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Autore: MelaniaTs    03/12/2023    0 recensioni
Boston è una cittadina fiorente e bellissima, ordinaria sotto certi aspetti ed anche molto conservatrice. Adelaide Thompson, cresciuta nell'alta borghesia Bostoniana, non vede l'ora di spiegare le ali verso la libertà. Gabriel Keller, però sembra pensare il contrario.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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< COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: © Questa è una saga, non una serie, per me c’è distinzione la saga ha come fondamento una famiglia, la serie al contrario un gruppo di persone collegate tra di loro ma senza legami famigliari. Questa saga a differenza di Dreams è molto più easy e più leggera senza molti shock, dovrebbe essere anche più breve (ne avevo bisogno 😜). Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.
La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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ADELAIDE
Inverno/primavera 2013

 

Il rientro a Boston era stato difficile questa volta. Io e Gabriel avevamo vissuto quei giorni come in una favola e sapevo che ogni volta che ci fosse stato un distacco sarebbe stato peggio. 

Una volta a Monaco, prima che ci sposassimo, avevo costretto Gabriel a firmare un accordo prematrimoniale con tanto di separazione dei beni. Questo era stato fatto perché volevo fargli capire che nonostante accettavo di sposarlo, non volevo che mi aiutasse economicamente. Così avevo stilato io personalmente il contratto prematrimoniale, con i complimenti di Taddheus. Ovviamente convincere Gabriel era stato arduo, eppure alla fine avevo vinto io. 

Ero orgogliosa del mio lavoro, il contratto era stata la mia prima pratica ufficiale. 

Una volta rientrata a casa avevo preso la mia vita in mano e schiena dritta avevo ricominciato la mia solita routine.  Avevo inoltre scritto una lunga lettera a mia madre, dove le spiegavo che stavo bene e che la mia vita procedeva bene. Le avevo raccontato anche di avere una persona importante al mio fianco, talmente tanto importante da legarmi a lui indissolubilmente. Ovviamente evitai di scriverle che ero sposata e incinta, pensavo quelle non dovessero essere cose scritte, ma dette di persona. Non mi arrivarono risposte alla lettera, anche perché avevo inviato la missiva senza mittente e da un ufficio lontano dal centro di Cambridge.  

Con Eddy avevamo deciso che per il momento le feste erano precluse, proprio per non danneggiare la gravidanza ed evitare che mi stancassi. Addirittura Eddy mi aveva detto che voleva parlare con suo padre e vedere se potevo iniziare a lavorare nel suo studio.

"Così eviterai di fare tanti lavori." Mi aveva detto. 

Ma io non mi stancavo a dare ripetizioni, anzi mi piaceva aiutare chi aveva bisogno. 

"Almeno non farai da baby sitter." Mi aveva detto Eddy preoccupato. "Inoltre se riuscirò ad inserirti nello studio legale potresti iniziare già a fare gavetta, con molti più anni di anticipo." 

Sotto questo punto di vista aveva ragione lui, lavorare in presso uno studio legale sarebbe stato un inizio molto anticipato della gavetta. "Se mi inserisci in qualche studio legale lascerò il lavoro da baby sitter." Gli avevo detto.

Lui aveva assentito e mi aveva così spiegato che sarebbe stato facile. Era figlio di due avvocati e la famiglia paterna apparteneva proprio a una dinastia di avvocati. 

"Una dinastia di avvocati?" Gli avevo chiesto sorpresa quando me lo aveva detto. 

"Mai sentito parlare di Williams & Murphy?" Mi aveva chiesto.

Lo avevo fissata basita! "Cioè tu stai parlando di quei Williams & Murphy? Ti prego, non dirmi che sei il figlio di Amanda Murphy, lei per me è un mito, il mio idolo, sogno di diventare come lei un giorno." Avevo affermato eccitata. 

"Avrei dovuto giurarci che sei una fan della zia Amanda, vuoi diventare un avvocato penale come lei?" 

Avevo scosso la testa. "Sai, non lo so! Se mi indirizzo al penale potrei aiutare i più deboli, ma temo che inserirmi sarà difficile." Gli avevo detto. "Quindi è tua zia. Tua madre anche lavora come legale?" Avevo chiesto. 

"Mamma è ricercatrice, anche se è comunque laureata in legge, a volte segue anche qualche causa, ma a tempo perso." Mi aveva spiegato. "Per il resto nonni e zii sono quasi tutti uomini, alcune cugine come mamma sono ricercatrici o segretarie." 

