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Autore: GirlDestroyer1988    21/12/2023    0 recensioni
Crossover tra Futurama e C'era una volta lo spazio. Il pianeta Omega e la sua Federazione deve intervenire per salvare il pianeta Amazonia dalle grinfie di Cassiopea, assistendo alla nascita di una sua nuova leggenda
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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PICCOLA GRANDE AMAZZONE

Il re disse allora a Daniele, chiamato Baltazzàr: «Puoi tu davvero rivelarmi il sogno che ho fatto e darmene la spiegazione?». 27 Daniele, davanti al re, rispose: «Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini; 28 ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto. 29 O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto svelarti ciò che dovrà avvenire. 30 Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore. 31 Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. 32 Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, 33 le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta. 34 Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò. 35 Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione.

36 Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re. 37 Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. 38 A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. 39 Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. 40 Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. 41 Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla. 42 Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile. 43 Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla. 44 Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. 45 Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione».

Professione di fede del re

46 Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi.

Dara non si era accorta del Sole ancora un wakyu poggiato a terra con il tendine sottile invisibile sulla terra grigiastra e l’arco ottuso di 170° che se ne faceva appoggio mandava i suoi riverberi più acerbi sulle sue coperte blu quasi nere, finché certi di essi non intercettarono i suoi occhi. La piccola amazzone cominciò a scappucciarsi da quelle stuoie con i movimenti da anguilla maculata che dopo aver scavato nella sabbia s’allinea all’ondulare delle sorelle e compagne. La routine del risveglio fu semplice ma ne ricavò piacevoli stimolazioni alla pelle color cocco, prima di scendere giù nella sala da pranzo. Kug con la sua pinna azzurra circondata da una capigliatura dello stesso colore stava cucinando con il suo corpo che come quello di tutte le abitanti del pianeta Amazzone dotato di cosce, glutei e seni extralarge a malapena schermati da un tanga arancione su cui numerosi ungulati avevano ballato la cucaracha si beava nel bel mezzo della sua routine dello stesso sole amorevole e discreto Oh buongiorno Dara. La colazione è pronta Grazie mamma Kug. Sai, stanotte ho fatto un sogno che secondo me vuol dire qualcosa Che vuol dire un sogno che vuol dire qualcosa? Più o meno tutti i sogni vogliono dire qualcosa

 

 

 

Il mio era un sogno a cui io sento io dover prestare attenzione. C’era un grifone sopra la mia testa nella foresta. Delle gocce di sangue mi caddero sulla testa. Era ferito, e volava alla cieca. Io lo seguii fino a uno stagno dove c’era una femmina di coccodrillo che ruggiva battendo lo stomaco sulla fanghiglia rivierasca con un tono strozzato e affaticato, lai che a un certo punto divennero parole di senso compiuto piene di dolore e agonia. Una specie di piccolo ippopotamo bipede emerse dall’acqua e senza nemmeno guardarmi, senza nemmeno capacitarsi che ero lì sulla riva opposta a lui mi disse di lasciar perdere. Quei versi mi stavano causando a me dolore, come se quella coccodrillo fosse legata a me con una corda e ogni suo verso di disperata sofferenza fosse uno strattone che mi faceva perdere la potestà di dov’era io che decidevo di mettere i miei piedi, quell’altro mi sembrava un brontolone che quando sarebbe stato lui in pena io non avrei nemmeno serbatone il ricordo, andando dal rettile. Quella si girò sul fianco e vidi il suo ventre flaccido e sproporzionato. Sempre sputando ogni parola come il sangue di uno sgozzato mi supplicò di schiacciarla proprio in quella zona. Io spinsi dove lei aveva esatto piano e constatando che dall’ano delle uova bianche stavano fuoriuscendo. Mi impegnai tantissimo, con le ginocchia che scavavano nella Motta dandomi una spiacevole sensazione di freddo e sudicio; mi accanii per restare dov’ero, ero più madida di sudore io della bestia, finché non caddi sulla schiena nodosa con i polmoni di pietra. Il suo muso nonostante fosse bitorzoluto come un percorso Kneipp mi carezzò per farmi rialzare. La neomamma mi faceva da vincastro finché non mi sollevai con le ginocchia impastate di grigio e i capelli simili al tetto di una capanna dopo un acquazzone con le labbra molli  e nessuna cognizione di luogo. Colei che avevo aiutato si mise sulle mani a 5 dita e sollevò la schiena simile a una pagnotta crepata dalla cottura eccessiva dicendo che adesso al nido ci avrebbe pensato lei. Un ultima cosa mi interpellò: dove andassi. Le descrissi il grifone ferito e mi spronò a trovarlo il prima possibile, come lei anche lui si sarebbe salvato grazie alla mia bravura, attenzione e bontà. M’inoltrai nel bosco ma a un certo punto ne risentii la voce. Aveva abbandonato il nido, cosa che non mi piacque per niente ma disse i coccodrilli è sempre così che fanno. Ma se mi seguiva, se seguiva proprio me era per il suo debito. Inoltre, standole addosso facevo meno fatica a muovermi. Avevo idee confuse su dove il grifone fosse andato. Chiederlo a lei portò a farle rispondere con scrollate di capo rammaricate: aveva avuto la vista troppo offuscata dalle doglie per accorgersene. La rincuorai mentre dal canto mio proponevo di andare sempre dritti da dov’è che mi ero sobbarcata d’aiutarla, con gli occhi che almeno i miei che potevano permettersi di guardare tra le nuvole. A un certo punto le strillai di non procedere oltre. Nel cielo tra gli alberi c’è un filo nero. Sentimmo un rumore sferragliante, mi abbracciai a lei ma la coccodrillo mi disse che c’era niente da temere: una teleferica volava sopra le nostre teste con abbarbicata a essa un agropelter che a bastonate cercava frutta. Io ero ancora scossa ma la mia cavalcatura s’intendeva di quella foresta e mi chetò dicendomi di norma quella scimmia era inoffensiva. Mi venne sconsigliato di chiedere a lei ma piuttosto di proseguire. Dopo un pò sentii e vissi lo stesso atterramento; ruggiti inferociti risuonavano nell’intrico del bosco e lo riferii alla mia nuova amica aggiungendovi anche questa volta il pericolo doveva essere reale. Vedevamo tra gli alberi solo piccole macchie simili a fiamme nere che bruciavano. Era da esse che venivano quei versi terribili. Prendemmo la decisione di aggirarle compiendo un arco piegato a destra. Nonostante ci stessimo avvicinando a del pericolo approfittai per raccogliere della frutta e mangiarla. Mi ci voleva proprio. Arrestammo il nostro voyeurismo acquattandoci dietro una catasta di tronchi, da cui sbirciavamo la lotta tra un drago e un orso gigantesco. Il rettile era parsimonioso nello sputare fuoco, non voleva bruciare l’intera foresta (era in ogni caso grosso come un lupo) più che altro in modo che l’avversario indietreggiasse. Tutto poi avvenne a gran velocità: l’orso si aprì a metà e vedemmo apparire una fauna armata di scure con un armatura che ne svestiva il meraviglioso corpo come il tuo zietta Kug

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oh grazie piccolina. Il tuo racconto mi sta piacendo molto, ma dura molto? Fammici pensare…in questo mio sogno ho incontrato 9 creature: il grifone, la coccodrillo, la creatura stagnante piena di misantropia, l’argopelter, il drago, l’orso delle caverne, la fauna, la robot gigante e l’uomo-albero.

 

La fauna ci scoprì abbastanza presto, giacché ci rivelammo, spiegando che siamo inoffensivi, e  pure ammirati per come con un colpo di scure aveva aperto quell’orso a metà come un uovo di Pasqua dando un complimento anche al draghetto e come si fosse battuto così coraggiosamente e pure così prudentemente. Lei dopo un altro di quei suoi sguardi da generalessa divenne meno aspra e con la scure c’indicò la propria casa. L’orso le aveva praticamente invaso il giardino!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Noi entrammo e ci venne fatto cenno di accomodarci. I muri e il tetto erano di pietra, resi meno aggressivamente vuoti da tappeti con disegni geometrici sventolanti nappe gialle, con scudi (umboni, oplon, rotelle) anch’essi risplendenti del giallo dell’oro con cui vennero plasmati sull’incudine appesi accanto ai tappeti con le armi in una rastrelliera, di metalli meno preziosi (perlomeno le lame, le else erano di un oro meno nuovo). La guerriera, chiamata Filippa, si inginocchiò sulle sue poderose cosce munite di zoccoli simili a teste di martello puntellandosi con le mani sulle ginocchia e respirando rumorosamente come in quella che era poi la posa Ananda Madirasana Da dove venite? Appartenete a questo bosco o siete straniere? Io sono nativa (da quel che mi ricordo) di un villaggio di amazzoni che però sta molto lontano da dove ha il suo territorio. La rettile assieme a me invece viveva in uno stagno dentro a quello che credo sia il suo territorio il drago domestico della fauna zampettò verso la coccodrillo e le lappò la faccia come dei cani avrebbero fatto. La mia partner nicchiò bonaria. Raccontai poi a lei anche che nel cielo avevo visto un grifone da cui piovve qualche goccia di sangue facendomi capire avesse delle ferite. Io di mio mi sentii quasi posseduta da quel suo dolore, iniziando a inseguirlo fino a questo territorio, di cui io non ho mai avuto precedenti esperienze. Aiutai la femmina di coccodrillo a sgravare e quella mi fu così grata da venirmi dietro e l’incontro con lei (applausi per il drago e come tenne al suo posto l’Ursus spelaeus) fu l’ultima cosa che mi successe perlomeno fino a allora. L’informazione del grifone che avevo dovuto dargli le portò a massaggiarsi il mento preda dei pensieri. Hai detto un grifone? Purtroppo per te vive su una montagna molto alta. Lassù c’è una gigantessa, che per vivere ha solo bisogno del Sole, che non beve né mangia, ma aspira con la pelle di metallo. Ve ne è un altra, che domina i cieli. Ma non potrebbe aiutarvi; quando vola lo può fare solo in solitaria, può esserci solo lei a volare lassù. Aaaah…a pensarci bene siete davvero fregate. Ci sono degli avvoltoi, ma vi aprirebbero in due con le grinfie senza pensarci lontanamente d’aiutarvi. E se v’accompagnassi non risolverei nulla comunque, io che so mulinare con un braccio solo una scure e un ancora più acrobatica alabarda, io che so occupare tutta l’estensione di un arco di una balestra con quasi tutte le frecce della mia faretra. So fare tutte queste cose, ma darvi una mano mi è totalmente impossibile. Non avrei dovuto dirvelo; vi ho solo fatto deprimere ulteriormente No, sento che sei onesta. Però ho un idea. Se catturassimo uno degli avvoltoi, gli limassimo le unghie riusciremmo a farne una  cavalcatura volante che ci porterebbe sulla cima della montagna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E come faremmo secondo te? Mi chiese. Io pensai di mandarne uno in confusione con uno sciame di calabroni, il cui alveare gliel’avremmo presentato portatogli da un altro animale. Era però un modo di fare molto macchinoso, ci rispose la fauna. Aveva però l’arma più appropriata lei: un paio di bolas. Gli avvoltoi vivevano in una zona quasi savana dove gli alberi avevano distanze maggiori tra uno e l’altro. In quella zona pascolavano, causando pertanto gli spazi tra gli alberi, gli Stegotetrabelodon, così enormi che i predatori ogni volta che li attaccavano era come se s’arrampicassero a mani Nude su una montagna che cammina lentamente ma non lasciando loro appiglio, i Megatherium, i Glyptodon e le Meiolania. I predatori di turno erano gli Homotherium, pericoloso felino dalle zanne che precipitavano dalle labbra come lama di un falcetto e gli Argentavis rapaci con le ali talmente grandi e muscolose che non avrebbero avuto problemi a farci volare fino a quella montagna, sulla cui vetta un grifone gemeva e se non c’era nessun altro che lo facesse rimanevo io l’unica che poteva e sapeva curarlo. Una cosa però non calcolammo: dove gli alberi si diradavano, dove l’erba si stendeva a perdita d’occhio, dove le tartarughe Meiolania scavavano i nidi per le loro uova c’era come un confine una sciarpa di bigie ragnatele, nervose e sottilissime. La nostra nuova amica conosceva ogni animale, ogni fiore e ogni fiume per nome, dicendoci gli insetti che si profondevano a tesserle si chiamavano Shredders. Ed erano persino peggiori degli Argentavis. Quando ci avvicinammo ancora abbastanza lontani a quello schiscidoso spettacolo, la nostra amica fauna scure in pugno ci mostrò sia che quelle ragnatele potevano essere usate come tessuto, sia quale pericolo mortale correvamo a volercene appropriare. Vagliammo ogni soluzione: circumnavigammo quel muro di seta appiccicosa trovando una zona che appariva chiaramente sventrata. Le ragnatele dovevano essere state divelte da uno degli Stegotetrabelodon, troppo enorme perché quelle comunque impressionanti ragnatele, intrecciate e filate da ragni lunghi 4 metri lo impedissero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le altre ragnatele erano però state capaci di catturare degli Homotherium e Samotherium, dei quali adesso pendevano gli scheletri parzialmente imbozzolati nei filamenti grigiastri e nerastri. Un silente e un universale invito alla prudenza. Gli alberi erano sequoie, quindi gli acrobati avevano avuto fino a 82 metri di tronco per appiccicare e intessere. Gli Stegotetrabelodon puntavano ai più bassi cipressi, rendendo questi alberi praticamente inviolabili. Persino le ragnatele più alte presupponevano che gli Shredder che avevano avuto successo nel giungere fin là avessero sacrificato molto e avessero dovuto penare non poche vertigini. Tutte e tre insieme raccogliemmo quanta più (ragna)tela possibile alla fine sembrando tosatrici che escono dalla cascina dentro cui hanno tosato i propri armenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non c’erano molti animali in giro. I Samotherium affondavano i musi a imbuto nelle tuie o lo passavano sul prato erboso, ogni tanto certi di loro mi guardavano con le umidicce labbra sporche di pezzetti d’erba e un lungo stelo di astro amello che tentenna al vento. La fauna guardò prima me e poi i drappi neri chiedendomi cosa ce ne saremmo fatte Cattureremo gli avvoltoi e glieli attaccheremo-quando li avremo completamente ammansiti-per farne delle altalene con cui volare fino alla montagna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parlando parlando degli Argentavis eccone una coppia che atterra tra le fronde di una delle sequoie in lontananza, se certuni loro esemplari svettano fino a 329 piedi gli consolo con la stessa generosità con cui avrei voluto curare quel grifone la tremenda fatica per riuscirci. Eravamo troppo piccoli a valle così come loro ci erano troppo piccoli, ma tra me e me ero certa ci stessero calunniando con lo sguardo. Non me ne accorsi ma l’erba attorno a noi cominciava a essere smossa dal vento in ampi movimenti di pettine da dipingere il prato informe. Guardammo più su della cima di uno di quei numerosi alberi chilometrici, barcollando almeno io preda della anablefobia. L’erba con le sue sottomesse contorsioni anticipava l’arrivo di qualcosa dall’alto. Nacque come un neo che veniva mangiato dal cielo ma da cui non riuscivamo a staccare l’attenzione. Crebbe diventando un gigantesco insetto dalla scocca come i prodotti della bottega di una fabbra, che con le sue ali suscitò una tempesta che buttò giù dalla cima fioccata della sequoia gli Argentavis e ci lanciò verso terra, incassando duramente pure strette nell’abbraccio di quella forte, robusta e gommosa fauna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lei era come la sentinella di una colonia di scelopuri ondulati; non smise d’abbracciarci per il ritorno dell’insetto, questa volta con il sollevamento di un immane corrente d’aria in senso opposto. Questa fu però più breve, s’addormentò solo dopo un singolo di quegli urli che fa il vento molto potente, mentre l’insetto gigante scendeva lentamente a terra cambiando forma. Era diventata un enorme, bellissima donna. La nostra amica si puntellò sugli zoccoli sollevandosi altera, mentre anche noi l’osservavamo estasiate. Ci parlò con una voce arrochita ma dolce, dicendoci che ci aveva viste mentre volava. Prima che aggiungesse qualunque altra cosa l’implorai di portarci sulla montagna del grifone, prendendola inizialmente in contropiede ma dandoci poi l’adesione più completa. Per farlo però dovemmo sacrificare le ragnatele, facendoci avvolgere dal suo gigantesco, duro pugno, volando raggiungendo il monte avvolto da nuvole fredde e misteriose. Con il senno di poi mi sarei dovuta portare dietro un abito più pesante. Come ogni montagna molto alta oltre ai freddi vapori carbonici c’era un freddo e morto mondo di neve e roccia straboccante e abrasiva. La nostra terza amica riusciva però a issarsene affondando nella neve ma rimanendo a suo modo dritta e solida, incamminandosi fino a una grotta. Dalle sue labbra superiori risplendeva in pendenza una ghiera di stalattiti di ghiaccio trasparenti, sculture d’acqua che solo i movimenti del sole spogliavano dell’invisibilità. Divenni nervosissima. Non era solo il freddo che mi agitava le membra: sapevo che il grifone si nascondeva lì. Venimmo fatte scendere sulla neve entrando e trovando l’animale racchiuso in una posa da sonno. C’erano delle gocce di sangue, ma diventate marroni per l’asciugatura. Ero incerta sui miei piedi, la pietra era davvero di un freddo lancinante, per quanto barcollassi dovevo camminare e dovevo camminare piano. La mia amica rettile sembrava molto meglio propensa di me. Riuscii a stendermi nel caldo piumaggio del grifone cercando la ferita. Quel premermi su di lui ritmicamente alla lunga lo ridestò, facendomi profondere in mille scuse e richieste (=implorazioni) d’aiutarlo, che credo l’animale capì, perché girò sul fianco sinistro e-quando potei analizzarglielo-trovai la punta spezzata di una freccia darsena di una ferita ancora sanguinante. Ora avevamo un altro problema: non potevo usare nulla lì attorno per curarlo. Ogni pianta, albero e fiore medicamentoso era giù nella valle a 3250 metri più in basso. La nostra terza amica però prese in mano la crisi e se ne andò, a cercare piante officinali nella vallata. La precedette nel ritorno un albero volante che ci stava dando il suo ultimo dono. Alcuni degli alberi della valle sono capaci di strapparsi dalla terra con ali costituite da quei loro rami più alti e con foglie che gli adornavano impossibili da potare, attaccate a essi come fossero di pietra. Dopo che erano stati generosamente sfruttati per cure, compivano quel volo verso le montagne, da cui nessuno tornava. Fu uno di loro a atterrare nella neve e a aspettarci fuori dalla grotta. Dateci le sue foglie come cerotti e medicine da ingoiare con quelle marmoree in suo ultimo possesso si allontanò oltre quella montagna volando anche più in alto di noi. Ce l’avevo fatta! C’è l’avevano fatta!! Poi mentre tornavo a valle il sole mi era entrato negli occhi e mi sono svegliata Kug le scompigliò i capelli, mentre le scansafatiche Ornik e Thog rincasavano Buongiorno Kug. Come sta Dara? Benissimo! Infatti mi ha raccontato una bellissima storia che ha sognato. Facciamo colazione? Cosa avete scoperto nella vostra ricognizione al tramonto? Sì appunto ci siamo spinte nella foresta quando tramontava. Abbiamo mosso i primi passi dal ponte di fluorite, c’erano molti alligatori, ma penso sia normale, è uno stagno molto pulito e accessibile. Più volte abbiamo sentito delle strida, ma chiunque le facesse volava troppo in alto. L’odore di muschio era molto intenso, inoltre dovevano esserci cocomeri in piena fioritura. A un certo punto, in un declivio ci ritirammo e nascondemmo, sentendo un rumore sibilante in crescita. Abbiamo anche avuto problemi e ferite: cominciò tutto all’ombra degli alberi dove intravedemmo un Uintatherium che mangiava. Era calato il sole e ci sentivamo sonnolente. Scegliemmo un altro angolo appartato e lì ci addormentammo. Sentimmo, non so a che ora, gli inconfondibili ruggiti degli Homotherium, compreso uno che aveva scelto quella zona di foresta come suo corridoio ci svegliarono. L’unico esemplare con cui avemmo un incontro ravvicinato mi morse una gamba, ecco perché ho questi movimenti così incerti. Riuscii comunque a allontanarlo, ma gli esemplari che non erano impegnati con lo Uintatherium sentirono le nostre pelli e toccò a Ornik difenderci, lasciando che l’odore dello Uintatherium tornasse a avere il sopravvento e li allontanasse da noi. Mi medicò con le medicine e gli unguenti che abbiamo sempre con noi, affinché potessi almeno finire il viaggio. L’attacco degli Homotherium ci aveva risvegliate e il pericolo del loro attacco ci avevano dato l’energia per rimanere ancora sveglie. Naturalmente il sonno sarebbe tornato presto, ma riuscimmo a camminare fino a una serie d’alberi stretti nella morsa di ragnatele. Gli Shredder vivono sulla cima degli alberi, finché ci appartavamo all’ombra di quelli più bassi, a cui davamo le spalle avremmo dormito tranquille, ma se ci assopimmo, se cedemmo al sonno, rimanemmo con le armi in pugno. Adesso siamo tornate

