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Autore: Funlove96    24/11/2023    0 recensioni
Spoiler alert fino al capitolo 256!
Lei si fidava di lui, ma lui l'aveva tradita...
Lei era fiera di lui, e lui non ne capiva il motivo...
Era sempre stata lei, e lui non aveva mai voluto accorgersene...

Wermit Week giorno 3.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermit, Weisz Steiner
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Wermit Week ~ Day 3 ~ First kiss.



La prima volta che gli aveva baciato il collo era stato un piccolo momento di tenerezza che Weisz, se avesse voluto rimanere in vita, avrebbe dovuto accertarsi rimanesse segreto...



Erano tornati sulla nave ormai da ore e Foresta era diventato già un lontano ricordo, assieme al quale ci sarebbe dovuta essere l'immagine di Müller, che però sembrava continuare a torturarla sebbene Hermit non volesse ammetterlo.
Era certa che non vi fossero più pericoli ormai con quel pazzo, ma una piccola parte di sé, in un modo talmente insensato che aveva rinunciato a comprenderlo, temeva di risentire quella risata, di voltarsi e vedere quel sorriso da pazzoide, di avvertire di nuovo la sensazione fredda ai polsi e l'impossibilità di muoversi, con l'unico destino di divenire un mero oggetto per placare il malato piacere di Müller...

Aveva in qualche modo deciso che non sarebbe uscita da quella stanza fino a quando il sistema operativo di Arsenal non fosse tornato alla sua piena forma, e non aveva sentito il bisogno di comunicarlo apertamente agli altri, i quali però sembravano aver compreso la cosa dato che non l'avevano disturbata da quando si era chiusa la pesante porta metallica alle spalle. La sensazione di debolezza che aveva provato di fronte a quel pazzo aveva già provveduto a farla vergognare abbastanza delle sue reazioni e il sentirsi così tanto indifesa, senza poter fermare le lacrime né far scomparire il nodo che le stringeva la gola, era stato un colpo così duro al suo orgoglio, ma soprattutto alla sua convinzione di aver superato quel passato crudele, che non voleva più provare una cosa del genere, impedendosi qualunque reazione anche adesso che era da sola.
Era una parte di lei di cui si vergognava, a tal punto da esserne quasi disgustata, e non aveva intenzione di mostrarla di nuovo, nemmeno a sé stessa. Se lo era ripromesso sulla via del ritorno verso la nave, quando si era accorta di uno sguardo grigio-verde che si posava su di lei di tanto in tanto, scrutandola senza dire nulla né accorgersi di quanto le bruciasse addosso, facendole davvero male. Più di quanto gliene avrebbe fatto se fosse stato qualcun'altro a farlo...

Weisz non le si era avvicinato né le aveva rivolto la parola ed era stata lei a dovergli chiedere il dispositivo di Arsenal perché potesse apportare le riparazioni necessarie, assicurandogli che avrebbe fatto tornare il sistema operativo come nuovo...

Non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso, che ore fossero, oppure quando esattamente era andata in standby, ma doveva essere passato molto se il sistema si era attivato facendole perdere i sensi, pensò mentre nella confusione percepiva due braccia che la tenevano, trasportandola attraverso quello che -credeva, a giudicare dal soffitto metallico che intravedeva quando cercava, senza successo, di riaprire gli occhi- era il corridoio della nave.
Ed Hermit dovette ammettere a sé stessa di aver esagerato davvero stavolta, mentre una morbidezza rilassante le sfiorava dolcemente la schiena e un qualcosa di leggero e fresco le copriva il corpo.

Non era la sua camera a giudicare dai vari poster di donne in costume che ne ricoprivano le mura, ed era certa di sapere a chi appartenesse quella sagoma che intravedeva accanto a quello che capì essere il letto su cui era stata adagiata.
"Mh..." aveva mugugnato, cercando di far uscire dalle proprie labbra quel nome, e seppure aveva fallito la sagoma le si era avvicinata per carezzarle dolcemente la fronte.
"È ora di dormire, anche tu hai bisogno di ripos-" la voce s'interruppe quando, in uno sforzo non da poco, era riuscita a muovere le braccia, allacciandogliele al collo e costringendolo a poggiarsi sul materasso per non caderle addosso.

