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Autore: JohnHWatsonxx    05/12/2023    2 recensioni
"Così bravo a leggere gli altri da non sapere come leggere me stesso.
Ora rivivo le stesse scene con gli occhi che ho riservato a te, fratello mio, e capisco perché la gente perde la testa e combatte le guerre, e perché ho passato tutta la mia vita a cercarlo tra le sfumature grigie dei vecchi film".
.
Mycroft è così impegnato a vedere suo fratello innamorarsi da non rendersi conto che anche lui sta provando le stesse cose.
[Post quarta stagione][Johnlock][Mystrade]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: fate attenzione alle frasi sottolineate e in grassetto che trovate tra i versi della canzone!

 
 
One look, dark room, meant just for you
Time moved too fast, you play it back
Buttons on a coat, light-hearted joke
No proof, not much, but you saw enough
Small talk, he drives, coffee at midnight
The light reflects, the chain on your neck
He says, "Look up", and your shoulders brush
No proof, one touch, but you felt enough
.


Avvicino il bicchiere alle labbra, prendendo un sorso di quel vino scadente che Greg ha portato. Sa di acido ma non dico niente, limitandomi a bere. Fuori la neve cade come nel più sdolcinato dei cliché, e dentro il fuoco riscalda le pareti che sembrano essere qui da sempre, anche se so benissimo che non è così: c’ero quando sono esplose. C’ero quando mi hai urlato che John è famiglia e ci sono anche adesso, ad anni di distanza, mentre prendi in braccio sua figlia e la aiuti a mettere il puntale sull’albero. Rosamund è più simile alla madre che al padre, e ha preso così tanto del tuo comportamento che a volte ho paura possa diventare come noi, come me. Ma poi guardo come la trattate, te e John, come la rendete felice, come parlate dei vostri sentimenti, delle vostre paure, e mi rendo conto che non c’è pericolo perché l’amore che provate per lei è trasparente sui vostri visi e lei lo sa perché è intelligente come noi. Semmai, è vera l’altra faccia della medaglia: sei tu che stai diventando come loro, ché non ti rendi conto dell’amore che provi per lui e dell’amore che prova lui per te.

Talmente magnetico, questo amore, che lo posso sentire nel silenzio, lo posso vedere nell’oscurità, lo posso percepire sulla mia stessa pelle ogni volta che esco da questo appartamento per tornare a casa. È ovunque e non è razionale, ti perseguita e neanche te ne accorgi, fratello mio.

Molly seguita a farvi la tradizionale foto di Natale davanti all’albero. John prende in braccio sua figlia, e tu ti posizioni in modo tale che lei sia al centro tra voi due, ma il tuo braccio, nascosto da tutti tranne che da me che sono seduto sul bracciolo del divano vicino alla finestra, raggiunge la schiena di John, nella curva appena sopra l’osso sacro, in un gesto involontario di possessione e protezione nei confronti di quelle due persone che sono il tuo mondo. Sorridete tutti e tre in maniera un po’ forzata perché questo è il primo anno senza la signora Hudson, che aveva il compito di scattare questa foto. Molly fa un ottimo lavoro, ma si percepisce un po’ di malinconia nell’aria. La foto viene sviluppata subito dalla polaroid, e voi tre aspettate pazientemente che i colori affiorino sulla plastica. Prendo un altro sorso di vino, mentre Greg mi si avvicina e si siede accanto a me. Mi guarda dal basso e io lo guardo dall’alto senza dire una parola.

-Non è frustrante?- mi sussurra poi, alzando di poco il volto per non farsi sentire dagli altri.

-Il tuo pessimo gusto in fatto di vino? Si, è frustrante, Gregory- rispondo, e bevo un altro po’ di quel terribile vino.

-Ignorerò il tuo commento, visto che stai bevendo il vino che io ho scelto. E no, non mi riferivo a quello- si avvicina un altro po’ a me, il suo respiro alcolico mi riscalda la pelle del collo. Rabbrividisco. -John e Sherlock. Mi riferivo a loro. Quando smetteranno di ignorarsi?-

-Non credo si stiano ignorando- sussurro a mia volta, girandomi verso di lui. La sua vicinanza è inebriante più dell’alcol di questo vino, o forse sono già ubriaco. -Penso non vedano quello che vediamo noi. Forse a causa di cose successe in passato, di parole dette male, di pregiudizi pregressi. Sembrano incapaci di vedere-