Avevo fatto una smorfia, come prevedibile le donne erano poche. Però Amanda Murphy era diventata un mito a livello giuridico e legale sia dentro che fuori le mura di Boston. Era un simbolo, un obbiettivo da raggiungere. Sentendo che Eddy apparteneva a quella famiglia riuscii a comprenderlo anche un po' di più, nonostante non gli piacesse molto studiare legge lo faceva per dovere nei confronti della sua famiglia. Tutti lavoravano nel campo e lui non doveva essere da meno. Probabilmente doveva solo trovare la sua strada, una volta laureato poteva scegliere comunque che specializzazione prendere. Al limite diventare avvocato civile anziché penale. Lo avrei aiutato a capire cosa gli piaceva, stop. 

Febbraio mi accolse carico di sorprese, Eddy aveva parlato con i suoi e insieme avevamo iniziato un periodo di lavoro nello studio. Lui avrebbe lavorato accanto al padre, mentre io sarei stata una delle segretarie generali, in realtà dovevo solo prendere le telefonate e poi girarle alle assistenti degli avvocati, smistare la posta, posare i libri e ordinare gli schedari con i casi chiusi all'occorrenza. 

Avevo un fisso mensile, che era veramente poca cosa in confronto ai guadagni di quando ero baby sitter. Ma la pancia cresceva e stare dietro a due bambini iniziava a risultarmi pesante, inoltre lavorare nello studio William & Murphy mi avrebbe dato un'idea si come funzionasse un ufficio legale. Era per me l'occasione di poter capire se quello era ciò che desideravo fare o meno della mia vita. 

Non conobbi Amanda Murphy, ma ebbi modo di conoscere Jason e Toska William, i genitori di Eddy. 

Erano due tipi alla mano e realmente deliziosi, tanto che mi chiesi perché Eddy non facesse coming out con loro. Ero sicura che non lo avrebbero abbandonato e approvato i suoi sentimenti. 

Con me erano molto gentili, non facevano molte domande per la mia gravidanza. Ovviamente la fede e l'anello di fidanzamento che Gabriel aveva voluto assolutamente donarmi, testimoniavano che non ero una sprovveduta. Addirittura Jason notando la mia passione spesso mi faceva partecipare alle sue riunioni, informandomi delle pratiche di cui si occupava e di come il suo lavoro fosse più impegnativo di ciò che potesse pensare la gente. Mi accorsi subito che non si occupava né di diritto civile ne del penale. Fu lo stesso Jason a confermarmelo quando notai la cosa.

"Mi occupo di diritto aziendale. Il nostro ufficio lavora su commissione per alcune aziende importanti. Inoltre seguiamo in esclusiva l'azienda dei genitori di Toska, che ha parecchie filiali." Mi aveva detto. 

Ero sorpresa del tipo di lavoro che facesse, curiosa ogni qual volta potevo facevo delle domande in merito a Jason. Più il tempo passava e più lui mi permetteva di seguirlo nel suo lavoro come assistente e porta borsa. 

Senza rendermene conto ad aprile avevo in pratica preso il posto di Eddy al fianco di suo padre. 

Il mio amico non ne sembrava dispiaciuto, anzi quasi era sollevato che il padre avesse preso me e non lui sotto la sua ala protettrice.  

"Laureati in fretta tesoro, così mio padre avrà un ottimo elemento nel suo staff di avvocati e potrei non essere obbligato a seguire le sue orme." Mi aveva detto durante una sessione di ricerca per suo zio Paul, avvocato divorzista e fratello minore di Jason. 

"Ma cosa dici? Stai prendendomi in giro." Gli risposi dandogli una spinta. 

"No! Te lo assicuro, papà ha uno staff di avvocati annoverati nel suo team e ovviamente vorrebbe che anche io ne facessi parte." Spiegò Eddy.

Lèssi distrattamente ciò che avevano fatto durante una causa precedente e lo annotai. 

"Ammetto che è una bella branchia della legge. Poi nonostante sia civile non è monotona." Dissi evidenziando un punto e scrivendo da quale causa era stato preso. Dopodiché alzai lo sguardo sul mio amico. "Come faceva tuo padre a sapere che questo era ciò che voleva?" Chiesi, perché io non lo sapevo ancora.