"H-Herm-" lo interruppe nuovamente posandogli le labbra sul lato destro del collo, depositando un tenero bacio laddove immaginava stesse iniziando a formarsi un piccolo livido, ricordo dello scherzo che gli aveva fatto su Foresta, per poi lasciarsi cullare nella sensazione di calore che l'accompagnava mentre che pure quell'altro poco di lucidità svaniva...

Riaprì gli occhi, sentendo su tutto il corpo l'effetto di una sana notte di riposo -ben più comoda di ciò che pensava potesse essere con due persone a dormire in un letto singolo-, e le sue carni non volevano ancora saperne di lasciare il morbido materasso, immerso nel calore rilassante che sentiva concentrarsi all'altezza del petto, dove abbassò lo sguardo per vedere due occhioni azzurri mezzi schiusi intenti a scrutarlo...
Un caldo sorriso -il più bello del mondo poteva azzardare, rubando certe parole che gli erano state dette qualche tempo prima- le colorava il volto, donandole un'aria decisamente migliore di quella con cui lo aveva svegliato, più volte, nel cuore della notte, in preda a quello che poteva dire essere un incubo.

Weisz non aveva idea di come funzionasse per gli androidi: Se vi fosse almeno una sola reazione che non avesse a che fare con sistemi e circuiti vari. Se esistesse anche solo una piccolissima cosa che fosse il frutto di un qualche istinto ben più umano di quanto si potesse pensare.

La tecnologia di quel tempo lo aveva stupito non poco e da un bel po' non poteva fare altro che guardare impotente ogni nuova verità farsi largo davanti ai suoi occhi, sgretolando di volta in volta un pezzo delle certezze su cui aveva basato la sua giovane vita...

Non era stato molto tempo prima che aveva osservato, su Red Cave, una realtà che lo aveva posto dinnanzi a quelle domande per la prima volta.
Che gli androidi potessero sentire le emozioni come gli umani era qualcosa a cui ripensava spesso da quando era salito sulla Edens Zero, e se all'inizio sembrava non dare troppo peso alla cosa, essa aveva presto iniziato a diventare un tarlo che gli picchiettava il cervello sempre di più.
E quel tarlo lo aveva tormentato anche nei momenti di veglia di quella stessa notte, quando l'agitazione che aveva accompagnato il sonno di Hermit lo aveva tenuto sveglio per diverso tempo. Sapeva che doveva riguardare quello scienziato pazzoide ma Weisz aveva commesso l'errore, già da quando si erano avviati per tornare alla nave, di non chiederglielo esplicitamente, lasciandole affrontare da sola quei momenti di cui vedeva il risultato nell'espressione contratta e la necessità di tenerla stretta a sé per non farla cadere dal letto per come si agitava.
Aveva scrutato l'androide ogni volta che gli era stato possibile senza trovare il modo di farle capire apertamente che era preoccupato, e quando finalmente aveva deciso di farsi coraggio ed entrare nel loro laboratorio l'aveva trovata accasciata sulla scrivania con gli occhi chiusi e i sensori sulle guance ad emettere una luce meno intensa del solito.

Se non si era spaventato era stato solo perché l'aveva già vista così, e una voce nella sua testa gli stava urlando quanto fosse un idiota per averla lasciata in balìa delle sue emozioni per tutte quelle ore e non aver assolto il suo compito.

Sapeva che se Hermit avesse voluto confidargli qualcosa glielo avrebbe detto e aveva deciso, per una qualche strana ragione, che sarebbe stato lì se e quando si fosse sentita abbastanza a suo agio da condividere con lui ciò che la preoccupava, e aveva confidato talmente tanto nella cosa, che aveva finito per tradire quella fiducia che lei gli aveva dato senza accorgersene, delegandole un compito che era solo suo.

"È perché mi fido di te!" gli aveva detto riferendosi a lui e lui soltanto. Non Arsenal l'eroe della giustizia, né il Weisz Steiner che aveva passato gran parte del tempo a dubitare di sé stesso, pure di fronte alle rassicurazioni dell'androide. Hermit si fidava, per qualche ragione, del ragazzo che le si era parato davanti quando Müller era apparso, lo stesso che le aveva liberato i polsi mentre la tranquillizzava cercando di farla tornare in sé. Hermit si fidava dell'eroe che si trovava sotto la maschera che le aveva dimostrato di non essere sola. Era arrossito in un primo momento, quando aveva risposto -come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo- alla sua domanda sul perché ci aveva tenuto a portarlo con sé, pensando si riferisse solo alla questione del virus. Era invece stato genuinamente felice quando glielo aveva ripetuto, sussurrandoglielo nell'orecchio come se fosse una cosa che doveva sentire solo lui nonostante fossero da soli, quando aveva cercato di scostarsi dalla sua presa, senza però alcun successo.

