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Autore: Kangaro_Stapler    22/11/2023    0 recensioni
Si tratta di un progetto che ho nella mente da qualche anno e che ho ripreso di recente. Una storia come tante, forse, di quelle ambientate al liceo in cui la protagonista si innamora e scopre questo sentimento per la prima volta. E, allora, vi chiederete "Perché dovrei leggerla?" Io rispondo, molto semplicemente, perché questa è un po' la mia storia. Alcuni eventi sono realmente accaduti, altri sono più la versione che vorrei si fosse avverata. Sta a voi lettori intuire il confine fra la mia realtà e la mia fantasia. Come dicevo all'inizio, è la classica storia ambientata al liceo: romantica sicuramente, ironica lo spero, triste per certi versi; ma partiamo dal 3 anno e seguiremo la nostra protagonista fino all'università e forse, anche di più.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Capitolo 14 “Madri e vecchie amicizie”

Non era mai successo che tutta la classe, dalla A alla Z, fosse effettivamente ed attivamente partecipe ad un’assemblea prima di all’ora; l’idea del camposcuola autogestito aveva coinvolto tutti e tutti volevano contribuire con le loro idee. Metà del lavoro, poi, era già fatto: la Cocci, che da perfida Strega dell’Ovest era diventata la Fata Madrina di Cenerentola, aveva già organizzato le tappe del loro viaggio, con tanto di consigli su dove mangiare prodotti tipici di Firenze. Le stanze erano già state organizzate e i due rappresentati avevano trascorso la notte in bianco per restringere il campo degli Hotel e dei Bed and Breakfast a soli tre, da cui poi sarebbe risultato un vincitore tramite votazione per alzata di mano. Sistemata anche la questione “Dove dormiamo”, erano stati nominati dei “Capistanza” che avrebbero avuto l’incarico di svegliare i coinquilini tutte le mattine alle 7:00 per riuscire a fare colazione entro le 8:00 ed iniziare le visite. La sera ognuno sarebbe stato libero di andare dove gli pareva e tornare quando preferiva, a patto che la mattina dopo sarebbe stato nuovamente in piedi per l’orario accordato, fresco e pimpante come una rosa. Come gesto simbolico di tutte queste decisioni, Pier e Giulia fecero firmare a tutta la classe un contratto che li vincolava a rispettare queste decisioni.
- È tutto troppo solenne per i miei gusti – ironizzò Ella, bisbigliando seduta accanto alle future compagne di stanza.
- Sei stata tu a proporre di rispettare questi orari… - le rispose Laura, ancora poco convinta dell’intera situazione.
- Ella, ti senti bene? – le disse improvvisamente Elena, guardandola sospettosa. Quella ragazza, sempre così silenziosa e schiva sembrava avere il potere, a volte, di leggere nella mente delle persone. Anche quelle più contorte e imperscrutabili. C’era da dire, però, che la faccia piuttosto contrita di Ella poteva destare qualche piccolo sospetto; specialmente considerando il fatto che, come già detto, la maggior parte di quella malsana idea dell’autogestione era venuta proprio dalla mora.
- Sì, è solo che… un contratto mi pare esagerato! – disse, continuando a torturarsi i capelli e le dita delle mani.
- El, ci nascondi qualcosa? – perfino Anna se n’era accorta. La situazione era piuttosto grave.
Ella stava per rispondere quando Elia, che insieme a Filippo si stava occupando di raccogliere le firme, si avvicinò alle ragazze appoggiando il foglio già firmato dalla metà della classe; mancava solo Ella che, continuando a torturarsi quella povera, devastata chioma, indugiava a prendere la penna.
Il biondo era sul punto di cacciare una rispostaccia, intimandole di muoversi ma fu interrotto da Marco che lo precedette nel dire:
- Avanti El, firma! Ci divertiremo un sacco, ti giuro! –
Questa volta Elia non seppe trattenersi: - Certo che sei davvero stupido quando ti ci metti… -
- Che vuoi dire? -  rispose Marco, sorriso da ebete e mano che si grattava la testa, confuso.
