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Autore: Orso Scrive    30/12/2023    1 recensioni
Strane luci compaiono nel cielo estivo sopra il lago di Garda.
Un mistero che proviene dal cosmo...
Storia scritta nel 2017
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO

 

Quella notte il caldo era asfissiante.

Per quanto si rigirasse di qua e di là, cercando un angolo un po’ più fresco nel letto, cambiando di continuo verso al cuscino madido di sudore sperando che, magari, si fosse raffreddato appena un poco, tentando vanamente di captare qualche parvenza d’aria fresca mossa dal ventilatore, Bruno proprio non riusciva a prendere sonno ed i suoi occhi spalancati tornavano sempre a fissare il soffitto buio. Gettò un’occhiata a Carlotta, al suo fianco, indovinandone la sagoma nella penombra e domandandosi come diavolo fosse possibile che riuscisse a dormire così bene, per di più con indosso una vestaglia.

Alla fine non ce la fece più. Districandosi a fatica dalle lenzuola arrotolate e appiccicose, si alzò in piedi, cercò a tentoni un paio di pantaloncini corti che la sera aveva gettato sulla sedia accanto al letto e si diresse alla porta della camera da letto.

«Dove vai?» gli domandò la voce assonnata della moglie.

«Provo ad uscire un attimo sul balcone, magari lì si respira meglio» borbottò l’uomo, andando verso la finestra della sala da pranzo e spalancandola.

La frescura della notte, in confronto alla calura intrappolata tra le pareti dell’appartamento, fu un vero e proprio toccasana per i suoi polmoni riarsi. Tra l’altro, sin dalla mattina, aveva faticato tutto il giorno sotto il sole, al cantiere, ed aveva commesso l’imperdonabile errore di stare a torso nudo: così, adesso, la sua pelle arrossata trasudava calore come una fornace, come se già non fosse sufficiente il caldo afoso che lo circondava.

L’aria fresca, o perlomeno meno cocente, però, gli avrebbe certamente concesso qualche istante di apparente refrigerio. Pensò con decisa riluttanza al momento di dover rientrare in quel forno e rimettersi sdraiato nel letto. Lenzuola e materassi andrebbero aboliti, d’estate. Fosse dipeso da lui, avrebbe dormito sulla sdraio del balcone, ma Carlotta non ne voleva affatto sapere: «Cosa penserebbero, i vicini, se ti mettessi a russare come al solito?» lo aveva rimbrottato. Da ragazzo, qualche volta, aveva dormito in spiaggia, in serate come quella; ma, anche su questo, la moglie era stata intransigente: «Eh, certo, dormire in spiaggia, così poi magari ti arrestano, oppure ti rapinano, o peggio ancora ti uccidono. Ma ti rendi conto di che gente va in giro di notte, di questi tempi?» Bruno se ne rendeva conto, o almeno così aveva fatto credere a Carlotta e, così, era costretto a dormire in casa, al caldo, o almeno a provarci. L’afa, quasi, rendeva difficile respirare, figurarsi addormentarsi. E si era appena a giugno: dove diamine sarebbero arrivate le temperature, quando fosse stato pieno luglio?

Bruno s’appoggiò al davanzale ed osservò i tetti e le strade della cittadina illuminata di fronte a sé; si domandò in quanti dormissero e in quanti, invece, si trovassero nelle sue medesime condizioni di immensa sofferenza, in quel momento.

Da un condominio poco discosto, le cui finestre erano quasi tutte buie, gli giungeva il rumore monotono e continuo degli impianti per l’aria condizionata; be’, almeno, qualcuno se ne stava al fresco. A lui, però, non era mai piaciuta l’aria condizionata, poiché da bambino, entrato in un supermercato in cui era stata accesa ad un livello di freddo esagerato, s’era ammalato di bronchite, il che lo aveva costretto a passare una pessima estate a letto, prendendo antibiotici; nonostante fossero trascorsi ormai tanti anni, se lo ricordava ancora con ribrezzo ed angoscia e non aveva certo alcuna intenzione di ripetere l’esperienza. Da una finestra spalancata al terzo piano, tuttavia, proveniva la luce fioca, azzurrina ed intermittente di un televisore acceso: evidentemente, il proprietario di quell’appartamento doveva pensarla come lui, riguardo i condizionatori d’aria, ma ciò lo aveva costretto a fare le ore piccole; tendendo bene l’orecchio, Bruno colse anche alcune parole della trasmissione televisiva che l’altro nottambulo stava guardando, una tediosa discussione politica sull’ennesima riforma di chissà che cosa; forse, nelle intenzioni dello spettatore, doveva servire a conciliare quel sonno che non voleva in alcuna maniera farsi vedere. Il povero accaldato pensò che le trasmissioni che trattano di argomenti politici andrebbero proibite per legge, durante la notte. Anzi, a dirla tutta, anche durante il giorno. Ma figurarsi se un politico avrebbe mai potuto evitare di andare a spiattellare di fronte a tutta la nazione il proprio operato, fregandosene dell’ora.