"Hermit non è il caso..." aveva tentato di nuovo ad allontanare le braccia dell'androide, cercando di non perdere il già precario equilibrio con cui si reggeva sul materasso grazie al ginocchio.
"Ti ho detto che mi fido di te Weisz..." aveva mormorato, facendogli bruciare il viso di un rosso vivo che poteva eguagliare la luce che i sensori sulle sue guance emanavano quando erano del tutto accesi.

Il peso reale di quelle parole lo aveva colpito come un pugno nello stomaco, togliendogli quasi il respiro mentre Hermit si rimetteva tranquillamente a dormire -non sapeva se quella fosse la parola giusta nel suo caso-, e non aveva potuto fare altro che accasciarsi, più che per la realizzazione appena avvenuta che per mera stanchezza fisica, lasciandosi trascinare giù inerme, stendendosi accanto a lei che nel frattempo non lo aveva lasciato andare...

Dovevano essere le prime ore del mattino, pensava Hermit mentre schiudeva gli occhi per guardarsi intorno. Aveva difficoltà a muovere il corpo e non perché i suoi sistemi operativi non fossero completamente attivi.
Due braccia muscolose la tenevano e, insieme a qualcosa di morbido e caldo che le copriva la schiena, le limitavano un poco i movimenti.
Certo, non era che fosse così tanto ansiosa di scostarsi da lì.
Era rimasta qualche minuto a fissare il suo viso addormentato, godendo della sensazione rilassante della sua stretta che la costringeva dolcemente al suo corpo, la cui tonicità si sentiva persino attraverso la larga felpa viola dai bordi dorati che li avvolgeva entrambi.

Si stava ancora riattivando mentre tentava di ricordare come fosse finita lì, e le immagini che apparivano lentamente nella sua testa l'aiutavano a ricostruire quella che, credeva, essere stata la dinamica delle cose, ringraziando mentalmente il ragazzo per averla portata a riposare dove sarebbe stata più comoda rispetto alla scrivania.
Il respiro lento e regolare di Weisz le trasmetteva la calma che le serviva dopo quello che era successo con Müller, lasciandole scivolare addosso quel poco di timore che ancora persisteva...

Lo guardò svegliarsi mentre apriva gli occhi e posava lo sguardo grigio-verde su di lei, stringendosi poi nell'abbraccio che non avevano ancora sciolto solo per strofinare la guancia sul suo petto e godersi il battito cardiaco che si trasferiva sul suo corpo.
Hermit non aveva idea di cosa significasse esattamente avere un cuore. Conosceva nei dettagli tutte le funzioni del corpo umano e sapeva replicarle alla perfezione, ma la sensazione del battito cardiaco che riecheggiava contro il suo corpo era qualcosa di talmente rilassante che, se non fosse stato per la mano che lentamente le massaggiava la schiena, sarebbe tornata in standby per riattivarsi chissà tra quanto tempo ancora...

"Possiamo stare così un altro po'?" gli mormorò nel petto, non volendo alzare la testa dalla candida canotta, unico ostacolo tra lei e la sua pelle. La nave avrebbe avuto di che difendersi in caso di emergenza e lei era certa sarebbe stata abbastanza veloce da reagire se ce ne fosse stato bisogno.
Non rispose a parole, la strinse semplicemente al proprio petto, risistemando la propria felpa perché tornasse a coprirla e posandole il mento sul capo, chiudendo nuovamente gli occhi.
Lo prese per un sì, stringendogli le braccia attorno alla vita e lasciandosi cullare dal battito del suo cuore.

Una volta che la sentì di nuovo immobile, dopo qualche minuto, lasciò finalmente che i muscoli si rilassassero, mantenendo però la presa dolce e decisa su di lei, mentre godevano anch'essi di un'altra buona dose di riposo.