"Non lo sapeva." Intervenne la voce di Toska che giunse in quel momento a prendere i nostri appunti. Guardò ora me, ora Eddy sorridendogli. Conoscevo quel sorriso anche se non ricordavo dove lo avessi già visto. 

"Lo scoprì quando gli chiesi di aiutare mio padre con la sua azienda. Il suo team di avvocati non riusciva a risolvere un cavillo ed allora feci intervenire lui, gli piacque e da lì iniziò a lavorare nel settore." Raccontò la donna dai capelli castani sedendosi con eleganza accanto al figlio. "All'inizio è stata dura per lui, poiché era giovane e le aziende hanno tutti i propri avvocati. Jason giustamente aveva il suo ruolo qui, il padre non voleva lasciasse lo studio per andare incontro all'ignoto. Poi però il suo lavoro ha dato i frutti, gli avvocati che sono nell'azienda di papà alla fine sono i suoi, li istruisce e li inserisce così riesce a seguire la società e anche lo studio associato." Concluse Toska. Percepivo dalle sue parole come fosse orgogliosa e ancora innamorata di suo marito dopo tutti quegli anni. "Sai!, sta cercando dei giovani avvocati da inserire nel suo staff." La buttò lì facendomi tornare alla realtà. 

La fissai. Perché me lo diceva? Ero al primo anno di legge e per me ci sarebbe voluto ancora tempo prima di laurearmi e prendere delle decisioni importanti. 

"Potresti andare da lui, tra mezz'ora si collegherà con una holding giapponese con cui la Bradford inc è in trattative. Vedi come si muove visto che è a casa e prima che vada a Kyoto ci vorrà tempo." Disse Eddy spalleggiando la madre.

"Non posso, dobbiamo fare questa ricerca per tuo zio Paul e non sono stata invitata." Ammisi leggermente dispiaciuta per non poter seguire Jason. 

"Lascia la ricerca." Mi disse Toska. "Non sei fatta per questo anche se ti impegni molto." Continuò raggiungendo il figlio. "Ci penseremo io e Eddy a queste ricerche, ti ho invitata io a seguire Jason, adesso vai." 

Eccitata annuii e ringraziai Toska. Il diritto aziendale! Poteva essere quello il mio destino, mi piaceva, eccome. Poi mi avrebbe dato l'occasione anche di poter viaggiare. Anche se forse non era fattibile come lavoro.

Stavo per partorire e avrei avuto un bambino di cui occuparmi in futuro. 

Per ora era giusto quindi non correre. Lavorare e studiare, prendendomi i miei tempi e dedicandomi al presente.

Anche se senza volerlo venivo presa e assorbita da Jason e dal suo lavoro. Era come se vivessi tre vite parallele, la prima ruotava intorno a Gabriel e i nostri incontri notturni tramite Skype, durante la giornata non mancavano però messaggi e telefonate lampo anche solo per sentirci. Poi c'era l'università, gli esami, i primi per me, e infine lo studio associato.

Ero arrivata a fine marzo che nonostante avessi lavorato tanto, mi sentivo felice e appagata, stanca nei limiti. 

Gabe era contento che ormai avessi archiviato il lavoro da baby sitter e anzi era contento che avessi trovato un lavoro in uno studio associato. 

Una volta mi aveva anche detto che se avrei valutato un lavoro aziendale potevo farlo. 

"A maggio tornerò." Mi aveva detto. "Vedremo come si porta la nostra vita familiare e andremo a trovare i tuoi."

Su questo Gabriel infatti era irremovibile. Fintanto non si trovava a Boston a lui andava bene che mi 'nascondessi' da mio padre. Ma una volta a casa voleva che lo affrontassimo, soprattutto per il mio bene, diceva.

"Una volta che gli diremo che ci siamo sposati e che a me va benissimo che tu studi, non potrà ribattere." Aveva detto sicuro. "Non vuoi rivedere tua sorella?  Ti ricordo che  London mi ha detto che si è sposata." 

E io non c'ero stata, poiché mia sorella aveva deciso di anticipare le nozze. Avevo tenuto in conto che non ci sarei stata al matrimonio di mia sorella, come Brooklyn e tutti gli altri non erano stati al mio. Probabilmente però era meglio che fosse andata così. Il matrimonio di Brooklyn con Jonathan Jenkin si era tenuto a febbraio, un mese prima delle elezioni. Tutta propaganda politica in favore del padre che sicuramente sarebbe diventato senatore del Massachusetts. Avevo accolto la notizia con tristezza, Jonathan, adesso lo sapevo, non aveva mai guardato Brooklyn come invece Gabriel faceva con me. 