Un suono pulsante attrasse la sua attenzione verso il basso, sulla strada tinta d’arancione dalle luci dei lampioni, che tremolavano per l’umidità: un’automobile, con la radio accesa a tutto volume, si avvicinò sempre più e, poi, si allontanò, scomparendo oltre una curva che conduceva verso il porto. Non molto dopo, un tale passò in bicicletta, pestando con foga sui pedali cigolanti e cantando a squarciagola una canzone stonata ed a tratti decisamente oscena. Bruno ghignò: gli effetti del caldo esagerato, ormai, cominciavano a farsi sentire un po’ per tutti.

Sollevò gli occhi al cielo, cercando se, magari, non ci fosse una nuvoletta, da qualche parte, che potesse annunciare un bel temporale rinfrescante. Macché, le stelle brillavano a migliaia nel mezzo di una volta celeste completamente sgombra da qualsiasi possibilità di pioggia; e, inoltre, apparivano vacillanti a causa della persistente umidità che faceva percepire ancora più forti le temperature già impossibili da sopportare, come se tutta la zona fosse diventata una sorta di serra a cielo aperto. Mentre tentava di riconoscere qualche costellazione - non c’era mai riuscito, in verità, al di là dell’Orsa Maggiore - Bruno notò qualche cosa di molto strano, che non gli era mai capitato di vedere, in precedenza. Un puntino rosso ed estremamente brillante voleva a gran velocità verso di lui, provenendo, con ogni apparenza, dalla sponda occidentale del lago di Garda.

Si chiese che cosa diamine potesse essere, quell’affare; non ricordava di aver mai osservato, prima, nulla del genere: che fosse un nuovo tipo di aeroplano? Sapeva che, ultimamente, i militari dell’aeronautica se ne stavano inventando di tutti i colori, o almeno così aveva sentito dire al telegiornale della sera, e non era escludersi che qualcuno di quei loro nuovi affari si fosse alzato in volo da Ghedi o da Villafranca.

Senza mai staccare gli occhi dal puntino rosso, lo osservò avvicinarsi sempre di più e, a quel punto, sul suo volto curioso e sudato si dipinse uno sguardo di completo stupore. Perché la cosa che gli stava volando sopra la testa, adesso, era niente altro che un enorme disco volante, il quale effondeva tutt’attorno una luce rossa, di tonalità quasi incandescente, senza emettere il benché minimo suono. Mentre transitava, lo strano velivolo diminuì la propria andatura, pur continuando a muoversi, come se fosse alla ricerca di uno slargo sul quale atterrare o compiere qualche altra manovra.

Come imbambolato, la bocca spalancata, Bruno rimase immobile, osservando la strana apparizione volare bassa e chiarissima nel cielo di fronte a sé, prima che scomparisse oltre i tetti delle case circostanti. A quel punto, non gli fu più possibile seguirla con lo sguardo ed il suo corpo, rimasto bloccato dalla stupefacente ed inaspettata visione, riacquistò l’uso dei movimenti.

Che il caldo fosse davvero troppo e gli avesse dato alla testa come al tizio in bicicletta di poco prima? Da escludere categoricamente. Era sicurissimo che, quello che aveva visto, fosse del tutto reale, non il frutto della sua immaginazione.

«Lotti! Lotti!» gridò a pieni polmoni, precipitandosi nell’appartamento. «Svegliati!»

La moglie, bruscamente risvegliata, lo osservò stralunata, dicendo: «Cosa? Cosa?»

«Presto, Lotti, vieni!» strepitò Bruno, afferrandola per una mano e tirandola giù dal letto.

«Ma dove? Che succede?» sussurrò la donna, intontita, senza capire nulla, mettendosi in piedi a fatica.

Osservò con aria incerta il marito che trafficava con la serratura della porta di casa e, poi, si fece prendere dal panico non appena egli l’ebbe tratta per una mano, iniziando a condurla giù per le scale, di corsa.