 

Dara tacque, chiuse dentro di sé il fatto che il racconto delle ziette combaciava con il suo, mentre partecipava alla giornata del villaggio. Una casa Amazzone era interessante: costruita con fango, sabbia, calce, gesso, cemento e fiorite ha una divisione in stanze simile alle nostre villette più moderne. Sembra il castello di sabbia di Shell or high water di John Requa. Non ci sono sedie, ma tappeti arrotolati in tubi molto spessi e imbottiti di ovatta su cui sedersi. Ogni casa ha un campetto per l’approvvigionamento agricolo e un recinto di corde per gli animali. Sono piuttosto ragguardevoli, degli struzzi. C’è un rudimentale ma imponente granaio a cui l’accesso è consentito da sassi accumulati in una serie di sgabelli uno appena più alto dell’antecedente fino a issarti all’imboccatura, pure costringendoti a abbassarti un pò. Dara cerca come un elefantessa affamata delle masserizie da addossarsi sulla schiena, trovando quello che sembra un piccolo e sciupato albero di Natale 🎄. Il campetto domesticamente annesso può essere dissestato e arato con una specie di spada meramente da un Amazzone. Agricolture che si estendono per più di 1000 metri implicano aratri più grandi con un Amazzone che indietro calza pattini a rotelle ante litteram tenendo per la stegola con un vomere a mezzaluna che quasi s’infila tra le gambe dell’Amazzone mentre alla tinnigghia si legano le redini di un baku che un altra Amazzone monta in sella. Nell’orto e nel campo vediamo che crescono numerosissime piante. Numerosi animali sono allevati. Le Amazzoni lavorano il metallo con numerose botteghe metallurgiche in cui ogni minuto un metallo ameboide sfrigola per la sua strobilazione, scampana d’assordanti scintille sotto selvaggi colpi di martello che impongono a esso la forma prestabilita, esplode in una nuvola di fumo che sembra quasi schiuma da barba immerso nell’acqua quando finalmente è diventato quello che deve, un intervallo da pelle di zigrino fa seguire i laboratori dei ceramisti, dei vasai, davanti a tutti loro camminano le guerriere che-come Ornik e Thog-vigilano nella notte potendo però dormire di giorno. Il loro arsenale non brilla: girano con tanga e bikini di pelliccia che non vedono l’ora-tanti piccoli Atlante-di essere slacciati perché glutei e mammelle sono sempre e comunque enormi, con pugnali, archi, lance, scuri. Anche scudi, ma niente di che. C’era pure un mercato di schiavi, ma le zie adottive dell’orfana Dara (essa stessa una schiava) di robaccia simile non hanno bisogno. Ci sono bagni termali, surrogati senza pudore di quelli che dovrebbero esserci nelle legittime case. Dara è una remora al corpo di Kug, azzurra verdesca in quel momento improvvisamente fattasi baccalà nel freezer Cosa c’è zietta? All’improvviso il cielo era diventato notturno. Ma non poteva essersi fatta notte solo sul villaggio mentre il giorno scintillava rovente tutto intorno a esso. E i tuoni! Tutte le Amazzoni si chiusero le orecchie piangendo di dolore. In volo sopra di loro un astronave simile a un bastoncino da dentista con un sorriso di squalo sulla concava prua istoriata con una W sparava con irriguardoso fomento a una che sembrava uno lungato ammasso di mattoni grigi con riverberi azzurri. Sembrava la sparatoria di Una pallottola spuntata 2 1/2 l’odore della paura, con fuoco che rimbalzava fuoco in assoluta parità. Al riparo di quei mortaretti, l’astronave con il marchio della 23esima lettera dell’alfabeto faceva uscire mezzi più piccoli, usati come autobombe kamikaze. Colpendo lo scafo davanti a sé le esplosioni sgonfiarono quel pixellato Babar della Macy’s Thanksgiving Parade rovinandolo sulla foresta, travolgendola in un incendio. La vincitrice si fermò sopra il villaggio, facendo sentire anche con entusiasmo l’oppressione sua propria. Il suo ventre da capodoglio si aprì e una luce accecante nevicò con sinistra delicatezza sul villaggio trafficato solo dalla polvere che alitava senza paura. Dei soldati in divisa rossa, con i petti orgogliosi di esibire la stessa W gialla dell’astronave madre, con elmi che calano finestrini sulle facce furibonde dello stesso colore giallo e un cimiero rosso che taglia l’aria dall’apice di quelle teste farcite e stondate nevicarono anch’essi su tombini con fucili laser nei pugni, il destro era sul grilletto ed era quello più leggero, ma avrebbe sparato per qualunque cosa, l’altro, il sinistro, stringeva la canna singola dell’arma come volesse strozzarla. Ce n’erano abbastanza da poter fare un equipaggio per quel leviatano pure in sovrannumero, una nevicata d’uomini che religiosamente cominciò, proseguì e finì con il generale, su un tombino pure lui, con anfibi neri, pantaloni e casacca verdi, una pistola laser nella fondina, una cintura rosso fuoco con l’onnipresente W di un giallo pulcino a tenergli nascoste le mutande, guanti nero pece, tutto il quadrante delle 02.12 del torace lussureggiante di medaglie, la stessa faccia dei soldati, il testone da reggiano con i capelli pettinati all’indietro, le orecchie simili a foglie di gemma di Zanzibar, un nasone a cetriolo paonazzo come un ubriacone sotto la neve di Dicembre. Nel silenzio si rigirò verso destra, verso sinistra, fissò quello che c’era davanti e parlò all’orologio-ricetrasmittente con qualcuno DWARF! Scendi su questo pianeta SUBITO! Ancora un altro tombino, felicemente l’ultimo, atterrò sotto lo sguardo del nuovo padrone di casa. Era un nanerottolo con un Duomo di Milano di capelli rossi, orecchie appuntite, naso a cetriolo paonazzo, vestito di giallo con stivali e guanti rossi, rossa la cintura in cui la fibbia incorniciava una tirannica W nera come nero è il mantello che gli penzola dalle spalle. È un indumento abbastanza fine a sé stesso che gli serve solo per pavoneggiarsi sotto lo sguardo del primo uomo, che da quell’altitudine da Bloo (Luca Ghignone) alle prese con Wilt (Andrea Zalone) aveva un aria ancora più sinistra nell’occhiataccia impaziente che elargiva a quella sorta di agente immobiliare Allora Dwarf, vedo che questo pianeta non è un ipertecnologica megalopoli come la nostra Cassiopea, ma come se questo non fosse già sufficiente tutto è stato abbandonato secoli orsono. Cos’è che avrebbero visto i tuoi satelliti? I miei satelliti non hanno sbagliato. Questo pianeta è indubbiamente primitivo ma la Confederazione Omega non ne sa nulla! Noi di Cassiopea siamo praticamente i primi ad averlo fatto nostro! Ah sì? Allora come me la spieghi l’astronave di quelli del pianeta Yama che abbiamo abbattuto di fresco? Eravamo pari ma adesso ci siamo rimasti solo noi. Prima che lei mi chieda degli abitanti, questa parte sarà onere mio Il malevolo gremlin tornò nella nave e ne sfruttò gli altoparlanti per obbligare le Amazzoni a uscire allo scoperto. Esse si umiliarono con quell’arrendevole apparizione, ma l’elenco palesava un’assenza importante: Dara. Sbigottiti, i tiranni di Cassiopea la videro arrivare con un grifone dal piumaggio carbonizzato dall’incendio generato dall’affondamento della nave nemica di Yama, con la soldataglia che impedì a Kug di andare da lei Adesso è tutto al completo. Orbene mio generale ne facciamo delle schiave? Delle prigioniere? Pest s’arrovellò il Gulliver sulla prossima, per niente bella decisione. Anche una delle nostre navi ha abbastanza spazio a bordo per chiudercele tutte dentro tenendole a pane e acqua per almeno una coppia di mesi! Ne faremo la posta in gioco con quelli di Omega! E serve un nascondiglio. Cerchiamo oceani su questo pianeta e stiamo sul loro fondo a aspettare l’arrivo della Cosmopolitan o di un altra nave della flotta di Pierre! Il Nautilus, l’artiglieria pesante di Cassiopea s’allontanò, se non prima d’aver fotografato il rottame della flotta di Yama e averne diffuso l’immagine per l’intero universo. Una luce improvvisa e delle turbolenze disturbarono l’allontanamento, nulla da far temere il peggio nonostante i beccheggi misero Pest di un umore ancora peggiore, ma i soldati che guardavano la poppa corsero al ponte di comando con un capitombolo per ognuno dicendo che l’astronave degli Yama era appena esplosa in un fungo atomico. Con quella condizione da formichiere di Ants in the pants di Dave Fleischer il Nautilus accolse l’arrivo del mare con foga. Eccolo inabissarsi fino a un deserto di fango dove cominciò l’agguato da rana pescatrice.

 

Pianeta Omega, giorno qualunque di traffico di veicoli volanti tra i tubi di trasporto. Il parlamento di tutta la Confederazione, con l’Ω di un giallo sofferto dall’atmosfera, scolorita in un pantone urina ha la solita riunione in corso. Solo il saggio Maestro-chiuso nel suo laboratorio-può non prestare la minima attenzione ai battibecchi fuori dalla soglia. Nonostante l’ingombrante e lussureggiante barba sembra un bambino chiuso in camera propria con i propri giocattoli, o meglio un giocattolo solo ma paragonabile al Robo-Amigo di Tech E Coyote (Daniele Barcaroli): Metro, il suo doppio meccanico

 

Adesso stavano giocando alla Piccola Principessa Clementoni Mi sa che ho perso concluse tranchant Metro. Dal canto suo Maestro s’interrogava su quale problema perturbasse la galassia sotto la giurisdizione di Omega, ma nessuno aveva esatto che intervenisse, quindi per lui c’era ben poco da fare. Anche Metro aveva l’espressione da scarto di un personaggio di Ion Popescu Gopo mentre gironzolava con le sue rotelle da Addio allo show di Chuck Jones verso un nero cabinato di Golden Axe ammazzando la noia con quello. Con la noia già ammazzata è invece la coppia Pierre e Pierrette al tavolo ovale, con i seggi vacanti di Cassiopea, una marmotta che in quello che sarebbe potuto essere il 02/02 (Mercoledì)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fischia guai imminenti. Ad essersi espresso fino a allora è un uomo calvo dal mento a scatola e una tuta violetta che dice di venire dal pianeta Yama Abbiamo perso una nave da trasporto civile, un esploratrice, con poche armi solo per legittima difesa in un punto non precisato dello spazio. No aspettate….mi hanno appena fornito le coordinate che suddetta nave è riuscita a trasmettere all’ultimo minuto, prima di…..esplodere. Siate comprensivi; non potevamo e non potevano permettere che Cassiopea ci mettesse le mani sopra l’individuo misterioso aprì la propria schermata olografica e in trance digitò le coordinate precise. Poi sembrò che usasse una chiavetta USB per salvarsi i dati. Dopo comunicò verbalmente i dati di navigazione a Pierre dicendo che Yama stava considerando l’acquisto di una nave, uno degli ultimi modelli Cosmopolitan, per non lasciare un posto vuoto Permesso d’uso accordato. Questo Pianeta X dove avreste perso la vostra vecchia nave non mi convince però del tutto. Qui colonnello Pierre. Parla colonnello Pierre. Preparare nave modello Cosmpolitan per missione su pianeta [coordinate]. Pierrot, Psi, Petit Gros e Metro richiesti immediatamente a rapporto, i tre uomini con più missioni nel curriculum di Omega con il robot positronico a cui poter sempre attingere per consigli e nozioni vennero messi a corrente della missione. Pierrot chiese perché non prendere un altra nave, una Ursus, e preparare già la Cosmpolitan per questi misteriosi richiedenti. Suo padre riflettè sull’eventualità ma la cassò dicendo che potevano usare una Cosmopolitan senza problemi: avrebbe spiegato al delegato di Yama che la nave di rimpiazzo non si sarebbe fatta attendere, ma momentaneamente aveva quella missione da compiere. Quindi questo sarà per lei alla stregua di un ultimo viaggio arguì Pierrot, che per il resto non aveva obiezioni. Anzi; sotto sotto voleva vedere dove lui e Psi sarebbero finiti quest’altra volta

 

