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Autore: Bec77    17/09/2009    6 recensioni
La sala da ballo era illuminata a giorno. I candelabri e i preziosi lampadari decorati con bellissime gocce di cristallo pendevano sulle teste degli invitati, bagnandoli della loro luce calda e perdendosi ai loro piedi. L’intero spazio era occupato da tavoli troppo lunghi e invitati troppo agghindati, come se quell’evento avesse richiesto di tirar fuori dal proprio guardaroba il vestito più sfarzoso e colorato. Quella festa era importante, certo, ma c’era qualcuno che avrebbe preferito trovarsi in tutt’altro posto, al freddo se fosse stato necessario, con i piedi affondati nella neve per arrivare nel posto più accogliente che aveva mai trovato in vita sua.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaname Kuran, Yuki Cross
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Warmth


La sala da ballo era illuminata a giorno. I candelabri e i preziosi lampadari decorati con bellissime gocce di cristallo pendevano sulle teste degli invitati, bagnandoli della loro luce calda e perdendosi ai loro piedi. L’intero spazio era occupato da tavoli troppo lunghi e invitati troppo agghindati, come se quell’evento avesse richiesto di tirar fuori dal proprio guardaroba il vestito più sfarzoso e colorato. Quella festa era importante, certo, ma c’era qualcuno che avrebbe preferito trovarsi in tutt’altro posto, al freddo se fosse stato necessario, con i piedi affondati nella neve per arrivare nel posto più accogliente che aveva mai trovato in vita sua.
Kaname sospirò affranto, osservando con occhi vacui dal matroneo tutta quella folla che cincischiava e parlottava eccitata, aspettando solo che lui facesse la sua comparsa per riempirlo di falsi sorrisi e moine disgustose. Ne aveva avuto abbastanza di tutto ciò in passato, si trovava a chiedersi perché dovesse presenziare anche a quest’ennesimo ballo.
- Kaname – lo chiamò una voce femminile, gentile e materna. Sua madre era apparsa da dietro le cortine rosse di una stanza con un bel sorriso. Sembrava un angelo con addosso quel vestito bianco e poco appariscente, che bastava a far risaltare tutta la sua bellezza ad una sola occhiata. Lui le sorrise amabilmente, cercando di esprimerle tutto il suo affetto.
- Buonasera madre. Ben arrivata – Piegò leggermente la testa in avanti, esibendosi in un perfetto inchino reverenziale. Sentì sua madre ridacchiare e avanzare con passo leggiadro, per poi fermarsi davanti a lui e abbassare la testa fino alla sua. Gli prese il mento fra le mani e gli sollevò il viso. A Kaname gli si mozzò il respiro: Juuri avvicinò le labbra alla sua fronte e lo baciò dolcemente, per poi staccarsi e sorridergli un’altra volta.
- E’ il tuo compleanno oggi, dovresti sorridere. Tutti si aspettano che tu lo faccia – gli disse Juuri.
- Avete ragione madre: tenterò di sorridere – le rispose Kaname, abbassando di nuovo distrattamente la testa. Sentì Juuri sospirare tristemente.
- Kaname-chan. Non sembri contento… - Sembrava un’affermazione più che una richiesta di chiarimenti. – Vorresti essere in un altro posto, vero? – gli chiese poi con un bel sorriso.
Kaname deglutì e si girò di nuovo verso gli invitati. La presenza di sua madre aveva fomentato il parlottare, e ora c’era anche qualche sconsiderato che osava alzare la testa e sussurrare indicandoli al suo vicino, o al proprio compagno, che immediatamente riferiva alla persona di fianco. Sembrava uno stupido passaparola, e Kaname si sentì davvero irritato. Spostò lo sguardo prima di arrabbiarsi sul serio. Sua madre (o meglio, la madre del vero Kaname. Non doveva dimenticarselo, anche se la chiamava in quel modo) lo guardava ancora con un dolce sorriso. Sembrava comprendere come si sentisse: fuori posto, desideroso di scappare da quelle inutili cerimonie. Probabilmente anche lei aveva dovuto subire le stesse moine quand’era giovane: il compleanno di un purosangue non era proprietà privata, era pubblica, appunto a causa del suo stato di sangue. Kaname si morse un labbro timidamente prima di parlare.