-E noi cosa possiamo fare?-
-Niente-

Greg distoglie lo sguardo per concentrarsi su quello che accade dall’altra parte del salotto, io rimango un secondo di troppo a guardarlo prima di girarmi anche io verso te e John, che state guardando la foto completa dei suoi colori. Non riesco a vedere la polaroid da questa distanza, ma sembra essere uscita bene a giudicare dai vostri volti. Rosie batte le mani e prende la foto per posizionarla sopra il camino, insieme alle altre. Ci sono sette foto compresa quella di oggi: una per ogni Natale passato in questo appartamento, ma manca la prima perché non è mai stata scattata a causa della morte prematura di Mary. La posizione è sempre la stessa, cambiano solo le età dei soggetti. A prima vista, la cosa che colpisce di più è quanto la piccola sia cresciuta, di come passi il tempo e di quanto ci scivolino i ricordi dalle dita. A uno sguardo più analitico come il mio, invece, ciò che colpisce sono i due adulti delle foto. Nella prima polaroid scattata, quando Rosie aveva un anno e mezzo, i due uomini erano rigidi, distanti, quasi costretti (e non mi stupisce nel pensare che la signora Hudson li abbia effettivamente costretti) a mettersi in posa. Ma già nella successiva istantanea le cose cambiano, i due sono più sciolti, più rilassati, e il cambiamento si nota veramente nella quarta foto, quando a prendere in braccio Rosie sei tu per la prima volta, e John avvolge le tue spalle e quelle di sua figlia con lo stesso fare protettivo che hai adottato tu poco fa. Dalla quinta foto le distanze scompaiono e la macchina fotografica comincia a catturare anche ciò che non si può vedere, e che voi non riuscite a percepire.

Rosie finisce di sistemare la settima foto, e io mi alzo per andare a vederla. Dalla mia angolazione riuscivo a vedere solo il braccio nascosto, ma dalla foto riesco a vedere molto altro: il sorriso senza denti della bambina e le sue gambe avvolte intorno al torace di suo padre; il tuo sorriso vero che, fratello mio, vedevo così poco dieci anni fa ma che adesso infesta il tuo viso ogni giorno; i tuoi occhi luminosi che guardano Rosie; gli occhi di John che, con la stessa luminosità, guardano te.

Greg appare alla mia sinistra, dà un’occhiata alla foto e, prima di allontanarsi, commenta: -che idioti che sono-. Mi giro per guardarlo andare verso il bagno e sospiro. Bevo un altro po’ di vino.

Molly sta sistemando la macchinetta fotografica nella sua custodia, poggiata sul tavolo della cucina. Indossa un maglione rosso a collo alto infilato dentro un paio di pantaloni neri a sigaretta, niente a che vedere con il primo Natale passato al 221b. Rispetto a quella sera ha più rughe intorno agli occhi, e un anello d’oro sull’anulare sinistro: Michael non ha niente a che fare con Sherlock, è basso e rosso e non indossa cappotti lunghi perché lo renderebbero ancora più basso. In questo momento sta tornando da un viaggio di lavoro a New York ma lei non lo sa perché ha voluto farle una sorpresa, e io lo so perché ho fornito io a Michael il biglietto di ritorno la sera della vigilia. Lei sembra triste, forse le manca suo marito. Mi avvicino dopo aver recuperato un bicchiere per lei dal tavolino del salotto. Glie lo offro.

-Non è il migliore dei vini ma è pur sempre vino- le dico. Mi guarda come se fossi un alieno: in effetti oggi ho parlato più di quanto non abbia fatto in tutto il mese di dicembre, ma è sicuramente l’alcol.

-Grazie, Mycroft, ma non posso- mi risponde, allontanando il calice. La osservo.

-Congratulazioni- soffoco leggermente la parola nel vetro del mio bicchiere, prima di finire il vino che c’era al suo interno e allungarmi verso il calice che le avevo offerto. Molly mi guarda e i suoi occhi sono luminosi, niente a che vedere con la malinconia che avevo scorto poco fa.

-Grazie, Sherlock non se ne è ancora reso conto- dice, mentre si sistema i capelli dietro l’orecchio con fare nervoso.

Ci giriamo entrambi verso di voi, che state guardando fuori dalla finestra mentre Rosie è ai vostri piedi e gioca per terra con le sue bambole. John dice: -guarda in su, Sherlock-. Le vostre spalle sono appoggiate l’una all’altra, e non sembrate accorgervi del fatto che vi state sostenendo a vicenda. Tu guardi in su, dove c’è la luna, e John guarda te mentre ammiri il cielo. Nessuna prova, solo questa scena che vorrei fotografare, servirebbe per farti vedere, fratello, che sei innamorato.

Mi giro verso Molly. -Non si rende conto di molte cose, ultimamente-

Lei sospira. -Mi rende triste, vederlo a un passo dalla felicità ma non essere in grado di vederla. Cosa possiamo fare, Mycroft?- mi chiede, esattamente come aveva fatto Greg poco fa, come se fossi capace di controllare le azioni di tutti. In questo caso, non posso fare niente.

-Aspettare- rispondo. In quel momento Greg esce dal bagno, ci raggiunge in cucina e si appoggia al tavolo, accanto a me. Mi giro verso di lui e bevo un altro po’: forse è l’effetto del vino, ma c’è una luce dorata e soffusa che lo circonda.

Dietro di me Molly sospira. -Aspettiamo tutti qualcosa, in questo appartamento- sussurra, e per la prima volta non capisco a cosa si stia riferendo. Fortunatamente, il flusso di pensieri viene interrotto dal suono del campanello. Michael è arrivato.