La risposta idiota non fece altro che innervosire ancora di più l’esasperato ragazzo dagli occhi azzurri che, in tutta risposta decise di ignorarlo ed afferrare Ella per un braccio, di malagrazia, facendola alzare e trascinandosela fuori dall’aula. Come ulteriore indizio del fatto che c’era qualcosa che non andava, Ella non aveva protestato, non si era lagnata per essere stata trascinata via in malo modo e non lo aveva preso a pizze. Si era limitata, una volta giunta sulla soglia della porta, a fissare, mortificata, la punta delle sue scarpe da ginnastica.
“Avanti, piccola piaga” pensò il biondo, fissandola in silenzio “Smetti di torturare quelle doppie punte e dimmi che ti prende”
Lei, leggendo tutta la sua irritazione nello sguardo blu fiammeggiante, capì che lui aveva capito. Non era intelligente continuare a nascondere la cosa. Da quando era diventata per tutti un libro aperto?
- Mi sa che non posso venire. – sputò tutto d’un fiato, tanto che, se non lo avesse già capito da solo, Elia le avrebbe dovuto chiedere di ripetere la frase.
- Sei stata tu a mettere su questo circo… adesso ti tiri indietro? –
- Che importa? Potete andare senza di me, no? Non sono l’unica a non venire… anche Virginia, Giada, Claudia, loro non vengono… -
- Chissene di loro. –
- Non fare lo stronzo. –
- Tu non fare la stronza! – Elia aveva appena detto una parolaccia! Evento piuttosto raro, come Ella ben sapeva.
- Senti Lab, - disse appoggiandosi con la schiena alla parete vicino alla porta della classe – se è un problema di soldi puoi dirmelo. Mi fa piacere aiutarti. –
Lei divenne tutta rossa, se per l’imbarazzo o per la rabbia non so dirvelo, poi sbottò:
- Punto uno: sono io che, da sette mesi a questa parte, presto soldi a te perché tu giri senza monete per la macchinetta o per la merenda. Dio solo sa quanti soldi mi devi… e non pensare nemmeno di interrompermi. Zitto e ascolta. Punto due: sono di borgata, ok, ma non sono una poveraccia, un po’ di rispetto e meno pregiudizi, stupido biondo finto ricco. E tre… - a quel punto il suo tono si fece più flebile, ed Elia intuì che il vero problema era proprio nel punto tre. La guardò, incitandola a continuare. Lei prese un profondo respiro e disse, con voce che si abbassava parola dopo parola:
- In verità è una cosa stupida… -
- Non avevo dubbi, Lab. – disse, per smorzare la tensione e magari farla ridere un po’.
- Credo che mia madre non mi manderà a Firenze senza professori.
Il biondo dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non sbottare: lei aveva praticamente organizzato tutto, lagnandosi per l’ingiustizia della preside per giorni, con la consapevolezza che sua madre non si fidava a lasciarla andare senza un adulto? Oddio, era così dannatamente da Lab questa cosa! Così tanto che si calmò e quasi gli scappò una risata mentre lei riprendeva a parlare.
- Ieri ero sul punto di dirglielo ma poi mi sono bloccata, non volevo ascoltare la sua risposta e… ok, lo so, sono una cretina. Dimmelo. Me lo merito. – aveva messo su l’ennesimo broncio delizioso e metà della chioma le copriva la faccia e l’occhio sinistro, mentre guardando il destro si poteva intuire che stava per mettersi a piangere.
- Avanti Lab! Non puoi aver paura di tua madre… - le disse, cercando di risultare il più possibile dolce e comprensivo.
- Non ho paura di lei ma della sua risposta. –
- Quello che dici non ha alcun senso, tira fuori il cellulare e chiamala. –
- No. Anzi, adesso rientro. –
- Non ci pensare nemmeno. – disse, mettendosi a braccia e gambe aperte davanti alla porta. Lei provò ad intrufolarsi negli spazi accessibili tra braccia e gambe ma lui la placcò; la scena era piuttosto singolare, tanto che qualche compagno si girò nella loro direzione. Si sentì il rumore, appena percettibile, della mano di Filippo che sbatteva sulla sua stessa fronte, con frustrazione.