- Vorrei essere con Yuuki – sussurrò. Sapeva che anche solo nominare il suo nome era pericoloso se erano in pubblico, ma non se lo era potuto impedire. Quelle feste gliela facevano sembrare un sogno lontano, qualcosa che avrebbe potuto raggiungere solamente la notte. Juuri, però, ridacchiò comprensiva. Si abbassò di nuovo verso di lui e gli accarezzò dolcemente i capelli, prendendone qualche ciocca fra le dita.
- Farò in modo di farti allontanare il più presto possibile. Almeno appari un momento, poi io e Haruka cercheremo di tenere occupati gli invitati. Fingeremo un malore, se necessario – lo assicurò ridacchiando. Gli si avvicinò e lo abbracciò, continuando ad accarezzargli i capelli. Il bambino si beò di quel calore per un po’, permettendosi di chiudere gli occhi per un attimo e sospirare felicemente. L’abbraccio di quella donna era sempre sorprendente, inaspettato e dolce, gli risanava lo spirito.
- Se lo faceste, però, mettereste scompiglio. Nel caso diceste che ho avuto un malore, intendo – si sforzò di dire, continuando a tenere la testa in grembo alla donna. Juuri ridacchiò, e Kaname aprì gli occhi, trovandosi accecato per un attimo da tutta la luce di quei pacchiani lampadari.
- Hai ragione. Troveremo una scusa, però, stai tranquillo. Se farai la tua parte nessuno sospetterà di nulla - gli rispose la vampira facendogli un occhiolino complice, per poi scostarsi il più lentamente possibile. – Vado ad avvisare Haruka, tu non ti muovere – lo ammonì candidamente. Poi sparì di nuovo fra quelle coltri di velluto che l’avevano vista entrare. Kaname si trovò nuovamente solo, su quella balconata fredda e impersonale a osservare persone che non avrebbe voluto vedere.

Quando scese la scalinata assieme a Juuri e Haruka, la folla si prodigò per fare il commento più brillante e positivo, quello d’apprezzamento che avrebbe vinto un sorriso della coppia regale purosangue. Non vinse nessuno, perché entrambi, anzi, tutti e tre fecero sorrisi tiepidi e vagamente infastiditi, che purtroppo non smorzarono quegli atteggiamenti stupidi e frivoli. Kaname era stato protetto da entrambi i suoi genitori, essendo stato fra di loro, che in questo modo lo avevano tenuto al sicuro da mani indiscrete pronte ad allacciarsi attorno alle sue o ai suoi polsi per tirarlo nella mischia. Ogni tanto c’era qualche pazzo che lo faceva, guadagnandosi occhiate raggelanti da parte dei suoi genitori. Per fortuna quella sera, o meglio, fino a quel momento, ciò non era accaduto, quindi tutti e tre poterono attraversare la sala e sedersi ai posti d’onore della tavolata, rimanendo lì a chiacchierare fra loro o con alcuni ospiti che si avvicinavano per un breve saluto.
Kaname sedeva compostamente sulla sedia, mani in grembo e schiena dritta, ma i suoi occhi erano puntati sulla tovaglia bianca, i cui intrecci inesistenti erano senz’altro più interessanti di quella marmaglia che aveva davanti e che si atteggiava per fare bella figura davanti a loro. Non vedeva l’ora che Juuri e Haruka trovassero un pretesto per farlo uscire da quella sala soffocante per permettergli di tornare da Yuuki.
Un piccolo sorriso, a quel pensiero, gli sfiorò le labbra: pensare a lei lo rendeva sempre di buon umore. Si isolò in un mondo tutto suo, dove il calore del corpo di Yuuki stretto al suo illuminava tutto e faceva risplendere di luce nuova la realtà, dove quella piccola bambina era il centro del suo universo e il suo tutto. Quando riaprì gli occhi sentì immediatamente la mancanza di quelle sensazioni, e si agitò sulla sedia.
- Kaname, ti senti bene? -
Il bambino si voltò verso sua madre, che lo guardava preoccupata. O almeno, quella doveva essere un’espressione preoccupata, ma sembrava più… una finta. Aveva un’espressione di dolore esasperata, come se il suo dolore passasse in lei, cosa che non poteva assolutamente essere dato che lui non sentiva male da nessuna parte. Quindi la soluzione era una: quello era il segnale per la sua uscita di scena. Gli venne quasi da ridere, ma si trattenne. Strizzò gli occhi e cercò di assumere un’aria vagamente dolorante, stringendosi su sé stesso e guardando sua madre implorante.