Al contrario lui aveva sempre tenuto gli occhi scuri bassi. 

Non potevo però esprimere la mia opinione. Chi ero io per intromettermi nelle scelte di mia sorella, quando non avrei voluto che lo facessero per me?

"Si andiamo. Porteremo un bel regalo a Brooke." Avevo capitolato ancora con Gabriel. 

Indubbiamente mio marito sapeva farmi rinsavire e senza litigare. Parlavamo, mi spiegava il suo punto di vista e perché portava avanti le sue tesi e ponderando le sue parole capivo che effettivamente c'era qualcosa che non andava. Proprio come quella sera, eravamo su Skype e lo avevo appena informato del mio ultimo esame. 

"Pensavo di fare un salto a Boston per il parto. Prendere le ferie a fine maggio, anziché far venire a te qui." Disse.

Sinceramente sentendo quella proposta da un lato di sentii sollevata, dall'altro delusa. Sollevata perché un viaggio di dieci ore con quel pancione non sapevo se riuscivo a reggerlo, delusa perché avrei voluto rivedere Pamela, Inga e Taddheus. 

"Avevamo un programma." Dissi non riuscendo a mascherare la mia sorpresa.

"Si li conosco i tuoi programmi." Mi disse Gabriel sorridendomi. "Come so che tieni molto alla tua famiglia." Concluse.

Io lo guardai stupita. "Ti ho detto come prenderebbero la cosa e..."

"Adelaide!" Mi interruppe Gabriel. Quando faceva sul serio come sempre non c'erano filtri. Io invece ero in quel periodo ella mia vita per cui avrei pianto per qualsiasi cosa, anche per sentito nominare la mia famiglia.

"Cosa?" Chiesi a mio marito.

"Tu ci tieni alla tua famiglia." Mi disse. "Come so che mia madre non sarà la stessa cosa di tua madre nel momento in cui partorirai.  Ovvio mamma ti vuole bene, ma non può essere lei il tuo sostegno in questo momento." 

Mi tremava il cuore alle sue parole. Come faceva a sapere come mi sentivo? Come faceva a sapere che ogni mese la mamma mi mancava sempre di più? Ad ogni visita, ogni ecografia e ogni colpetto al ventre di mio figlio era una stretta al cuore, sia perché Gabriel non c'era, sia perché mamma e Brooklyn non c'erano.

"Come faccio a presentarmi a loro col pancione Gabriel?" Chiesi ormai giunta al limite.

"Non c'è bisogno che ti chieda come fare, davvero pensi che loro ti abbiano dimenticata?"  Mi chiese dolcemente fissandomi serio.

"Lo hai detto a London, lui lo avrà detto a loro?" Chiesi non tanto sorpresa, soprattutto perché la mia era più una conferma che una domanda.

Lui infatti annuì. "A febbraio London mi ha raggiunto a Monaco ti ricordi?" Mi chiese. Certo che mi ricordavo, era stato il periodo in cui mi chiamava a telefono evitando Skype, dicendomi appunto che London era da lui.

"Bene, in quell'occasione mi disse che avevano scoperto dove ti eri iscritta e che volevano pagarti l'università." Restai basita a quella rivelazione. Possibile che i miei fossero rinsaviti. 

"Quindi sai dove mi trovo, lo sanno anche loro." Affermai delusa.

"No, non lo so. Ho detto a London che avevo fiducia in te e che anche loro dovevano averne. Infatti sono riuscito a convincerlo a non pagarti le rate universitarie poiché sapevo quanto tu ci tenessi." Ammise Gabriel. "Ti ricordi quando ti ho detto che non ho potuto nascondere a tuo fratello che avrei potuto pagarti io la retta in quanto tuo marito. Quando mi ha chiesto spiegazioni gli ho detto che stavo per diventare padre, quindi sicuramente i tuoi sanno tutto."

Ero basita! Sapevo che London e Gabriel avevano un rapporto di profonda stima e Gabe mi aveva anche sempre aggiornato di tutte le volte che aveva parlato di me con mio fratello maggiore. London cercava di tenersi informato tramite lui, sapevo che Gabriel gli aveva rivelato tutto. Ma i miei genitori? 