Alla fine, Ella stanca da tutta quella ginnastica ed anche un po’ imbarazzata si arrese.
- Chiamala. – sentenziò serio. Non gliel’avrebbe data vinta, l’avrebbe costretta se necessario.
- Fallo tu se proprio ci tieni! – disse lei, porgendogli il telefono, esasperata. Lui rimase a fissarlo con aria stupita e confusa, il labbro inferiore che tremava per il nervoso. “Questa ragazzina mi farà perdere i capelli prima del tempo!” e nel pensare ciò si toccava con preoccupazione il ciuffo color oro. Poi emise un profondo sospiro rassegnato, aprì la rubrica e mise il vivavoce. Ella non riusciva a crederci, lo stava facendo davvero.
- Sta squillando. Saluta tua madre e poi passamela. Non vorrei le prendesse un colpo a sentire la mia voce. –
La mora stava per ribattere ma la voce della madre la interruppe:
- Ella, tutto bene? Non sei a scuola? –
- Ssì… Sì solo che c’è assemblea. –
- Ah, ok. Dimmi. –
- Ehm… ti passo un attimo Elia, ti ricordi, te ne ho parlato qualche tempo fa. –
- Sì, certo, il ragazzo biondo che… -
- Mamma! E smettila. – disse, prima che potesse rivelare qualcosa di sconveniente – Ti vuole parlare, te lo passo. –
- Buongiorno signora… - poi, rivolgendosi ad Ella – Come si chiama tua madre? –
- Rita. –
- Signora Rita! – esclamò in tono suadente e squillante mentre la sua faccia sembrava dire: “Ma guarda cosa mi tocca fare!”
- Signora, senta, volevo chiederle se… -
- Elia ti prego chiamami Rita e dammi del tu. Mi fai sentire vecchia! –
- Finalmente capisco da chi hai preso… - poi si rivolse di nuovo alla madre:
- Ehm… sì, ok io volevo chiederle, cioè, chiederti, se Ella può venire con noi a Firenze per cinque giorni. –
- Non sono stati sospesi i campo scuola? –
- Sì, ecco, noi ne staremmo organizzando uno senza professori e mi farebbe tanto piacere se Ella potesse venire con noi. – la madre di Ella sembrò pensarci qualche minuto; era evidente che fosse preoccupata. Poi, dall’altro capo del telefono, si udì nuovamente la sua voce:
- Facciamo così, Elia – rispose, con tono assurdamente simile a quello della figlia, quando tramava qualcosa.
- Ella viene, ma io la affido a te. Intesi? –
- Sì, assolutamente! Grazie davvero, Rita. – disse, cercando di apparire il più responsabile possibile, calcando sul nome di battesimo. Era davvero un ottimo adulatore.
- Il che significa – riprese a dire, questa volta alquanto minacciosa, - che se le succede qualcosa ti riterrò responsabile e ti… -
- Mammaaaa! -
- Ciao belli! Ora devo tornare al lavoro. Oh… Elia, caro, ascolta: dico sul serio, mi raccomando a mia figlia. Ha un pessimo senso dell’orientamento e…–
- MAAA. E basta, ti prego! –
- Tranquilla Rita, prometto che non la perderò di vista. Arrivederci. –
- Tua madre è fantastica! – disse ad Ella, prendendola in giro mentre chiudeva la chiamata.
- Ed è simpatica… forse tu hai preso da tuo padre. –
- Sei un cretino, Elia. – rispose, pietrificata dall’imbarazzo, poi aggiunse: - Non ci credo che tu l’abbia fatto davvero. Adesso ti toccherà farmi da balia, se mi succede qualcosa mia madre è capace di strangolarti con le sue mani. –
- Allora un po’ le somigli… – rispose lui, ironico e per nulla intimidito.
