Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: quenya    12/12/2023    2 recensioni
Una bufera di neve fuori stagione sta per abbattersi su Nerima quando Ukyo trova, nel suo cortile, un maialino nero letteralmente piovuto dal cielo. Sarà l’inizio di una bizzarra convivenza tra due anime solitarie che piano piano usciranno dal torpore della rassegnazione in cui erano cadute…per scoprire, in modo inaspettato, di non essere più sole.
Una storia interamente dedicata alla coppia Ryoga e Ukyo, che ho amato per tutta la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 7





 

Come promesso, Ryoga stava per affrontare la pila di piatti nel lavandino quando il rumore del vento diventò improvvisamente assordante, talmente forte da coprire quello dell’acqua che scorreva e far tremare i vetri. Durante tutto il pomeriggio aveva continuato a soffiare con grande intensità, ma adesso stava raggiungendo livelli preoccupanti ed entrambi si fermarono a sbirciare fuori dalla grande vetrata d’ingresso, che ormai era quasi interamente coperta di neve e ghiaccio. Si era fatto buio e le strade deserte spazzate dalla bufera, fiocamente illuminate dalla luce dei lampioni, erano letteralmente coperte da densi cumuli di neve.

“Meno male che le previsioni esageravano, eh? Se non ti avessi fermato saresti diventato un pupazzo di neve ambulante!”.

“Per tua informazione, la mia tenda è perfettamente in grado di resistere a…”.

Non fece in tempo a finire la frase. Un rumore forte e improvviso li fece sussultare, facendoli reagire così di scatto che si ritrovarono entrambi in posizione di combattimento.

“Cosa è stato?”, ansimò Ukyo, stringendo la sua spatola con mani improvvisamente gelide.

“Non lo so, sembrava il rumore di qualcosa che si staccava. Proveniva da sinistra”, rispose Ryoga, avvicinandosi alla porta a vetri.

In un secondo lei realizzò che cosa potesse essere successo. “Dannazione, credo che siano i pannelli di copertura in legno della vetrata. Sono agganciati ad un binario e di solito li tengo addossati all’angolo del muro perchè li uso solo quando chiudo il ristorante per lunghi periodi. Pesano una tonnellata… come è possibile che si siano staccati?”.

“Con un vento di bufera come questo mi sorprende che il tetto sia ancora intatto. Che stai facendo?”.

“Vado a rimetterli nei binari, mi sembra ovvio! E cerchiamo di pensare positivo, ok? Ci mancherebbe solo quello!”, ribatté lei, afferrando la giacca e preparandosi ad uscire nella tormenta. Ma Ryoga la bloccò, sbarrandole la strada.

”Lascia stare, lo faccio io. Tu inizia a togliere la neve dalla soglia, così chiudiamo tutto e ci assicuriamo che non si stacchi più nulla”.

Ukyo rimase per un attimo senza parole, troppo stupita da quella proposta per riuscire a replicare. Poi, però, un’ondata di furia la invase. Come si permetteva di venire a darle ordini a casa sua?

“Guarda che posso farlo benissimo da sola! Non ho bisogno dell’aiuto...”, stava per dire ‘di un uomo’ quando si interruppe, non volendo farla sembrare una questione sessista. Anche se era molto tentata. “...di nessuno. Non sono mica una esile damigella in pericolo, quindi piantala di fare il principino arrogante di turno e levati dai piedi!”.

“So perfettamente che non lo sei, ho tipo venti bernoccoli in testa che lo testimoniano”, ribatté lui, senza scomporsi. “Ma visto che sono qui e che mi stai facendo il favore di ospitarmi, almeno lascia che ti aiuti”.

Ancora una volta la logica stringente di quella passivo-aggressiva galanteria la lasciò per un attimo senza fiato, dandogli giusto il tempo di piazzarsi davanti a lei e aprire la porta del ristorante. 

“Anche perché non sei abbastanza coperta per uscire sotto la neve", aggiunse poi, lanciandole una breve occhiata da sopra una spalla. Confusa, Ukyo abbassò lo sguardo e si accorse solo in quel momento di stare mostrando molte più grazie del normale a causa della scollatura di quel dannato top e arrossendo si coprì con la giacca.

