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Autore: KiarettaScrittrice92    27/11/2023    0 recensioni
Nel '68, gli anni della rivolta giovanile, sette ragazzi si ritroveranno a combattere per qualcosa di più grande della loro indipendenza e della loro libertà.
Solo grazie alla loro amicizia, alla loro voglia di essere diversi e al loro indiscusso legame, riusciranno a vincere questa battaglia.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I principianti

17 Settembre 1968

Quando tutti si furono decisi ad agire, si separarono, in modo da accerchiare il gruppo di ragazzi inferociti che stava protestando lanciando pietre e altri oggetti contro i vetri degli edifici adiacenti e contro gli agenti di polizia che erano stati chiamati per affrontare il problema.
Solo Susan, o meglio Ladybug, era rimasta indietro, osservando la scena da lontano e cercando di capire dove posizionarsi per avere un quadro generale di ciò che accadeva ai compagni, pur rimanendo nascosta e avendo il giusto raggio d’azione. Alla fine optò per un edificio che i protestanti sembravano ancora non aver preso di mira, troppo intenti a contrastare la polizia con gli scudi.
Il primo ad intervenire nel tentativo di aiutare la polizia con la folla fu Jack. Il suo schiocco di frusta contro l’asfalto, attirò l’attenzione dei ragazzi più vicini. 
«E voi chi diavolo siete?» gridò uno, osservando gli altri eroi raggiungerlo. Il suo sguardo era ironico, come se trovasse ridicoli quei cinque ragazzi agghindati come fossero ad un eccentrico concerto rock, con le maschera sul viso e delle armi fuori dal comune. 
«Siamo… Siamo…» il ragazzo volpe non sapeva che dire, imbarazzato dalla situazione.
«Non importa chi siamo! – la voce di Martha alle sue spalle fece voltare tutti, anche gli altri supereroi – Dovete fermarvi. Protestare in questo modo non serve a nulla, vi farete solo del male.»
Fu un consiglio sprecato perché dalla folla, arrivò una pietra, scagliata a mano o da qualche fionda, che per un pelo non colpì in pieno la fronte della bionda. Aveva provato a scansarla e sopratutto a deviarla col bastone, ma visto che non era ancora abbastanza capace a maneggiarlo, era riuscita solo ad evitarsi una grave ferita, ottenendo un graffio all’attaccatura dei capelli biondi.
«Chi è stato?!» l’eroina pavone era talmente imbestialita da quell’affronto rivolto alla sua migliore amica che sia Nicoletta che Christopher dovettero trattenerla dal lanciarsi in mezzo alla folla e malmenare a suo di specchiate, unica arma in suo possesso, tutti quei ragazzi.
«Sentite ragazzini, andate via. – intervenne un poliziotto – Abbiamo già abbastanza grane con loro, ci manca anche un gruppo da circo che incasina la situazione.»
«Non siamo pagliacci da circo, agente. – la risposta sicura e quasi innocente di Nicoletta, lasciò sbalorditi tutti – Siamo eroi e siamo qui per aiutare.» prima ancora che qualcuno della folla potesse lanciare un’altra pietra anche verso di lei, la ragazza lo aveva bloccato con un colpo preciso della sua arma. La mano dell’aggressore era diventata un tutt’uno con la pietra, in un’agglomerato di denso miele viscoso.
«Ehi ma che caz…» il ragazzo non ebbe il tempo di finire l’imprecazione perché lo scudo di Christopher schizzò nella sua direzione, colpendo alle gambe lui e un’altro paio di compagni davanti, facendoli tutti cadere a terra come birilli.
«Non si dicono le brutte parole, ragazzo.» lo rimproverò l’eroe tartaruga, per poi riafferrare lo scudo, che era tornato a lui e sedersi per terra.
«Senta signorina. – cominciò un agente un po’ più gentile, rivolgendosi a Nicoletta – Vi ringraziamo della vostra disponibilità, ma questo è compito della polizia. Super eroi o no, siete giovani e non potete stare qui.»
«Voi non capite. Noi dobbiamo proprio essere qui.» la risposta della ragazza ape fu chiara e rapida, dopodiché ignorò qualsiasi altra protesta della squadra di agenti e, assieme ai suoi compagni, si buttò nella mischia. Solamente Christopher rimase fermo immobile, osservando la scena.
Martha fu la prima ad attaccare, sentiva un rivoletto di sangue, non troppo copioso, bagnarle la fronte, ma si disse che finché non le sarebbe arrivato all’occhio, impedendole così di vedere, poteva tranquillamente continuare a combattere. Puntava alle gambe anche lei, proprio come aveva fatto il ragazzo in verde poco prima. I rivoltosi si ritrovavano col sedere per terra prima ancora che potessero capire cosa stesse accadendo e subito dopo Nicoletta li appiccicava all’asfalto con la sua arma. 
Clover, invece, lanciava il suo specchio come fosse un boomerang, tentando di colpire le mani di quei ragazzi che tenevano in mano pietre e altre munizioni, oppure colpendo le loro mazze da baseball. Purtroppo però la sua mira era ancora relativamente scarsa e non sempre riusciva a colpire il suo obiettivo. Quando non ce la faceva il suo specchio, c’era la frusta di Jack. Il ragazzo tentava di essere il più delicato possibile coi colpi, sapeva infatti che quell’arma era pericolosa se usata nel modo più brutale e lui non era ancora così esperto da saper gestire la forza. Un paio di ragazzi, infetti si trovarono con la mano sanguinante, ma mentre lui chiedeva sempre scusa quando accadeva, la ragazza pavone dietro di lui, ribadiva che ogni tanto una bella lezione se la meritano anche i bulli.
«Non sono bulli Clo… collega, sono persone che hanno solo bisogno del nostro aiuto per ritornare in loro.» sembrò quasi rimproverarla l’eroe volpe.
«Fa nulla. Hanno fatto male alla mia migliore amica e non gliela perdono.» sbuffò lei, lanciando nuovamente lo specchio e riprendendolo in mano dopo che fece lo scalpo a Justin, facendogli cadere il cappello viola in feltro.
«Ehi! Fa attenzione.» protestò il ragazzo, che aveva anche dovuto parare un colpo di mazza da baseball con il suo bastone pomellato. 
Justin era l’unico che sembrava più un nobiluomo sotto copertura, più che un super eroe. Lui, che aveva sempre vissuto in una roulotte con vestiti stra usati e la sua sgualcita bandana, in quel momento sembrava una specie di gentleman in incognito.
«Scusami…» fece Clover, trattenendo una risata.
Gli agenti guardavano quel caos senza sapere con esattezza come gestire la cosa. Seppure impacciati e inesperti quei giovani colorati stavano riuscendo a tenere a bada la folla urlante che fino a poco prima stava distruggendo l’edificio davanti a loro. Ovviamente non senza fare danni anche loro stessi, come quando la frusta del ragazzo arancione colpì una finestra alle spalle di un ragazzo, mandando in frantumi il vetro.
Christopher continuava a stare seduto, facendo vagare lo sguardo dai suoi compagni intenti a lottare, agli agenti sbigottiti; finché non notò con la coda dell’occhio una sagoma rossa ad est e istintivamente sorrise. Susan stava facendo roteare il suo yo-yo a un’incredibile velocità e questo si stava illudendo creando quindi una specie di cerchio al neon proprio davanti alla sua figura.
Improvvisamente i rivoltosi cominciarono ad arrendersi. Inizialmente si fermarono, come se si fossero accorti di qualcosa; poi, nel momento in cui una nube scura uscì dai loro corpi, attirata dal vortice luminoso dello yo-yo, si afflosciarono, come bambole di pezza. Quella strana reazione attirò l’attenzione di tutti verso Susan che continuava a far girare la sua arma, imperterrita.
Quando anche l’ultimo sbuffo di fumo, fu risucchiato dall’arma della ragazza, anche lei sembrò afflosciarsi. Fu un’attimo. Susan era al bordo dell’edificio e cadendo in avanti precipitò verso il basso. Tutti lanciarono un grido, ma Martha schizzò in avanti e con un paio di balzi felini, la prese al volo, evitandole di schiantarsi al suolo. Non sapeva nemmeno come avesse fatto, forse l’adrenalina, in ogni caso era salva e questo era l’importante, anche se sembrava in qualche modo svenuta; probabilmente aveva usato tutte le sue energie per purificare quei ragazzi.
«Sta bene?» chiese un’agente, accorrendo.
«Sta benissimo. Ora scusate, ma dovremmo andare.» disse la bionda, con un sorriso di circostanza, facendo un cenno agli altri. Aveva notato che l’orecchino di Susan aveva ormai solo due puntini, il che voleva dire che in meno di due minuti si sarebbe ritrasformata e non potevano permettere che dei civili, anche se della polizia, scoprissero le loro identità.