- Guarda che dico sul serio: una volta ha sfondato la porta del bagno a spallate solo perché mio fratello era lì da mezz’ora e non le rispondeva. – la faccia di Elia, che ingoiò l’aria, si fece di pietra:
- E poi? -
- E poi niente. Mio fratello era svenuto, per questo non rispondeva. –
- Io intendevo… cosa è successo alla porta? –
- Ah, quella… l’abbiamo dovuta cambiare, l’aveva proprio scardinata. Completamente. –
- Ok, messaggio recepito, tornerai a casa sana e salva. –
Poi lei si avvicinò, si accoccolò contro il suo petto e gli sussurrò un “grazie, idiota” solleticandogli un pettorale con il fiato caldo, attraverso la maglietta verde bottiglia. Lui credette di aver perso un battito e, nel tentativo di soffocare una risatina nervosa, si ritrovò a stringerla a sua volta; poi le prese il mento tra due dita e la costrinse ad alzare il viso per puntare i suoi occhi in quelli di lei:
- Ti starò così appiccicato che non potrai vedere altro che la mia bellissima faccia! –
- E io ne approfitterò per buttarti giù da Ponte Vecchio! -
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- L’hai fatto di nuovo? Vero? –
-Fatto cosa? –
- Hai trovato la scusa per stare tutto il tempo con lei. –
- Perché non la sopporti? È simpatica… -
- Non lo è. E comunque sai benissimo perché. –
- Hai paura che possa farmi male? –
Filippo non rispose, ma si sa, chi tace acconsente. L’amico gli mise una mano attorno alla spalla e si voltò a guardarlo con un sorriso sghembo. Le certezze di Filippo vacillarono per un secondo, prima di tornare ad assumere il solito sguardo glaciale.
- Sai perché non può ferirmi? –
- Sentiamo. -
- Perché non mi piace. Non mi piace per niente. –
- Bugiardo… - provò a dire il moro, fissandosi le punte delle scarpe firmate, ma fu subito interrotto.
– Infatti, sto già pensando di provarci con Giada, a Firenze. –
- Giada non viene… -
- Ah, beh, poco male. Vorrà dire che ci proverò con Giulia! -
 
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Che il suo migliore amico fosse un completo idiota lo sapeva già da tempo, ma che fosse diventato anche cieco e sordo era una novità. Era evidente che Elia provasse qualcosa per La Baldi; Filippo lo conosceva abbastanza bene da coglierlo al volo, anche se lui si ostinava a negarlo. Poco male, d’altronde lui era il primo a credere che quella ragazza non fosse adatta al biondo: a parte il fatto che erano troppo diversi, che lei veniva da una zona di Roma totalmente opposta alla loro, che lei era inesperta in campo di relazioni e che era decisamente una di quelle che volevano vivere un amore come quello delle fiabe, c’era anche il fatto che lei rendeva Elia diverso. E la cosa a Filippo non piaceva affatto. Lui lo amava così com’era. Sì, dopo sei anni di amicizia, finalmente lo aveva ammesso a sé stesso: era innamorato del suo migliore amico e non sapeva come uscirne. Lo amava quando lo osservava fumare, accanto a lui, anche se non voleva che lo facesse perché ne abusava in modo decisamente eccessivo; amava quando si imbucavano ai festini e lui si lasciava andare, ballando in modo selvaggio e scoordinato; amava il suo essere rude, i suoi scatti d’ira, il contrasto che facevano il suo viso angelico e i suoi modi animaleschi. Aveva capito di esserne innamorato quando lui gli aveva raccontato la sua prima scopata, e Filippo si era scoperto geloso oltre ogni limite; la sera stessa, si era ritrovato steso sul letto ad immaginare le mani del biondo sul corpo della ragazza che, lentamente, nella sua fantasia si era trasformata in lui. A quel punto, aveva immaginato il suo corpo abbronzato sotto quello candido del biondo ed era rimasto sveglio tutta la notte e le successive. C’era stato un periodo in cui non riusciva nemmeno a stargli vicino, per quanto tremasse alla sua presenza. Poi, con il tempo si era abituato a tutto: alle