"Perchè, tu sì?", gli gridò dietro, osservandolo uscire nella neve. “E poi non corri il rischio di trasformarti?”, gli chiese, sempre urlando per farsi sentire sopra l’ululato del vento.

“No, se non mi si scioglie tutta insieme addosso”, le rispose Ryoga, afferrando i pesanti pannelli in legno, resi ancora più massicci dal ghiaccio e la neve che vi si erano accumulati sopra e rimettendoli al loro posto originario come se fossero stati di cartone.

“Maledetto testosterone”, bofonchiò Ukyo, affrettandosi a togliere la neve dalle guide con una scopa. “Fa sembrare tutto così facile…”.

Naturalmente sapeva benissimo che non era solo una questione di ormoni: se ci fosse stato Konatsu accanto a lei quella sera, o qualcun altro della loro compagnia, forse persino Ranchan, le cose sarebbero andate diversamente. L’ex kunoichi avrebbe piagnucolato lamentandosi della sua esile costituzione e Ranma probabilmente si sarebbe rifiutato di uscire sotto la bufera. Doveva ammettere che Ryoga invece, in determinate situazioni, si era sempre dimostrato una persona davvero affidabile che non si tirava mai indietro quando si trattava di sporcarsi le mani. Hmm, forse dovrei effettivamente ringraziare l’ansia da controllo dei Tendo per avermelo mandato, pensò osservandolo rientrare in casa e scrollarsi la neve dai capelli e dalle spalle.

“Ok, ora che abbiamo sbarrato tutto qui, vado a fare la stessa cosa con le altre finestre, così evitiamo altre brutte sorprese”, disse, fissando l’ultimo gancio dello sportellone e chiudendo la porta finestra.

“Vuoi che ti dò una mano?”.

“NO! Ehm… no grazie”, gli rispose “Almeno questo riesco a farlo da sola”, borbottò poi mentre saliva le scale.

Ryoga la osservò sparire al piano di sopra con un sospiro. 

Conoscendo il carattere orgoglioso e indipendente di Ukyo, sapeva benissimo di aver rischiato grosso insistendo sul chiudere gli scuri al posto suo ma, tralasciando il fatto che il suo onore non gli avrebbe mai permesso il contrario, era obiettivamente la soluzione più logica. Sembrava essersi ripresa alla grande dopo la febbre di quella notte ma, potenzialmente, avrebbe potuto essere ancora sotto l’effetto stordente del medicinale, senza contare che non gli sembrava assolutamente il caso di farla uscire al freddo e sotto quella neve così presto dopo un’influenza. Dopotutto, la promessa fatta ai Tendo di prendersi cura della ragazza non comprendeva forse evitarle il più possibile una ricaduta? Comunque, malattia a parte, sarebbe stato in ogni caso impossibile per lei rimettere nei binari quegli immensi pannelli di legno bagnato, così come sarebbe stato molto difficile riuscire a girare quella manopola bloccata dal calcare nella caldaia quella mattina. Per quanto allenata e fisicamente più abituata a sostenere degli intensi sforzi, c’erano dei limiti naturali oltre i quali un corpo non poteva andare: non era una questione di genere, quanto di possibilità oggettive.

Per qualche misteriosa ragione sembrava che il fato avesse deciso che, in quel momento, il suo compito fosse aiutare quella ragazza. Tutto sommato, però, scoprì che la cosa non gli dispiaceva affatto: a parte che gli forniva il modo per ripagare il debito di riconoscenza che aveva con lei per quella ospitalità, l’aspetto più sorprendente era che, per la prima volta in vita sua, si stava sentendo utile.

Sorrise al ricordo di quando lei lo aveva chiamato ‘principino arrogante’. Senza saperlo Ukyo aveva individuato uno dei soprannomi che gli avevano affibbiato a scuola, visti i suoi modi troppo formali e la sua tendenza a non farsi guardare dall’alto in basso da nessuno. Ovviamente lei nemmeno sapeva - né avrebbe mai saputo - di essere tra le pochissime persone alle quali permetteva impunemente di colpirlo.

“Ok, le finestre di sopra sono tutte chiuse. Mi fa un po’ impressione stare tappata dentro casa in questo modo ma, a quanto pare, qualcuno dall’alto ha deciso così”.