 
Morning, his place, burnt toast, Sunday
You keep his shirt, he keeps his word
And for once, you let go, of your fears and your ghosts

One step, not much, but it said enough
You kiss on sidewalks, you fight and you talk
One night he wakes, strange look on his face
Pauses, then says, “you're my best friend”
And you knew what it was, he is in love


Se non fosse per il nuovo condizionatore, ora le finestre sarebbero aperte ed entrerebbero tutti i rumori della città in questa bolla di felicità che avvolge l’appartamento. Molly ha fatto sedere Rosamund sul divano e sta delicatamente posando la piccola creatura, suo figlio, tra le sue braccia. Il piccolo Philip è nato poche settimane fa, a fine luglio, sano e forte. Rosie lo culla dolcemente, come una sorella maggiore, e tu fai la guardia a ogni suo movimento. È un caso per me vedere questa scena, perché sono passato senza preavviso per aggiornarti delle condizioni di Eurus, ma da quando sono arrivato non l’ho menzionata, e non penso lo farò. Indossi la maglia di John, e non riesco a pensare ad altro da quando sono arrivato.

Indossi la maglia di John, e lo so perché è la tipica maglia verde che ti danno in accademia militare insieme al resto della divisa, ti va larga ma anche leggermente corta.

Indossi la maglia di John e le implicazioni di questo evento sono talmente importanti che non voglio pronunciare neanche la parola “cotone” per paura di scoppiare quella bolla di possibilità che mi sono creato in testa.

Greg è accanto a me: a quanto pare anche lui si è presentato senza preavviso, forse con un omicidio pronto da offrirti. Ha la pelle lucida dovuta al caldo che c’è fuori da questo appartamento e sorride nel guardare i due bambini interagire per la prima volta. Rimango fermo a guardarlo sorridere.

John, invece, non c’è. È a Dublino, a trovare sua sorella, e manca da tre giorni. Mi rendo conto che, se non mancasse lui, sarebbe la prima volta che ci troviamo tutti nella stessa stanza da Natale.

La vita entra nelle crepe dei legami tra le persone e le tiene lontane, ma in qualche modo, nei momenti importanti, noi siamo nella stessa stanza. Sempre.

-Philip è un bambino bravissimo- sta dicendo Molly -dorme già dalle quattro alle sei ore a notte-.

-Così poco?- esclama la piccola Rosie, mentre culla il piccolo.

-I bambini così piccoli dormono in modo diverso da come dormiamo noi, Rosie- spieghi tu, proprio come farebbe suo padre.

Quando comincerà anche lei a chiamarti papà? Me lo chiedo sempre. -Dormono anche di giorno-

-Posso dormire anche io di giorno?- chiede lei.

-No- gli rispondi, come farebbe un padre -se no non dormi di notte-

Rosamund protesta, ma lo fa a bassa voce perché Philip sta dormendo. Se non mi fossi mai presentato non avrei mai potuto assistere a questa scena, non avrei mai potuto vederti con la maglia di John, non avrei mai potuto vedere Greg sorridere in quel modo così ipnotico davanti a Rosie e Philip. È strano.

Tu sei strano, fratello mio. A braccia conserte, con il volto crucciato, gli occhi fissi su Rosie. Ti guardo e ti studio. Incroci il mio sguardo e io alzo un sopracciglio. Tu, di risposta, vai in cucina, e io ti seguo. Apri il frigorifero e recuperi una bottiglia, per poi versare l’acqua in due bicchieri, per offrirne uno a me.

-Cosa succede?- chiedo prima di bere.

-Mi aveva promesso che sarebbe tornato stamattina- non serve che tu mi dica chi -per questo ho fatto venire Molly oggi. Ma lui non c’è e si sta perdendo il primo incontro di Rosie e Philip. Ci teneva a esserci ma non c’è-

C’è dell’altro, so che c’è dell’altro, ma non voglio forzare le cose. Da lontano noto che Greg mi sta guardando.

-Oggi Londra è trafficata- ti dico quindi.

-No.- mi rispondi -Lui… io… abbiamo litigato. Ieri sera, per telefono-

Ti guardo in volto e capisco che non è una delle vostre solite discussioni. È la Discussione, quella che tutti noi abbiamo aspettato per anni. Lo noto nel modo in cui le tue mani si attorcigliano tra di loro, nelle tue guance rosse perché imbarazzate nel parlare di questo con me, nei tuoi occhi lucidi e scuri, nelle tue braccia rigide. E ora che hai aperto gli occhi, dopo anni di attesa, non ho idea di cosa dire per aiutarti. Non voglio chiederti di cosa avete parlato, perché è chiaro. Hai paura, vero? È così. Hai paura di come potresti essere nelle vesti di compagno, hai paura di perdere quello che avete costruito negli ultimi sette anni, di fare del male a Rosie nel caso dovessi rovinare tutto. E John ti ha risposto con rabbia perché ha male interpretato le cose, accecato dalla tua stessa paura. Ma sono convinto che sia rimasto in piedi tutta la notte ad analizzare ogni tua parola perché vuole disperatamente essere alla tua altezza e abbia finalmente capito cosa intendevi dire. E io penso tutto questo, mentre ti guardo agitarti nella maglia che odora di John, ma non dico niente di tutto questo perché non spetta a me.

-Abbi fiducia, Sherlock- ti stringo dolcemente il braccio -Londra è molto trafficata oggi-

Una forza che non riesco a descrivere mi spinge ad andare da Greg, in piedi vicino alla finestra. I suoi occhi e il suo sorriso sono enigmatici. Posa una mano sulla mia spalla per un paio di secondi, non mi dispiace, e la toglie quando si accorge del tuo sguardo su di noi.