Susan aprì gli occhi, confusa. L’ultima cosa che ricordava era il movimento ipnotico del suo yo-yo che rallentava e un’incredibile stanchezza che prendeva possesso del suo corpo.
«Ehi Cherry, stai bene?» la voce di Nicoletta fu la prima che distinse perfettamente, era sicura che anche le altre persone intorno a lei le avevano parlato appena qualche secondo prima, ma tutto ciò che aveva percepito erano stati brusii indistinti.
«Lasciatela respirare.» brontolò Justin, cercando di allontanare il capanello di gente che le si era formato attorno. Solo in quel momento, si accorse che erano tutti sul suo furgoncino.
«Come… Com’è andata la battaglia?» biascicò, mettendosi seduta e portandosi la mano alla fronte, aveva ancora la testa confusa.
«Oh alla grande! Li hai messi tutti a nanna.» le sorrise Cristopher.
«Te come ti senti?» ribadì Jack, un po’ più distante.
«Bene… Credo… Insomma sono solo un po’ stanca.» biascicò la rossa.
«Tranquilla Susan. – intervenne subito la sua kwami, posandosi sulle sue gambe – Una bella dormita e si sistemerà tutto.»
«Già… – aggiunse anche il kwami nero, quello di Martha che sembrava un gatto – Purtroppo purificare anime è la parte più difficile del lavoro e tocca a te.»
«Mi eserciterò, in modo da non perdere i sensi in futuro.»
«Sì brava, e magari evita anche di appostarti in punti troppo alti. – intervenne Clover – Se non fosse stato per Martha a quest’ora avremmo dovuto cercarci una nuova amica e una nuova portatrice del Miraculous della coccinella.» a quel rimbrotto Susan arrossì, non sapeva bene il motivo, se per la consapevolezza di aver fatto una tavolata, facendo così preoccupare i suoi nuovi amici, oppure semplicemente al pensiero che proprio Martha l’aveva presa.
«Dì un po’ Susan, vuoi darmi le chiavi del furgone? Così tu puoi riposarti ancora un po’?» le domandò Christopher, distogliendola dai suoi pensieri.
«Oh, certo. Grazie Chris.»
Poco dopo la squadra era di nuovo in viaggio. Avevano avuto la loro prima vera battaglia e, anche se non era andata nel migliore dei modi, erano in qualche modo orgogliosi, come se quello fosse stato il primo passo per salvare il mondo. Sebbene non sapessero bene da che cosa, almeno non ancora.

  
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