Ryoga tirò mentalmente un sospiro di sollievo quando la vide scendere dal piano superiore con addosso una maglia blu molto più castigata, rispetto a quel dannato top. Non sarebbe bastata tutta la neve del mondo a raffreddare la propria temperatura se avesse continuato ad avere sotto gli occhi quella scollatura per tutta la sera. Il che era strano per lui, perché in passato non aveva quasi mai avuto problemi di quel tipo ma, a suo discapito, c’era da dire che Akane era sempre stata molto modesta e che invece, nelle ultime ventiquattro ore, era stato sottoposto alla quantità di stimoli di natura, per così dire… carnale, più grande della sua vita. Oppure l’unica altra spiegazione era che fosse, molto più banalmente, ancora sotto l’effetto afrodisiaco di quella stramaledetta cioccolata.

“Allora, io non ho tantissima fame visto che questa mattina abbiamo fatto colazione un po’ tardi e praticamente a pranzo abbiamo fatto… ehi, come si chiama quella cosa che fanno gli Americani quando mangiano insieme cose dolci e salate ad un orario assurdo?”.

“Brunch”, rispose automaticamente lui, ancora sovrappensiero.

“Ah si, quello. Beh, comunque adesso ho voglia di qualcosa di caldo. Che ne diresti di una bella ciotola fumante di udon?”.

La proposta lo distolse dai suoi pensieri e Ryoga si girò a guardarla mentre, dietro al bancone, si allacciava il grembiule da cuoca.

“Udon? Credevo cucinassi solamente okonomiyaki”.

“Certo che no, stupidone. Gli okonomiyaki sono la mia vita, ma non per questo mangerei solamente quello. Non è salutare”, gli ribatté lei legandosi i capelli in una coda di cavallo. “E poi credevo che volessi evitare di mangiare il terzo okonomiyaki di fila”.

“In effetti, sì. Gli udon vanno benissimo, grazie”.

La osservò lavorare e la mente tornò a quando, soltanto la sera prima, l’aveva vista preparargli la cena in veste di P-chan. Ancora non riusciva a credere al fatto che Ukyo avesse scoperto il suo più grande segreto e l’avesse accettato così serenamente. Va bene, serenamente era una parola grossa a giudicare dai bernoccoli che aveva… ma il concetto era quello. Con Akane non era stato così facile, anche perchè ovviamente c’erano delle implicazioni più profonde ed anche se poi lo aveva perdonato, il gentile ma fermo rimprovero che gli aveva fatto per non averlo confessato prima era stato davvero duro da mandare giù. Per questo si era allontanato sempre più spesso negli ultimi tempi: venire a patti con la consapevolezza di averla delusa aveva richiesto molto tempo e introspezione e c’era voluto parecchio per sanare una ferita così profonda. Ukyo invece, pur facendogli apertamente le sue rimostranze, sembrava aver accolto sorprendentemente bene quella rivelazione e, per quanto si sforzasse, lui non riusciva assolutamente a capirne il perché.

“Posso farti una domanda?”.

“Questa scena l’ho già vissuta… ok, spara”.

“Come mai hai accettato così bene il fatto che io sia P-chan?”.

Lei smise di affettare le verdure e lo guardò con aria stupita.

“Ne vuoi parlare adesso? Non possiamo mangiare prima?”.

L’espressione seria di Ryoga, però, diceva a chiare lettere l’importanza che quell’argomento aveva per lui e, con un sospiro, la ragazza si preparò ad affrontare la discussione. 

“E va bene… tralasciando il fatto che mi sento una perfetta idiota per non averlo capito prima, la pura e semplice verità è che ti capisco. Non ne sono particolarmente fiera, ma io avrei fatto la stessa cosa quindi, anche se sarebbe molto facile perché qualche responsabilità ce l’hai comunque, non sono nella condizione di poterti criticare”, disse, mescolando il brodo con aria pensosa. “Per amore si fanno le cose più disperate e stupide. Credo che entrambi ne siamo un perfetto esempio”.

Era assolutamente vero. Akane era stata comprensiva, ma non aveva mai davvero capito a fondo le sue motivazioni, per il semplice fatto che non aveva mai realmente sofferto per un amore non corrisposto in vita sua. O almeno, non come ne avevano sofferto loro.