-C’è la stessa atmosfera che c’era a Natale, non trovi?- mi chiede.

-No, Gregory, non trovo- una parte di me sa di star mentendo. Percepisco lo stesso tipo di elettricità di quella sera ma, come nove mesi fa, non riesco a trovare la fonte. O meglio: a Natale ero convinto fosse l’alcol; ora, non ne sono più così sicuro. Sono le nove e mezza di mattina, ho bevuto solo del tè e non penso ci fosse alcol al suo interno.

-A volte mi scordo che sei fatto di ghiaccio- sputa fuori. Mi volto velocemente verso di lui, offeso. Non so neanche perché mi offende che lui mi abbia definito “di ghiaccio”: lo fanno tutti. Eppure, detto da lui, sembra avere implicazioni più profonde che non riesco ad afferrare. Inoltre, sembra lui stesso ferito dalle parole che ha detto. La conversazione finisce lì, e non ne ho capito le dinamiche.

Rimaniamo affacciati alla finestra chiusa per un paio di minuti. Il cielo è limpido e senza nuvole, e i palazzi disturbano la visuale dell’immensità dell’azzurro. Rimango incantato a guardare il volo ipnotico di uno stormo quando Greg poggia la sua spalla sulla mia richiamando la mia attenzione dicendo: -guarda giù-.

Di fronte al marciapiede del 221b si è fermato un taxi. Per un paio di secondi non succede niente; poi, frettolosamente, John Watson esce dalla macchina, la camicia abbottonata male, i capelli stropicciati, il borsone mezzo aperto, cerchi scuri sotto gli occhi. Mi giro in tempo per vedere la tua reazione al rumore della porta che viene aperta. Corri davanti alla porta, mentre John corre per le scale. Entra in salotto e il suo sguardo viaggia per tutta la stanza solo un secondo, prima di tornare su di te.

-Hai la mia maglia- ti dice.
-Sei venuto- gli rispondi.

Vorrei non essere qui, adesso. Vorrei che steste soli e vorrei che tu lasciassi andare le tue paure e i tuoi fantasmi dove devono stare, nel passato. Ho paura che la nostra presenza possa intralciare qualcosa tra di voi, qualcosa che anche il piccolo Philip deve aver percepito, perché ora è sveglio e vigile e vi guarda. Tutti noi vi guardiamo ma percepisco Greg, accanto a me, che mi guarda e non so perché.

John si avvicina a te lentamente, e prende in mano il tessuto della sua maglia.

-Scusa per il ritardo, ho trovato molto traffico venendo dall’aeroporto- sussurra solo a te, e io mi sento come un pervertito ad assistere a questo evento.

Quando ti bacia, davanti a tutti noi come se non esistessimo, come se fosse una scena normale per noi da vedere, noto le tue spalle rilassarsi, e i muscoli delle tue braccia distendersi. Distolgo lo sguardo e lo poso su Rosamund, che, al contrario nostro, sembra essere abituata a queste scene. Molly, invece, è sconvolta.

In quel momento Philip si mette a piangere, e John si allontana da te, dirigendosi verso il nuovo arrivato. La vita continua, come se non fosse successo niente. Tutto, invece, è successo per te, fratello. Sei innamorato, come ci si sente? Com’è vedere tornare a casa la persona amata e baciarla come hai appena fatto tu? Com’è amare ed essere amati?

Capisco ora, guardandoti, perché la gente normale perde la testa quando si parla di amore e perché io non lo capirò mai guardando vecchi film in bianco e nero, se non l’ho mai vissuto.

Incontri i miei occhi e mi riservi un sorriso che sembra quasi un ghigno. Chiami Greg per parlare del caso e, improvvisamente, sento del freddo sulla schiena: mi accorgo adesso che, da quando John è entrato in casa, Gregory aveva messo il suo braccio intorno alla mia vita. Non so come questo mi faccia sentire.

 
And so it goes
You two are dancing in a snow globe, 'round and 'round
And he keeps the picture of you in his office downtown

And you understand now why they lost their minds and fought the wars
And why I've spent my whole life tryin' to put it into words.


Oggi è martedì, e come ogni martedì, alle undici esatte, Greg entra nel mio ufficio: ha la sua valigetta da lavoro in una mano, e una bustina con due cornetti nell’altra. Non so di preciso perché sia iniziata questa tradizione dei cornetti, dato che l’incontro settimanale ha il solo scopo di discutere di lavoro (e di te, di John, della vita, degli hobby, ma tutto questo non è rilevante). Due anni fa, forse, si è presentato per la prima volta con dei cornetti in una busta con la filigrana della mia pasticceria preferita.
-Li avevi menzionati la settimana scorsa- mi aveva detto Greg. E così era iniziata.

Un brivido mi percorre la pelle ogni volta che entra nel mio ufficio. Si siede di fronte a me e comincia ad aggiornarmi sugli ciò che è avvenuto a Scotland Yard nella settimana passata. È comodo essere amico e conoscente del D.I. proprio perché non ho bisogno di indagare e spiare, ma solo di un caffè e un ottimo cornetto. Inoltre, trovo piacevole quest’ora che passiamo insieme ogni settimana, piacevole in senso lavorativo: Greg è una persona facile con cui lavorare.