"Wow! Non so Gabe sai!? Ho scritto alla mamma e non mi ha mandato una risposta. Se sapevano dove sono potevano venire qui." Sussurrai mentre la mia mente rimuginava.

"Probabilmente sono arrabbiati perché non gli hai detto del bambino o del matrimonio. Ricordi? London, non l'ha presa subito bene quando gli ho detto la verità. Ha dovuto darmi prima un paio di cazzotti però poi sembra aver accettato la cosa."

Risi ricordando la sera in cui Gabe mi aveva raccontato dell'incontro con mio fratello. 

Forse se London non lo avesse raggiunto a Monaco, Gabriel sarebbe anche riuscito a mantenere il segreto. Ma faccia a faccia con mio fratello deve essere stata difficile per lui. 

"Domani telefono a casa. Così scopro cosa sa mia madre." Affermai.

"Restiamo che partoriamo lì a Boston." Affermò lui.

"Partoriamo?" Chiesi scherzando. "Il grosso lo farò io, però accetto il tuo sostegno." Scherzo cercando di mascherare il timore che aumentava col diminuire del tempo che mancava al parto. 

"Sarò il tuo sostegno sempre Heidi, non vedo l'ora di poter rientrare ed essere con te." Mi disse lui dolcemente. "Il piccolo si muove?" 

Sorrisi carezzando il ventre. "Da quando ha iniziato a farsi sentire ormai è una piacevole abitudine. Vorrei tanto che potessi sentirlo." 

"Arriverò abbastanza in tempo da sentirlo scalciare e anche per fare qualche corso preparato." Affermò lui. 

"Dovrei iniziare credo, vedrò cosa mi dice il ginecologo alla prossima visita." Afffermai. Fortunatamente grazie ai miei genitori avevo l'assistenza sanitaria e Gabe aveva insistito per pagare lui stesso un medico privato, quindi ero serena. Le visite mediche però mi ricordavano che presto sarebbe giunta la fine.

"Dobbiamo iniziare a pensare al bambino, la sua cameretta, la culla... tra un po' sarai di sette mesi." Espletò Gabriel dando voce ai miei pensieri. 

Cercai di sorvolare. "Vivo in un dormitorio per ora. Non posso pensare a queste cose." 

"Io avrei un appartamento affittato nella contea di Cambridge." Mi disse Gabriel stupendomi. Aveva un appartamento proprio dove si trovava la mia università?  "Hai... non ci credo! Hai un appartamento?" Gli chiesi.

"Affittato sempre!" Disse lui con un sorriso malizioso. "Dopo la fine dell'università ho mantenuto il contratto per la specializzazione che dovrei prendere da ottobre. Visto che non hai i corsi in estate potremo iniziare da lì, tanto anche London non ci mette più piede da quando è laureato e tuo fratello Chester tornerebbe in autunno." Mi spiegò. "Cosa ne pensi?" 

"Anche Chester vive lì? È un appartamento grande." 

"Non molto grande. Ma è comodo, soprattutto quando si fa tardi tra una festa e un'uscita tra gli amici. Lo prendemmo in una posizione comoda io e London prendendo in considerazione che Chester si era iscrivo al MIT."

Annuii. "Quindi si trova tre le due università?" Feci una smorfia offesa. "Quante ragazze ci hai portato?" 

Gabriel mi guardò terrorizzato. Volevo scherzare ma lo avevo messo in imbarazzo. "No comment. E comunque mai tante quante quelle di London, Chester invece sai benissimo non tradirebbe mai Thea." Si confessò.

Thea era la fidanzata storica di Chester, ero sicura che lui avesse tendenze sessuali diverse. Ma non potevo avere voce in capitolo se lui si rifiutava a riconoscere la realtà e stare con Thea. Mentre sapevo che London era uno scapestrato in fatto di ragazze. Per questo crederti a Gabriel subito. "E ragazzi ci venivano nell'appartamento." 

"Adelaide!" Mi ammonì Gabriel. Aveva capito dove volevo andare a parare.

"Va sempre tutto bene tra Chester e Thea?" Chiesi. 

"Sì! Hanno fissato una data, sai?" Affermò Gabriel. 

"Tutti che si sposano." Sbuffai, perché mio fratello non apriva gli occhi.