- No, mi fa male la pancia – fu l’unica cosa che trovò sensato dire. Forse per una volta il suo essere bambino sarebbe tornato a loro vantaggio.
Immediatamente avvertì tutti gli sguardi dei presente su di sé, pronti ad avvicinarsi. Sua madre gli accarezzò una guancia e si alzò, facendo scendere anche lui dalla sedia e tenendolo per mano. Anche Haruka intanto aveva scostato la sua e si era alzato impettito, cercando di assumere un’aria autorevole, riuscendoci. Con un vago sorriso di scuse disse alla folla che dovevano ritirarsi per un attimo per un piccolo problema (come se non fosse già evidente, si disse Kaname sorridendo fra sé e sé per la scena). Poi li seguì attraverso la sala e sparì assieme a loro dietro un grande portone di legno scuro intarsiato.
- Ce l’abbiamo fatta – sospirò di sollievo Juuri, appoggiandosi con la schiena alla parete del lungo corridoio in cui erano finiti.
- Lo sapete che avete scatenato l’inferno lì dentro, vero? – chiese educatamente Kaname, con un piccolo sorriso che si estendeva appena agli occhi.
- Non ti preoccupare, ce la vedremo noi. Lascia fare ai tuoi genitori, Kaname – gli rispose affabile Haruka, scompigliandogli i capelli bruni con una mano e sorridendogli. Quello di Kaname si allargò un po’ di più, riuscendo a raggiungere per poco gli occhi.
- Va bene. Allora… io vado – Aggiungere anche avrebbe raggiunto Yuuki era sciocco, sapevano già dove sarebbe andato.
Haruka e Juuri annuirono in sincrono, poi con un battito di mani richiamarono una guardia dal fondo del corridoio, che corse trafelata fino a loro e si inchinò goffamente.
- Scorta nostro figlio fino alla macchina, e di’ all’autista di portarlo a casa – ordinò Haruka in modo agitato, come se fosse veramente preoccupato per la salute del figlio. Kaname capì che la farsa non era ancora finita, quindi cercò di assumere ancora un’aria dolorante.
La guardia annuì e lo scortò fino alla fine del corridoio. Girandosi indietro, il bambino vide i suoi genitori sorridergli e fargli segno che si sarebbero visti dopo. Poi riaprirono le porte e si tuffarono di nuovo sotto quella luce accecante. “In pasto ai leoni” sarebbe stato più corretto però, pensò contrito Kaname, uscendo finalmente all’aperto e raggiungendo la lussuosa auto davanti ai cancelli della villa.

Appena fu al sicuro nell’auto, Kaname sospirò di sollievo e si sedette comodamente sul vasto sedile. Reclinò la testa all’indietro chiudendo per un attimo gli occhi, ma le luci che vedeva attraversare le sue palpebre attirarono la sua attenzione. Riaprì gli occhi e si voltò pigramente verso il finestrino per osservare l’esterno, ben sapendo che chi c’era fuori non era in grado di vederlo.
I marciapiedi erano affollati dalla gente che camminava freneticamente avanti e indietro, con fra le mani pacchetti e pacchettini. Per gli umani quello era un periodo particolare, precedeva una festa molto importante chiamata “Natale”. Kaname si perse ad osservare le luci colorate fuori dai negozi e le decorazioni attaccate alle entrate delle porte di casa che davano sulla strada, pensando che fosse una festa davvero strana. Ad un tratto passarono davanti a un negozio di giocattoli: vide due bambini prendersi per mano sorridenti, con sottobraccio ognuno un pacchetto tutto colorato con un grande fiocco in cima; sorrisero contenti e raggiunsero i loro genitori, che li aspettavano pochi passi più avanti. Si sentì colpito da quell’immagine tanto semplice; lo fece cadere in leggera depressione, perché sapeva che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere con Yuuki: non avrebbero mai potuto uscire da un negozio e tenersi per mano, correre per raggiungere i loro genitori, sorridere con loro e scartare felici quei pacchetti. Il “Natale” lo avrebbero passato nello stesso modo, come sempre chiusi nei sotterranei senza finestre con Yuuki che avrebbe continuato a fare domande sul cosa, perché e quando, curiosa come sempre.