Oggi è anche la Vigilia di Natale, e questa sera ci sarà la tradizionale cena a casa vostra. Solitamente sono un tedio, ma questa volta non vedo l’ora di vedervi, di notare come vi comportate ora che siete ufficialmente una coppia. Non vedo l’ora di vedere come cambierà l’ottava foto rispetto alla settima e non vedo l’ora di vederti con quel sorriso per cui ho fatto di tutto. Di tutto, fratello mio, farei ora per proteggere questa tua felicità.

Guardo Greg mentre mangia il suo cornetto, ha il volto sporco di glassa e gli occhi luminosi di qualcuno prossimo alle ferie natalizie. Sono lieto nel vederlo così rilassato, tanto da rilassarmi anche io.

-Sherlock ci ha aiutato a catturare il capo del commercio di eroina nella zona di Heathrow, abbiamo sequestrato un capannone e due tonnellate di sostanze stupefacenti, più innumerevole denaro riciclato e una manciata di armi da fuoco- mi sta dicendo, mentre segno tutti i dettagli sul mio taccuino. Osservo le sue mani mentre scorrono sui fascicoli, e le sue dita callose sulla carta. Mi chiedo che sensazioni possano dare sulla mia pelle, ma è un pensiero che elimino immediatamente, mentre finisco di scrivere.

-Marcus Lockert? Avete preso lui?- Gregory annuisce e si pulisce la bocca.

-Lui e altri quattro del suo giro. Sherlock e John hanno anche recuperato i contatti di altri capi della droga sparsi in giro per l’Inghilterra. Buon Natale!- esclama allargando le braccia. Stranamente, la sua felicità mi rende felice.

Finisce di aggiornarmi su altri crimini minori a cui Sherlock ha contribuito, e l’incontro finisce dopo un’ora circa. Greg mi guarda.

-Non mangi mai il cornetto che ti porto- osserva.

-Lo mangio dopo, Gregory- gli rispondo. Lui continua a guardarmi come se io non fossi io e il cornetto fosse più di un cornetto. Non capisco. Lui, invece, sospira. Il mio cellulare squilla per l’arrivo di un messaggio da parte di John. Greg si alza, sistema le sue cose nella valigetta e scrolla via le briciole dal suo cappotto. Si passa le mani tra i capelli in un gesto a metà tra la frustrazione e la delusione, ed io non ho idea di come decifrarlo.

-Mh…okay. Ho capito, Mycroft. Ci vediamo questa sera-

Quando si chiude la porta alle sue spalle, lasciandomi solo nel mio ufficio, una strana tristezza comincia a riempirmi da dentro, come mai era successo prima. Sono vari mesi che, a ogni conversazione con Greg, non riesco a cogliere veramente le dinamiche di ciò che mi dice. Sembra che, più passa il tempo, più non riesco a trovare la chiave di lettura delle sue frasi, e più sento di essere vicino ma allo stesso tempo distante dalla verità. È qualcosa che va oltre la mia comprensione, oltre ciò che sono sempre stato. Ignoro per ora questa sensazione e leggo il messaggio di John che mi chiede di andare in ambulatorio da lui.

Quando entro nella stanza, John è seduto davanti al computer con un paio di occhiali da riposo poggiati sulla punta del naso. La sua scrivania è un disordine totale e fastidioso e, tra le varie scartoffie di ricette e medicinali che invadono la superficie, spicca una cornice di legno che ospita una foto di te e Rosie mentre ridete per qualcosa che avete visto di fronte a voi. L’autore di quella foto mi invita a sedermi, ma io rimango in piedi.

-Mycroft- inizia lui, nervosamente -sai che odio chiederti favori, ma questo è davvero importante-

Rimango in piedi a fissarlo, mentre lui cerca le parole giuste per continuare il discorso. Il silenzio mi riporta alla tristezza di poco fa, ma cerco di bloccare ogni tipo di sentimentalismo fuori dalla mia mente.

-Vorrei rendere Sherlock legalmente il padre di Rosie- prende una pausa per rendersi conto di ciò che ha appena detto -e so che lui non sarà mai d’accordo a meno che non sia una cosa che possiamo fare alle sue spalle-

-Hai intenzione di far adottare Rosamund a Sherlock senza che lui lo sappia?- gli chiedo sorpreso, alzando un sopracciglio.
-Non proprio. Sherlock ha paura che io nel futuro possa cambiare idea su di noi, ed è riluttante all’adozione proprio per questo. Ma so che lo vuole perché ne abbiamo parlato innumerevoli volte. Quindi ho pensato a te- mi spiega, giocando con la cornice accanto al suo computer.

Sospiro, sedendomi di fronte a lui. -Si può fare, John, ma non sarebbe meglio sposarvi, direttamente? Sarebbe una procedura più snella se voi foste sposati o aveste intenzione di sposarvi. Al momento, per la legge, Sherlock e Rosamund sono estranei-

John mi guarda per un secondo; poi, si abbassa fino a raggiungere l’ultimo cassetto sulla destra per tirare fuori una bustina di velluto blu scuro.

-Ovviamente, ci avevi già pensato- commento ironicamente davanti all’anello che sta tirando fuori, una fascia argentata mediamente sottile.