"Weisz?" "Mhh?" "Se lo dici a qualcuno, Arsenal farà una fine peggiore di quella su Sun Jewel..."



~~~~





La prima volta che gli aveva baciato la fronte non era stata esattamente la prima in assoluto, ma era stato un gesto che aveva fatto talmente tanto bene a Weisz che il ricordo di quel momento rimase impresso nella sua memoria, guadagnandosi un posticino sicuro nell'angolo più appartato della sua mente, ben protetto ma facile da reperire quando lo desiderava...



Aveva posato le proprie labbra sulla pelle insozzata di sangue e sudore, mentre che lo stringeva a sé, facendogli sentire che non era solo...

Le mani, un po' più piccole delle sue, ancora profumate nonostante si fossero macchiate col sangue per metà rappreso, gli massaggiavano dolcemente il capo in un contatto dal sapore sacrilego che gli aveva fatto bene, alleggerendolo un po' del peso che lo aveva accompagnato nelle ultime ore.

Era rimasto imbambolato a guardarla come si fa con le più belle opere d'arte.

E lo era, non solo esternamente...

Non gli aveva mai fatto sentire il bisogno di un padre nei pochi anni che lo aveva potuto crescere, poiché la bellezza intrappolata in quella teca aveva assolto egregiamente persino un ruolo originariamente non suo.
Tuttavia, forse era stato questo che aveva contribuito perché soffrisse ancora di più una volta che l'aveva perduta, lasciandolo di fatto senza l'unica famiglia che avesse mai potuto definire tale...

Aveva riscoperto quella sensazione -sebbene solo in una piccola parte- prima con Sibir e la sua banda e poi con la Edens Zero, e si sentiva finalmente meno solo, sentendo quel dolore divenire un po' più sopportabile mentre esso si raggomitolava da qualche parte dentro di lui.
Ma era tornato a travolgerlo in tutta la sua potenza quando se l'era ritrovata davanti, incerto se fosse un'illusione o meno, col nemico che si faceva beffe di lui e la sensazione di terrore e tristezza che gli pervadeva il corpo paragonabile soltanto a quello che aveva provato quando da bambino l'aveva vista sul letto di morte...

Aveva dovuto lasciarla andare di nuovo, con l'unica consolazione che stava tornando nel luogo che era stata casa loro, lo stesso che aveva assistito alla partenza del figlio tanto amato per un'avventura che, a distanza di tre lunghi anni, poteva vantare di averlo cambiato.

Non aveva mai davvero creduto troppo alle divinità, si era imbarcato solo per caso su quella che era stata la prima nave a sua disposizione, calcolando di atterrare sul primo pianeta che gli capitava, finendo poi per vagare per il Cosmos in cerca di Madre. Aveva realizzato solo di recente però ciò che quel viaggio aveva comportato davvero per lui. Che c'erano ora delle persone a cui si era legato e che tenevano a lui al suo fianco, e spesso gli piaceva pensare che sua madre in qualche modo lo avesse visto realizzare ciò che gli aveva chiesto prima di andarsene e ne fosse felice.
Weisz, nonostante tutti i pericoli, era al sicuro, circondato da una famiglia che amava e che avrebbe protetto con tutto sé stesso anche al costo della vita.

C'era qualcuno che si era preso carico di proteggerlo seppure lui non l'aveva chiesto né pensava di averne bisogno. Qualcuno che sapeva già di aver fatto preoccupare chiudendosi in quel dolore che era tornato a dominarlo...

"Ti va se andiamo in cucina a mangiare qualcosa?" non aveva smesso di arricciargli le ciocche bionde, un po' appiccicate a causa del sudore e del sangue che ancora gli macchiava gli abiti, ricevendo un leggero grugnito in risposta e la stretta attorno alla vita che si rafforzava, adoperando quel poco di forza necessaria per tenerla stretta, quasi come potesse andarsene pure lei da un momento all'altro.
Ma Hermit non aveva nessuna intenzione di muoversi da lì, godendosi la stretta con cui la teneva a sé.

Weisz non si era accorto della sua presenza inizialmente, troppo impegnato a maledire l'oggetto delle sue sciagure per prestarle attenzione, rimanendo di stucco solo in un secondo momento, quando le aveva finalmente rivolto lo sguardo, realizzando le sue condizioni...

"Weisz guarda che possiamo aspettare a domani..." inutile era stato cercare di farlo ragionare, Weisz forse l'aveva sentita, ma non sembrava intenzionato a lasciar perdere qualunque cosa si fosse messo in testa di fare -se avesse a che fare con Arsenal o meno era un mistero- per degnarla almeno di una risposta. Hermit aveva così dovuto prendere il piccolo marchingegno che lo stava mandando ai pazzi e strapparglielo via dalle mani.
"Ho detto che continueremo domani!" aveva indurito un poco la voce mentre spostava stizzita il piccolo oggetto poco più in là sul tavolo, causando il rumore metallico di esso che si scontrava coi vari utensili sparpagliati qua e là.
E, quando finalmente Weisz aveva alzato lo sguardo, s'immobilizzò con gli occhi spalancati una volta che l'immagine dell'androide era entrata nel suo campo visivo, facendogli bruciare il viso di un rosso vivo che presto si fece notare sulle gote nel realizzare che l'unica cosa a coprirla fosse un semplice asciugamano.