Con le Amazzoni fanciulle di Lomonosov sotto chiave, sembrerà strano che i medici da campo di Cassiopea si stessero prendendo cura del grifone, anche lui segregato nelle profondità di quell’oceano sconosciuto. A volerlo era però stato Dwarf, stratega bastardo peggiore di Edwin Alva che voleva ammansire le Amazzoni partendo dalla più giovane in loro pugno, che aveva rischiato una brutale fucilazione per soccorrere quell’uccellaccio quadrupede. Le analisi fatte al microscopio erano tanto insolite quanto abitudinarie; l’animale non aveva organi strani e potevano eseguire un intervento veterinario standard. Gli addetti alle comunicazioni nella loro erta a tempo debito individuarono il vascello Omega in avvicinamento, iniziando quella caccia al tesoro. Amazonia dallo spazio sembrava un enorme piatto di pasta al pesto d’avocado (con buona indignazione del genovese più vecchio stampo) che il Cosmopolitan puntò come un ape avrebbe fatto con un fiore, mandando la Libellula in avanscoperta con i soli Pierrot, Psi e Metro, nella fiducia di tutto il restante equipaggio. Cominciarono a cercare tracce di civiltà, trovando dei villaggi e delle vere e proprie metropoli, simili ai pueblo del Grand Canyon. E proprio il pueblo dove era cominciato tutto venne scelto come punto di sbarco, visto che la Libellula era già stata sopra di lui distrattamente-anzi l’avevano visto per primissimo-ma la sua desolazione impensierì Pierrot al punto da renderglielo irrinunciabile. I Perry King & Joe Penny di quella Screaming Mimi con Roboz al seguito non avrebbero potuto cominciare in un punto migliore: il luogo del delitto era immacolato, Metro trovò delle penne annerite come quelle di Daffy Duck in China Jones di Robert McKimson mentre i sopralluoghi dei colleghi umani li portarono a dedurre stessero in una Kowloon frettolosamente evacuata In questo momento sto analizzando delle penne raccolte in giro…..sembrerebbero appartenere a un aquila o a un altro rapace….tornati a bordo, il radar indicava un punto dove il verde diventava più cupo. Preso il volo i nostri raggiunsero l’oceano, mandando delle sonde per verificare con che cosa avessero adesso a che fare Quindi saremmo sopra un oceano? Con tutto questo verde non l’avevo mica capito! Ed è pure bello profondo come oceano. Dovremo cavarcela con quello che abbiamo, nonostante il Colibrì non possa spingersi più in basso dei 1000 m di profondità Ma questo segnale non ci lascerà in pace finché non andremo là sotto. Inoltre potremmo sempre scoprire che cosa o chi lo manda è a una profondità a noi accessibile la Libellula virò nell’acqua dal colore così poco invitante ricevendo un accoglienza ancora peggiore del colore da fogna dell’acqua: un aboleth gettò tentacoli e zanne verso di loro dovendo virare con violenza, speronandolo dal basso prima di ricorrere all’elettrificazione e rimanere là a elaborare lo shock. Pierrot però non demorse e continuò a cacciare il segnale spingendosi a 36 metri di profondità, dove sulla Terra nel Pacifico troveremmo la barriera corallina del Queensland australiano, scoprendo l’inconfondibile sagoma e l’inconfondibile W di un Nautilus di Cassiopea. Sul monitor il segnale era belluino, sembrava un cane che ha perso una zampa Ecco da dove proviene il segnale! Ed ecco pure chi ha affondato la nave degli Yama! Mi stupirei se solo sotto sotto non me lo fossi già aspettato! Avvertiamo la Cosmopolitan e torniamo sui nostri tacchi. Da gente come quella il rapimento di un intero villaggio è esattamente cos’è che mi aspetto! Petit Gros era d’agguato sull’hangar da cui la Libellula era partita e pure lui si travolse con il de-ja-vù quando Pierrot li riferì dell’astronave delle armate di Cassiopea Inoltre anche se potrebbe non essere molto importante ho trovato delle penne bruciate che dopo attente analisi credo appartengano a un rapace. Erano nella zona in cui è avvenuto il rapimento Pensi valgano come indizio? Le coordinate del villaggio? Pierrot andò a prenderle dalla Libellula, di modo che Petit Gros se le studiasse alla sua presenza. E le coordinate dell’astronave di Cassiopea? Dopo una visione a 360° della posta in gioco, Petit Gros inviò una chiamata a Maestro. L’uomo più saggio di tutta Omega comparve in ologramma come suo solito quando la gatta da pelare era una bella tigre del ribaltabile da 300 kg Quindi una nave militare di stazza così importante di Cassiopea si è nascosta sul fondo di uno dei mari del pianeta tenendo prigionieri gli abitanti di un suo villaggio? Effettivamente un vascello di quella portata e di quel modello abbatterebbe pure una nostra Cosmopolitan se ci si mettesse di buona lena. L’aver distrutto quella nave di Yama non mi suscita alcuno stupore con il senno di poi. Parlando di lei che ne è stato? Tutta la zona mostrava i postumi di un esplosione nucleare. Non posso però dire se a averla provocata sia stata la nave di Cassiopea o quella di Yama come meccanismo d’autodistruzione Per vostra fortuna ragazzi la radioattività deve essersi diradata non certamente da renderla una zona sicura, è presto per quello, ma non dovreste avere niente Io e Psi comunque ci sottoporremo a esami medici. Dovrebbe comunque chiedere a mio padre. E’ stato lui a parlarci con quell’emissario di Yama. Avranno parlato anche dei dettagli tecnici delle navi del nostro e del loro pianeta. Metro, c’era quella cosa delle penne Ah sì ho trovato delle penne d’uccello sul sito. Ancora mi chiedo come siano sopravvissute a un esplosione simile. Il villaggio infatti era un cumulo di macerie Riferirò tutto a Pierre e Pierrette. Mi avevano già detto che Pest e Dwarf non hanno partecipato alla riunione di stamane. Persino il più sprovveduto dei pivelli capirebbe che quei due stanno macchinando qualcosa. E adesso sappiamo pure cosa congedatosi Maestro, sull’equipaggio della Cosmopolitan calò un malumore simile a una pioggia di catrame Prendere l’iniziativa e fronteggiare a muso duro Cassiopea sarebbe più un Malus che un bonus, ma quanto mi fa infuriare dovermene stare qui! Almeno potessimo parlare con l’equipaggio di quelli di Cassiopea e farci assicurare su prove concrete che i loro ostaggi stiano bene…..se dopo quell’esplosione mostruosa è rimasto qualcuno da poter catturare come ostaggio! Facciamo una prova. Probabilmente adesso Pierre starà facendo la stessa cosa dalla sua posizione, ma è giusto che su questo noi si collabori. Psi, credo che convenga che sia tu a parlare. Sei la nostra più grande diplomata Psi si permise un pò di reverente rossore. Dopo un lungo cercare il segnale giusto Pest si erse con il suo testone olografico facendo ingoiare a Psi un intero barile di saliva. L’incidente diplomatico poteva causarlo tanto lei con un incalcolabile e inevitabile azzardo che Pest con il suo savoir-faire. Ma fare la bella statuina era inutile Buongiorno. Questa è Psi della polizia spaziale di Omega. Abbiamo trovato la vostra nave. Sappiamo che avete abbattuto il vascello di Yama. Sappiamo che potreste avere bombardato quel villaggio extraterrestre con armi nucleari. Sappiamo che vi siete nascosti là sotto. Il villaggio era abitato? Cosa avete fatto dei suoi abitanti? Sono morti? Sono in vita? Gli avete rapiti? Sono nascosti? Okay okay chiacchierona vi facciamo vedere tutti i bei giocattoli che abbiamo comprato! Rubato formulò velenosa l’altrimenti santarellina Psi. Le Amazzoni, con Dara e il suo grifone domestico comparvero innanzi ai poliziotti di Omega suscitando ogni possibile reazione Come vedete non abbiamo torto loro un capello. Questa era una questione solo tra noi e Yama, ma il vostro vizietto di ficcanasare ci ha obbligati a fare qualche provvedimento. Farvi capire che non potete fare quello che volete senza mettervi ogni tanto ai piedi un pò di piombo per andare a passo d’uomo su questioni in merito alle quali voi comunque non siete né re né regine. Non siamo però così stupidi da ammazzare in giro ignorando i cadaveri che accumuleremmo, finendone ostruiti noi per primi. Non faremo loro niente se girerete a largo dalla nostra guerra Pest venne interrotto. Pierre adesso cominciava a comunicare con loro di Cassiopea. L’ologramma scomparve, ma da Omega arrivò l’ordine di liberare gli ostaggi della nave. Questo significava scendere là sotto e mollare qualche cannonata ai traditori di Cassiopea

 

         Feliciax, rinomata e nobile guerriera con quell’elmo cornuto da Thunderbolt dei Supernaturals, l’irruente chioma color melanzana e il bikini corazzato a pelle di tigre squadrava le sorelle e concittadine come Mark Frechette prima d’immolarsi in Uomini contro di Francesco Rosi. Si era già messa dalla sua parte Dara come spettasse a lei, a un certo punto dicendo ogni parola un bullone rivettato che almeno la piccola doveva fuggire con il grifone (E’ un segno del destino) e lei l’avrebbe riparata. Le altre amazzoni si prodigarono in altre occhiatacce sia da Brigata Sassari coinvolta in una guerra invincibile che da Mr Toulevent prima di usare la macchina finiguerra. Feliciax s’addossò a spalla quella faretra per il trasporto dei bambini spingendo una troppo obbediente Dara a entrarvi. Le sbarre erano elettrificate, lasciando Feliciax con due palmi simili a sanguisughe spiaccicate. Non era però da lei arrendersi e toltasi il reggiseno ne fece scempio per aprire le sbarre. Tanto Dara non poteva vederla e non era raccapricciante come Alda Merini. Il novello Warlock vide l’imponente Mara dargli le spalle con la devota Terra che si spostava assieme a lei sfidando le segrete di Overlord e venne lasciato uscire. Era pienamente guarito e le sue piume erano quelle di un peluche Trudic. Pure in assenza di armi un Amazzone era molto pericolosa. Un pachiderma di femmina contro la quale le Smith & Wesson Model 10 non avrebbero avuto speranze e i Winchester M1897 un amen in più ma solo un amen. I Cassiopea avevano però il loro arsenale e se non le avevano distrutte prima quella poteva essere l’occasione buona. Quel grifone era un animale su cui l’interruttore della corrente era appena stato acceso. Un suo improvviso capriccio d’irrequietudine nonostante serbasse un qualche incomprensibile meccanismo etologico Feliciax per non saper né leggere né scrivere immediatamente capì volesse avvertire di un pericolo. C’era una luce insufficiente per i corridoi. Infatti dei soldati di Cassiopea apparvero all’orizzonte come i saraceni contro Cesario e Feliciax arrogantemente folle abbandonò Dara e il suo Togetic intimando loro mentre quei piccoli ma non esattamente innocui laser la punzecchiavano di darsela a gambe, grinfie e ali. In groppa a quella piumata Chitty Chitty Bang Bang ancora non sfruttata al 100% non sapeva dove andare ma l’ordine di Feliciax era un suo desiderio. Trovarono le capsule-scialuppa, ma amazzone e grifone si dovettero separare. Tutto sembrava viaggiare alla velocità delle lame di un frullatore; Dara piangendo come una blatta sputafuoco ricevette un precipitoso ma affettuoso commiato dal grifone, che gli deterse le lacrime a lappate. Dara superò il muro d’acqua e atterrò su una spiaggia sconosciuta. Eccola là questa piccola naufraga, troppo giovane e pivellina per sopravvivere fino al tramonto. Piangeva ancora e giaceva appoggiata a quell’enorme biglia con ponte levatoio come se fosse un peluche da abbracciare. Piangeva al punto che aveva orecchie immuni ai rumori di minaccia che dalle frasche fotosintetizzanti salsedine mugghiavano. Ma le sue minuscole lagrime arrestarono a metà la discesa sulle gote rosse come pomodori grigliati quando vide un nuovo grifone incedere come l’ospite di una limousine.

 

La piccola Colibrì prendeva scissione dalla nave più grande di quelle armate di Omega consci-i Pierrot, Psi e Metro a bordo-che dei caccia Cassiopea potevano venir loro incontro. Gros in persona li spalleggiava con un bombardiere mentre tracciavano il segnale del computer della scialuppa. Il bombardiere ammarò trasformandosi in un idrovolante in modo che la spiaggia-sulla quale la grossa palla color avorio era l’unico lapalissiano interesse, alla stregua di un cetaceo spiaggiato-pertenesse solo al Colibrì. La versione extralarge dell’uovo metallico fuori dal quale Lalla trovata da Lattuga (Gianna Piaz) esordendo così sull’isola di Tulla venne ispezionata da Pierrot con la mano alla fondina esasperandosi quando pure lui sentì lo schiamazzo di cui le palme erano tronchi di betulla. Un grifone venne loro incontro come un vecchio amico, rallegrando Psi. C’era un silenzio che Metro ruppe per primo Quindi le penne da me ritrovate sono di questa creatura? Un mitologico grifone. Con piume da falco pellegrino. E l’intelligenza di un astore ammaestrato, di un parrocchetto o di un merlo indiano Psi vi si accavallò sopra come la più incredibile amazzone nata mentre il grifone esprimeva lo stesso comportamento di un cavallo che vuole un umano in groppa. Pierrot faticò di più rispetto a Psi a accavallarsi sulla creatura corree le enormi ali che lo affaticavano a salirci a cavalcioni come un [Grendizer] che volesse salire sullo [Spacer] anziché passarne attraverso come il würstel di un hot-dog, lasciando atterrato solo Metro. Che non ne venne tanguto giacché con le sue spicole poteva trasformarsi in un piccolo elicottero mantenendosi al passo con gli altri. C’era una comunità di grifoni vasta come lo stormo Buon Appetito che accolse i due stranieri venuti dallo zodiaco del pianeta come un muto branco di gorilla da Congo di Michael Cricthon, facendo sussurrare a Pierrot che questi barbagianni quadrupedi avevano un cervellone da dinosauro anziché un cervellino da pollastrella. Metro fece un pò di Scan parlandoci con diversi richiami d’uccello. Quando optava i richiami di rapaci allora i grifoni si disincantavano e li rispondevano elicitando Pierrot a altri commenti da Winston Hibler sull’etologia di questi voli pindarici della natura. Da studiare come David Hasselhoff che scruta con un binocolo il lungomare di Los Angeles. Come nella coreografia di Yvan eht nioj dei Party Posse i grifoni aprirono i ranghi e crearono una pista per l’esemplare ingroppato da Pierrot e Psi. Metro indovinò cosa sarebbe successo immediatamente, e afferrò la coda. Il grifone prese il volo e raggiunse delle mangrovie. Pierrot teneva l’equipaggio della nave di Gros costantemente aggiornato. Tra le mangrovie c’era un isola di sabbia zozza e rafferma; un enorme crosta di pane ammuffita. Aveva una flora da Tailandia tropicale, per Psi una sorpresa dopo un altra con una piattaforma di fiori blu. Era cresciuto anche un albero, nonostante l’isola non promettesse stabilità a sufficienza perché il suo terreno finisse divorato dall’infinità di radici e ife di un araucaria persino piuttosto corposa e altera come quella che faceva ombra ai fiori piegati e poi raddrizzati dal vento. L’idillio finalmente s’incrinò per la gioia del lato La mia Colt ti cerca 4 ceri ti aspettano di Pierrot con la ribollente emersione di un alligatore del bayou della Louisiana che Pierrot cercava di ributtare nell’acqua oleosa con laser a salve. Psi divenne improvvisamente impaurita mentre solo il grifone comunque intimorito anche lui constatava che il rettile dalla pelle come pane bruciato non era né aggressivo né risoluto sui suoi passi. Il grifone intimò a Pierrot di fermarsi, imponendosi come più forte di quel ramarro mozambicano e richiamando la sua attenzione assieme a quella della più empatica Psi sui ciondolii dell’alligatore e come esprimessero fitte di dolore Guardandolo più attentamente anche a me sembra che stia soffrendo. Adesso comincia a sembrare così anche a te Pierrot? Ha una pancia che sembra ce ne siano due. Non sono un veterinario, ma credo che le stiano per uscire le uova Questo lavoro da levatrice lasciatelo fare gentilmente a me. Spingi delicatamente qui…..visto? Uscita di uova a frotte. Scavate il nido voialtri gli uccelli le fiuteranno in un amen! Ah dai ordini per accontentare i capricci di quell’insaccato di squame? Chi è che mi ingiuria? Un pesce chitarra sbranato in una lisca a malapena coperta da un epitelio consistente come una foglia secca era uscito dall’acqua per inveire contro l’alligatore in travaglio. Era arrivato il vicino rompicoglioni. I tre spaziali prepararono il nido e lo seppellirono incubandolo con il calore della sabbia rivoltata. Incredibilmente l’alligatore espresse affetto per loro. E rieccoli in volo con l’alligatore che gli seguiva a nuoto. La sua traiettoria di volo era una montagna talmente alta che la vetta sovrastava le nuvole. Entrarono in una foresta europea. C’erano meli e peschi a perdita d’occhio. Fili neri di ragnatela si sbizzarrivano tra fronde e tronchi. Rimasero indietro perché l’intreccio era fitto e c’era il pericolo d’impigliarsi. All’improvviso una grossa scimmia su una teleferica li sorprese volando appesa a essa per depredare gli alberi dai frutti. Il ritmo irregolare del loro passare in planata obbligò il party a schiacciarsi a terra per avanzare. Metro? Si scavò la via con nonchalance. Dopo quell’imprevisto il grifone si ricordò del suo allarmismo e a un momento che capiva solo lui s’irrigidì come un fossile. E anche gli altri s’irrigidirono quando un ruggito tuonò per la foresta. Pierrot e Psi si rinserrarono e Pierrot come da prassi mise mano al blaster. Lì la foresta inarcava il coccige in enormi macigni pieni di punti neri. Non erano punti neri. Erano orsi delle caverne di proporzioni terrificanti. E ce n’erano almeno 3. Avanzavano verso di loro in modalità bipede, grondando ossessivamente saliva. Poi però nuovamente i timpani di Pierrot e Psi vennero messi a dura prova da un quarto urlo disumano. Una bucentaura grande come un elefante planò come uno smisuratamente agile Kamaro uccidendo quello venuto da Nord con una balestra da avambraccio grossa come un ombrellone le cui frecce erano spade triforcute. Psi chiuse orripilante gli occhi mentre al plantigrade la pioggia trafiggeva occhi giù dentro la scatola cranica, budella e una zampa amputata come da parte di un osteologo. I suoi zoccoli erano grandi quanto quelli di un uro o quanto le zampe di un Diprotodon, raggiungendo senza esagerazioni i 6 m come una giraffa, ma con ossa molto più robuste. Sentirla percuotere il suolo servendosene oscurando il sole con le furenti nuvole di polvere color cioccolato che spruzzava come la fontana danzante dell’hotel Bellagio di Las Vegas era come un esposizione internazionale delle percussioni musicali, Expo 2000 dei Kraftwerk triturata dai Groove Armada, micidiali [Goldion Hammer] che a causa di ferri doppi corrispondevano a un intera cassetta degli attrezzi schiantata in faccia, con ciascuna parte del suo colossalmente erotico corpo che agiva indipendentemente non lasciando momenti distratti che gli orsi potessero sfruttare. Ormai le convulsioni dell’imponente metà bovina del resto del corpo avevano fatto lucido pavimento dell’ambulatorio di un dentista del roccioso sottobosco, con ogni foglia non sopravvissuta all’accatastamento, Il lupo perde il pelo io perdo le occasioni

Ma non so perdere il vizio delle emozioni

La vita è più interessante delle definizioni

E tutto quello che arriva da qualche parte va

Gerusalemme è divisa sotto ad un solo cielo

E la mia mente è divisa dentro ad un corpo solo

Un meridiano per forza incrocia un parallelo

Determinando la sorte di molta umanità

E tutto quello che sappiamo non è vero

E tutto quello che sappiamo non è vero

Si perdono le origini nel buco del tempo

Ma tutto si conserva nelle profondità

Sia l'elefante che il topo non avranno scampo

La legge della savana li governerà (Lorenzo Cherubini-Temporale-Safari). Persino il più impavido Bump (Arnaldo Ninchi), il più testardo Vincent (Claudio Fattoretto) a quel rodeo prima o poi avrebbe dato disdetta. Non quei colossali avversari di Zouhr e del suo amico paleoleone non insistessero cambiando foga; cercando meno l’euforia del cozzare di petti e più l’assalto sottile del boa e della scolopendra, ma quando l’apparsa staccò una delle borchie dorate sulle spalle delle zampe davanti e schiacciando un pulsante magico quelle parmule-l’unica che estrasse-sguainò 4 lame facendolo assomigliare a un timone da galeone che avrebbe spietatamente tranciato le dita del marinaio che avesse osato impugnarlo persino il passare dal rinoceronte tifoso (Amico Uligano coi capelli un po' corti

Così uomo e così bambino, uuuuuuh!