-Certo che ci ho pensato, sono io il romantico dei due. Anche se stiamo ufficialmente insieme da quattro mesi è come se lo fossimo da almeno quattro anni-

-Nessuno lo sa meglio di me questo, John- commento ancora con lo stesso tono di prima, guadagnando un’occhiata torva dal medico.

-Il matrimonio per me era fondamentale. Specialmente quando ho sposato Mary, era tutto ciò che volevo: una moglie, dei figli, una famiglia normale. Ma sappiamo entrambi com’è andata a finire con lei- sospira, immerso nel mondo dei ricordi -e sappiamo entrambi che ora non sono con una donna, e non faccio parte di quell’immagine di famiglia tradizionale che ora non desidero più. Ho Sherlock, che amo alla follia, e sposarsi è una decisione che va presa in due. Il matrimonio, quindi, per quanto rimanga importante per me, non sono certo sia importante allo stesso modo per Sherlock. Rosie, invece, è un altro discorso- termina la sua arringa guardandomi dritto negli occhi, come se avesse bisogno del mio permesso per poter fare una cosa così bella come renderti ufficialmente padre.

-Passerò questa sera con la documentazione ufficiale, John- rispondo quindi, lasciandolo con un sorriso luminoso e sincero come quelli che vedo quando sei con lui. La tristezza, ora, torna a farsi sentire. Che cos’è? Perché mi sento così, oggi?

-Greg come sta?- mi chiede, come se mi avesse letto nel pensiero; o meglio, come se mi avesse dedotto. Ho paura che possa averlo fatto, dedurmi.

-Sta bene, suppongo. Perché me lo chiedi?-

John continua a sorridere, ma questa volta sembra stia imitando il tuo ghigno malefico. -Oh, niente. Spero apprezzerai il suo vino come hai fatto l’anno scorso-

Mi sento per la prima volta intellettualmente inferiore a John, nel non comprendere le implicazioni di quella frase. Decido di ignorarlo, ed esco dall’ambulatorio senza salutare.

L’aria di questa Vigilia è carica di freddo e aspettativa, lo percepisco mentre scendo dalla mia auto con un plico di fogli sottobraccio. Solo l’anno scorso entravo in questo appartamento chiedendomi quando avresti aperto gli occhi, quando avreste capito che il vostro legame era più profondo dell’amicizia che testardamente continuavate a darvi. E adesso ho tra le mie mani il vostro futuro insieme.

Raddrizzo il battiporta solo per infastidirti, prima di entrare senza bussare perché il portone è aperto come ad ogni vigilia. Dal piano superiore sento una di quelle canzoni di Natale sdolcinate di cui non ho mai capito lo scopo. Sono convinto ci sia lo zampino di Rosie nella playlist scelta e non mi sento nessuno, adesso, per poter commentare le sue scelte: forse, in quelle canzoni, lei riesce a vedere l’amore dei suoi genitori. Chissà se Greg è arrivato. Chissà se, questa sera, sentirò ancora il suo fiato sul mio collo, o il suo braccio intorno a me. Chissà se Greg è a conoscenza del fatto che solo il suo tocco, in tutto l’universo, è l’unico che non evito.

Mi domando adesso, per la prima volta, mentre salgo le scale in silenzio, se quello che provo per Greg possa essere più di quello che ho sempre pensato; se, usando una metafora, il suo vino è l’unico che voglio bere perché è una parte di lui.
La porta del 221b è spalancata e lascia che tutti vedano te e John, abbracciati l’uno all’altro danzare sotto l’albero, stretti come se foste uno. Rosie, vicino allo stereo, vi guarda e ha lo stesso tuo sorriso. Forse questo è quello che perdo, forse è questo quello che non vedo. Come si può vedere qualcosa che non può essere visto? E se anche esistesse, come faccio io a guardarlo se non lo conosco?

Eppure tu sei innamorato, fratello mio, e lo riesco a vedere ovunque. Nei tuoi occhi, nelle tue braccia, nelle tue rughe, nel modo in cui abbracci John, le mani a sorreggerlo come se solo tu potessi farlo. E in qualche modo l’ho visto in John, molte volte nel corso degli anni. Come faccio a riconoscerlo anche in me?

-Zio Myc!- esclama Rosie, smascherando il mio non così velato nascondiglio e correndo ad abbracciarmi. Non ricambio il suo abbraccio, ma le accarezzo la testa bionda, che ora arriva al mio torace. Com’è tiranno il tempo.

-Rosamund, buonasera- le sorrido quando alza il volto verso di me. È così John, è così Mary, e così te, Sherlock, in un modo che non riesco neanche a spiegare. L’incontro perfetto di tre anime imperfette.

Te e John, nel frattempo, avete smesso di ballare ma siete ancora dolorosamente vicini. -Oh, Mycroft, ciao- mi saluta John, grattandosi la fronte. Rosie torna vicino allo stereo per abbassare la musica. -Non aspettavamo ospiti prima di un’ora-

-Lo so, ho ricevuto l’invito- entro in salotto, posando il mio fidato ombrello vicino al divano e prendendo in mano il fascicolo marrone che avevo sotto al braccio. -Ma ho pensato volessi avere questi il prima possibile, o sbaglio, John?- chiedo retoricamente, facendolo arrossire leggermente. Lui si avvicina, in fretta, strappandomi i documenti di mano come se potessi o volessi cambiare idea e contrappormi alla sua decisione.