Ripensare ancora a lei lo fece sorridere lievemente, come quando era alla villa. Si raddrizzò sul sedile e osservò di nuovo il paesaggio fuori dal finestrino, vedendolo cambiare man mano che si avvicinavano a villa Kuran. Immediatamente gli alberi si fecero più radi, e arrivarono nello spiazzo di casa. L’autista gli aprì la portiera lasciandolo scendere proprio davanti alla porta. Kaname lo ringraziò educatamente con un cenno del capo e fece di corsa le scale, lasciandosi alle spalle la neve scricchiolante e fresca caduta a terra quella notte e il freddo dell’inverno.
Anche dentro alla villa c’erano i lampadari con le gocce di cristallo, pensò in uno sprazzo di poca lucidità Kaname, osservando distrattamente ciò che lo circondava mentre correva verso la porta dei sotterranei, ma la loro luce non creava ombre ambigue sul pavimento, non la gettavano su gente ignobile e frivola, e per questo gli piacevano molto di più. Dovette abbandonare quella stanza luminosa quando varcò la soglia dei sotterranei, inizialmente bui. Riprese a correre con rinnovato vigore quando vide alla luce delle fiammelle di un candelabro la porta che dava sulla parte della villa occupata da Yuuki.
Aprì le alte porte con difficoltà, ma con già un timido sorriso sulle labbra, pronto ad abbracciare quel corpicino caldo e accogliente. Ma non trovò nessuno ad aspettarlo. Le stanze che passava man mano che avanzava in cerca di quella che doveva essere sua sorella minore, erano silenziose e tetre, anche se perfettamente illuminate a giorno. Kaname si agitò e cominciò a correre più velocemente, fermandosi solo per un momento in ognuna di esse, per poi riprendere quando non avvertiva traccia della sua Yuuki. Ad un tratto, però, sentì dei singulti provenire da qualche parte della casa. Corse verso di essi e si fermò solamente quando li udì a un passo da sé: Yuuki doveva essere in quel salotto, nascosta per forza dietro un mobile dato che ad una prima occhiata sembrava non esserci; eppure aveva sentito i suoi singhiozzi.
- Yuuki… - chiamò dolcemente, avanzando il più calmo possibile verso il centro della stanza. – Dove sei? – chiese.
I singhiozzi si fecero più forti, e il cuore di Kaname si strinse ancora in preda all’ansia.
- Yuuki, vieni fuori. Yuuki – la chiamò ancora, girando in tondo. Avanzò verso il luogo da dove sembrava provenissero i singhiozzi mal soffocati: era un divano in fodera rossa posto malamente in un angolo, come improbabile barricata per un rifugio sicuro. Kaname lo aggirò e sospirò di sollievo quando vide al figurina magra della sorella tutta raggomitolata su se stessa, in lacrime; non sembrava ferita, come per un istante la sua mente aveva pensato a causa del pianto.
- Yuuki – la chiamò ancora. – Che cos’hai? -
La bimba singhiozzò ancora per un attimo, poi alzò la testa verso di lui, con il labbro imbronciato e gli occhi scuri inondati di lacrime. Lo fissò per un secondo, sforzandosi di non continuare a piangere, ma poi scoppiò, spaventando per un secondo Kaname, che non sapeva cosa fare.
- Siete cattivi! – cominciò a urlare. – Avete lasciato Yuuki tutta sola per andare a una festa. Yuuki non l’ha nemmeno mai vista una festa, non sa che cos’è, e anche se la mamma le ha detto che è una cosa noiosa lei non ci crede, perché tanto voi ci siete andati e l’avete lasciata tutta sola qui! – singhiozzò stringendo a sé il pupazzetto a forma di coniglio che si portava sempre dietro ovunque andasse.
Il fratello la guardò con occhi sgranati, stupito. Doveva essersi sentita molto sola per dire quelle cose, pensò con rammarico. Avanzò di qualche passo e si accucciò vicino a lei, cercando di rassicurarla con un piccolo sorriso. Quando cominciò a parlare allungò una mano verso la sua testolina di capelli bruni, raccolti in due buffe codine, e prese ad accarezzarli dolcemente.