Tu combini tanti guai

Non ti fermi proprio mai

Un diavoletto biondo sei

L'amico poliziotto ti aspetta

Ti invita sulla camionetta

Non respinger la sua carica di simpatia

Un balzo, sali a bordo e via  Elio e le storie tese-Amico uligano-Esco dal mio corpo e ho molta paura) all’occasione fa l’uomo ragno crollò come le speranze di Mr Whiskers (Davide Lepore) di mostrare le virtù dell’intelligenza a Lester (Ennio Coltorti). Una testa cadde, uno stomaco venne eviscerato. Ed eccolo finalmente nato, quel nuovo cimitero d’orsi. Oppure abortito. L’aborto è quando si nasce morti. La bucentauressa era una giumenta da latte e vitelli dalla pelliccia di una Shorthorn della Baltimora: bianca e cacao, con zampe massicce e tubolari come tronchi di baobab, rossastre mammelle che pendevano come lo scroto di un tanuki, la metà umanoide talea ininterrotta, svettante per i 4 metri rimanenti con una vagina simile al morso di uno squalo che rosseggiava anch’essa con le labbra scoperte e un clitoride da matriarca delle iene in calore con un piercing al glande, una mostruosità prostatica a metà tra Il terrore della sesta luna di Robert Heinlein e Bikini kill di Marina Bolmini con pelliccia di licaone grondante attorno all’orchidea maledetta delle Andamane, una pelle rossa da geco gargoyle con seni giganti coperti solo da quei dischi che rimanevano sempre precariamente attaccati alle aureole, le labbra apparentemente fatte esse stesse di rossetto, il naso da scimmia-africana-della-famiglia-delle-aplorrine cioè il mandrillo, i canini da vampiro, le orecchie da coniglio e delle cazzutissime corna da stambecco delle Alpi tra capelli arcobaleno. Quella sagoma più alta di quei due ex terrestri con le corna e le armi numerose e senza scampo sciolse l’aggressività che aveva così generosamente espresso (se si è in vena d’eufemismi) plause il party dei due mondi, il vecchio (Gianni Musy) con il suo serraglio e il giovincello naufrago Piccolo (Simone Crisari) con l’inseparabile Spazzola (Massimiliano Manfredi), Cirocco Jones e Eugene Springfield di Titano di John Varley, Carl Weathers e l’alligatore di Un tipo imprevedibile di Dennis Dugan, Pollicina (Marjorie Biondo) e Joacquimo (Marco Mete), contemplando e realizzando soddisfatta che le loro vite erano salve. A scapito di quella degli orsi. Psi sganciò un vomito mentre Pierrot la teneva per le spalle constatando come lo sforzo da Tel Vole della partner le avesse graffiato le guance dal colore e dalla forma di un kiwi di lacrime color acciaio. Niente di grave; il riflesso simpatico non ha l’onore di questo nome Oh oh oh c’è l’ho fatta appena in tempo. Quei bestioni mi avevano già portato via la scuderia di grigi; avevo un nodo da sciogliere con questi 3 bastardi Pierrot fece da intermediario come l’aveva fatto Psi sull’astronave pure lui deglutendo più dell’assumibile Ascoltaci. Noi veniamo da lassù☝🏻🌫, molto molto molto molto molto molto molto lontano. Dobbiamo salvare una bambina gigante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amica dei grifoni come lui. È in pericolo. Tutto questo pianeta, quindi anche lei, è in pericolo. Abbiamo questo 🐊, e quest’altro ancora 🤖. Nonostante quanto tu abbia fatto non collimi con i nostri gusti (🐻🏹👁🗡🤰🏽) siamo a te grati per non aver permesso che quei predatori ci divorassero. Adesso seguendo l’istinto di questa creatura 🐉 dobbiamo raggiungere una montagna dove probabilmente quella bambina ci aspetta con il re, il Gwaihir di questa specie alata, e dalla sua salvezza discende la salvezza di tutti voi! La straniera galoppò in avanti e diede pacche alla sua parte bovina facendo la sorniona Se volete scendo di un gradino. Quello che avete detto è credibile; ho già fronteggiato delle crisi in questi boschi ultimamente. Ma finora ho fatto tutto da sola. Lavorare con qualcun’altro è in fondo qualcosa che voglio Psi/Caroline Munro sul grifone, David Dorfman sul Pegaso doppiato da Ette Woodward, accompagnatori Robert Jewell il robot di The terrornauts e l’effetto speciale di Adrian Avila di Mega Shark vs Crocosaur. Almeno il viaggio non sarebbe stato noioso. Un viaggio che non cominciò subito. La straniera, di nome Ashassha, si era insediata in un vascello colossale, simile a un Omega, conciato in uno stato irrisolvibile. Il metallo si era arreso non senza qualche posizione tuttora sua al muschio e alla vegetazione più primitiva. Sì questa la chiamerò Terra ripetè Dio è una parola che suona bene. Dio appoggiò un orecchio alla terra ma sentì solo un gran silenzio. Mi piacerebbe sentire crescere qualcosa…..Martha Hickman|And surface cells compressing formed a skin,

 

A shield and cover to the cells within :

 

And inner cells, in different parts, combined

 

Organs to form, each with its work assigned ; 155

 

Till root, and stem, and leaf distinct outstood,

 

Each with its functions for the whole plant's good.

 

Small liverworts perchance here took the lead,

 

And slowly graced the mountain and the mead Henry Knipe|Quelle piante sembravano le prime trapiantate dai campi di posidonia alle colossali foreste di funghi del Siluriano, dopo la fine della glaciazione di Walcott-Milankovitch, sensazione corroborata da una scolopendra larga e capiente come la latta spray di una marca di brillantina o deodorante con zampe ammortizzate da granchio del cocco (la stazza era quella di una frusta da palestra), con le piastre dorsali sul pronoto irte d’aculei, occhi arancioni di forma e pluralità da ragno dei cunicoli e mascelle da soldatessa delle formiche bulldog e liquami boccali da mosca domestica che fece una nuova pettinatura a Pierrot facendolo urlare. Il suo cuoio capelluto perse ogni pelo annerendosi come Freddie Kruger gli avesse per divertimento fatto il suo stesso maquillage maxillo-facciale urlando per la pelle che gli diventava infossata, piena di pustole nere simili alla schiena di un rospo del Suriname, sentendosi come gli avessero randellato la testa con una mazza da baseball d’acciaio arroventata e poi un intero sciame di zecche e cimici del letto gli fosse caduto troppo affamato su quelle ustioni di quarto grado. Le sue urla disperate fecero cadere a terra Psi mentre Metro cercava di capire cosa lo stesse facendo soffrire a questo punto limite. Ashassha lo sollevò per il naso e lo portò a una sorta di risonatore magnetico dove Pierrot venne buttato con la scocciata ineleganza di un sacco pieno d’immondizia e chiuso lì dentro. Ringhiando a Psi per avere silenzio la nostra curò Pierrot dandogli una capigliatura da Alan Moore e una pelle talmente emolliata che ancora gli si incollavano le dita a pettinarsi all’indietro a mani nude La tecnologia di quest’astronave è incredibile. Se solo potessimo capire se è di Omega o Cassiopea…..Tutti posti che hanno senso per voi ma non parlatemene; sembrerei pazza e voi 100 volte più pazzi. Pane o cane che sia questo è il mio rifugio, la mia stella polare, ogni animale ha la sua tana e benvenuti alla mia. Vedo che non si stacca da voi un grifone. Mentre ammazzavo qualche orsacchiotto quello lì se ne deve essere andato per i fatti suoi. Hai ancora le vertigini? Vomitavi come una fontana No era che…..è che…..vedere sangue e visceri non mi fa sentire bene…..Gli orsi invece ne vogliono montagne e laghi. Sono predatori e i loro vecchi capobranco vengono tranquillamente gettati giù da rupi, aperti come cozze a colpi di zanne e artigli dagli sbarbatelli del loro branco quando la loro impazienza diventa corroborabile….e cosa dire delle loro prede? Noi bucentauri ce ne freghiamo tanto di quello che possono farci loro che della biscia che si è divertita a prenderti a scappellotti Scappellotti? Tanto valeva decapitarmi! I genitori di Milton non si sarebbero mai spinti a tanto Ashassha biasimò Pierrot Devo avere una scorza che tu non hai. Ma se avessi posticipato sarebbe stato il tuo cervello a sprofondare di un centimetro, riempirsi di bubboni color belladonna e farti un prurito da elettroshock. Oh beh come nuovo. Parlavate di una bambina su una montagna? Da quaggiù la prima cosa che si mangia il panorama è il Monte Arbimal, un figlioletto di buonadonna di 1778 braccia con neve tutto l’anno e salite/discese talmente repentine da farvi sentire le mie tette quanto ballo al ritmo di zufoli di canne e cetre a 8 corde! Ma con voi avete un uccellino che in groppa vi ci fa stare con ancora un pò di vuoto a rendere! La fortuna non vi ha semplicemente sorriso, si è fatta mettere due zucche ripiene di gomma liquida nel torace e sta roteando sotto il vostro nasello il suo reggiseno e non solo quello! Però perché mi avete incontrato? Non dovreste già essere in volo? Chiedilo a lui🤏🏼. Noi ci siamo affidati a lui come Ambrogio Fogar s’affidava a Armaduc. O Peter Elliot con Amy, il paragone è più appropriato. Non so come né il resto, ma questo rapace quadrumane è piuttosto intelligente. Saprà lui quando squadernare le ali Ashassha volle guardarlo più attentamente. I sorrisetti della più antropomorfa dei due potevano significare un incondizionata fiducia per l’animale, o il divertirsi a limitare la propria fiducia fino al momento clou. Poi fece una galoppata di rivista da beneducato Archetta trovando quel gran bel pezzo dell’Ubalda di alligatore africano dell’Accademia dei Fisiocritici E questa vecchia canoa che ha di bello da dirci? All’improvviso si era messa a fare la maestrina, ma continuando a ridersela sotto i baffi Le abbiamo deposto le uova, ora è come ci fosse stato un imprinting tra di noi. Suppongo che come insegnano i Peanuts un bracchetto Snoopy o un alligatore Albert bisogna parlare limpidamente e girarsela con un grosso bracchetto. O un rettile antico quanto i dinosauri E poi abbiamo lui……….IO HO UN NOME! Lui si chiama Metro. E’ il nostro robot. Sa fare tutto. È bastardo, sleale e avaro, ma ha anche dei difetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ashassha alla descrizione sassy di Psi (dopotutto era più nera di Venus) rispose ridendo di gusto. Si inimicò Metro ancora di più passando una sua manona sulle antenne di fil di ferro passando poi a connettersi a una rete satellitare che meravigliò Pierrot Guarda qui

I satelliti ci sono, ma sono ombre. Ecco perché non ve ne siete resi conto. Tutta questa roba l’ho imparata sputando sangue e sudando merda. Divenne il mio giocoso nascondiglio quando’ero più piccola, quando ero ancora amica con…..le labbra le tremarono violentemente. Le pupille le si espansero e sbarrarono. Pierrot l’implorò di continuare la storia, attenersi solo a quella, limitarsi ai fatti senza sentimenti Cercherò di farlo. All’inizio la foresta esplose. Questa foresta. Perché un incudine di fuoco ci assalì dal firmamento. Poi piovve come mai osò farlo. Passò un pò, molti arcobaleni andarono e vennero, entrai in scena io più piccola di adesso. Molto più piccola di come adesso vi sovrasto. C’era questa mia amica di cui non parlerò oltre, non so come ma trovammo quest’arca, ancora dal metallo rosato per il calore con cui s’avventò sul mio mondo circondata da braci ancora acerbe della foresta bruciata dal suo impatto su cui un nuovo manto lui neanche troppo imberbe di vegetazione era già pienamente ricresciuto fino a un maturo rigoglio. A quei tempi la tettoia era ancora pulita e sterile……..oggi è anche lei foresta. Non cessai di visitare questo posto, da cui traemmo io e voisapetechi oggetti sconosciuti e miracolosi, finché da adulta non arrivò a diventare casa mia. Ho imparato cosa adesso mi è proprio con grande orgasmo. Mi seccò non poco impratichirmi con il macchinario con cui ti ho rimesso nei gangheri. La mia attuale disinvoltura ha origini che masticano bile. Il fatto che certe cose siano finite non significa nulla. Ecco guardate. La strada è una vipera dalla schiena squamosa. Stringete forte, stringete accuratamente. Ma sono armata fino ai denti e questa stamberga si sa difendere da sola. Salirò su quella montagna assieme a voi Ma tutte quelle pareti scoscese, muri di pietra da lasciar perdere…..queste cose sono un nonostante che, non un assolutamente no. Voglio dire guardatevi. Di questo pianeta non siete appartenenti, possano 100 lombrichi a due teste uscirmi dai capezzoli. Se c’è l’avete fatta voi a fare questo quella montagna è già stata scalata. 4 volte Il rozzo ottimismo della bucentauressa fece sentire Pierrot lo Shaggy Nichus (Gianni Quillico) arrendevole alle assurdità che i Meteoriti Neri lo portano a vivere con i Saurini. Poi dopotutto a non seguire quella Penelope in cotanto folle volo sarebbero rimasti indietro. Le comunicazioni con Gross facevano sentire Pierrot Rossella ò Hara che legge angustiata i resoconti dal fronte di Atlanta di Rhett Butler, o il parimenti schiantato Noboru Terao (Daniele Raffaelli) che alla fine, prigioniero del magnetismo della gravità della vecchia Terra vede scomparire ogni SMS mandatogli dalla fidanzata Mikako Nagamine (Valentina Mari). Lui camminava in mezzo a una foresta che qualunque Ermenegildo Gusmaroli, Sergio Budicin, Roberto Lemmi, James Lockhart e Okyo Maruyama avrebbero cavato tutti i loro denti per immortalare al lento e minuzioso galoppo di un Fiat 632, di una Fiat 8 HP, di una Lancia Epsilon, di una portantina a mozione umana, mentre un Omega come lui era il Golia accerchiato da troppi Davide a nome Cassiopea, sperando che Iesse non intervenisse personalmente. E quella storiaccia dell’harem di filistee di cui la giovanissima Naama che dovevano salvare né più né meno che dalla cima del Jebel Rum gli irritava i piedi, tentandolo di dare calci e ancora calci alle reni della generosa Clarabella perché accelerasse, ma poi si ricordava che con le braccia ben salde a mò di Ring Raider MatchboxTM ai suoi fianchi d’appartenenza umana lei, Ashassha, era già una giumenta a Pamplona, mentre il loro amico Harvey Korman si era finalmente alzato da terra portando Psi un poco più avanti di lui. Volavano abbastanza bassi perché lei sporgendosi con prudenza potesse farsi guardare da lui. Con quella locomozione senza motore ci si metteva 1 ora e 3 minuti. Non fecero incontri. La parte difficile era ufficialmente giunta. Nemmeno fosse stata una delle scenografe di Saludos amigos o di Krull Ashassha la Cassandra ora sbatteva senza neanche usare le mani quell’Aconcagua che siede su un trono di roccia e tempeste sparando da quell’impareggiabile muso lungo dipinto da Ken Anderson un ruggito a allontanarsi subito, Perché non scrivi un pezzo di 5.000 parole su come non mi romperai più il cazzo a casa mia?! (Sean Connery), la scenografia di Stephen Grimes Grayskull che sembra davvero il teschio di un animale (un tempo) vivo il cui midollo potrebbe ancora mettersi a giocare con te a Infect Ed…..con te nel ruolo del globulo bianco. Ashassha fece una faccia che non c’entrava assolutamente nulla con la strafottenza con la quale Pierrot e Psi avevano avuto a che fare pertinentemente a lei. Si pentiva d’aver fatto l’altezzosa Cleopatra Jones e s’angustiava pure lei per quel campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta di Cremona da affrontare con piedi di bambina. Pure con i suoi elefanti non è credibile che né Annibale né Asdrubale non si siano fatti minacciare dalle Alpi innevate. Procediamo, ci sono dei sentieri che cingono questa montagna. L’avevo detto che questa montagna era stronza, ma da lei non potevo e non posso fuggire. Sì, sono una cacasotto che si ingozzava di paroloni per non ammetterlo innanzitutto con costei 🤏🏼 Non ti ringrazieremo mai a sufficienza per averci salvato da quella banda dei marsigliesi d’orsi assassini. Per farlo e riuscirci pure ci vuole un coraggio che non possederei neanche vomitandomi l’apparato circolatorio. Inoltre, siamo stati parecchio fortunati a non fare altri incontri che ci avrebbero rallentato o peggio Andò tutto bene finché la pendenza era livello Charles Xavier. Il paesaggio era un mix tra Kilimangiaro e Grand Canyon. Delle antiche amazzoni (e i maschi che hanno visto scomparire) vi avevano costruito dei pueblo come quelli dove Dara era cresciuta. Quella paleolitica Main Street era obbligatoria, una spettrale Manziana dove Antonio Margheriti girò E Dio disse a Caino con tanto di lugubri ventate. Pierrot era già con la Luna storta per i ghiacci perenni che avrebbero concluso in sangue e tragedia quella procrastinazione a cui rancorosamente si era arreso ingoiandosi la lingua, se squadracce di Mangiamorte l’avessero colpito uccidendolo per la paura almeno avremmo raggiunto l’acme di qualcosa. Ottenne solo Remus Lupin ma gli si slacciò il cuore di sollievo. A wild wild Amazonian appear, vestita con francobolli di cuoio volutamente insufficienti per l’enorme corpo voluttuoso e dal seno extralarge, Ganimede e Europa su quella Giove di donna, con il tacco micidiale di una Venere in pelliccia, l’elmo cornuto e un macahauitl gigante come artiglieria pesantissima delle mani Siete nelle Terre Fredde. Avete con voi una bucentauressa guerriera. Sono più piccola di te! Sono formosa e prosperosa! Bubble yum bum badumbumbadum! L’amazzone prima fece planking sulla roccia, parlando con il naso schiacciato contro di essa facendole dire Zono biù biggola di de! Poi agitò il seno e concluse twerkando. Pierrot rimettendosi nascosto ripensò alle sue poche conoscenze ma come fosse certo quello fosse un rito di seduzione, un annuncio di portare a letto selvaggio e opprimente. Quella era la prima Amazzone che vedeva ma forse non avrebbe scoperto su quelle fallah molto altro. Donne con l’altezza di un elefante da guardare e con cui interagire con una mano sola. Era almeno loro amica, o perlomeno Beatrice a ciò che si trovava dentro quel Kilimangiaro. L’antro dentro cui dovevano entrare era Porta San Frediano a Firenze, con un altezza sufficiente per tutto il party, atmosfera che però Pierrot pensò avrebbe avuto molto più bisogno di un Virgilio: Acha matumaini yote, ninyi mnaoingia|e tra ’l piè de la ripa ed essa, in traccia

corrien centauri, armati di saette,

come solien nel mondo andare a caccia.|Long were their shadows cast in many creatures,

 

That more or less possessed true bird-like features ;And to the early Dinosaurs may be 430

 

Runs back the chain of their Ibng pedigree : Or if not so : they and the Dinosaurs At least had come from common ancestors.