-Non sbagli- sussurra piano. Te, dietro di noi, inclini la testa, cercando di capire cosa stia succedendo.

-Vi lascio parlare, ci vediamo dopo- annuncio, ma nessuno di voi tre mi sta ascoltando. Non voglio assistere a questa scena, non voglio profanare anche questo con la mia presenza. Recupero il mio ombrello e scendo al piano inferiore.

L’appartamento di Martha Hudson, ora, sembra chiamarmi. È stato mantenuto esattamente com’era quando vi viveva la vecchia donna, che ha lasciato l’intero civico in eredità a voi. Ogni tazza, ogni teiera, ogni oggetto kitsch tipico delle case vecchie è rimasto dove lei l’aveva lasciato. Qui la signora Hudson non è morta, qui è ovunque e da nessuna parte, ed io, nella sua casa senza permesso, mi sento in difetto. Quella stessa inferiorità l’ho provata nel guardare il vostro bacio così privato quest’estate, l’ho provata poco fa quando sono sceso in questa vecchia casa, la provo adesso nei confronti della signora Hudson che non ha potuto vedere il momento in cui avete trovato l’altra estremità del vostro filo rosso. Lei, il cui unico desiderio era sapervi insieme. Lei, che con una sola parola ha saputo descrivermi come mai nessuno aveva fatto.

“Rettile” lo percepisco in ogni cosa che ho fatto nella mia intera esistenza. Ora, forse, non lo sono più, ma la signora Hudson non è più qui a dirmi cosa sono diventato.

Non percepisco niente di quello che sta accadendo sopra di me però sento la porta d’ingresso aprirsi e i passi inconfondibili di Greg che entra nel pianerottolo. Lo sento, nel suo respiro corto e nel rumore spezzato della scarpa sul primo gradino delle scale, che ha notato la luce accesa al 221a e ora, incuriosito, ha abbassato il piede, rivolto il corpo verso la porta, e adesso è fermo. Tutto questo, dai rumori che produce. Sono le mie capacità deduttive o è lui? Provo a ignorarlo, come ho sempre fatto, ma sembra proprio che oggi non ne sia in grado. Una strana tristezza mi invade.

So che verrà qui, perché sarà attirato dalla stessa energia che ha attirato me, la stessa energia che mi rende triste e che mi rende vigile, quando si tratta di lui. E, a conferma dei miei pensieri, il rumore dei suoi passi si fa sempre più forte, e la sua figura emerge lentamente dal pianerottolo scuro. È vestito esattamente come questa mattina ma, in più, ha una bottiglia di vino in mano, che poggia sul tavolino vicino all’ingresso.

Entrambi in piedi, ci guardiamo a un metro di distanza e dal retro della mia mente una luce d’idea insorge, prima debole, poi sempre più intensa fino a prendere le sembianze di un’epifania. Solo adesso le parole, i ghigni, i sorrisi sbiechi di tutte le persone intorno a me trovano una spiegazione.

“Aspettiamo tutti qualcosa, in questo appartamento” aveva detto Molly esattamente un anno fa.

Il tuo sorriso furbo quando Greg mi aveva avvolto la schiena con il suo braccio, questo agosto.

L’interesse di John per Greg questo pomeriggio e lo stesso tuo sorriso sul suo volto, come foste un’unica persona.

Tutti questi segnali, e i miei pensieri. Tutto, ora, vortica nella mia testa. Non è mai stato il vino, non è mai stata un’energia, non è mai stata tristezza: avevo sbagliato i termini, avevo condizionato le mi ricerche sui sentimenti con i sentimenti.
Così bravo a leggere gli altri da non sapere come leggere me stesso.

Ora rivivo le stesse scene con gli occhi che ho riservato a te, fratello mio, e capisco perché la gente perde la testa e combatte le guerre, e perché ho passato tutta la mia vita a cercarlo tra le sfumature grigie dei vecchi film.

Perché ora lo posso sentire nel silenzio assoluto di questo appartamento; lo posso percepire sulla mia pelle ogni martedì mattina mentre vado al lavoro; lo posso vedere nel buio pesto dei miei occhi chiusi. Ma lo posso vedere anche nel braccio di lui avvolto al mio fianco, lo posso sentire nel suo respiro sul mio collo, lo posso assaporare con il cornetto che non sono mai riuscito a mangiare davanti a lui. Lo sento nelle sue risposte fredde di quando l’ho ferito perché cieco delle mie stesse emozioni. Se riuscissi a muovermi, ora, mi tirerei i capelli per cercare di liberare la testa da tutte queste rivelazioni, tutti questi indizi che non avevo collegato tra di loro. Ma non ho la capacità di fare niente, da quando i miei occhi si sono incatenati ai suoi.

Dio, fratello mio, se ora mi vedessi: un uomo patetico incapace di leggere i segnali di un universo che, avevo ragione, raramente è pigro; incapace di rendersi conto che tutte le domande che ti porgevo nella mia mente trovavano risposta nello stesso luogo in cui erano generate.