"E noi siamo stati i primi. Adesso ti lascio liebe, si è fatto tardi lì da te e voglio che riposi." 

Sorrisi. Il tempo quando eravamo in contatto subito voltava. "Hai ragione, è tardissimo. Buonanotte amore."

"Buonanotte amore mio. A domani." E così dicendo ci eravamo salutati e avevamo chiuso la chiamata.

Fui agitata tutta la notte, non seppi dire se dipendeva dal sonno irrequieto per via del pancione o dalla video chiamata con Gabriel.

Restai agitata per tutta la mattina durante le lezioni, nonché nel pomeriggio allo studio legale. Alle diciassette quando uscimmo dallo studio Murphy e Williams, Eddy preoccupato per me mi affrontò.

"Non saresti dovuta venire a lavoro, potevi restare al dormitorio e studiare per domani." Affermò.

Studiare? Ah giusto, avevo l'esame il giorno dopo, era il quarto che sostenevo da quando mi ero iscritta, fortunatamente ero preparata per quello del giorno dopo poiché era l'esame di lingue straniere. Però aveva ragione Eddy ero agitata e non andava bene che mi portassi dietro questo stato in vista dell'esame. Volevo passare tutti e sei gli esami annuali e per farlo dovevo essere concentrata. 

"Ho studiato. Sono preparata...è la gravidanza, ormai la pancia si nasconde poco dietro le maglie extra-large, segno che sto arrivando a termine."  Raccontai.

"Già è vero." Ammise lui sorridendomi. "Tra un po' inizierai i corsi preparto. Ci sarà il tuo Gabe per allora? Forse vorresti..."

Non gli lasciai finire la frase. Sapevo che se lo avessi chiesto Eddy avrebbe accettato di venti con me. Ma sentivo che i corsi e tutto il resto fosse qualcosa di troppo intimo da dividere con Eddy. Lui non era il padre del bambino e avere vicino il mio amico al posto di Gabriel mi avrebbe solo demoralizzata. Per questo alle visite di controllo andavo da sola. Era una cosa mia, mia e di Gabriel, o mia e della mamma.

Sussultai! Eccola la verità, ero irrequieta perché, come mi aveva ricordato Gabriel la sera prima, mi mancava mamma. In un momento così importante della mia vita e della mia crescita, quella della mamma era la presenza di cui più sentivo la mancanza. 

"In realtà volevo chiederlo a mia madre o mia sorella." Ammisi. 

"Ah si! Mi avevi detto che tua sorella doveva sposarsi e che tua madre era impegnata con i preparativi del matrimonio." Affermò Eddy a chi non avevo detto della mia fuga da casa. Ero sempre evasiva, lui era a conoscenza del fatto che avessi una famiglia numerosa e che per me mantenermi da sola all'università era una sfida personale. Eddy non sapeva che venivo da un ambiente benestante e non sapeva che ero scappata di casa, non gli avevo detto di essere la moglie di Simon Thomson, uomo d'affari noto nell'ambiente bostoniano. No, lui sapeva che i miei genitori oltre me avevano altri impegni per questo non andavo a trovarli spesso. 

"Mia sorella si è sposata infatti, adesso la mamma è libera e anche Brooke dovrebbe rientrare dalla luna di miele." Ammisi. 

"Allora faccio un passo indietro Adela." Mi disse Eddy contento intanto che eravamo arrivati ai dormitori universitari. 

Mi guardai intorno, chissà dove si trovava la casa di Gabriel, Logan e Chester. 

"Grazie di tutto Eddy. Senza di te e la tua amicizia sarei persa."

Lui sorrise. "Hai anche Carol. Anche se ammetto che non è alla mia altezza." Disse con un sorriso divertito. 

Risi anche io. "Non prenderla in giro." Gli disse dandogli un buffetto sulla spalla. "Ci vediamo domani Ed. Mi raccomando buona serata e divertiti al tuo appuntamento al buio." 

Lui annuì. Attese che io entrassi nello stabile e chiudessi il portone poi mi diede le spalle e andò via.

Io salii lentamente le scale verso la mia stanza. Carol non c'era, ero sola e sapevo cosa dovevo fare. Presi il cellulare fissando il display. Non c'era bisogno di cercare in rubrica il numero di casa, lo conoscevo a memoria. Così con dita tremanti lo composi. 

Al terzo squillo qualcuno rispose.