Approfittò della sua reazione per afferrargli una mano nella propria, avvicinandosi di più per passargli un braccio sulle spalle e stringerlo a sé.

Vi era qualche piccolo taglio qua e là sul palmo -probabilmente opera di quello strano aggeggio a cui stava lavorando oltre che al combattimento precedente-, che Hermit si ripromise di pulire per bene più tardi, una volta che lo avesse convinto a medicarsi almeno le ferite più gravi. Si domandava anche se avesse toccato cibo nelle ultime due ore e, sebbene comprendeva che non fosse un momento facile da affrontare e nulla di ciò che avrebbe potuto dire lo avrebbe aiutato, sapeva di non dover uscire da quella stanza finché non lo avesse almeno convinto a prendersi cura di sé...

Non avrebbe dovuto fidarsi...

Le aveva garantito che avrebbe fatto un salto da Sister più tardi, non distogliendo lo sguardo dalla teca contenente il corpo morto di sua madre, ed Hermit aveva confidato nelle sue parole senza insistere troppo, comprendendo il momento difficile che lui gli altri stavano vivendo.
Lo aveva lasciato lì per andare a rinfrescarsi velocemente e togliersi di dosso la fatica dello scontro, rimuginando anche un poco sul nemico a cui erano appena sfuggiti e le nuove informazioni in loro possesso. Solo per abitudine era passata per il laboratorio, trovando Weisz lì, intento a lavorare a non sapeva bene che cosa, né perché non utilizzasse semplicemente il suo Ether Gear...

Era rimasta lì in disparte a guardarlo qualche minuto, straziata nel vederlo in quello stato, nervoso per ogni più piccolo errore e non abbastanza soddisfatto di ogni passo avanti che sembrava stare facendo. Era consapevole di non poterlo forzare a parlare di qualcosa che lo faceva soffrire se non voleva, che lo avrebbe fatto se e quando si fosse sentito abbastanza tranquillo da condividere a voce il suo malessere, ma questo non significava che poteva lasciarlo a fare i conti con esso da solo...

Aveva i dati del combattimento e aveva visto come Killer avesse giocato coi suoi sentimenti prima, così come anche Ziggy aveva aggiunto la sua dose poi, e non poteva immaginare il dolore che doveva aver provato. Lo strinse istintivamente a sé più forte nel momento in cui l'immagine di lui aggrappato alla teca di vetro, ricoperto di sangue e ferite, si affacciò di nuovo alla sua mente.
Era così fiera di lui, ma lo avrebbe preso volentieri a schiaffi certe volte.
Weisz aveva la capacità di saper dimostrare coi fatti ciò che non riusciva bene a intendere a parole, ma non quella di crederci abbastanza per non dubitare di sé stesso tante -troppe- volte...

Forse lui non se ne rendeva conto, ma l'istinto lo spingeva a fare cose di cui lui stesso dubitava, e questo faceva di lui un vero eroe, forse molto più di quanto lo era con l'Arsenal addosso.
Gli aveva già affidato la sua vita e l'avrebbe fatto sempre, era l'unico che voleva la distruggesse semmai fosse diventata un pericolo per i suoi compagni, e questo era dato dal fatto che sapeva che poteva fare molto di più di ciò che lui stesso si limitava a pensare.

Peccato che Weisz sembrava non rendersene conto ed Hermit non avesse sempre gli strumenti giusti per farglielo capire...

Sentirlo tremare tra le sue braccia le spezzava così tanto il cuore per non essere in grado di aiutarlo. Aveva fatto la muta promessa di proteggerlo e ce l'aveva sempre messa tutta per assicurarglielo, lavorando sodo per dargli le migliori prestazioni durante i combattimenti. Eppure era bastato poco -una specie di suo alter ego che l'aveva messa in difficoltà all'inizio- per lasciarlo da solo in uno dei momenti in cui era stato più indifeso.

Non era potuta essere lì a rassicurarlo che non era solo mentre il nemico giocava con lui, schernendo senza scrupoli ciò che di più caro aveva, e nemmeno era stata sufficiente la soddisfazione dello sbattere in faccia a Killer che proprio grazie a Weisz aveva potuto giocarlo, usando la sua stessa arma...

Gli prese il viso tra le mani, scrutando la pelle ferita e macchiata dal sangue ormai rappreso e scostandogli coi pollici le ciocche bionde che gli ricoprivano gli occhi grigio-verde. Gli aveva posato le labbra sulla fronte sporca, macchiandosi un poco le labbra di rosso, per pochi secondi che sembrarono molti di più ad un Weisz rimasto di stucco, sebbene non fosse la prima volta che gli dedicava attenzioni del genere.

"So che è fiera di te almeno il doppio di quanto lo sono io..."

Si era assicurata di guardarlo bene negli occhi, osservando la muta risposta di lui che nascondeva il viso nel suo petto, stringendola ancora più forte a sé.
"Ma se vuoi che io lo sia ancora di più, va darti una ripulita e poi in cucina a fare almeno un pasto completo. E Weisz..." gli riprese il viso tra le mani perché potesse guardarla nuovamente. "Gli snack non valgono come pasto."
"Tra cinque minuti però..." aveva risposto il ragazzo, ed Hermit annuì lasciandogli riporre di nuovo il capo sul suo petto, dove non aveva un battito cardiaco da ascoltare, ma poteva tenere a sé la presenza pronta ad accompagnarlo sempre, non lasciandolo mai più da solo...