vampate di calore quando lo sfiorava, alla voce calda contro il suo orecchio quando voleva raccontargli un gossip. Si era abituato anche alle mille ragazze di Elia, una più femminile dell’altra e si era rassegnato al fatto che non lo avrebbe mai avuto e che, tutto sommato, gli andava bene così. Gli sarebbe stato accanto ed avrebbe continuato a sognarlo finché non si sarebbe, finalmente, innamorato di un altro e liberato dalle catene che lo legavano ad Elia. E facevano male ma aveva imparato a conviverci senza soffrirne troppo. Poi era arrivata quella maldestra, piccola ragazzina e tutto era cambiato. Elia era cambiato: sorrideva di più, era più gentile, fumava di meno e da un po’ di tempo a questa parte frequentava meno ragazze del solito. Si limitava ad una botta e via con Virginia o con qualche ragazza conosciuta last minute ai festini organizzati dai loro amici. Ma niente di più. Era rimasto contento, perciò, quando lui gli aveva affermato chiaramente che La Baldi non gli piaceva affatto. Forse si era reso conto che sarebbero stati davvero una pessima coppia, che vivevano e volevano due vite completamente opposte e che poteva avere di meglio. Il corpo, però, tradiva le sue parole giorno dopo giorno; Filippo credeva che, prima o poi, sarebbe arrivato il momento in cui Elia avrebbe preso da Ella una batosta così grande che le sarebbe stato alla larga per sempre. Ci avrebbe sofferto? Naturalmente. Ma gli avrebbe portato più vantaggi che svantaggi. Ne era certo. Allo stesso tempo, però, era convinto che il suo compito silenzioso fosse quello di proteggerlo, cercando di farlo rinsavire prima che prendesse quella famosa legnata ed evitargli la sofferenza, anche se non avrebbe saputo dire se sarebbe mai stato in grado di adempiere a questa ardua impresa. Ma per quanto difficile, sarebbe rimasto al suo fianco, sarebbe stato il suo fidato cavaliere e… che pensiero ridicolo! Non sarebbe stato mai nulla di diverso che il suo migliore amico.
Mentre rifletteva e osservava le mani bianche del compagno di banco muoversi elegantemente per prendere appunti e copiare gli esercizi scritti alla lavagna, la campanella suonò senza che lui se ne accorgesse. Le successive lezioni furono un susseguirsi di parole che, in quel momento, non gli interessavano affatto; quando anche l’ultima ora fu terminata, si alzò stancamente dalla sedia e si caricò lo zaino, già pieno di libri e quaderni, sulla spalla ed attese che anche Elia finisse di sistemarsi.
- Devi smetterla di preoccuparti per me.
La voce dell’amico lo ridestò e le sue parole lo colpirono anche se non riuscirono a scalfire la sua solita espressione indifferente.
- Sei il mio migliore amico. – disse, senza bisogno di aggiungere altro.
- E ti ringrazio per questo. Ma devi sapere che non esiste ragazza al mondo che cambierà mai l’affetto che ho per te.
Era davvero diventato più dolce… si ritrovò a pensare. E la cosa peggiore era che cominciava ad apprezzare anche questo nuovo lato di lui. Non gli rispose se non con un semplice cenno del capo e, insieme come sempre, si avviarono all’uscita.
- Perché stai sorridendo? – gli chiese, qualche minuto dopo.
- Così... –
- Non dire stronzate. –
- Solo… tempo fa ho detto a quella testona di chiarire con Federica e lei, stranamente, mi ha ascoltato. Le vedi? Sono lì. –
Il moro si girò nella direzione indicatagli e vide che, effettivamente, le due stavano parlando. Colpo basso quello che Federica aveva lanciato ad Ella; doveva ammettere che, quel giorno, si era dispiaciuto per lei. Doveva essere stato piuttosto imbarazzante visto e considerato che, a volte, Marco tirava di nuovo fuori quella vecchia storia e si faceva quattro risate alle sue spalle. Per sua fortuna, non era ancora stato così idiota da averlo fatto davanti ad Elia… sarebbe stata la volta buona che lo avrebbe picchiato sul serio.