“Io… non so come ringraziarti. È davvero difficile trovare qualcuno così comprensivo… ed essermi tenuto dentro questo segreto per tutti questi anni mi ha fatto mangiare vivo dai sensi di colpa”.

"Non stento a crederlo, vista la tua tendenza all'auto flagellazione. Scommetto che ti sarai imposto una punizione molto più severa di quello a cui avremmo potuto pensare tutti noi messi insieme".

Lui assentì distrattamente. “Sì, ma non sarà mai abbastanza”.

“Sempre negativo, come al solito”, sbuffò Ukyo, piazzandogli davanti una ciotola fumante di udon. “Hai mai pensato che invece hai già sofferto abbastanza? Perchè non chiudi questa storia una volta per tutte, ci metti una pietra sopra e non vai avanti con la tua vita?”.

“Lo farei volentieri, se fosse possibile. Ma lo sai anche tu che le acque delle sorgenti maledette sono ancora tutte mischiate e che ci vorranno anni prima che si riformino”.

“Certo che lo so. Mi riferivo al fatto di accettare la trasformazione e portarla allo scoperto, in modo da poter vivere libero dalle menzogne e dai conseguenti sensi di colpa. Così almeno si metterebbe fine a questo assurdo baraccone di ‘tu sai che io so ma non te lo dico”.

“Ma… in questo modo potrei mettere in difficoltà Akane”.

Ukyo roteò gli occhi al cielo. “Ha scelto lei questa linea ambigua e sono sicura che, ora come ora, le pesi anche continuare a nascondere questa cosa a Ranma. Dai retta a me, dì la verità a tutti e affronta da uomo le conseguenze. Tanto il passo più difficile l’hai già fatto, quindi cosa ti resta? Shampoo, Mousse e una parte della famiglia Tendo? O lo sanno già oppure non gli interessa. Invece, in questo modo, tu avresti il vantaggio di tagliare tutti i debiti con Ranma”.

Ryoga non riusciva a credere alle proprie orecchie. Dov’era stata fino a quel momento quella saggia donna in grado di risolvere una parte dei suoi dilemmi esistenziali nel giro di cinque minuti e mentre stava mangiando gli udon? Mai, in tutta la sua vita, avrebbe immaginato di trovare in Ukyo una persona così disponibile all’ascolto, in grado di comprendere le sue ragioni senza giudicare. 

Nella sua solitaria esistenza, l'unico a rivestire vagamente il ruolo di amico era più o meno stato Ranma anche se, all’inizio, più che una vera e propria amicizia si era trattato di una sorta di riluttante reciproco rispetto, maturato sul campo delle innumerevoli battaglie fatte con e insieme a lui. Con gli anni, però, il loro rapporto si era un po’ ammorbidito perché Ranma era, tutto sommato, un bravo ragazzo e - quando gli girava bene - offriva volentieri il suo aiuto. Purtroppo, però, il suo terribile tempismo, unito all'atroce tendenza a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato ereditata dal padre, rendeva spesso inutili e a volte pure offensivi tutti i suoi sforzi. A questo si aggiungeva che anche lui stesso non era propriamente il tipo più disponibile del mondo: le rare volte in cui riusciva a superare il suo notevole orgoglio per chiedere un consiglio - che spesso gli arrivava comunque senza richiesta - era anche un po’ troppo permaloso riguardo le involontarie pessime insinuazioni di Ranma e il suo carattere irascibile faceva il resto.

Insomma parlare con lui di certi argomenti, soprattutto quelli più intimi e sensibili, era sempre stato molto difficile, se non praticamente impossibile. 

Parlare con Ukyo come stava facendo adesso, invece, raccontandole i suoi problemi e confrontandosi su eventuali soluzioni, si stava rivelando sorprendentemente facile e naturale, come se l’avesse sempre fatto. Con un sussulto interno, si rese conto solo in quel momento che il suo confidarsi con Ukyo l’aveva appena resa la cosa più simile ad un'amica che avesse mai sperimentato in vita sua.

"Ehi, c'è qualcuno?".

Ryoga si riscosse dalle sue elucubrazioni e si ritrovò, di nuovo, a fissare da vicino il viso a cuore della graziosa chef. Ancora una volta, immancabilmente, le orecchie gli andarono a fuoco e cercò subito di riguadagnare un minimo di distanza e di contegno.

