaia di persone, milioni, alla fine. Chi immaginava una cosa simile? Lo facevano per il loro dio, dicevano. A volte, anche per il loro re, ma… sempre per dio. Ma a questo punto...» rise, fra sé e sé. «Rimane solo lei.»
Uomini, donne e bambini salutavano Erzebeth Bathory che, pallida come la luna, si crogiolava nelle esultanze. Era solo una delle tante, Olrox ne aveva viste a centinaia, migliaia. Persone elevate a divinità, demoni divenuti dèi. In fin dei conti, erano tutti uguali, schiavi di un potere che non avrebbero mai potuto stringere davvero. Tutti, sarebbero giunti a una fine. Quello era l'ordine naturale.
«La chiamano divoratrice di luce,» continuò, «mi ha inviato un invito formale chiedendomi di raggiungerla qui in Francia e sono salpato il prima possibile.»
«Certo,» mormorò Mizrak. «La prospettiva di un mondo senza sole deve essere allettante per uno come te.»
Olrox fece un sorriso malinconico. «I vampiri vivono nell'ombra, non hanno scelta, ma per gli umani è diverso, voi avete sempre un'alternativa: luce o oscurità, virtù o peccato. Ordine o rivoluzione, vita o morte.»
«Non è così semplice.» Il vetro di fronte a Mizrak si appannò. «La rivoluzione mi costringe a scegliere una fazione, la mia alleanza con l'Abate mi impone di restargli fedele a qualunque costo e l'ordine dei cavalieri a morire in nome di Dio. Ci sono dei doveri, obblighi da rispettare che vincolano le nostre scelte fin dal principio.»
«Oh sì, ci sono,» ribatté Olrox, con fare solenne, «ma gli uomini possono scegliere in cosa credere e questo dà loro il potere di cambiare se stessi e il mondo per il meglio.» Olrox gli sorrise, sincero. «È per questo che sono così straordinari.»
L'espressione di Mizrak si addolcì, solo un istante. «Non lo sono tutti allo stesso modo.»
Su una cosa, dopo tutto, erano d'accordo.