 

Still birds are here ; and here they will remain, And glorious hosts will follow in their train ; 435

 

Though far indeed and hidden is the day Ere these to light will work their arduous way. But come they will, an ever-swelling force, Hiding 'neath glossy plumes their humble source Henry Knipe. Un vento impossibile abbandonò l’anfora di Eolo martoriando la faccia di Pierrot di nuovo sporsosi per guardare anche lui la strada. Quel respiro di ghiaccio diede a Psi un brivido così violento da arrivare al limite del disarciono, tuffandosi nel piumaggio del suo grifone mentre Metro sulle sue rotelline non sentiva niente ma piuttosto non voleva perdersi uno iota di quell’ulteriore Moria. Dan Wickenden grazie a lui avrebbe avuto molto da scrivere grazie a lui! La prima curiosità era una tozza iguana gialla con sbavature rosse cangianti sulle 4 dita con occhi alla fine di molli rughe che come lasagne si deprimevano sul teschio, in vece della coda un grosso pungiglione da vespa. l’intero gruppo sbiancò quando la vide sfrecciare davanti a loro per attaccare una specie di incrocio tra un pesce e uno scimpanzé. Le due creature combatterono presto immerse nel menefreghismo da parte degli accoliti dell’Amazzone con tempra da Helga Magnuson (Emanuela Baroni) in marcia tra i paesaggi fotografati da Lloyd Beebe, la quale fu l’unica a interessarsene spappolando Apilone (Sergio Fiorentini) e Rinorango (Paolo Buglioni) ammonendo il suo Non vi curar di loro guardate e passate. Prestissimo vennero introdotti a una città sepolta nella montagna di Amazzoni, rischiarata e rinfrancata climaticamente parlando da una stella da 14 cuspidi di un diamante o topazio senza la cui nozione i geologi erano vissuti non sopravvivendo, che razza di travolgente e annichilente sorpresa tutti loro avrebbero ricevuto in faccia da quella centrale nucleare che sembrava fatta di un cristallo acuminato e indifferente! 14 terribili sciabole erano i tentacoli di quell’accecante piovra cieca che dove il cielo di marmo della montagna si rimpicciolisce come un cappuccio la mantenevano in tensione, un equilibrismo grande come un soffitto o un boccone di cielo blu mare a luci spente tra molteplici edifici che Pierrot con una mano a guisa di spille d’Edipo usava per non guardare, non guardare mai più, altrimenti con i suoi occhi che brucerebbero, scenario sufficiente non solo a farlo sentire accaldato e rinfrancato dalle prime sprangate di freddo della versione Freezeeazy Peak del Teschio Maledetto di Mighty Max, ma anche a atterrirne le curiosità come Joshua Salikar di Tesoro mi si è allargato il ragazzino di Randal Kleiser. I pueblo sembravano precario silicone raffermo, c’era del miracoloso nelle acrobazie delle Amazzoni a far impazzire le scale che punteggiavano quel magazzino di scatoloni di ortoclasio e ametista illuminati dalle viscere come un imponderabile piantagione di zucche di Halloween cresciute come mattoni di cocomero già con i loro carnivori sorrisi a sciabola nella buccia con sempre cresciuta dal seme e nel seme come la foglia e la ridda di semi la lampara accecante. Psi si fece sfuggire l’avvistamento di un grifone come quello su cui aveva il culo. Vennero occhieggiati da un mix tra un wallaby delle rocce alleato e un kookaboorra su un trespolo, retto a mò d’alabarda da un Amazzone vestita come la loro accompagnatrice, ma dalla pelle color budella di salmone con come mestiere quello di fabbro, dacché dopo uno sguardo severamente vuoto pari a quello del volatile caffellatte con corpo di marsupiale mangiatore di siepi la si sentì martellare una mazza chiodata grossa quanto un testicolo di capodoglio con un Mjolnir di Thor facendola poi sfumare in un barile d’acqua. Lo stesso vestiario della fuggevole statuina di quel presepe sorse in Pierrot l’impellente domanda di chiedere alla donna in testa al gruppo se si conoscessero e/o se fossero state arruolate nella stessa gilda Ah quella sculacciatrice di pezzi di metallo si chiama Nakooma e sì abbiamo gli stessi ranghi. Il suo compito è molto importante, perché non ci rende mai digiune d’armi. Io? Mi chiamo Aislinn, quelle armi le reggo in mano. E se ti arrivano in faccia uccidono molto male. La piantonerò finché non avrà libertà per seguirci. Vi conviene imitarmi, da soli per voi le cose si metterebbero male la fabbra si era appena scottata al seno con una gragnola di scintille manifestatasi troppo vicina al suo davanzale mentre schiantava un incudine vergine senza essersi ridotta come Marshall Thompson in Il primo uomo nello spazio di Robert Day; la pelle non era nemmeno cangiata dal sushi di tonno suo proprio Ah buongiorno Aislinn. Un grifone è sempre un animale di prima classe e lusso. Oooh una bucentauressa. Sono più piccola di te! Sono formosa e prosperosa! Bubble yum bum badumbumbadum! L’amazzone prima fece planking sulla roccia, parlando con il naso schiacciato contro di essa facendole dire Zono biù biggola di de! Poi agitò il seno e concluse twerkando. L’emporio era abbastanza spalancato, ma evidentemente le bambine Amazzoni erano la Jodie Foster di Piccoli gangster di Alan Parker, storpiatura dello stereotipo di una donna adulta, tutta sesso perché il sesso è essere adulti, grazie commedie demenziali americane (date un occhiata a cosa adulto significa in ogni altro media: in film significa Hiroshima non amour, significa Lost in translation; in letteratura significa Il buio oltre la siepe, significa Soffocare; in videogiochi significa Ico, significa Silent Hill. Sesso, droga e parolacce non sono cosa significa essere adulti, come chi è veramente adulto potrà illustrarvi. E’ cosa un adolescente immaturo crede significhi essere adulti). Poi Pierrot e Psi vennero presentati Fuori da questo mondo. Fa sempre piacere qualcuno o qualcosa che ti ricordi che non sei un isola deserta. Ma qui non si capitombola, si arriva. E qual’è tra tutti il buon vento che vi ha voluto portati qui? Siete tutte in pericolo. Le armate di Cassiopea hanno già irrotto sul vostro mondo. Un intero villaggio di vostre sorelle è stato rapito. Una ragazzina è però riuscita a fuggire. E con lei c’è un grifone. Un esemplare come questo, se non direttamente della stessa razza. Animali sorprendentemente intelligenti oltretutto. Ha raggiunto questa montagna, i grifoni sanno che l’ha fatto, avremmo pertanto bisogno della vostra collaborazione per assicurarla. Noi siamo Omega, i guardiani dell’universo Nakooma si comportò con quell’altero rapace quadrumane da veterinaria consumata, da Greta Barrymore (Alessandra Korompay) che agiva disinvolta sotto gli sguardi ammattiti di perplessità di un Pierrot e una Psi talmente fuori da quel mondo da far sembrare Elena Patata (Monica Ward) Tanya Roberts di Kaan principe guerriero di Don Coscarelli. Metro era l’unico talmente logico da non porsi domande, piuttosto si poneva come un documentarista conscio che Dio è il vero regista del suo film.  Oh, quello l’ha detto Alfred Hitchcock Sì è una creatura intelligente. Intelligentissima ma non come pensiate si possa esserlo. Queste creature sanno e vedono cose che noi non possiamo né conosciamo. Guardatelo negli occhi. Essi sanno. Il suo branco sa dove deve andare, persino l’esemplare qui davanti non è stato scelto a caso. Nemmeno io so spiegarvelo né rispondervi. Ci sono cose che dobbiamo solo seguire, non proviamo neanche a capire. Comunque sì la bambina è sulla montagna. Il legame di due grifoni non conosce barriere né distanze. Aggiungeteci un altra creatura a cui un grifone o un intero stormo è affezionato ed è tutto subito e tutto subito qui davanti. Misteri dei grifoni Ma come ci arriviamo sulla vetta? C’è una scorciatoia scavata dentro questa montagna? E’ un bel labirinto. Se siamo sotto attacco la cosa è importante, ma i tempi dei grifoni non sono i vostri e non potete smanazzare con le lancette. Comunque io non posso staccarmi dall’incudine, dalla botte d’acqua e da tutti il mio ferro. Ma c’è qualcuno che potrà aiutarvi….quella manesca e procace orchessa d’improvviso assunse una civettuoleria da Dedo (Alessio de Filippis) prima di dare a Fofì (Domitilla d’Amico) il regalo che gli porterà a Nondove. Aislin capì l’antifona e fece un ghigno da Re Tritone (Pino Locchi) quando sbologna un vascello degno di Barbabianca (Riccardo Peroni) a Eric (Vittorio de Angelis) e la figlia Ariel (Simona Patitucci). Con il mahauitl in pugno era ovvio che gli avrebbe scortati. Con Aislin armata e accigliata come Javier Bardem in Non è un paese per vecchi e con la clava spinosa che disegnava nella sabbia color cioccolato a velo per torte un encefalogramma con poche sorprese rimbalzava gli enormi seni con ogni altra donna, Oh yeah! It was like lightning

Everybody was frightening

And the music was soothing

And they all started grooving

Yeah, yeah, yeah-yeah-yeah

And the man in the back said, "Everyone attack"

And it turned into a ballroom blitz

And the girl in the corner said, "Boy I want to warn you"

It'll turn into a ballroom blitz (Sweet-Ballroom blitz-Desolation boulevard) attraversando quel setting di Peter Ellenshaw volto a permettere a Heinz Haber di metaforizzare la scissione di un atomo con una pletora di trappole per topi piccole catapulte per una batracomiomachia di palline da ping-pong in Our friend the Atom di Hamilton Luske dirigendosi verso l’agorà. Non l’austero bambuseto di colonne di un Atene o Salonicco, ma il cratere senza costrutto delle barbare Addis Abeba e Scizia. Non si sa come, ma una musica a mò di cacciavite nelle orecchie cominciò a rintronare i due agenti di Omega (il sempre inossidabile e impassibile Metro alzò i finestrini come Eddy vanesio a sbafo sulla supercar del fratello maggiore). Era Shanghai di Francesco Bontempi da The album sulle cui percussioni (e gong) Amazzoni d’ogni colore cutaneo nude dimenavano glutei e seni extralarge con un rabbioso impeto tale che prima o poi gli si staccheranno di dosso. Il motivo di quell’impetuosa ostentazione era riscaldare gli animi (evidentemente se al Marabù di Reggio Emilia Enzo Persueder riscaldava gli animi con il meglio di quello che trovava e con giochi di luce lì si rimbalzavano palloni) per quello che si trovava dietro un sipario rosso eccessivamente lussuoso per quel mix tra l’antro di Satana di I fratelli Dinamite e le fogne brulicanti di ratti di La gabbanella e il gatto. Mentre quel Bow chicka bow wow stava per far franare la montagna finalmente una cosa nera in silhouette diede senso a quel baccano voyeuristico. Una bucentauressa. Ashassha si sentì trafitta, un mix tra Piedino (Rossella Acerbo) che crede che sua madre sia ancora viva e Manny (Leo Gullotta) che vede i mammut entrare nella vallata. Una bucentaura grande come un elefante, I suoi zoccoli erano grandi quanto quelli di un uro o quanto le zampe di un Diprotodon, raggiungendo senza esagerazioni i 6 m come una giraffa, ma con ossa molto più robuste, La bucentauressa era una giumenta da latte e vitelli dalla pelliccia di una Shorthorn della Baltimora: bianca e cacao, con zampe massicce e tubolari come tronchi di baobab, rossastre mammelle che pendevano come lo scroto di un tanuki, la metà umanoide talea ininterrotta, svettante per i 4 metri rimanenti con una vagina simile al morso di uno squalo che rosseggiava anch’essa con le labbra scoperte e un clitoride da matriarca delle iene in calore con un piercing al glande, una mostruosità prostatica a metà tra Il terrore della sesta luna di Robert Heinlein e Bikini kill di Marina Bolmini con pelliccia di licaone grondante attorno all’orchidea maledetta delle Andamane, una pelle rossa da geco gargoyle con seni giganti coperti solo da quei dischi che rimanevano sempre precariamente attaccati alle aureole, le labbra apparentemente fatte esse stesse di rossetto, il naso da scimmia-africana-della-famiglia-delle-aplorrine cioè il mandrillo, i canini da vampiro, le orecchie da coniglio e delle cazzutissime corna da stambecco delle Alpi tra capelli arcobaleno. Quella sagoma più alta di quei due ex terrestri con le corna e le armi numerose e senza scampo era Ashassha fotocopiata. Nel frattempo l’alligatore era scivolato in prima fila e Pierrot con Psi avevano preso dimestichezza con tutti quei clangori. Erano alle stelle adesso. Ashassha pure lei nel frattempo era diventata una Remy Shimada (Roberta Gallina) che non vomita più piroettando con il suo (Queen Rose) e non era più convinta di star guardando una sosia. La sua testa aveva sì due corni, ma su uno stesso asse, sproporzionate come una bambina che segue una madre. I seni erano 4, e spalmati su un altezza anche superiore alla sua (Aeroplano che te ne vai lontano da qui chissà cosa vedrai

le luci immense di quelle città quanto grandi non si sa

Aeroplano raccontano che ci sono delle macchine più grandi di te

e delle strade che se sveglio non sei mai più le attraverserai

 

Ma non so se crederci o no

non ci sono stata mai

tante cose io non vedrò

ma tu me le racconterai

 

 

 

Se capiterà che passerai per questo grigio cielo

tu lasciami un po' di tutta quell'imensità

Se capiterà che passerai ancora in questo cielo

regalerai almeno un po' di libertà

 

Aeroplano dimmi un po' se ci sono dei laghi tanto grandi che

se da una riva io guarderò l'altra sponda non vedrò

E dei boschi che chiunque ci va deve stare attento perchè incontrerà

un orso che come per magia in un attimo lo porta via 883-Aeroplano-Nord Sud Ovest Est). Quando scalpicciava mostrava possedere zampe da grizzly. La sua coda era una scolopendra. Strappò a momenti la tovaglia di cartapecora rossa che ne disegnava la ribollente silhouette, per metà un tappeto-natura di Piero Gilardi per l’altra le bolle dei calderoni di fango dei graben della California rivelando un ultimo dettaglio che fece sentire Ashassha talmente debole e disagiata che con un semplice scatto della cesellata testa da Modigliani africano di Psi essa notò subito quando terremotata fosse quell’apparentemente inossidabile transatlantico popputo e 50% bovino: le orecchie da cane sembravano lumache devitalizzate incorniciate dove metteresti la testa della cacciagione, gli occhi avevano occhiaie rugose che facevano credere l’avessero ustionata proprio a così poca distanza dall’occhio vero e proprio che poteva anche con questo bersaglio mancato del 10% dirsi cieca, il colorito della pelle almeno arancione, le zampe da mucca piegate contro il corpo facendola sembrare la polena di un relitto addormentato a morte su sabbie di risacca fangose e stagnanti. Anche la coda tutta crinoline come uno sfuggente pennello da muri preferiva dormire triste, rassegnata e anche impaurita tra i glutei che defecavano lastre di bronzo. Fece la zanzara in volo verso Pierrot dicendogli che la sua Rota Ree (Emanuela Rossi) aveva le pene d’amore Non chiedermi cosa io pensi passi nella testa di un centauro. Quello di Harryhausen chiaramente voleva mangiarsi l’intero equipaggio di Sinbad, questa bambolona non so nemmeno dove dovrei cominciare Anche i poliziotti di Omega facevano i pesci pulitori davanti a quello striptease. La gigantessa d’acciaio, due teste ornate di mastodontiche corna di Coelodonta, 4 mammelle dalla grandezza armonizzata al corpo umano che svettava con una schiena che corrispondeva a 2 Mister Universo distesi l’uno sopra l’altro in modalità [Gingaizer] per aver di che attaccarvi le 4 braccia pesantemente armate (alla stregua di tutto il resto si poteva immaginare) con la parte inferiore, da Goliath l’orso più grande del mondo residente nel New Jersey compatta come un T35 con la scolopendra simile a un gatto di lanugine nera irto di pili pendenti che si muove sospesa a un filo che l’impicca da dove normalmente uno scheletro finirebbe percorrendolo da davanti all’indietro come il taglio di [Ga Keen] fatale per (Gouseijuu) Miiiras in un esplosione di colori da gioielleria impazzita: l’umana nonostante le approssimazioni da Arthur Maxon di Virginia e gli uomini mostro di Edgar Rice Burroughs sfavillava verde di smeraldi e malachite, l’orso da cui usciva stile Monsley (Silvana Sodo) in groppa a un [Robonoid] era d’oro e topazio e calcopirite, la scolopendra virava verso i più bui e lugubri tesori delle cristallerie di Thorin Scudodiquercia: la notturna adachiite, la coagulata ametista, l’accecante cromodravite. Non era una gigantessa scolpita scaglia di tesoro delle miniere di Salomone dopo scaglia di tesoro delle miniere di Salomone e a rasoio di Occam non poteva esserlo, ma era 30 metri assommati a 243 tonnellate equivalenti a un settemiladuecentonovantesimo di lussuria, un numerone ingordo come la tessera di fan di Paperino di Gianni Baget Bozzo («Voglio essere il tuo amico numero zero» scriveva

il futuro sacerdote al suo personaggio preferito.

Voleva la tessera numero 0, gli mandarono la 66180.

Lui si arrabbiò, Paperino pure.