"Sì, sì, scusa… ci stavo riflettendo. È solo che non sono abituato a ricevere consigli sensati".

"E con questo cosa vorresti insinuare? Che i miei suggerimenti sono assurdi?".

"NO! Cioè, non è che in passato abbiano proprio prodotto risultati felici… ma non intendevo questo!", aggiunse precipitosamente, vedendo l'aria torva della ragazza. "Volevo dire che, in confronto a quelli di Ranma, i tuoi consigli sono perle di saggezza!".

L'espressione di Ukyo si ammorbidì.

"Ranchan è un bravo ragazzo, ma di sicuro dovrebbe lavorare sull’effettiva validità delle sue ‘geniali intuizioni’. Beh, e diciamo pure sul suo tatto", rise lei facendogli l'occhiolino con un'adorabile espressione sbarazzina.

Per l'ennesima volta, Ryoga si diede internamente dell'idiota. Da quando le espressioni di Ukyo erano diventate adorabili? Tutta quella storia della missione divina di dare una mano a quella ragazza si stava rivelando una delle solite suggestioni della sua iperattiva fantasia, altroché!

"Puoi dirlo forte", mugugnò in risposta, attaccando la ciotola di udon per nascondere l'imbarazzo. "E comunque ci penserò al fatto di accettare la trasformazione e togliermi questo peso. Io… io… credo che tu abbia ragione".

"Davvero?".

Ukyo sembrava così stupita e incredula che lui appoggiò la ciotola sul bancone e la guardò dritto negli occhi.

"Davvero. Ti potrà sembrare strano, ma da oggi ho scoperto di avere una considerazione decisamente diversa su di te".

Stavolta fu il cervello di Ukyo ad andare in tilt, con conseguente furioso battito del cuore e relativo rossore che le invase le guance. In tutta la sua vita, erano state rarissime le volte in cui aveva ricevuto una simile attestazione di stima e forse solo una volta da Ranma. Ma anche in quella occasione, più che un complimento, era sembrato un riconoscimento carico di cameratismo, del tipo, ‘Ehi grazie di poter contare su di te, sei una vera amica!’, ovvero l'ultima cosa al mondo che avrebbe voluto sentirsi dire da lui.

Quello che le aveva appena detto Ryoga, invece, suonava in qualche modo diverso. Era sempre un apprezzamento amichevole, ma forse proprio perché le era stato rivolto in maniera così sincera da una persona che aveva tutti i motivi del mondo per avere l'opinione opposta, che sembrava così… così prezioso e vero. Anche perché, a discapito delle proprie proteste, alcuni dei consigli che gli aveva dato in passato si erano veramente rivelati pessimi, magari non in modo intenzionale, ma pessimi comunque. Il fatto che adesso avesse cambiato idea e che avesse scelto di dirglielo in quel modo sorprendentemente diretto era una delle cose più carine che le fossero capitate da parecchio tempo.

"Ehm… grazie", borbottò un po' bruscamente, togliendogli la ciotola da sotto al naso senza nemmeno controllare che avesse finito - cosa che, in un altro momento, non si sarebbe MAI sognata di fare per questioni di etica professionale - e girandosi di scatto per nascondere il rossore.

Quando un silenzio calò nella stanza, Ryoga si schiarì la voce.

"Uhm… se vuoi posso lavare io i piatti come avevo già iniziato a fare prima… altrimenti non riuscirò mai a liberarmi del mio debito", tentò di scherzare.

Ancora distratta da quanto era appena successo, Ukyo si girò a guardarlo, gettando un'occhiata stupita da sopra una spalla. In realtà aveva quasi dimenticato tutta quella faccenda ed avrebbe voluto dedicare qualche ulteriore momento a riflettere meglio sulle curiose reazioni che le parole di quello strano ragazzo riuscivano a provocare dentro di lei. Non era, inoltre, abituata al fatto che qualcuno interrompesse i suoi rituali e la sua routine nel sistemare la cucina dopo un pasto e stava per rifiutare il suo aiuto, quando la sua espressione di trepidante attesa le fece cambiare idea. Come si faceva a dire di no ad una persona così volenterosa di aiutare? 