~~~~

Della prima volta che l'aveva baciata sulle labbra
vi era rimasta solo l'intenzione...



E seppure poteva consolarsi col fatto di non esserne -l'unico- colpevole, era comunque infastidito...



Doveva ammettere almeno a sé stesso -non che fosse un segreto- di non essere perfetto, anzi.
Ne aveva fatte e ne faceva ancora di cavolate, non sapendo stare zitto quando doveva, e non era passato molto dall'ultima volta. Proprio in virtù di questo si era vergognato, in un primo momento, di ciò che una parte di sé considerava -a ragione forse- un vero e proprio sacrilegio. Gli urlava quanto fosse indegno di osare parlarle in quel modo dopo ciò che le aveva detto non molto tempo prima e si domandava dove trovasse la faccia tosta di farlo...

Eppure mai come in quel momento Weisz era sicuro di aver fatto ciò che doveva, nel momento giusto, nel modo corretto e con le parole che doveva usare...

Era iniziato tutto come uno scherzo, di cui però nessuno dei due non aveva neanche lontanamente previsto quel finale.
L'aveva di certo stupita ed Hermit non aveva fatto fatica a mostrargli le proprie emozioni.
Non che avesse mai avuto bisogno di farlo, le riusciva naturale, e proprio grazie a questo, più volte, Weisz era stato in grado di sfuggire alle proprie responsabilità, delegando al comportamento dell'androide le sue stesse reazioni e accantonando ogni minimo dubbio che potesse affacciarsi nella sua mente riguardo quelle sensazioni che pervadevano il suo corpo in determinate situazioni che la riguardavano...

Hermit lo guardava con gli occhi sgranati, incapace di nascondere quanto la cosa l'avesse colta di sorpresa.
Non era certa se i suoi sensori avessero catturato le parole giuste, credendo per un momento di dover revisionare qualche parte del suo sistema operativo che stava evidentemente facendo cilecca.

"È perché sei tu."

E invece no...

"È perché sei tu."
Il suo apparato uditivo funzionava benissimo e quelle parole dalle labbra di Weisz erano uscite per davvero, dopo essersi assicurato di togliersi la maschera per guardarla dritta negli occhi.

"È perché sei tu."
Il viso le si era surriscaldato e gli occhioni azzurri si erano spalancati, quasi come a volersi accertare che fosse lui lì davanti, nella bella e lucida armatura, con un'espressione seria che poche volte poteva dire di avergli visto fare, e una sicurezza nella voce tale che sembrava stesse affermando una cosa talmente ovvia che, per un secondo, Hermit si era vergognata nello scoprire di non saperla...