È, questo, uno dei passi più intensi del carteggio

tra Gianni Baget Bozzo e Paperino, riscoperto di recente

da Armando Botto, filologo disneyano Ferdinando Molteni-Il piccolo Baget Bozzo e le lettere a Paperino) e il 770 che Cristo esigeva ammontasse il carico di perdono e ostentata vanità da Naomi Campbell. Come ogni diva dalle palpebre sonnolente e il labbro prepotente (e nel di mostro caso 4 palpebre sonnolente e 2 labbra prepotenti) ostentando ostentando non ostentava invano. Scuoteva come le Amazzoni che le innalzavano orge tribali da selvaggi dell’Amazzonia che venerano Mao come loro dio sedere liscio e globulare da aerostato di Ronald McDonald e 4 seni extralarge lisci e globulari da aerostato di Ronald McDonald con quelle facce in ahegao da Jessica Rabbit porno di Julius Zimmerman, prima che dopo eoni una nuova voce da Karen Maruyama risuonasse senza sprecare un decibel di troppo di modo che momentaneamente il baccano finisse (o si rimpicciolisse abbastanza per avere parole di senso compiuto) per presentare quel Wuzzle metà alce metà ippopotamo dritto dritto dal Permiano che Alexander Tduchidinov chiamò Estemmenosuchus Estemmenosuchus , il cui nome significa “coccodrillo incoronato” era dotato di un corpo massiccio e di zampe robuste e forti per sostenerlo. Era grande circa quanto un toro, e forse ancor più pesante. Ammirate la bocca più vasta di Amazzonia! Un suo sbadiglio è una dichiarazione di guerra. Guardate come la bocca più vasta di Amazzonia verrà resa ancora più grande! La Combiner che univa Rhinox dei Maximals, Hun-Gurrr dei Terrorcons, Repugnus, Psychokhan dei Destructons si gettò sul bestione come una Ahsoka Tano clonata roboticamente da Qymaen Jai Sheelal che spade laser in ciascuna mano accorre più inferocita lei del Reek a cui sta diventando sempre più vicina. Quando la gigantessa esumane stritolò nelle sue mani le labbra del rettile Pierrot e Psi si fecero piccoli piccoli per l’imminente grand guignol, alla stregua della caduta libera in Back To The Future Ride dei parchi Universal dritti tra le fauci del dinosauro carnivoro. Quando si sentì il rumore di una pozzanghera fenduta da un auto troppo frettolosa e ossa infrante i due poliziotti spaziali sentirono esserne usciti come Sbullonati. E la sapete l’ultima? Quello era solo il primo numero. Guardate questo Cinque Corna! Il maschio più grande del suo branco! Con un pene come la sua proboscide! Meoauniaea ne reclama i galloni di sperma! Pierrot e Psi si cercarono con gli occhi inorriditi dalla prossima messa in scena contemporaneamente lambiccandosi le meningi sulla nuova creatura. Era un mammut dalla pelliccia talmente cadente [e mannaggia a lui pesantissima; Pierrot nonostante i fuochi laggiù accesi come quelli che illuminano lugubremente il fu Dr Henderson sepolto vivo nell’oro bollente in The underground world di Seymour Kneitel sbuffava visibilmente ai suoi occhi nemmeno le sue papille avessero acceso un fuoco da campo e pelle nonché carne nonché ossa da Hokuto Kaikotsu Ken indurite come gusci di tartaruga che allora camminasse nudo nelle grotte di Wuff Land, quel Not afraid of love di Maurizio Cattelan aveva subito il subissato di 1234 tappeti Koldby addosso trasformandolo in un cieco Mr Snufflapaugus (Carlo Valli) con zanne dritte e un corno dalla fronte] da renderlo un immobile cenceria derelitta e dal colorito marcescente fino alla necessità dell’immondezzaio più spietata, non La Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto ma Pasticcio (Vittorio Stagni) esausto dagli esperimenti del Dr Globulos (Claudio Moneta). Impellicciato com’era non c’era modo che i suoi occhi (forse piccoli e vitrei con colori inappropriati come quelli di un cane malato) fendessero la fradicia e derelitta cortina di dreadlock marroni sfibrati e sbomballati da ghirigori fatti con loro troppo focosamente, tristemente solo il pene, uno schizzo di carne rosa che non appena vedevi il suo amenus loci non te lo toglievi più dalla testa si godeva la leggerezza dello sguardo nudo, [Flora Shogun] che vede il sole pur morendo troppo prima di amarne davvero la luce e il calore, un gigante osceno e alienato, Walther Cox di Electric dreams, Monroe di Io sono Shingo, Rodleen Getsic di The bunny game, solo senza lieto fine. Era lì e non lo sapeva neppure, era lo spettatore di un film che dovrebbe essere la sua vita, Meoauniaea la dea bicefala, cornuta, meccanica, centaura, dalle molte braccia offrì altera le terga come una Mora Linda che muggisca al mondo con quel dio di Minos la loro libido che s’intreccia e esplode come materia e antimateria che si toccano troppo repentinamente (Play with me

While you're big enough

(tu sembles parfait mais tu es fané)

My world

Is technologic world

(et que tu n'aimes pas)

 

A new robot

To save you now

I couldn't wait, sorry

A new robot

To save you now

I couldn't wait, sorry

 

Robot is systematic

Love is just a feeling Franco Rago-Robotic is systematic-Robotic is systematic). I due diedero vita a quel mistero poco buffo e molto dissoluto chiamato sesso. Se non fosse per un pene stile Loading di Guido Manuli o delle vagine stile Tsugumi Nagasawa di Tokyo gore police di Yoshihiro Nishimura nessuno riterrebbe Britney Spears una cantante valevole. Allucinati come l’assonato Ed di Thick as an Ed Pierrot e Psi videro il mondo diventare un videoclip di Carole Stevens. Superchicche pornografiche con i corpi adults only, voluttuosi e popputissime erano nude dentro un montaggio allusivo fatto da Michael Kahn, Louis Burdi e John Howard tutto una zoomata sui seni a cocomero e culo a airbag. Anche nell’allucinazione stile Gertrude Scorpio (Anna Marchesini) c’era Meoauniaea che si faceva stantuffare da quel Wooly di Felix il coniglietto e la macchina del tempo. Quando l’intera montagna come la casa di Catdog in Monster truck folly deflagrò in un orgasmo così combinato Pierrot si diede per cheddar; stava per crollare tutto. Altre urla disumane l’obbligarono a riaprire gli occhi, sudato e affannato da troppe fatiche per i suoi timpani. L’elefante unicorno ora perdeva copioso sangue da….dove in mezzo alle sue zampe c’era la sua unica emersione pulita e lampante. Addio Pane antropomorfo di Salvador Dalì! La dea risalì da quella pecorina sanguinolenta da Black Sheep-pecore assassine di Jonathan King sfogandosi con due urla disumane intrecciate come punte di metallo che scavano dentro kilo tuo corpo congiungendosi in una singola vite della sofferenza infinita. Metro avanzò mentre Pierrot sibilava di tornare indietro. Aveva un grugno da Nacho Perez di La mala education di Pedro Almodovar mentre offriva a Meoauniaea un gioco intellettuale, stile La pupa e il secchione di Ashton Kutcher carburato a Edipo interrogato dalla Sfinge. Non che avesse fatto esattamente la stessa cosa sul pianeta Mytho imbestialendola con nozioni scientifiche che pure Panoramix deve portarsi le mani alla testa per consolarla dall’emicrania da troppa fantascienza in Asterix e quando il cielo gli cadde sulla testa Perché mi guardi a quel modo? Cosa vorresti fare pigna? Allora vediamo….che ne diresti di una partita di bowling? Bowling? Che razza di mumbo jumbo del cazzo è? Ingentiliamo i toni signorine. E’ un gioco con la palla che dev’essere lanciata lungo una pista rettilinea donde colpire dei bersagli verticali e affusolati chiamati birilli. La palla va lanciata con le mani senza far oltrepassare ai propri piedi una linea di demarcazione. Semplice e essenziale vero? E alla fine cosa vinco? Te? Potrebbe essere divertente! Intanto avrai la dimostrazione che nonostante le due teste che hai devi lavorare veramente sodo per avere risultati. Il bowling è uno sport mentale e matematico dove caricare a testa bassa non darà nessun risultato. Sia come sia, questa sarà una gara virtuale da sotto la sua barba metallica Metro cacciò fuori una specie di stemma di Boba Fett incrociato con una latta di sardine sott’olio, generatrice di un gigantesco diorama oleografico interattivo di Santa’s elf bowling della NVISION Interactive. Nelle mani di quella Eva (Molly Shannon) le palle da bowling-normalmente dei grassi armadilli-sembravano spaccamascella. Dal bowling alle biglie, da serata tra Homer Simpson (Tonino Accolla) e Barney Gumble (Mario Bombardieri) a serata tra Preside Ranocchio (Dario Penne) e Signorina Camaleonta (Sabrina Bonfitto). Non che il bowling non lo si possa vedere come un jeu de billes ingigantito, sopratutto con nel sacchetto dei barberi di Siena che per le panciute dimensioni (relativamente a quanto possono esserlo delle biglie) e le fantasie identiche a quelle dei gonfaloni delle contrade della città dei fegatelli e del pinzimonio erano per il gioco delle biglie quello che il polo è per il golf e viceversa

A differenza del bowling da scrivania giocattolo la discrepanza con quello vero, quello che a Siena e Rapolano Terme si va giocando in Via del Sionne era assai più incerta. Quel gioco di luce si toccava e se colpiva colpiva imprimendo dolore. I birilli cadevano per davvero, le palle pesavano le libbre di quelle autentiche. Metro travolse all’inizio un solo birillo, mentre l’avversaria fece di teste proprie e gettò la sua palla come una granata e riempì di crepe lo spazio sopra i birilli. Metro si consolò da quella magra mietitura conscio di aver rispettato l’etichetta del gioco. Al nuovo lancio accarezzò un altro birillo solitario. L’avversaria ebbe una botta di memoria e lanciò la palla verso quello che è il suo giusto bersaglio, nuovamente con quel lancio da palla prigioniera sbagliatissimo ma che le vinse il primo Strike: 10 birilli=10 punti, contro i soli 2 di Metro. Metro poi fece 2 punti e salì a 4. Di lì in poi il gioco li assorbì nemmeno fossero stati San Inclinato contro il Diavolo in una partita di ping pong in Pane e tempesta di Stefano Benni. Psi approfittò di quella bagarre goffamente decisiva per raggiungere uno scoscendimento e fare un discorso importante, versione benigna di Zira (Paola Tedesco) che come ninna nanna perverte Kovu (Alessandro Quarta) e arringa i Rinnegati su come la conquista delle Terre del Branco sarà totale e gloriosamente sanguinaria ASCOLTATEMI AMAZZONI! DONNE TUTTE COME ME! Non è il momento per questi teatrini. Correte tutte un gravissimo pericolo. L’esercito di Cassiopea ha già razziato un villaggio di vostre sorelle Adesso cominciavano a ascoltarla Gli abbiamo già fatti uscire allo scoperto, ma la loro pericolosità è solo aumentata. Inoltre c’è una bambina in pericolo, tra i ghiacci che vi sovrastano. Non perdete ulteriore tempo e seguiteci! E voi chi siete? Perché dovremmo fidarci di voi? Omega rende l’universo sicuro. Combattiamo noi Cassiopea. Voi che venerate i centauri dovreste sapere che una ci ha seguiti e vuole anche lei salvare quella bambina Tutti guardarono Ashassha. Adesso era da lei che prendevano ordini. E le guidò con Pierrot, Psi e Metro in mezzo ai ghiacci. Dara era sopravvissuta grazie a un generatore di calore del modulo d’espulsione, non eterno ma aiutato dal corpo del grifone-maestoso sparviero dagli occhi come prugne per i pugni sul ring e insensibilità d’acciaio-il filo bollente a cui era appesa la vita tra neve, galaverna e ghiaccio non era ancora ceduto. Un altro grifone, un fratello, affondava quelle nodose stampelle nella neve con la pelle che come pane al forno si scompigliava e ricompattava al liquido ritmo delle raffiche con però gli occhi spalancati, gracchiando intermittentemente perché non hanno altro che da comunicare e comunicano l’essenziale, Quante in questi anni ci han deluso

Quante ci hanno preso e poi di peso

Ci hanno buttato

Si alza dalla sedia del bar chiuso

Lentamente Cisco fa un sorriso e dice:

"Noi abbiam capito tutto, è un po'

Come nel calcio” 883-La dura legge del goal-La dura legge del goal. Il re chiamato dal suddito irradiato del calore come un Super Saiyan con i capelli strappategli dal cuoio capelluto dopo la tinta bionda dall’aura sollevò regale e neutrale la testa. Dara dormiva sotto le coperte di piume come un pidocchio dei piccioni dalla schiena simile a una fetta di kiwi subendo il raggiungimento del becco a falce del rapace sforbiciandogli qualche capello come la scimmia scheletrica di Henry Selick che fa l’MTV tricotica a….Henry Selick stesso, portandola a un intorpidito risveglio. Quell’Orala di Korgoth of Barbaria come lei era troppo in déshabillé per i ghiacci anch’essi molto da Noroheim, se fosse ancora sul Nautilus l’aria condizionata la coibenterebbe molto più efficacemente, ma almeno con le ossa divorate dalla mononucleosi era libera lassù sulle montagne. Anche se erano vicini alla meta Pierrot già rimpiangeva i fuochi dell’antro delle amazzoni nudiste. Quelle in oggetto sembravano determinate come Stripperella nell’ottavo episodio, con il superpoteri dell’immunità al freddo perché Erotica Jones è Pamela Anderson con i superpoteri e l’essere nelle parole di uno degli incravattati delle sue pubblicità una fantasia sessuale con un copioso sviluppo del personaggio nei seni a djembe. Pure Psi pativa terribilmente con inquietanti mucchietti di neve tra i capelli e le spalle. Se poteva farlo, Pierrot gliela spazzolava via a mano trovandosela con le unghie brucianti di freddo. La pelle di Ashassha era quella di un rettile, un rettile polare che non lasciava i suoi denti battessero per la neve che ancora per i minuti seguenti mugghiava addosso a loro come [Conbattler V] contro il [Dorei Juu] Konghirer. A nessuno di quel party le suole, gli zoccoli, le grinfie o le ruote si erano ancora staccate dalla neve mentre viene dragata, ma quello era un freddo che sconfiggeva lentamente e più dentro che fuori. Finalmente i grifoni si ritrovarono, il venuto aveva una Psi più a minimi termini di quando lei e Pierrot cavalcarono un sosia di Tundro sotto l’implacabile sole di Clarus, nella costellazione d’Andromeda. Per essere un pianeta tropicale quel Pan di Zucchero aveva tempeste e fianchi innevati (in)degni del Gunnbjorn. Pierrot era verticale per miracolo, cercando di risvegliare la compagna con ogni tattica del manuale, dal bacio di Biancaneve al paramedico sull’ambulanza. I due volatili si guardavano come contenuti di voliere diverse messe le une davanti alle altre, quel succedersi di sguardi aviani fatti di dischetti neri oblò su un mondo senza emozioni ripresi da Dave Spencer per Che strazio nascere uccelli di Ted Berman apparentemente necessitanti che Dara s’avellesse e accorresse da Pierrot e Psi facendo loro constatare che la Sophie Hatter che tanto gli ha fatti penare per salvarla è lievemente sproporzionata, una corpulenta Terk (Ilaria Stagni) incrociata alla Mary Lennox di Himitsu no hanazono che affaticò giusto per qualche altro gocciolone di schandefreude la schiena infreddolita e stressata dalla posizione gobba obbligata dall’uragano di brina affrontato per il 70% con gli occhi troppo chiusi per non fermarsi confuso e morire là congelato. Per l’esito felice della sua lordosi Pierrot non avrebbe mai finito di ringraziare le sue molteplici mujer del medico per avergli segnalato di continuare a camminare, guardando la neve ancora vergine per non piangere neve mentre sorprendentemente nemmeno il solitamente lagnoso Metro ripeteva il mantra di Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern. Che fosse perché quel bastardello metallico aveva la stessa aria condizionata del [Baldios] quando combattè ai poli ma si rallegrò di non aver anche dovuto farsi di legno per le lagnose fregnacce di un boiler da bagno con un naso troppo prominente da far sembrare Harold Smith (Oliviero Dinelli) il piallato Guardiano (Fabio Boccanera) che mostra a Samurai Jack (Alberto Angrisano) il sé futuro ammantato di regalità e che apparentemente ha sconfitto Aku (Daniele Valenti). Psi con la carne troppo fremente perché poi Pierrot non le accarezzasse la fronte preoccupato stava riguadagnando coscienza del mondo. Il suo corpo stava cominciando a mettere in campo le Flammenwerferapparate C’è l’abbiamo fatta? Disse Psi con una parlantina barcollante simile al vocabolario sfigato di Achille Cuniberti per Non ne ho la più squallida idea di Stefano Bartezzaghi. Dara finalmente si mostrava nella perfezione di un Cicciobello appena approntato fuori e alla fine della catena di montaggio della Giochi Preziosic. Pierrot rincuorò la compagna mentre Metro, arrivato, faceva bofonchianti apprezzamenti a metà tra Fortunello e Vigile Concilia sul Petrolubetm usato da quei Cosmo Ranger J9 Per fortuna che i miei servomotori nucleari hanno l’auto-coibentazione termica. Ah, c’è ancora neve sulle antenne. Questa è la ragione per cui siamo venuti qui? Lascia che le accompagni al trotto gentil madamigella. And there you see the changing of the guards….il grifone si mosse da solo, buttando Metro da parte con una scartata di quelle da Gianluigi Buffon mettendosi vicino ai due salvatori di Omega con fare regalmente riconoscente Parlate la mia lingua? Oui, parce qu'après tout, on se comprenait divinement avec les autres Amazones. En tant que fugitifs des griffes de Cassiopée, vous courez un grave danger.tout le village d'Amazones résidant dans cette montagne a bravé ces champs de neige pour vous chercher et vous sauver. Dans la chaleur du feu et du cristal thermique interne nous organiserons mieux la contre-offensive

 