"Pronto, casa Thompson." Era la mamma. La voce di Manila non era cambiata in quei lunghi mesi. Mi coprii la bocca per abortire un singhiozzo che stava pervadendo mi. "Pronto?" 

Continuava a chiedere mamma.

Io ero inerme, tremavo e non sapevo cosa dire. "Adelaide sei tu?" Chiese ancora la mamma. E restai stupita, iniziai a chiedere piangere senza una ragione, mamma sapeva che ero io nonostante non stessi parlando. 

"Tesoro stai bene? Adelaide... il bambino sta bene? State bene Adela?" Chiese ancora mamma preoccupata.

Mi riscossi! La stavo facendo preoccupare. "S-si!" Sussurrai. 

"Oh Adela! Bambina mia, grazie al cielo." 

Presi a piangere, senza vergogna. Piangevo e chiamavo la mamma, che dall'altro lato mi rispondeva e percepii anche lei piangeva. 

"Mamma... oh mamma! Io..."

"Va tutto bene tesoro. Va tutto bene!" Mi consolava.

"Mi manchi tanto mamma. Mamma..." Sussurravo.

"Adela anche tu... tesoro se vuoi vengo da te. Ti raggiungo." Mi disse implorante.

Mi raggiungeva?! In un attimo mi riscossi. "N-no! No, meglio di no." Le dissi, riuscii a percepire il suo respiro lento, la delusione. "Domani ho un esame e non avrei tempo." Mi giustificai. "Dopodomani, alle undici, puoi?" Le chiesi.

"Oh si! Certo che posso. Dimmi dove, ci sarò tutto il giorno." Mi rispose lei con un sospiro di sollievo.

"Dalla dottoressa Pontes." Le dissi. In fondo era stata lei a presentarci la dottoressa quando sia io che le mie sorelle abbiamo avuto il primo ciclo. 

"Dalla Pontes? Hai appuntamento con lei questa settimana." Affermò mia madre come se ne fosse a conoscenza. "Certo che ci sarò... ne sarò fiera e felice Adela."

"Mamma..." Sussurrai.

"Adelaide." 

"Perdonami... mamma perdonami se ti ho delusa."

Ci fu un attimo di silenzio, poi la mamma parlò. "Non devi dirlo neanche Adelaide, siamo noi a doverti delle scuse. Avremo dovuto lasciarti andare e non farti scappare, soprattutto perché sapevamo che tu e Gabriel eravate innamorati."

"Oh!" Esclamai sorpresa.

"Ma va bene così. Ci rifaremo, tu adesso però sta serena, pensa al tuo esame e dai il massimo. Noi ci vediamo da Teresa Pontes."

"Do sempre il massimo mamma. Mi sono prefissata di dare tutti e sei gli esami e lo farò." Le dissi decisa. 

"Non vedo l'ora che tu mi racconta tutto tesoro. A presto." Mi disse salutandomi.

Staccai la telefonata e col cuore più leggero finalmente mi rilassai sul mio letto. Fissai l'orologio, era ancora presto per chiamare Gabriel, così decisi di alzarmi e studiare per l'esame.

Quella sera raccontai a mio marito della telefonata, dopodiché andai a dormire.

Il giorno dopo all'esame diedi il massimo e presi anche il massimo dei voti, che accettai con piacere. 

Adesso non mi restavano altro che gli ultimi esami del corso, uno si sarebbe tenuto a metà maggio e l'altro a fine giugno. Così avrei raggiunto gli obbiettivi che mi ero preposta. 

Il giorno dopo alle undici di mattina ero già a Boston. 

Avevo indossato un leggings premaman con una camicia, così da non apparire rozza agli occhi della mamma. I capelli erano tirati su e invece delle lenti a contatto portavo i miei cari vecchi occhiali a rettangolo senza montatura. 

Mi diressi al bar di fronte lo stabile che ospitava lo studio della Pontes, così da aspettare l'attesa e quando entrai sorprendendomi notai che mia madre era già lì. Mi fermai sulla soglia a fissarla. Seduta ad un tavolo aveva le mani intrecciate, anche se il continuo ticchettare sui pollici e lo sguardo perso lasciavano intendere il suo nervosismo. 

Sul tavolino, a testimonianza che era lì da molto, c'erano un piattino con dei biscotti mangiucchiarti ed una tazza da te non sapevo se era piena ma probabilmente l'aveva presa giusto per consumare. Decisi di avvicinarmi al suo tavolo che con colpetto di tosse rivelai la mia presenza."Disturbo?" le dissi in un sussurro.

