Film > Animali fantastici e dove trovarli
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Autore: Virgy_scamander    31/12/2023    0 recensioni
Un circolo di auror, le bacchette puntate l'uno contro l'altro, con sguardo gelido e gli occhi fissi. Sarebbe bastato anche solo il movimento del mignolo per far partire dalla punta delle loro bacchette delle scintille rosse, chi sarebbe stato il più veloce, avrebbe probabilmente evitato la raffica di schiantesimi, se qualcun altro non lo avesse colpito alle spalle.
Non c'era da fidarsi in quel mondo di lupi, bastava poco perchè I loro piani potessero essere scoperti, non bastava la semplice e reciproca fiducia. La posta in gioco era davvero troppo alta, e la loro bussola morale avrebbe potuto cambiare da un momento all'altro direzione. Perchè Grindelwald aveva questo terribile potere, bastava una parola, o semplicemente una sillaba sussurrata con la giusta intonazione a stravolgere il loro mondo interiore.
Genere: Fantasy, Fluff, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa, Theseus Scamander, Vinda Rosier, Yusuf Kama
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Aveva paura. Terrore. Una paura folle di chiudere gli occhi. Erano giorni che lasciava la luce accesa dalla bacchetta, tutte le notti, prima di andare a dormire. Si girava e rigirava fra le coperte, la stoffa lo infastidiva, si sentiva come uno di quei neonati avvolti completamente dalle fasce, incapaci di muoversi. E quando quella luce diveniva troppo intensa, quasi accecante per via dell'oscuritá che lo circondava, spingendo con entrambi i piedi il lenzuolo di lana, la afferrava di scatto. A volte, semplicemente la spegneva. Nox. Altre volte la allontanava dal suo viso, solcato da rughe profonde e la scagliava contro la scalinata del suo ufficio.  Si chiedeva in effetti come mai quella bacchetta fosse ancora intatta, priva di graffi e perchè non avesse mai trovato in giro una singola scheggia di legno. 

L'ultima volta però, doveva ammetterlo, aveva combinato un tale disastro! La bacchetta aveva colpito il battiscopa, ed era scappato un incantesimo esplosivo che aveva distrutto il gargoyle di pietra ai lati dell'ingresso della stanza. La polvere aveva iniziato a volteggiare nell'aria, unita alla tenue luce, ancora accesa della bacchetta. 

La cenere proveniente dal camino sempre acceso, per combattere l'umidità di quel luogo di pietra, faceva da scherma, tutto intorno a lui era sfocato. Sbuffò. Un'altra gaffe da risolvere, pensò. Come se giá non avesse abbastanza problemi da risolvere. Raccolse la bacchetta da terra, guardando il rovinoso disastro che aveva combinato. Se il preside Dippett fosse entrato nel suo ufficio in quel momento, avrebbe sicuramente dovuto consegnare le dimissioni. Rise a voce un po' troppo alta. Tornò alla realtà, ricordava ancora tutti gli incantesimi di riparazione che erano giovati a rimettere in ordine quel pasticcio. 

Minerva, la cara, anzi carissima Minerva. Quasi le venne un infarto quando entrò nel suo ufficio. Albus quasi non la riconobbe, perchè il polverone che si era alzato da terra, la avvolse. La rossa aveva smesso di respirare per qualche secondo, per poi tossire sonoramente quando la polvere le entrò nel naso. Completamente sporca di cenere. Si tolse gli occhiali, che raramente portava, solo quando si immergeva nelle sue lunghe ore di lettura serale.

 

" Merlino, che hai combinato?" 

La sua voce era agitata, preoccupata, tendeva sempre a pensare al peggio quando si trattava di Albus. Non che non si fidasse di lui, anzi al contrario gli aveva affidato la sua vita tante di quelle volte, che adesso non ci pensava quasi più alla circostanza. Teneva le braccia sui fianchi, in attesa di una risposta, la testa inclinata di lato e un espressione grave sul volto, incorniciato da un taglio di capelli poco più lungo di un caschetto, mossi come le onde calme del mare.

 

" Albus?" Lo chiamò. 

 

Il mago alzò lo sguardo e la guardò con un sorriso, mascherando il vuoto che provava. Da quando quel patto di sangue era stato infranto, aveva sentito una parte di sè volare via. Come un vuoto, una voragine.  Una profonda cicatrice nella sua anima. Minerva agitò la bacchetta per abbassare la fiamma, che danzava nel camino. In quel momento avrebbe tanto voluto abbracciarla, stringere l'amica fra le braccia e colmare almeno una parte di quella voragine. Rimase invece fermo, a guardarla, con le parole che faticavano ad uscire dalle sue labbra.