L'aveva mandata in tilt, togliendole qualsiasi pensiero che aveva potuto formulare poco prima, quando era ancora certa di poterlo mettere in imbarazzo e ridere ai suoi danni come più volte era capitato in passato. Non sapeva come reagire né tantomeno se fosse il caso di dire qualcosa, finendo per balbettare cose senza senso...

"È perché sei tu."
Le rimbombava nella testa ancora e ancora, mentre gli si aggrappava al petto -forse per impedirsi di cadere dallo shock oppure per accertarsi che non fosse una qualche visione- scrutandolo per capire se vi fosse anche il più piccolo segno di scherzo in quella espressione un po' corrucciata che continuava a restare ferma sul suo viso.
Non sapeva davvero che dire Hermit e, forse per la prima volta da quando si conoscevano, non aveva la più pallida idea di come rispondergli o anche solo se farlo. Non capiva se vi fossero davvero parole che potessero essere dette senza rovinare il momento in cui una piccola parte di lei, questo doveva ammetterlo, si crogiolava, abbracciando il significato di quella semplice frase e tenendolo stretto a sé senza intenzione alcuna di lasciarlo andare.

Interrompere quel contatto visivo gli aveva causato un vuoto nello stomaco, facendogli sentire quasi di aver tradito quelle parole che -poteva giurare- mai erano state così sincere.
Gli diceva parole sconnesse aggrappandoglisi all'armatura mentre la codardìa tornava a farsi largo dentro di lui che, ormai incapace di reggere quella reazione, aveva distolto lo sguardo...

"È perché sei tu."

Era sempre stata lei a fargli quell'effetto, e Weisz aveva tentato di convincersi del contrario a causa della paura che gli faceva quell'insieme di emozioni a cui non aveva saputo -voluto- dare un nome fino ad allora...

Era sempre stata lei a credere in lui persino quando Weisz stesso non ci credeva, portandoselo al fianco perché vedesse ciò che lei vedeva...

Era sempre stata lei a fidarsi di lui, affidandogli sé stessa senza pensarci su due volte...

Era sempre stata lei a far sì che l'eroe fosse sempre pronto all'azione, accertandosi di metterlo al sicuro, standogli sempre accanto nonostante tutto...

Era sempre stata lei a tirare fuori il meglio di lui nonostante Weisz stesso non rendesse la cosa facile...

Ed era lei che balbettava ancora, guardandolo con gli occhioni sgranati, quando Weisz tornò a rivolgerle lo sguardo, ritrovandosi a fissare in toto il bel viso corrucciato. Gli occhi grandi e lucenti, le ciocche che incorniciavano il viso in un mare azzurro, i sensori sulle guance ancora più accecanti del solito... e poi quelle...

Le labbra piene e rosee, dischiuse in quello che una piccola parte di lui volle raccogliere come un'invito ad abbeverarsi a quella sorgente il cui nettare lo attirava come il miele più dolce...

Era sempre stata lei ...

Le aveva afferrato dolcemente le spalle, facendo quel poco di pressione che gli serviva per farla tornare alla realtà di ciò che aveva appena sentito l'istinto di dover fare.
Lo sguardo grigio-verde era puntato su quelle labbra, il corpo che si abbassava verso di lei, in cerca forse di un suo gesto che lo fermasse.
O che gli dicesse di andare avanti...

Il viso sempre più vicino al suo ed Hermit che si era mossa leggermente per andargli incontro lo stavano conducendo sempre di più verso il rendere quella pazza idea una realtà, e Weisz non era per nulla intenzionato a tirarsi indietro, ignorando bellamente la codardìa che gli urlava di fermarsi e lasciando che soltanto pochi centimetri lo separassero dal gustare il paradiso ...

Gli allarmi della nave scattarono, avvisandoli di un pericolo imminente e lasciando che la sua presa venisse meno, mentre l'androide, dopo qualche attimo che le era servito per riprendersi, scattava davanti agli schermi per capire cosa succedesse.
Le corse dietro preparandosi a combattere, lasciando -sperava momentaneamente- il peso del fallimento a deteriorarsi da qualche parte dentro di sé...
   
 
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