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- Non avrei mai pensato di dirlo El, ma il biondo scemo ha ragione. Tu devi parlare con Fede. –
- Oh, Laura! Non ti ci mettere anche tu. –
Laura se ne era uscita così, all’improvviso, circa mezz’ora prima che l’ultima campanella decretasse la fine dell’ennesima giornata di scuola. Dopo qualche minuto di botta e risposta tra le due amiche, forse presa per sfinimento, Ella aveva ceduto ed era stata costretta da Laura a mandare un messaggio all’ex amica; si erano accordate per vedersi all’uscita davanti al cancello, avrebbero fatto la strada di ritorno insieme, fino alla macchina del padre di Ella che avrebbe dato un passaggio anche a Federica. Chiarirsi non era stato semplice, Ella ci era rimasta parecchio male per tutta quella storia ma le nuove amicizie fatte e le parole di Elia e Laura l’avevano convinta ad ascoltare anche la versione di Federica; aveva riflettuto sul fatto che non era del tutto convinta che, a situazione invertita, lei avrebbe saputo mantenere il segreto. Magari anche Ella, al suo posto, avrebbe svelato la cotta dell’amica per pararsi il culo. Forse sì, forse no. Non poteva saperlo. Tutto sommato, era contenta di averle parlato: ogni tanto le risultava davvero difficile ignorare Federica, tanto che ultimamente aveva anche ripreso a salutarla la mattina; alla fine della chiacchierata, Federica le aveva chiesto scusa ed Ella l’aveva stretta forte, sul punto di scoppiare in lacrime. Non poteva cancellare quello che aveva fatto ma, tutto sommato, aveva chiarito la situazione con Marco, nessuno parlava più di quella storia e ci aveva guadagnato ben tre nuove amiche; quattro se si considerava il suo strano rapporto con Elia. Prima di salire in macchina, Federica le aveva chiesto anche di lui ma Ella si era ben guardata dal raccontare tutto nei minimi dettagli: non sarebbe stata così scema da fare lo stesso errore due volte; perciò, si era limitata a dire che ora lo odiava un po’ meno e che i loro battibecchi erano diventati una divertente routine per ammazzare il tempo. Federica aveva provato a tirarle fuori qualche altra parola ma non ci era riuscita. Ella non le aveva detto di obbligo o verità e nemmeno della loro conversazione sul tetto. Non le aveva neppure detto che era stato principalmente lui a convincerla a parlarle. Tra lei ed Elia non c’era assolutamente nulla, non aveva senso alimentare false voci. Lasciata Federica davanti al cancello di casa, il padre di Ella aveva guidato fino al suo quartiere e l’aveva fatta scendere per poi andare al lavoro. La ragazza, sfinita per la giornata, aveva aperto la porta, si era buttata sul divano con il cellulare in mano a scorrere pigramente la sua pagina tik-tok: quel social era diventato una sorta di droga pre-pranzo. Poi, mentre pranzava, aveva sentito il cellulare squillare e la voce di Laura risuonava nella casa vuota:
- Allora? Tutto ok? –
- Sì, ci siamo chiarite. –
- Tutto qui? –
- Senti La, che ti devo dire… mi ci vorrà del tempo prima di aprirmi di nuovo con lei. –
- Lo so, hai ragione. Sei stata matura, non me lo aspettavo. –
- Ah. Ah. Ah. Molto simpatica. Io sono il ritratto della maturità e lo sai bene! –
- Sì, certo, come no. –
- Stronza… -
Ed avevano continuato a parlare dell’aria fritta fino alle 15:00. Laura aveva accennato anche al fatto che Elia le aveva dato un buon consiglio, suggerendole di chiarire, ed Ella si era affacciata alla finestra constatando, con sua sorpresa che no, non era arrivato il giorno dell’Apocalisse; ogni volta che Laura ed Elia la pensavano allo stesso modo, Ella si aspettava una qualsiasi calamità naturale, tipo un’invasione di cavallette stile piaghe d’Egitto.
I giorni successivi erano stati nient’altro che una lunga, esasperante attesa fino al giorno prima della partenza; Ella aveva preparato la valigia ed aveva anche fatto shopping per l’occasione. La sera prima, sua madre si era assicurata almeno un milione di volte che Elia fosse effettivamente presente al campo scuola autogestito ed Ella aveva ribadito, volta dopo volta che ci sarebbe stato. Non era del tutto sicura che lui le sarebbe stato effettivamente incollato come si aspettava il suo apprensivo Genitore Uno. Non le restava che scoprirlo.
  
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