 

" è sempre un piacere vederti Minerva" le disse. Ci credeva veramente, non ricordava nessun altra figura, a parte Newt, il suo tassorosso preferito, che gli fosse veramente rimasto vicino. Lei c'era sempre, e non si tirava indietro neanche quando a situazione iniziava a diventare pericolosa. 

 

" non ne dubito" rispose lei, ancora colpita dal disordine nella stanza dell'insegnante.

Fece per chiedergli che cosa fosse successo lí, ma Albus la anticipò " mi è solo scappata la bacchetta di mano", lo disse con naturalezza, come se fosse la cosa più normale del mondo. 

 

"Oh" si lasciò sfuggire lei delusa, aspettandosi decisamente una risposta più entusiasmante. 

" Ad ogni modo" cambiò repentinamente espressione "nella sala grande si festeggia! Sono finiti i G.U.F.O e finalmente abbiamo un po' di tregua" sospirò guardandolo dritto negli occhi. 

Lo stesso colore dei suoi, azzurri come uno specchio d'acqua, puri e senza alcuna nota di malignitá. Raramente si potevano scorgere in un mago o una strega qualunque. Ma Albus silente non era un mago qualunque.  Minerva Mcgrannit non era la strega della porta accanto. Entrambi avevano un passato tormentato, conoscevano gli scheletri  che si celavano nel loro armadio. 

" vieni anche tu?" Dagli occhi spiccava una nota di implorazione, come se la speranza potesse avvolgerlo e convincerlo ad uscire da quel logoro ufficio, dal quale non usciva quasi mai nel tempo libero, sempre occupato a rispondere ai gufi, alle critiche dei giornalisti della gazzetta del profeta, a studiare ogni singola presunta mossa di Grindelwald. 

 

Giá Gellert. Quel mago che raramente non appariva nei suoi sogni, quei suoi occhi colore del ghiaccio.  NOn poteva certo dimenticare quel suo sciocco sorrisetto giovanile stampato sul viso, quando intravedeva nella nebbia il suo ciuffo biondo e ribelle svolazzare. Quando si davano appuntamento sotto il loro albero solitario, ai margini della collina di Godric's Hollow. Il calore che provava quando le mani si intrecciavano intorno alle sue, quando gli accarezza la fossetta sul mento, incredibilmente perfetta, cosí simile al sedere di un babbuino. Ed era proprio in questo momento che ad Albus venne la pelle d'oca. I peli gli si drizzarono sulle braccia, elettrici, mentre un pesante senso di colpa lo consumava. 

 

" no, Minerva." Rispose Albus sussurrando " ho davvero troppe, troppe cose da fare". 

La strega lo guardò tristemente, cacciò via una lacrima che si era annidata ai margini del suo occhio. 

" Ma ti farà bene! Albus, non puoi continuare a stare qui!" Protestò. "Io" abbassò lo sguardo " non posso vederti così. Albus" 

C'era tristezza nel suo tono di voce, che Albus troppo ancorato ai dolorosi ricordi del passato quasi non aveva notato.

" Minerva, sto benissimo. È solo che Grindelwald" si bloccò per qualche secondo per poi proseguire, una pausa durata troppo. Per Minerva. " Grindelwald non si ferma! Ha ucciso troppi babbani. E non posso fermarmi neanch'io. Non finchè le cose non saranno sistemate" pronunciare il suo nome faceva male. 

 

Minerva annuí, consapevole che quando Albus si metteva qualcosa in testa non c'era nulla che potesse fargli cambiare idea, uno dei suoi difetti o pregi migliori. 

" va bene" annuí " ti lascio il dolce" sussurrò prima di uscire dall'ingresso. 

 

Albus sentí un rumore di spugna, un incantesimo che probabilmente aveva lanciato Minerva per ripulirsi il vestito dalla polvere, poi sentí il rumore dei suoi tacchi diventare sempre più lontano. E sparire del tutto. 

Una parte di lui desiderava disperatamente che Minerva, per quanto piccola rispetto a lui, lo trascinasse rigorosa per un braccio fuori da quella stanza, nella quale si era rintanato nel tentativo disperato di salvare il mondo. Ma non lo fece. Minerva era andato via, e quel vuoto che si era riempito della stessa speranza nei suoi occhi, era tornato.

Ripulí tutto, poi prese la foto di Gellert fra le mani. Il viso incorniciato da spettinati capelli biondo platino. E pianse. 