"Ok, vieni qui e asciuga".

Ryoga afferrò al volo l'asciugamano che era stato vagamente lanciato nella sua direzione e fece il giro del bancone.

"Ma così stai facendo tu tutto il lavoro…".

"Prendere o lasciare, Hibiki. Uno chef non molla così facilmente la sua postazione di comando, nemmeno se si tratta di lavare i piatti", ribatté lei, passandogli le ciotole. "E poi così non rischiamo incidenti".

"Beh, se è acqua calda non c'è probl… GLUB!".

Uno schizzo di acqua fredda, partito involontariamente dal rubinetto mentre Ukyo stava risciaquando un tegame, lo colpì in pieno viso e lei si ritrovò a fissare nuovamente un cumulo di vestiti neri.

Di fronte al maialino, che la stava guardando malissimo, la ragazza scoppiò a ridere.

"Scusa, scusa… è che sono state proprio le classiche ultime parole famose".

La sua espressione diceva a chiare lettere 'non è divertente' e lei sorrise ancora, chiedendosi di nuovo come fosse stato possibile non riconoscere prima, in quell’adorabile porcellino, i modi di fare così tipici di Ryoga. Lo prese in braccio, lo asciugò e lo appoggiò su uno sgabello per poi mettere sul fuoco il bollitore del tè; dopodiché, una volta pronta l'acqua, la versò in una larga ciotola e ci soffiò sopra per raffreddarla. P-chan la stava osservando dalla sua postazione, quasi rapito, e lei lo schizzò con qualche goccia sul muso, ridendo quando lui se la scrollò subito di dosso, asciugandosi il naso con una zampetta. Poi, intiepidito finalmente il liquido, lo rimise a terra e glielo versò sopra con cautela, restando ad una ragionevole distanza e cercando di evitare di essere nuovamente esposta a conturbanti nudità.

Stavolta la manovra funzionò e lui tornò in forma umana in una più che decente posizione accovacciata che però, nonostante i propri sforzi di guardare da un'altra parte, riuscì lo stesso a permetterle di ammirare la poderosa muscolatura della schiena. Così, per evitare di essere colta sul fatto, Ukyo concentrò tutta la sua attenzione sul finire di lavare e mettere a posto le ciotole. Quando ebbe terminato si girò verso Ryoga che, ormai perfettamente vestito, la stava guardando con un'aria stranamente assorta.

"Ok, Ryo-chan, è giunto il momento di sistemarti per la notte. Se spostiamo i due tavolini davanti alla vetrata credo che ci sia abbastanza spazio per…".

Non fece in tempo a finire la frase che lui aveva già spostato tutto. Non che i pochi tavolini per i clienti avessero potuto rappresentare un serio ostacolo per uno come lui, ma la sua abilità nel maneggiare mobili fu una informazione prontamente notata e archiviata dal cervello di Ukyo, pronta per essere sfruttata al momento opportuno.

"Beh, allora direi che non c'è altro… il bagno per i clienti sai dov'è. Ti serve un'altra coperta?". 

Lui scosse la testa senza dire una parola e lei si diresse verso le scale.

“Ok, allora buonano…”.

“Ukyo”.

La voce profonda di Ryoga la interruppe e lei si girò a guardarlo stupita, colpita dal suo tono grave. “Sì?”, chiese, aggrottando le sopracciglia.

“Grazie ancora. Per tutto”.

Sospirando internamente per la sua eccessiva formalità e per i colpi che le faceva prendere ogni volta, Ukyo si rilassò. Stava per rispondergli che era lei a doverlo ringraziare per la compagnia, ma si trattenne appena in tempo, non volendo esporre in maniera così evidente quel suo punto debole.

”Figurati, buonanotte”.

L’ultima immagine che le rimase impressa, prima di salire le scale per andare alla camera da letto al piano superiore, era Ryoga in piedi al centro del ristorante che la guardava con un’aria indecifrabile ma intensa.

Non capiva perché la cosa le facesse battere il cuore in quella maniera.