Come ci si sente, adesso lo so.

Sei innamorato. È la tua voce, Sherlock, tra i pensieri vorticanti, che mi fornisce l’ultimo pezzo di un puzzle che mi ha tenuto impegnato per anni: la mia mente si svuota, ora che il mistero è risolto, e posso guardarlo finalmente con quella luce che lo ha sempre caratterizzato.

Strano. Ero convinto che l’amore fosse bianco e nero, e invece è dorato come la luce del giorno*.

-Cosa hai detto?- la voce di Greg mi riporta alla realtà, e mi rendo conto di aver detto le tue parole, fratello mio, sussurrate come fossero un segreto, e che ora viaggiano nel metro che ci divide. Mi sudano le mani tanto che mi scivola l’ombrello, che cade a terra. Lo lascio lì, il mio scudo: so che Greg non mi farà del male.

-Sei innamorato- ripeto, flettendo la mia voce a metà tra un’affermazione e una domanda.

Lui sorride dolcemente e fa un passo verso di me. -Mi stai deducendo?-

-No- rispondo, ma continuo a parlare prima che il suo sorriso si trasformi una smorfia di delusione. -Sto deducendo me-

-Oh- è tutto ciò che riesce a dire, e io non rispondo. Questa volta faccio io un passo verso di lui e solo adesso noto, per via dell’ombra sul pavimento, che sopra di noi, appeso al lampadario, c’è un ramoscello di vischio. Anche lui lo nota.

Non credo all’oltretomba, o ai fantasmi, ma questo sembra un regalo della signora Hudson: si sta congratulando con me per essere tornato umano, per aver abbandonato la pelle del serpente, per essere migliorato.

Quando Greg mi bacia, circondando il mio viso con le sue mani grandi e callose, io rispondo con la veemenza di un adolescente alle prime armi, avvolgendogli le spalle con entrambe le braccia. Tra i nostri piedi giace l’ombrello, che lui sposta senza separare le nostre labbra. Intorno a noi la luce si fa brillante come i sorrisi che vedevo sul tuo volto.

Vorrei tenerti nella mia mente sempre, fratello, ma questo momento è mio.

'Cause you can hear in the silence
You can feel it on the way home
You can see it with the lights out
You are in love, true love
You are in love

 


 
Quando Gregory Lestrade e Mycroft Holmes entrano al 221b di Baker Street, la Vigilia di Natale di quell’anno, ad attenderli trovano John Watson e Sherlock Holmes, con gli occhi rossi di un pianto di felicità appena concluso. Sulla mano di John giace un anello, tra quelle di Sherlock una serie di fogli con la sua firma. Tra di loro, Rosamund Mary Watson ha ancora il segno dell’ultima lacrima sulla guancia paffuta e rosea.

Quella sera il vino scelto da Greg è ottimo, e Mycroft ne beve abbastanza da trovare il coraggio per andare da John.

-Gregory sta bene, e il vino è perfetto- gli dice, rosso in viso come un bambino che parla di cose da adulti.

John gli sorride di rimando e sembra allontanarsi per andare a salutare Molly, appena arrivata con il figlio e il marito e pronta a scattare l’ottava foto della tradizione. Poi, però, cambia idea e torna indietro.

-Per la cronaca- inizia, cercando di soffocare una risata -l’idea del vischio è stata mia. Buon Natale, Mycroft-




 
 
*Citazione a Daylight, di Taylor Swift: “I once believed love would be black and white, but it’s golden, like daylight”.
N.d.A.: Buon Natale! Finalmente riesco a scrivere la mia primissima Mystrade. Ci avevo provato, in passato, ma con scarsi risultati vista la complessità di Mycroft. Poi è arrivata in soccorso Taylor Swift (che novità per me, eh?!) e la mia fissa per la storia dietro alla canzone You are in love. Essenzialmente in questa canzone Taylor descrive l’amore che c’era tra il suo migliore amico e produttore Jack Antonoff e la sua fidanzata nel 2014. La canzone subito mi ha ispirato a scrivere perché è la prima canzone in cui Taylor descrive esperienze altrui invece che le proprie. All’inizio, quindi, doveva essere solo una Johnlock, e per tutto l’inizio, infatti, si vede il focus su John e Sherlock. Nel momento in cui ho introdotto Greg, mi si è accesa la lampadina: lasciare a Mycroft il compito di descrivere l’amore di suo fratello ma allo stesso tempo lasciare indizi, nel corso della storia, che quello che prova Sherlock è anche quello che prova Mycroft. Un esempio è quando Sherlock e John sono alla finestra e quando lo sono anche Mycroft e Greg: la scena è praticamente la stessa. La storia è piena di cose non dette, di frasi lasciate volutamente non spiegate per lasciare libera interpretazione a voi. L’ultima parte della storia, in terza persona, all’inizio doveva narrarla Mycroft. Ma dopo quella fine così netta, a là Fleabag nell’ultimo episodio (fatevi un favore e guardate Fleabag), non potevo far tornare Mycroft a narrare le ultime due cose lasciate in sospeso, ovvero l’adozione e il vischio. Va bene mi sono dilungata troppo, spero vi piaccia!!!!
-A
 
   
 
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