- La mamma ha detto la verità, era una festa davvero noiosa. Sai, le feste solitamente devono essere allegre e colorate, con tante persone che ti vogliono bene che ti circondano e ti riempiono d’affetto. Quelle che c’erano a questa festa, invece, erano tutte antipatiche e cattive – le spiegò semplificando il più possibile. Yuuki sembrò calmarsi abbastanza a quelle parole, e gli rivolse un’occhiata più tranquilla da sotto la frangetta.
- Per questo sei tornato? – gli chiese con una vocina sottile e arrochita dal pianto.
- No: volevo stare con te – le rispose sorridente Kaname, sporgendosi per abbracciarla. – Solo con te mi sento bene – le disse con sincerità.
- Anche Yuuki sta tanto bene con il suo onii-sama – gli rispose con il sorriso sulle labbra la sorella, abbracciandolo di rimando.
Rimasero così per un po’, godendo del calore del corpo l’uno dell’altro, appoggiati al muro freddo della sala e accarezzandosi i capelli a vicenda. Yuuki si calmò così tanto che la sua testa cominciò a ciondolare per il sonno avanti e indietro, e le sue palpebre si riaprivano a scatti faticosamente. Kaname la guardò rilassarsi sempre di più nel suo abbraccio, sorridendo lievemente per tanta bellezza. Stare troppo lontano da lei gli era impossibile, pensò.
- Onii-sama? – lo chiamò con una vocina assonnata Yuuki, sussurrando.
- Dimmi, Yuuki -
- La mamma ha detto una cosa a Yuuki, prima di uscire: che oggi era il tuo compleanno. -
Kaname sussultò leggermente. Pensò di aver infastidito Yuuki, perché la bimba si riscosse per un attimo e alzò gli occhi su di lui, guardandolo con i suoi grandi occhi castani.
- Che cos’è un compleanno, onii-sama? Yuuki non lo sa – gli chiese. Kaname le fece di nuovo un sorriso e glielo spiegò, riprendendo ad accarezzarle la testolina e facendo in modo che la posasse di nuovo fra la sua spalla e il suo collo, in modo che potesse sentire il suo profumo inebriante.
- Il compleanno è un giorno particolare dell’anno in cui si festeggia la nascita di una persona – le spiegò sottovoce, sperando di non svegliarla ancora. Ma Yuuki era caduta nel dormiveglia in fretta, infatti faticava a tenere gli occhi aperti e a mormorare le frasi, che risultavano come dei sussurri.
- Onii-sama è nato oggi? – chiese lieve.
- Sì – soffiò gentilmente Kaname, sorridendo.
- Yuuki non può festeggiare assieme a onii-sama il suo compleanno, però gli vuole tanto bene e vuole farglielo sapere – mormorò dolcemente la bimba, stringendosi di più a lui. Kaname sorrise felice e la strinse altrettanto forte a sé, affondando la testa fra i suoi capelli bruni.
- Mi basta che stai così e mi abbracci, Yuuki. Solo questo è più che sufficiente – le mormorò.
- Ti voglio bene, onii-sama… - sussurrò Yuuki alzando le braccia per metterle attorno al suo collo e, un istante dopo, abbandonare la testa sulla sua spalla, addormentandosi. Kaname la strinse ancora di più e sorrise, finalmente al caldo fra le braccia dell’unica che avesse mai amato.

* * *
Note finali:
#1. Questa fanfiction non prende spunto da nulla in particolare. I compleanni dei personaggi non sono stati rivelati dalla Matsuri, quindi è tutto completamente inventato. Quello che c'è scritto è puro plot selvatico (XD!), frutto della mia fervida (quando vuole; oggi particolarmente) fantasia.
#2. Il tutto è una WHAT IF ambientata nell'infanzia di Yuuki, dove ovviamente Kaname non era già più suo fratello maggiore e la cui anima era già stata rimpiazzata da Rido all'interno del corpo (si presume). Il fatto che Yuuki parlasse di se stessa in terza persona è canon, non prendetemi per idiota. Poi le bimbe che parlano in terza persona sono pucce, awwww~♥

Frozen.
   
 
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