Nei cieli del pianeta matriarcalmente violato {come la [Blue Fixer Kichi] della  [Era Queenshutain Hakase] assaltata dalla [Aldebaran Army]} il bombardiere di Petit Gros era il cavaliere solitario, il randagio Bill Door contro un tirannico Jonathan Teatime griffato Cassiopea. Come [Daikengo] spadaccino cavalleresco di uno spazio dove la Terra e il suo futuro non esistono laser sibilavano anziché frecce, riempiendo di ferite una coscia di quello Shruikan presto subendo la stessa agopuntura, una raffica dall’alto dello sparviero Rà Zac, missili aria-aria detonavano in timbrature impazzite un cielo per niente festoso, non era il 31 Dicembre 1938, ma il 27 Maggio 1943, fino all’impatto tra stalloni, fossero Rannoch contro Drail, Glaedr contro Shruikan, Liz Taylor contro Vaughan, sacrificio da cui gli Omega scapparono con la coda tra le gambe mentre negli abissi sempre più inviperiti Pest e Dwarf uno sfasciava plance e cruscotti a suon di pugni neanche si trattasse di  [Shougun Gabaara] che con quella chela abnorme invece di un braccio ha la delicatezza di un Anchilosaurus e se perde le staffe si abbatte da solo l’astronave di supervisione, aiutante vibrante di rabbia pure lui, ma troppo nano per sbattere pugni e generalmente fare i capricci grossi e rumorosi. Pierre dal canto suo era eccitato, ma con in lui lo sforzo di stemperare, come un virtuosista James Pollock o il Thomas Jefferson aizzato ma con pondero di Ollie Johnston della Disney. Se è vero che le scialuppe con Petit Gros non dovettero pure mettersi a fare le Claire Trevor di Ombre Rosse di John Ford, il malcontento dei giusti Omega si tagliava con una roncola. Con un padre così tormentato l’uzzolo di chiamare il figlio a prescindere da come stesse messo gli montò con l’impeto congenito di un genitore Abbiamo trovato la piccola fuggiasca. Dovremo fare la guerra per liberare le altre No ormai hanno guadato il Rubicone. Scenderemo giù in mare E le Amazzoni ancora internate? Purtroppo non ci sono alternative Pierrot era schiacciato da tonnellate di frustrazione. Con un padre non si discute? Era un genitore con esperienza e capacità in tale abbondanza che Pierrot pure con l’uragano Irma dentro si giocò che sapesse fin troppo cosa stava facendo. A prescindere da tutto l’obbligo primario era tornare dal fuoco. Morendo di freddo tra quegli ululati di brina aviotrasportata non avrebbero concluso nemmeno i ghiaccioli a grappolo dei loro cervelli morti. Amara ragione gli arrise quando Dara dopo sommarie abluzioni in acqua di pentolone venne messa in baldacchino con pellicce addosso schiantata dalla febbre, quella era troppo fantascientifico non vi cedesse alla fine. La regia di Danny Antonucci era una cosa; nella realtà a camminare nella neve con le infradito a velcro strappato Jhonnino (Tatiana Dessi) sarebbe arrivato a doversi far amputare i piedi. In un impeto di preoccupazione anche Psi s’accoccolò sotto quegli scarti della Trudic già là sui monti con Annette (e tra i ghiacci perenni con Mostralfonso) mandando cigolii rumorosi come terremoti. Ashassha chiese a Pierrot di mettersi a letto con Psi (peggio del Thomas Kretschmann di La sindrome di Stendhal di Dario Argento) ma ottenne una risposta ringhiata. A prescindere da come versasse il suo corpo Pierrot non voleva abbassarsi ai (dis)livelli della Daniela Doria di Il ginecologo della mutua di Aristide Massacessi Non puoi tornare a infornarmi in quell’arnese? É troppo lontano. Mi dispiace essere stata così triviale, i centauri hanno questa mentalità problematica, sarai messo in un letto isolato. Però a pensarci bene che razza di scalogna vi è toccata: avete trovato la piccolina ma vi siete accartocciati proprio adesso che avete i minuti contati Spostati Dzungariotherium. Io sono la dea della fertilità, la prostituta benedetta più insaziabile. D’ora in avanti, obbedirete a me. Portatemi gli stranieri e fateli mettere nella mia schiena. Poi usciremo e scenderemo a valle. Prima che io gli inglobi, voglio interrogarli Pierrot si sentiva un Argante che non credeva coerentemente nemmeno più lui alla propria malattia. Qualche tizzone di dissenteria risolto con il buco attraverso il materasso da Fiorentino Ariza fu per lui più frustrante che disperante. Più che Don Rodrigo tormentato da incubi (in)degni di Evilspeak la promessa di Satana Fred Savage di La storia fantastica prima che Peter Falk gli raccontasse una storia. L’arrivo di un Amazzone-infermiera con le ruzzolanti Big Bazooms di Kela Hazel lo fece miagolare su che brutture stessero là là per arrivare Ti dobbiamo spostare. Dentro Mieaouaeaea ti ripristinerai Finalmente delle centaure m’infornano again pensò fugacemente. Dentro i reni a sarcofago di quella Beyonce Pierrot si sentiva mezzo Han Solo mezzo Clear Blue Lou potendo-appiattito come un set di bastoncini dello Shanghai-solo ascoltare e farsi ascoltare tramite un citofono che non riusciva a vedere. Fu lui, l’amichevole invenzione di Leonardo da Vinci a fargli capire che Psi condivideva quello stesso assurdo sonno sotto tetano. In quella nerezza aprire e/o chiudere gli occhi era un gesto insensatamente tautologico. L’unica luce che non rendesse insensato e tautologico quel gesto era un lume giallo a destra, ogni tanto con lui illuminato a giorno dal salvaschermo con i tubi colorati di Windows XCV.  Intorno al ’93, veniva dipinto, sull’ultima parete di Harnold’s, quella con la porta del bagno, un murale che rappresentava due figuri con occhiali neri e cresta ossigenata in stile new wave, due Righeira allungati da una lente deformante, come se ci si fosse accorti solo nel ’93 che Harnold’s, la paninoteca, la paninoteca disegnata come un labirinto di PacMan, era un posto clamorosamente anni Ottanta, e all’improvviso si volesse celebrare quell’immaginario, finendo invece per celebrare solo la tardiva presa di coscienza di averne fatto parte, perché il murale stesso rappresenta sì icone degli anni ottanta, ma in colori e tratti irrimediabilmente postumi (Jacopo Nacci). 100% che Psi avesse le pupille sedotte e rincoglionite da quello stesso albero di Natale schiacciato addosso un soffitto remoto solamente in micrometri. Una secchiata di ghiaccio su unghie appena passate a fil di manicure, una vuvuzela soffiata nelle orecchie di un animale in letargo a Febbraio, una bomba di Maradona che rovescia il pullotto scampiese di ronda sulla sua Guzzi Falcone: così fu la voce di Mieaouaeaea per Pierrot (e idem per Psi; vasi comunicanti) Ehi stronzi. Andiamo a rompere un pò dei crani che vi danno fastidio. Ma com’è che è partita tutta sta storia? Pierrot rinarrò tutto da capo, trovando simpatico che il coccodrillo loro ombra fino a quel punto lo accompagnasse (o almeno l’avesse accompagnato) nella sua degenza Come ci avete trovate? Sono stati i grifoni. Pure le sue Amazzoni ci hanno detto volsi così colà come si pote e più non dimandare. Ci hanno portati attraverso la foresta, con il coccodrillo diventato nostro amico per l’averlo aiutato a deporre le uova. E fu un grande sguardo tra i

Due: si presero a capate e continuarono giù

Verso il Wesconsin già detto e lo ripeto

Già detto e lo ripeto già

Detto sembra Vincenzo e Antonio

Continuando sulla base delle

Nacchere scendemmo giù per la montagna

E incontrammo una bella fregna

Quello è classico (Squallor-C’era un vento quella notte-Cielo duro) a un certo punto la vedemmo marrone per l’assalto stile Dio perdona io no di tre orsi delle caverne, momento quando Ashassha ci salvò Ashassha? La centaura color Ferrari. Dalla pelle rossa Sì l’ho incontrata prima. È da lei che ho preso il timone Finora è stata un ottima leader Ma dobbiamo combattere. E lei potrebbe non esserne in grado Non gliel’hai neanche chiesto secondo me Me la metterò accanto. Inoltre sono fatta di metallo, con un arsenale più vasto e potente. Legolas è equipaggiato con faretra, arco da spalla e Orcrist nel fodero.  [Daltanias] ha decisamente un bazar più nutrito: cannoni laser come giunture per braccia e gambe i cui 4 raggi combinati generano un invalicabile muro cruciforme d’energia che emette sparando proiettili d’energia cruciformi anch’essi, la sua bocca di leone sul petto può sparare palle di fuoco che possono solidificarsi in una spada così invincibile da essere risolutiva, un classico scudo e una classica spada ambedue pronte dai reni, farsi uscire dalla schiena una balestra adagiata sul braccio sinistro, generare una rete d’energia (simile a quella dei campi da pallavolo) unente ciascun avambraccio che-una volta che gli avambracci si sono involati-intrappola il nemico più pervicacemente della ragnatela di un onicoforo, lame rotanti dai lati degli avambracci, pugni/avambracci con jet interni che permettono di staccarli dai bicipiti per colpire E Lei Signora di quali armi disporrebbe? Oh lo vedrai Ciccio Ma com’è che farò a vedere chicchesia? Pensò Pierrot lasciando quella vistosa e scalmanata Marina di Mischief makers ignorante su cotanta linea conclusiva. Chiese di Psi, la chiamò confidando l’orecchio di Mioueaeaea non lo captasse di nuovo. La ragazza era meno calma di lui, sembrava claustrofobica ma sfido; stretti com’erano stretti, quasi completamente al buio era come essere morti. Pierrot le disse d’aver fiducia nella titanotaura, con però una punta di rassegnazione esistenzialista. Era dallo sbarco su quel pianeta che Pierrot si sentiva Cat (Pietro Ubaldi) quando Dog (Luca Sandri) rispondendo a missive del fandom altera selvaggiamente la realtà dove vivono in preda all’assurdismo. Ribadì però l’invito alla fiducia: c’era chissà dove in Mioueaeaea un motivo di fiducia, era non si sapeva dove uno scoglio che fermava le maree. L’intero numero delle Amazzoni da combattimento accorse da lei esibendosi nel più ampio e plurimo scuotimento di glutei extralarge che mai terremotò quella montagna. Mieaoueaea le fermò con un innaturale pacatezza Avete l’artiglieria pesante? Nakooma si unì alle milizie di Glenstorm con un incudine da 2 tonnellate saldata con una catena con una precisa solidità imponderabile per chi non aveva una fiamma ossidrica di precisione (ma che ne sappiamo noi? I bronzi di Riace sono capolavori di metallurgia vecchi di due millenni, dopo secoli sul fondo del mare nelle loro corazze nemmeno una sbeccatura). Le altre sapevano fossero una semplice metallurgica, guardandola stranite ma contente di essere in più di 1, Mieuoaeaa non sapeva nulla, ma apprezzò quell’arma da Coon di Free collars kingdom. Per non saper né leggere né scrivere era chiarissimo che roteando un tale Oggetto Inamovibile non si sa quanti soldati sarebbero volati via. Sia Pierrot che Psi erano vespe nel tronco, stupiti della sonnolenta mepivacaina che Mieaoueaea poteva erogare. Ma d’altronde nei 120 metri di  [Daikengo] [Raigar] e [Cleo] ci vivevano in due e un intera famiglia in Makyō densetsu Akurobanchi viveva, viaggiava e lavorava in 16 metri. Calcolando puramente a naso Pierrot credette Mieoueaea essere alta 8 metri, ma dal basso cantuccio da cui lui e Psi ne rimirarono i Bubble yum bum Badum-bum badum adesso delirava fosse 12 metri, quanto un sauropode di quelli modello Canyonero (Can you name the truck with four wheel drive,

Smells like a steak, and seats thirty five?

Canyonero! Canyonero!

Well, it goes real slow with the hammer down,

It's the country-pride truck endorsed by a clown,

Canyonero! Canyonero!

Hey, hey!

Twelve yards long, two lanes wide,

Sixty five tons of American pride!

Canyonero! Canyonero!

Top of the line in utility sports,

Unexplained fires are a matter for the courts!

Canyonero! Canyonero!

She blinds everybody with her super high beams,

She's a squirrel-squashin', deer-smackin' drivin' machine,

Canyonero! Canyonero! Canyonero!

Whoa, Canyonero! Whoooooaaaa!). l’unica cosa che tutti e tutte di lei avrebbero serbato in memoria erano i glutei e le mammelle. Erano però un esercito inarrestabile, che stava accrescendo i propri ranghi calpestando una seconda volta tutti i posti dov’erano già stati. Più o meno quelli sognati da Dara-e se ne rese conto-ma la storia non finiva qui. Metro faceva il Rotar sulla Y di teste di Mieoueaea con quelle corna da Ojoceratops abbastanza taglienti e minacciose da farlo sentire una massaia innanzi a Fer à repasser garni de clou sur la semelle di Man Ray sentendosi arrapato come Thomas Jefferson Johnson innanzi alla Rasputia Latimore di Norbit di Brian Robbins, amore da Rick Battaglia che avrebbe raggiunto l’acme nella pressa dei cubi di uno sfasciacarrozze Il diplomatico che è in me sente che questa non è la scelta giusta Noi Amazzoni siamo uno iota diverse. E ci sono quelle prigioniere ricordi? Il tempo dei papaveri è finito. Ora useremo le rose     
 

 

 

 

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Là, là tra le rose e i fior

l'idillio incominciò

e furon baci,

carezze audaci

poi le follie della passion.

"T'amo", ella sussurra

e un bacio ardente la fa tremar.

Ed al suo dolce amor

sussurra ognor così:

 

"Amami! Baciami con passione!

Prendimi! Stringimi con ardor!

Coglimi! La mia vita è come un fiore:

presto fiorisce e presto muore.

E'sol per te il mio cuor!"

 

Ma, ma venne un triste dì

e il loro amor finì

come una rosa

dal gelo uccisa

la sua bellezza presto sfiorì (Nilla Pizzi-Tango delle rose-Rendez-vous with Nilla Pizzi)|Queen of Thieves, obey her order

Never stray too near

Until the end of time she'll rule

Her strength will never die

 

Ways to enter like holy angels

Thieves must know the way

Never to appear in daylight

Or die by hand

 