 

Erano passati pochi giorni da quell'episodio, da quel giorno si guardava due volte dal lanciare la bacchetta nuovamente a quel modo. Non poteva fare a meno di fissare il soffitto tutte le volte in cui pensava a Gellert. Quei capelli, la carnagione biancastra, gli occhi penetranti. Lui non era esattamente quel libro aperto, che era solito descrivere la sua zia Bathilda, anche se con il passare del tempo anche lei si era accorta che c'era qualcosa che non andava in suo nipote, e che il modo in cui lo aveva descritto per tanti anni si limitava a descrivere l'immagine sbiadita di un dolce bambino, quale era stato. E si era anche reso conto che forse si era illuso di conoscerlo, credeva di conoscere quel ragazzo che gli faceva battere il cuore all'impazzata nel petto, che voleva fuggire via, ed unirsi a quello di Gellert. Ma quello spazio era giá occupato, da un profondo e oscuro sogno che avevano all'inizio alimentato, il potere superiore. 

Albus solo decine di anni si era reso conto che Gellert aveva fatto tanta strada anche grazie a lui, alle sue ricerche, alla sua voglia di lottare per far in modo che quel desiderio divenisse realtà. 

Continuava a ripetersi che era stato solo il sogno di un ragazzo, di un immaturo, ma non poteva continuare a ripeterselo quando le notizie sulle sue crudeltà fioccavano in prima pagina. Nella gazzetta del profeta, nei giornali babbani, in tutte le riviste commemorative. Non c'era giorno in cui non si sentisse parlare almeno una volta di Gellert Grindelwald. C'era chi diceva che avrebbe tentato di entrare nel ministero, come aveva fatto l'anno prima, chi era convinto che giá Grindelwald avesse delle marionette nel ministero della magia, che fosse Britannico, Francese oppure Americano. 

Ciò che era certo era che Grindelwald aveva molti più poteri di quelli che aveva da ragazzino. Ora era temibile, pericoloso ed andava fermato. Gli fosse pure costata la vita, sarebbe stato il prezzo da pagare per il tradimento. 

 

 

Chiuse gli occhi e senza rendersi conto si addormentò. 

Quella notte, sognò Gellert. Lo sognò e provò le stesse emozioni di quando erano ragazzi. Il viso affondato sulla sua spalla, le guance sulle quali era apparso un discreto sorriso, solleticate dai lunghi capelli biondi. Sapeva che tutto sarebbe precipitato, succedevà sempre. Era lo stesso sogno di sempre. 

Ariana, piccola ed indifesa con il solito vestito bianco candito, decorato da un fiocco rosso all'altezza della vita, con un sorriso stampato sul suo viso. Piccola. Poi si ritrovava senza sosta a parare e schivare incantesimi provenienti dalla bacchetta di Gellert, spietato con il viso che non lasciava trapelare alcuna emozione, positiva o negativa che fosse, e l'urlo di Ariana, terrorizzata che guardava la scena a pochi metri di distanza. La vide terrorizzato, cambiare repentinamente forma. Una massa nera, mostruosa, scagliarsi scontro un albero accanto a Gellert. Lui sollevare la bacchetta per fermarla, e in lontananza il belare delle capre di suo fratello. Poi anche lui iniziò ad urlare 

"No!! Ariana No!!" 

Le lacrime gli scendevano dalle guance, i muscoli tremavano senza sosta. Un lampo di luce. Poi tante nuove immagini, non in sequenza cronologica. 

 

Gellert che lo guardava ardentemente, i piedi profondati nell'acqua del ruscello, con la camicia zuppa d'acqua. Una luce sognatrice negli occhi. Gli prendeva la mano fra le sue. 

" possiamo fare tutto questo insieme, Al. Perchè io ti amo, e anche tu"

 

All'improvviso l'Albus del presente si svegliò, di soprassalto. Con la voce rotta dai singhiozzi. 

"Albus" Minerva Mcgrannit seduta sul letto, a fianco a lui, che gli stringeva timidamente la mano. Lo aveva sentito urlare, e si era precipitato nella sua stanza. Non si era neanche chiesto come avesse fatto ad entrare. 

" parla con me, Albus. Parla con me" la sua voce era ferma. 

Silente la guardò implorante. Le mani gli tremavano. Fece una cosa che desiderava tanto fare, da parecchi giorni, ma che non aveva mai avuto il coraggio di fare. Con il cuore che ancora batteva a mille, si mise a sedere, ignorando il capogiro e l'emicrania che gli era venuta. e senza preavviso la abbracciò, sprofondò la testa sulla sua spalla e lasciò che le lacrime gli scorressero lungo le guance. Sapendo che non avrebbe potuto far nulla per fermarle. 

   
 
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