Mamma alzò la testa e mi guardò, sembrava invecchiata le rughe attorno ai suoi occhi ero più accentuate e speravo di non essere io la causa di questo sua nuova espressione. Speravo di riuscire a riparare al male che avevo fatto. Appena  mi riconobbe i suoi occhi si sgranarono, poi alzandosi mi abbracciò. Era mia madre! Il suo calore lo avrei sempre riconosciuto, anche in mezzo a 1000 persone. Mi strinse nel suo abbraccio e lasciai che le lacrime uscissero, perché si piangevo. Perché  si,  mi era mancata e anche a lei ero mancata; adesso che aspettavo un bambino capivo molto di più le sue emozioni e le sue sensazioni.

Restammo così strette per un po' , dopodiché mia madre si fissandomi. Mi accarezzò il volto, le spalle fino a scendere sul ventre che toccò con amore. "Mia piccola Adelaide eri una fonte di sorpresa quando eri bambina sì e continui ad esserlo ancora oggi. Sei diventata una donna molto coraggiosa e forte, non ti lascia battere da niente e nessuno. Io sono orgogliosa di tutto il tuo percorso, della tua ammissione in una delle migliori università del paese. Sono orgogliosa di quello che stai facendo da sola. Gabriel ha insistito affinché ti lasciassimo fare e devo riconoscere che aveva ragione sei cresciuta si vede. Ma resterai sempre la mia bambina, anche stai per avere un bambino. Io e tuo padre siamo orgogliosi di te tanto e non vediamo l'ora di riaverti a casa e conoscere il tuo bambino."

Mi disse concludendo il suo discorso. Le sue mani stringevano le mie, le fissavo unite.

"Lo so che papà si è arrabbiato. Sono sicura che sarà difficile con lui. Sai... mi sono sposata." 

Mia madre sorrise. Lasciò venti dollari sul bancone e prendendomi a braccetto mi portò fuori dal bar. 

"No! Si è arrabbiato solo quando ha saputo che eri andata in Germania." Affermò. "Gabriel avrebbe dovuto chiedermi la sua mano al suo sedicesimo compleanno." Lo imitò mamma.

Io risi divertita. "Ma no! Non è così..." mi lamentai.

Mamma scosse la testa. "Ingenua! Lo sapevamo tutti." 

Annuii. "Sì! Adesso lo so anche io. Ed è così bello! Dare voce a ciò che ho dentro, con Gabriel è tutto così facile."  Ammisi di fronte lo studio medico.

Prima di entrare mia madre mi fermò. Poggiò le sue mani delicate sulle mie spalle e con la sua solita eleganza riuscì ad avere la mia attenzione.

"So che vuoi fare da sola, lo comprendo." Mi disse ed io assentii. "Ma presto avrai un bambino e lavorare sarà dura. So che Gabriel rientrerà, entrambi però sarete impegnati con i corsi universitari. Ti prego lascia a noi la possibilità di pagare i prossimi corsi universitari. Lascia che vi aiutiamo col bambino una volta che ne avrete bisogno."

"Io!" Sussurrai. "Lavorare mi piace mamma, è un lavoro in uno studio legale, non sono stagista ma mi consente di conoscere l'ambiente." Le spiegai. "London ha detto che facevi più di un lavoro." Mi disse mamma. "Ripeto, comprendo che vuoi fare da sola. Ti ricordo che io e tuo padre abbiamo voluto costruire da soli la nostra famiglia. Però quando ci siamo trovati in difficoltà non abbiamo rifiutato l'aiuto dei nonni." Disse mia madre.

Annuii. "Facevo la baby sitter, da quando ho iniziato a lavorare alla William & Murphy però ho lasciato. Do solo lezioni di doposcuola adesso." Le spiegai. 

Mia madre annuì. "Tu prendi in considerazione che hai noi per l'università. Tuo padre ha fatto arrivare la cosa anche a Gabriel, ma andiamo adesso, non vedo l'ora di conoscere mio nipote."

Io tirai un sospiro, la seguii e osservai la schiena di mia madre. "Lo chiameremo Adam." Le dissi rivelandole che era un maschio. 

Mamma mi sorrise. Sapeva anche quello....

   
 
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