There there sit with the fire bright

A shadow winter night

Talk of ventures lost or won

Their talk is ever the same (Taramis-Queen of thieves-Queen of thieves). Il picco di bellicosità non ammettente risposte azzittì Metro con una faccetta in liquefazione da Lucy van Pelt contrariata. Ora si preoccupava per Psi e Pierrot. Voleva fidarsi di Mieouaeaea, ma il suo ingresso se fosse stato umano l’avrebbe occupato con troppe sessioni di masturbazione per non sudare alieni di The abyss di James Cameron. Gli trattava con troppa cura, ma quelle Amazzoni gliel’avevano spiegato il pasticciaccio dello Snu Snu, per favore non immaginatevelo robotico. I suoi crucci e le sue ubbie andarono poi verso Dara. Era sonnolenta in groppa a Ashassha. L’alligatore camminava al suo fianco, temendo per lei facesse un sorpasso da Giovanni Storti di Tre uomini e una gamba di Massimo Venier e a suon di zoccoli la trasformassero in una cintura troppo costosa per qualcuno obbligato alle bretelle per l’incomprensibile sgarro fatto alla gravità consistente nei pantaloni sempre bracaloni. Come ultimo stress chiamò la Cosmopolitan in orbita. Pierre fu volenteroso nel rispondere come con il figlio. Il Nautilus non aveva ancora deciso di fare il malvagio, e loro non avevano la mentalità per costringergli a suon di punzecchiature di bastone. Avevano le mani fuse come le zampe di un Gyrosprinter di Darwin IV; quant’è che volevano salvare quelle Amazzoni! Ma di nuovo: ammanettati. E anche peggio di quello. Nel mentre Dwarf e Pest dovevano decidere come punire o cos’altro quelle enormi Jochebed Ormai il dado è tratto e almeno che non ce ne avvantaggeremo per far sparare sempre a salve gli Omega io proporrei per scaricarle nell’oceano. Dopotutto, quella con la parrucca al gusto melanzana è abbastanza morta per dimostrare che non è un esercito di muri quelli che avremmo il ghiribizzo di fucilare! Pest nonostante avesse occhi da far sembrare Soaron di Capitan Power e i combattenti del futuro una bambolina Bobble Head di Pee Wee Herman era diventato più calmo e calcolatore Fammi sapere se questo repetita iuvant è corretto: ce ne avvantaggeremo per far sparare sempre a salve gli Omega. Poi, ovviamente, scaricarle nell’oceano e avremo il ghiribizzo di fucilare. Ma quegli che abbiamo abbattuto? Quelli di quel Yama? Al momento non pensiamoci. Da come ballò quella volta questa bagnarola comunque dev’esserci stata un esplosione atomica di quelle decisive, dacché comunque le nostre amichette non avrebbero chances in partenza di rincasare. Se da una parte là potremo farci solo una discarica, quelle Amazzoni hanno le mani legate alle nostre definitivamente. Sbarazzatevi del cadavere, adesso andiamo al piano di sopra! Feliciax era adesso una Happily degli Snugglebums Playskooltm mezza rotta il cui viola dei capelli si confondeva come il naso di una rana pescatrice nella scurissima acqua mentre la sua inerte macelleria che non subirà nessun assalto diretto con le palpebre bloccate su occhi che non potranno mai più irritarsi per la salsedine percorreva disperato ascensore 12 chilometri di mare. Sopra di lei, il Nautilus prendeva a pugni il mare per il restante chilometraggio come il cane munito di pipa con il ruolo di gorilla buttafuori contro gli autostoppisti di Bright lights di Walt Disney fino a fare la sua muscolare entrata in scena da [Queen Panther] dandosi un altro pò di spinta con i reattori ventrali. Per le Amazzoni a bordo vedere Feliciax cestinata come il surplus di una baleniera aggiunse altro dolore alla beffa del non doversi più stringere come Saeko Busujima dietro sbarre, tuttavia senza alcun opercolo per fuggire. Quel Nautilus della flotta di Cassiopea era la prigione perfetta. E Kug dal bluastro pennacchio in quelle condizioni c’è l’aveva smunto come i Puffi prima di diventare neri e sputazzanti figuranti di La città verrà distrutta all’alba. Ormai il loro destino era segnato. Almeno Dara doveva diventare la loro Jona Oberski sopravvissuto nella balena a Bergen-Belsen. Che quel semita Ceraunosaurus incontrasse in quel (letterale) mare Larry Dever. Diviso in Pierrot e Psi, sempre più vicini al mare sebbene prigionieri dei glutei di una centaura bicefala meccanica con corna da rinoceronte. Manco Paperino e l’acquacross di Paperopoli di Rodolfo Cimino. Quelle massicce Pamela Anderson e Ginza Hibari (Marcella Silvestri) dal seno extralarge in rallentato palleggio erano un vomere che nulla arrestava. Il Postosuchus doveva arretrare, lo scorbutico troll doveva lasciarle passare tintinnando al ritmo dei loro passi inflitti al suo ponte, gli agropelter si ritirano dentro le fronde fogliose, le paludi sole impedirono loro di fare un altro, ennesimo passo. Ma lungo quella laguna puzzolente c’era un concavo villaggio di pescatrici e canoiste su cui si poteva contare. Dovevano sterzare verso Est e in 48 ore l’avrebbero raggiunto. C’era fretta, ma a assecondarla si rischiava di finire come l’esercito di Meganò (Alberto Angrisano) se ghiacciando il lago di Stravaganza lo percorresse con il suo esercito. Pierrot e Psi ebbero la regalia di poter uscire da quell’utero bicipite rinfrancandosi di un clima meno intransigente. In un mondo alla rovescia stile Paprika di Yasutaka Tsutsui al levarsi del sole gigante arancio di quel pianeta Pierrot e Psi tornarono a dormire, l’unica attività consigliata conciati come Layeville di Il pendolo di Ray Bradbury. Vennero interpellati quando il villaggio simile a un bayou di New Orleans venne raggiunto. Il cartello di benmalvenuto era un relitto dell’Olandese Volante con alghe fasciate di muschio cresciute bevendo l’umidità del legno abbruttito di quell’insigne insegna Benvenuti a Varese e/o Welcome to Virginia Virginia is for lovers accogliendo i pescatori in cerca di acque per loro con una disgustata e febbricitante malaria. Parlandone, dovevano esserci zanzare con carapaci di canocchia, zampe di isopode gigante e dimensioni complessive di uno sparviero. Con consequenzialmente sete di sangue della stessa stazza, bisogno d’acqua delle bombole di un Super Liquidator. Le Amazzoni sorellone della Tula dei Pirati delle Acque Nere avevano un carnato limone bruciacchiato delle cacciatrici di perle del Giappone. Adattamento azzeccato per l’intrattenersi in simili pesche. Delle Suki the sumo belly dancer più magre, formose, con la ciccia spostata stile Ren’s pecs di Ron Hoghart dal ventre ai seni e quell’adorabile (e sexy) look da cinesina della Figlia Grande che non riconobbero Mieouaeae come dea. Questa stranamente fece la turista gentilissima, la Madame Rusk dopo che non è più una nemica di David. Sempre fuori di lei spiegò quale minaccia incombesse su tutte loro e come l’unione facesse la forza. Rifatta codesta esposizione alla capotribù, il villaggio entrò in sobillazione. Ma una frenesia a cui mancava ancora una fermata: una grande isola modello Capri dove equipaggiarsi con navi idonee al mare. Gli attenti Pierrot e Psi erano instancabili Ulrich Muhe tacitamente disperati all’apprendere di quale impari arrembaggio volevano fare le Amazzoni. Pure il libero Metro dovette ascoltarne i bellici voli pindarici. E la Via Costa nella testa di Metro prese quella telefonata, quell’accondiscendere al concorso sulle tette di Cesare Cremonini ai tempi di Qualcosa di grande e 50 special e mandò tutto verso Pierre. Ciò che venne deciso venne tempestivamente fatto presente a Pierrot e Psi nuovamente inscatolati Mighty Max e Mujaji (Caterina Rochira) in Mighty Max salva il regno dal Gorillosauro Gigante. Meglio così; sull’astronave paterna ci si sentiva meno plastici ferroviari imballati in valigia. Petit Gros gli andò a prendere dopo un congedo neanche troppo trasportato dall’emozione con una delle carabattole, quei barilotti di latta riciclati dalla Simmenthalc e Hormeltm che i bambini africani trasformavano in macchinine, locomotive e autocarri sotto l’occhio analitico di Roberto Papetti. Simbolicamente, Omega non le avrebbe più aiutate da quell’amen in poi. Ci fu comunque dell’angst in merito a Dara.  Sopravvivere all’inverno come Cosette nell’anneé sans ètè era già un gagliardetto Sandy Descher bello sfarzoso, ma là eravamo ai confini del bambino soldato. Ma apparteneva alle Amazzoni, la sua zia era in pericolo. E il grifone, più che il Toruk e come Kamun ci volò sopra unendo i clan Nà vi di Pandora il bulldog e come Carlo Croccolo voleva presidiasse al suo matrimonio organizzato con modalità da casta bengalese tra Giacomino Poretti e Luciana Littizetto rese questo Tiramolla Mister Muscolo Aussi cool que cela puisse être de le piloter dans une bataille acharnée, vous ne vivriez pas pour le montrer. Et puis tu l'es et ce n'est qu'une petite fille ! Avons-nous atteint les enfants soldats ? Dara di suo esprimeva la voglia di fare orecchie da mercante alle preoccupazioni di Pierrot quanto un pomodoro esprimerebbe la voglia di essere usato come instrumento dell’altrui insoddisfazione per qualcosa. Fece un congedo al grifone con un tale querelarsi a ogni altro mare che l’ispiratore, l’Umberto Saba estimatore di pecore come Tom Green diretto verso Los Angeles alle prese con il cavallo quell’ungulato fradicio e lo passò in un autolavaggio trasformandola nel cavallo rosso di 32 Dicembre di Lidia Ravera nell’acciaio incerato e estivo di una Pontiac GTO da quanto l’aveva disseccata. Poi ciechi l’uno all’altra s’accomiatarono Dara seguendo Pierrot e Psi. La scialuppa, la capsula dell’ovovia che avrebbe portato quegli Ezio Greggio e Maria Grazia Cucinotta con new entry la piccola Jennifer Schittino giù dalle piste e canaloni dell’innevata vetta del Corviglia allo chalet di St Moritz era un modello Libellule zebrato affidato a Petit Gros, in ottemperanza alla sua criniera da volpe irlandese con un espressione incupita e che impose diversi minuti per conciliarlo con la nuova passeggera E’ una piccola Amazzone. Ti chiedo di non prendertela se viene con noi sul Cosmopolitan No mi hanno detto che è lei ad aver provocato tutto per cominciare, ma anch’io credo che non l’abbia fatto apposta. Prima me ne vado meglio è Non dovevano essere successe cose molto belle lassù dove volsi così colà come si pote e più non dimandare, fu la conclusione tanto tranchant nell’afflizione quanto a suo modo soddisfatta. Non dovevano più portarsi il mondo sulle spalle, Alcide Cervi si è fatto la Bugatti Atalante e il mappamondo se l’è cambiato gonfiabile. Come su una bilancia, mentre la Libellule ascendeva il Nautilus carezzava l’acqua come un imponente gerride. Sentirsi lo stomaco che si librava sui trapezi del circo mentre dalla quota troposferica passavano come dentro l’ascensore di Willy Wonka al mare d’oscurità che lambisce ogni pianeta era quasi nostalgico per Pierrot. Psi invece se provava qualcosa il suo volto da Amedeo Modigliani non osava annunciarlo. L’intero Cosmopolitan era assettato per il bombardamento comune ma a tappeto. Pierrot, dopo i riti non volle rimanere nel balcone dei bottoni con il padre. Piuttosto accese la radio e lasciò le vuote parole lo delucidassero sulla caduta degli eventi. La flotta dal look egiziano, la rinata flotta di Cleopatra con sensuali occhi ribaditi nell’orbita e ciglia da un saettante neretto procedeva con un vento inusitato persino per le discepole e seguaci del dio Shu. le Amazzoni invece (ri)evocavano un altro nemico dei romani: gli Unni di Attila. C’era da sperare Njoror fosse dalla loro, perché il Nautilus che si masturbava per sfregamento sul mare tutto suo complice sarebbe stato imbarazzante nella battaglia delle Midway. E la risata che si propagò dalla paesaggistica decalcomania del muso non era di derisione; era di constatazione. Il Joker con il Giocattolaio sono in paradiso (del diavolo) chiusi, barricati con assonnati bambini spaventati come i crociatini di Filippo il Conquistatore aiutati anche da Francis Doran con una pletora di Stomp Rockets caricati a Smilex liquido: corrosivo e esilarante, contro Mongo la Bat Scimmia, Greg Saunders e Aquaman forti certamente ma non scogli immuni all’erosione della salsedine schiumosa che pur nel mare abbonda. I missili di salsedine schiumosa, di lato polpa d’altea dei marshmallow dei Puffi AKA onde che le bombarde che facevano cilecca provocavano come le bolle di fango coreografate da Paul Smith e Norman Palmer nei laghi del deserto di Smoke Creed nel Nevada mentre Amazzoni e centaure rispondevano con frecce e imbarcazioni gettate all’arrembaggio come i Tanu in battaglia contro gli Uruketos delle Yilanè, mentre Mieouaeaea dea senofanica si nascondeva nella cambusa come Dracula sulla Demeter. Si pose all’improvviso il problema di fermare quel proiettile di porre attraverso la via un ostacolo contro il quale esso si fracassasse in mille pezzi. Ma ci sarebbe stato il tempo? Quel pilota non sarebbe apparso da un momento all’altro? E poi a che pro, visto che sarebbe stato costretto comunque a troncare la sua corsa poiché la strada terminava nel lago Michigan, e che non avrebbe potuto proseguire se non trasformandosi in un mezzo anfibio? (Jules Verne) Mieouaeaea, improvvisamente aguzzatagli l’ingegno perché a giocare a scacchi Joe Jim Gregory con due teste mette legati allo stesso tavolo Garry Kasparov e Matthew Broderick nonostante l’insistenza a neanche giocare con la G maiuscola alla troglodita che smentisce Heinlein e approva Gus Wickie (Now look at this monster, so strong and so huge

He'd frighten King Kong, but he's only my stooge!

The capture of Boola for me was just fun

Whoever said two heads are better than one?!) e ritrasse quelle corna cornucopie e lancia alchimistica d’unicorno nella testa di un Tommy Bond di Non guardare adesso di Tex Avery a cui è appena cominciata la pubertà , con le teste che piegandosi all’indietro scomparvero nella schiena. Le braccia divennero bombole di Big Jim sommozzatore appena risaltate dal busto, che si curvava a lama di tagliacarte sulla prolungata schiena da Pà li di Pandora fino a un indivisibile e ancorché indiviso sandwich di quadrumani con i seni che mostravano di avere come aureole delle turbine da Douglas DC2 mentre da dove Bucefalo e Laomedonte s’univano in Caristo la torsione della schiena umanoide faceva scattare in avanti con la lentezza di un pene che sguscia il glande dal prepuzio un rostro simile a quello della nave su cui era nascosto nelle acque. Anche le pentapartite mani da Lufengosaurus si appiattirono contro il fenomenale imponente tronco da Kannemeyeria ormai lasciando Mieouaeaea come un sommergibile dalle formi di chiocciola con pungiglione di calabrone gigante asiatico. Le turbine rotanti scattarono a 2mila giri al secondo con un sibilo sinestetico da Rancid Rabbit dentista la buttarono in mare riempiendo il già fatto turbolento mare di Amazonia dove alla stregua di un crossover tra Timerider una moto contro il muro del tempo di Guglielmo Caro e Countdown dimensione Zero di Don Taylor le galere di Cleopatra lanciavano infruttuosamente ramoscelli, sassolini e Roc il n’34 dei Monsters in my Pocket contro la Knjaz' Potëmkin-Tavričeskij colpendola su di un lato. L’erosione che stava portando al Nautilus dall’interno passò inconscia al meno all’inizio. I soldati erano formaggini marca Bel incapsulati di rosso? Le frecce come quelle di [Mazinger Z] delle Amazzoni lo ribadirono trafiggendoli come un sarto impazzito il suo puntaspilli con un pò di quella vernice che avanzava per i pavimenti sbalzati d’acciaio color caramella anticarie. Le grane furono anche quelle provenienti e provenute dalle altrettanto incapsulate di rosso spalle degli uomini d’arme di Cassiopea. Nel caos le Amazzoni da cui tutto era cominciato erano fuggite senza rinunciare ai reggiseni come la valorosamente caduta Feliciax, il cui ricordo dello sprezzo con la quale da crivellata da raggi laser sottili come l’ago di una siringa era stata sepolta gettandola in quelle buie acque insopportabilmente algide era la scossa energetica di pura furia omicida che una pò loro un pò i soldati per maledetta disdetta di entrambi che diede l’incentivo che risultò fatale. Le sorelle venute dal mare facevano abbastanza lavoro sporco per permettere loro di raggiungere la stanza dell’imperatrice Ishtar. E alla stregua di McAllister dentro c’erano tutti i fondi di magazzino della Nerf. Quando ricominciarono a avanzare con le cinture di George Cayley piagate come Battle Lizards di scompartimenti per Super Liquidator XXV a cui s’accompagnavano coesistendo e coagendo con Super Liquidator   CC attivamente nelle loro mani era per meglio per voi trovare un buco nel pavimento. Munite anche di granate i muri crollavano innanzi a loro e schiacciando i grilletti fino a tagliarsi gli indici fasci laser con colori da Zlatko Grgìc liquefacevano lentamente i muri d’apparecchiature elettroniche innanzi culminando in esplosioni che solo le massicce orecchie da Go Hideki riescono a sopportare .     Infine il Cosmopolitan scese cominciando il proprio assolo di arpa da Klaus Roeder in Autobahn di cannonate. Nella sua autoreclusione Pierrot sentì il padre dichiarare a Cassiopea un ultimatum estremo con il suo solito tono da jukebox.  Laggiù Cassiopea dovette cedere anche per le Amazzoni ormai dentro con loro, 3 gigantesse che puntavano loro contro un tronco di baobab che omettendo la forma fallica era identico a quello usato da Ruko Tatase nel caso clinico #2 l’angelo rosa. Da femministe c’era da essere orgogliose? Dopotutto se è vero che Cassiopea aveva fatto un aggressione di una gratuità paragonabile alla strage di Sabadell del 9 Dicembre 1990 le Amazzoni all’occhio di un Cortes cosmico gli avrebbero dato lo stesso panorama sociobelloculturale dell’America amerindia con imperi fermi a mezzo millennio prima in lotta con tribù di Neanderthal ambedue gli schieramenti antropofagi e adoratori del sangue. Il villaggio di Kug Ornik e Thog aveva avuto delle giornate poco belle in passato di cotale tenore, prima di tutto questo erano in uno degli episodi di pace che non si sa mai quanto durano.

 

Alla fine un drone mezza calzetta se paragonato a Metro quelli di Omega l’avevano lasciato per un ultimo addio, purtroppo poco caloroso per gli anni luce che adesso si erano riaffermati tra Amazzoni e Omega (  Inesorabile la notte scende

E l'equilibrio ben presto finisce

La fine è il cerchio, il cerchio è la vita

E si distrugge per poi costruire

Si aspetta sempre il nostro giorno

Non cambia niente all'infuori del tempo Le Orme-All’infuori del tempo-Felona e Sorona) in modo che potesse essere proiettato contro il cielo come un urlo di Luciano Ligabue durante un aurora boreale. Su Amazzonia prima che il villaggio di Dara si ripopolasse per il controesodo il sole rotolava bocciofilo verso Oriente. Il cielo reagiva a ciò impazzendo con colori di uno zucchero filato picchiatello. All’inizio la lanterna magica proiettò evanescentemente un bel nulla. Evidentemente le nuvole non offrivano buone performance da arena di Giffoni, se non da rovine romane di Via Emilia San Pietro a Reggio Emilia. Poi ci fu maggior nitore. Pierrot e Psi con Metro erano incombuti da un muro grigio, quello di una qualche astronave. Sorridevano. Maestro dopo aver fatto il Mike Weinberg annoiatosi nella ludoteca dopo l’ora di chiusura potè riabbracciare i suoi (virtualmente) nipoti. Moriva dalla voglia di sapere tutto del pianeta delle spettatrici. Con una dolcezza mai vista prima di allora-come la fabbricazione del miele che James Algar orgogliosissimo svela al pubblico per la prima volta aiutato da microcosmici certosini di Rex Elliott in I segreti della vita di James Algar-le Bertoldo Bertoldino e Cacasenno delle Amazzoni Ornik negro e brizzolato busto di Santa Gioconda di Bartolomeo Spani, Kug Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto dal turchino cipiglio di azzurro cimiero, Thog biondo Risveglio di Eduardo Rubino presenziarono a quel flemmatico Carlos (Pietro Ubaldi) con leggiadri balletti da oracoli spartani, sollucherando l’antropologo dentro Maestro. Poi subentrò Dara. L'imponente monarca dei grifoni marciò a passo da scrutatore non votante (Lo scrutatore non votante

È come un sasso che non rotola

Tiene le mani nelle tasche

E i pugni stretti quando nevica

Prepara un viaggio, ma non parte

Pulisce casa, ma non ospita

Conosce i nomi delle piante

Che taglia con la sega elettrica

Prepara un viaggio, ma non parte

Pulisce casa, ma non ospita

Conosce i nomi delle piante

Che taglia con la sega elettrica

Lo scrutatore non votante

Conserva intatta la sua etica

E dalle droghe si rinfresca

Con una bibita analcolica

Ha collegato la stampante

Ma non spedisce mai una lettera

Si è comperato un mangiacarte

Per sbarazzarsi della verità

Lo scrutatore non votante

È sempre stato un uomo fragile

Poteva essere farfalla

Ed è rimasto una crisalide

Telefonate al cartomante

Che non contatta neanche l'aldiquà

Siccome è calvo usa il turbante

E quando è freddo anche la coppola

Lo scrutatore non votante

Con un sapone che non scivola

Si fa la doccia dieci volte

E ha le formiche sulla tavola Samuele Bersani-Lo scrutatore non votante-L’aldiquà) con Dara riuscita a mettergli addosso delle scarlatte briglie. Poi Dara si cimentò nell’impresa impossibile di ingropparlo. L’animale era paziente e volenteroso nonché accondiscendente, Dara con un balzo da Anna Lindberg appose le sue mani sul morbido intrico di barbule di tiepido marroncino e lo pettinò se fosse potuta essere Benten (Serena Spaziani) con i denti del pettine inserito nel reggiseno atto a arginare i meloni del suo decolté alieno nella risalita muscolare del busto a cui seguì l’apertura a compasso delle gambe per impadronirsi usando le terga della schiena del sovrano sotto di lei. Un Amazzone anonima per destino stava formicolando le sue mani su dei tessuti come una coccinella che si cibi del ranch di afidi di una formica argentina. La ? Diede a Dara cosa aveva ingarbugliato: delle redini. La bambina stazza Maciste per i criteri terrestri lasciò il possente Teodorico il Grande sotto lo spacco a Betty Spaghetti della sua Arya Dröttningu portasse la barra d’oro già opacizzatosi in fondo alle guance rotolando su quel bavoso Mount Gushmore del suo becco in modo da dargli una stretta idraulica prossima a spaccare cotanto metallo. Con quell’arnese in bocca la cavalcatura si sentiva più risoluta della cavalcatrice. Non servirono pacche; il grifone s’impennò con Dara assicurata a lui come James Spader al Mastadge per poi ritornare action figure Popyc di Bellestar sulla sua Bellecar con le gambe perfettamente divaricate a U alla Betty Spaghetti in Dream tot factory di Shintaro Kago mentre il sovrano galoppava verso il ciglio della scogliera. Aveva già le ali a 16 piazze da far sembrare Woodrow Wilkins e la tabellina del 4 Val Ventura e la tabellina dell’1 pertanto subito s’agganciò alle ovovie del vento. Per avere quella sembianza da Pachyrhinosaurus un grifone e specialmente un capostormo grifone era una perfetta macchina volante, più pesante dell’aria ma più aerodinamico di una zanzara. Il drone dovette ruotare come l’idrante di un autopompa per garantire la stessa visibilità spettatoriale delle Amazzoni agli agenti d’Omega e il loro savio consigliere. Dara aveva concretizzato i suoi sogni. Amazonia aveva visto quel tramonto sorgere una sua nuova leggenda.

 

 

 

 

 

      

 

        

 

   
 
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