È solo suggestione, pensò qualche tempo dopo, mentre si stava rilassando nella vasca. Tutta quella giornata era stata piena di sorprese, dal momento in cui aveva trovato Ryoga sulla soglia del ristorante fino alla scoperta della sua trasformazione, passando per una ancora più sbalorditiva e lunga conversazione con lui. Dopo anni trascorsi a vivere da sola, era una novità così assoluta per lei trovarsi a contatto per un intero giorno con qualcuno - qualcuno che obiettivamente non aveva mai considerato prima come possibile interlocutore - che era chiaro che non riuscisse a smettere di pensare a quello che era successo. Era stata anche presa totalmente alla sprovvista da quanto fosse stato facile parlare con Ryoga, dalla sua esperienza nei viaggi ai suoi problemi con la trasformazione e scoprì, con sorpresa, di essere piuttosto curiosa all’idea di passare con lui un’altra intera giornata. È solo perché è una novità, una cosa diversa dal solito, si disse. È unicamente per questo motivo che lo trovo interessante…

Un altro pensiero improvviso la bloccò, disturbando il relax del suo bagno. E se Ryoga avesse avuto bisogno di andare in bagno quella notte? Lo avrebbe trovato? Ma soprattutto, sarebbe stato poi in grado di tornare indietro?

Uscì dalla vasca come una furia, asciugandosi alla buona. Poi, buttandosi addosso uno yukata decisamente troppo sottile per la stagione preso alla rinfusa da un armadio, si precipitò di sotto.

Lo trovò che stava tranquillamente leggendo un libro, seduto nel suo sacco a pelo, con addosso una consunta t-shirt verde militare che aveva visto giorni migliori e che, evidentemente, costituiva il suo pigiama.

Non appena sollevò gli occhi dalle pagine e la vide, sul volto di Ryoga passò per un attimo una stranissima espressione. Subito dopo, però, si tese, allarmato.

“Ukyo! C-che succede?".

Lievemente senza fiato, più per il sollievo che per la corsa, Ukyo si inginocchiò accanto a lui.

"Niente, è che mi sono ricordata di una cosa", gli rispose, con una noncurante alzata di spalle. Lo osservò per un momento, colpita dal fatto che il verde gli donasse particolarmente, visto che dava ai suoi occhi un'accattivante sfumatura dello stesso colore. Poi, senza aggiungere un'altra parola, prese la bottiglietta d’acqua lì vicino e gliela versò addosso, scatenando la trasformazione. 

Subito dopo, P-chan emerse dai vestiti con un verso oltraggiato e Ukyo sospirò.

“Scusami, Ryo-chan, ma visto l’episodio di oggi pomeriggio non voglio rischiare di doverti venire a cercare di notte in mezzo alla neve, se devi andare in bagno”.

Lo prese in braccio, avendo prima cura - questa volta - di ricomporsi per evitare future rimostranze e si incamminò verso la camera da letto. 

“Non fare quella faccia… se Akane ha avuto il fegato di farti dormire con lei per tutto questo tempo, posso farlo benissimo anche io. Però resta sopra la trapunta, ok?”.

Osservandola terminare i preparativi per la notte, P-chan sospirò, accucciandosi diligentemente sullo stesso angolo di futon della sera prima. 

Vederla arrivare di corsa, con i capelli legati in un disordinato chignon con qualche ciocca ancora umida sul collo, le guance arrossate per il calore del bagno e uno yukata legato in modo decisamente approssimativo, gli aveva fatto schizzare gli ormoni alle stelle e quasi spinto sull’orlo del collasso. Subito dopo il buon senso e la preoccupazione avevano prevalso, ma per un breve, rapido momento la sua mente ipereccitata aveva evocato scenari di tutto un altro genere.

L'inaspettata trasformazione che era seguita era stata quasi un sollievo, per una volta, ma a quel punto era chiaro che doveva a tutti costi prendere qualche drastico provvedimento per evitare situazioni molto più imbarazzanti.

Si girò di nuovo, cercando di trovare una posizione comoda. Ci mancava solo che in quella situazione assurda ci si mettesse di mezzo pure un'attrazione totalmente inaspettata… come se non avesse avuto già abbastanza problemi di suo.

Mentre il sonno lo raggiungeva, un ultimo pensiero sintetizzò quella bizzarra giornata: non era solo una sua impressione… era decisamente il destino che lo voleva su quel letto, accanto a lei.




 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: quenya