«Oddio, Bruno, che c’è? Un terremoto?» gridò la donna, terrorizzata.

«No, no! L’ufo! L’ufo!» urlò il marito, in preda all’eccitazione.

La povera Carlotta, trascinata scalza per le scale, non capiva davvero nulla.

«Ufo? Quale? Cosa intendi dire?»

«Vieni, vieni con me!»

Bruno spalancò il portone del condominio e raggiunse il suo motorino, una Vespa blu scuro, che aveva parcheggiato in divieto di sosta sotto casa, sperando che, almeno per quella sera, con quel caldo opprimente, i vigili urbani non passassero proprio di lì o che, almeno, se l’avessero fatto, chiudessero un occhio. Il biglietto dall’aria marziale incastrato tra il manubrio ed il parabrezza, però, raccontava tutt’altra verità.

«Ma, Bruno, dove stiamo andando?» chiese la donna.

«Presto, monta, poi te lo dico!» strillò l’uomo, gettando via la multa e mettendo in moto lo scooter.

«Ma, almeno, fammi vestire!» si lamentò Carlotta.

«No, no, non c’è tempo!» rispose di rimando il marito.

«Ma sono in vestaglia! Non vedi com’è scollata, davanti? E se mi guardasse qualcuno? Non ho niente sotto, si vede tutto!»

«Non c’è in giro nessuno, a quest’ora, Lotti! E poi, ormai, alla tua età, chi vuoi che ti guardi?» strepitò Bruno, senza riuscire a reprimere una risata.

Carlotta, in un attimo solamente, dimenticò di essere appena stata strappata dai sogni e condotta a forza dal marito in strada, scalza e mezza nuda, senza apparente motivo.

«Guarda che io ho solo trentasette anni!» ululò con fervore. «Non sono ancora decrepita come te, che nei hai quaranta suonati! Quando esco con le amiche, per tua norma e regola, si girano proprio tutti a guardarmi! Se mi hai tirata giù dal letto e sbattuta fuori di casa a quest’ora solo per farmi passare per vecchia e offendermi, giuro che non te la faccio passare liscia!»

«Dai, Lotti, scherzavo! Lo so che sei la più bella che ci sia al mondo! Adesso, però, salta su, muoviti!»

Sperando che il marito non fosse impazzito del tutto, Carlotta sedette dietro di lui e gli passò le braccia attorno alla vita. Molte volte, quando erano fidanzati, Bruno passava a prenderla nel cuore delle calde notti estive come quella, con il suo motorino di allora, e la portava a spasso per le strade deserte, cercando un luogo in cui starsene da soli. E, anche a quei tempi, prima che lei salisse sulla sella dietro di lui, la prendeva bonariamente in giro per qualsiasi cosa, dal suo trucco un po’ slavato alla sua borsetta logora, passando sempre per i suoi capelli crespi ed indomabili. Ma, da quell’epoca, era trascorsa una quindicina d’anni, almeno! Di sicuro, il marito non poteva aver deciso proprio adesso, di punto in bianco, di far rivivere i più dolci momenti della loro adolescenza. Oppure sì? Quel pensiero romantico disegnò un leggero sorriso sulle labbra della donna.

Non appena Carlotta si fu seduta in sella, Bruno diede gas e partì sparato verso la sponda orientale del lago.

«Mi vuoi almeno dire che sta succedendo, per favore?» gridò la donna, per contrastare il rumore scoppiettante del motore.

In poche parole, senza rallentare l’andatura, Bruno le narrò che cosa avesse veduto.

«Ed ora staremmo correndo dietro ad un’astronave? E tu ti aspetti che ci creda? Ti dico sempre di non bere liquori, dopo cena, specialmente dopo che ti sei sbafato da solo quattro o cinque birre, ma tu non mi dai mai ascolto! Ma da domani si cambia! Solo acqua!»

«Non sono ubriaco, Lotti! Se non mi credi, giudica tu stessa!» replicò Bruno, superando una svolta della strada ed indicando di fronte a sé.

«Gesù!» gridò Carlotta.

Il disco volante, adesso, era proprio di fronte a loro, che volava sempre in direzione del lago, così basso da poterne distinguere tutti i particolari, comprese le finestrelle dietro le quali sembrava muoversi qualcuno.

Bruno accelerò a manetta per riuscire a stargli dietro.

 

 
   
 
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