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Autore: Tynuccia    04/01/2024    1 recensioni
[Gundam SEED] Lo sentì sghignazzare, leggero, e fu lieta che le stesse camminando dietro, o avrebbe sicuramente fatto commenti sull'ammaliante sorriso che le stava curvando le labbra all'insù.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dearka Elthman, Miriallia Haww
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corazza
 
 
 
 
 
Solitamente era lei che forniva ai membri del ponte di comando informazioni varie ed eventuali sull'andamento delle battaglie, in qualità di CIC, ma in questo caso si ritrovò a parlare principalmente per se stessa. 
 
"Il Buster sta rientrando", disse, osservando sullo schermo la ripresa della telecamera sul Gundam, talmente danneggiato che persino lei, che di meccanica ne capiva ben poco, intuiva che non sarebbe stato possibile ripararlo. "Ed è sorretto dal... Duel".
 
Dietro di lei, Ssigh trasalì. "Il Duel?", ripeté, incredulo. "Non dovremmo comunicare al personale di stare pronto con le armi?".
 
Murrue, ancora profondamente scossa per l'eroico sacrificio in extremis del suo compagno, si voltò appena, valutando con cautela le parole del giovane. Quindi, spostando gli occhi arrossati su Miriallia, tentò un sorriso, che le uscì sghembo. "Cosa ne pensi?", domandò con un filo di voce. "Sei tu quella che conosce meglio Dearka".
 
La ragazza si morse il labbro ed abbassò lo sguardo, ritrovandosi quasi infastidita da quel giudizio così dannatamente vero. "Credo che non ci sia bisogno di preoccuparsi", affermò, memore delle confidenze del Coordinator circa il Duel ed il suo pilota. "Inoltre, durante la battaglia è stato proprio quel Gundam a proteggere lo Strike Rouge, e Cagalli".
 
Il Capitano Ramius annuì, per buona pace di Ssigh. "Sarebbe meglio se andassi a dare un occhio", consigliò comunque, più per un fattore relazionale, che per un reale pericolo. "Te la senti?".
 
Miriallia rimase qualche istante a soppesare quell'ordine, ma si risolse a togliere la cuffia dall'orecchio. "Vi tengo aggiornati", annunciò. "Con quel cretino di Elthman non si può mai sapere". Si congedò subito dopo, uscendo dal ponte di comando ed aggrappandosi febbrilmente alla maniglia antigravitazionale, decidendo che non le avrebbe fatto bene quella perpetua negazione dei propri sentimenti, per quanto instabili e traballanti.
 
La guerra stava per finire, e lei aveva vissuto quell'ultimo scontro con un'apprensione estremamente fastidiosa ad attanagliarle lo stomaco. Ogni piccolo movimento del Buster era stato seguito dai suoi occhi attenti, e si era ritrovata a rivivere, suo malgrado, la stessa ansia che aveva provato ogni qualvolta Tolle usciva con il suo Skygrasper. Quando, poi, il Gundam che aveva messo tanto in difficoltà sia Kira, che il Maggiore La Fllaga, lo aveva preso di mira con i suoi missili, le era sembrato di aver perso il respiro, convinta che quel cretino dalla pelle ambrata avrebbe incontrato un fato identico al suo fidanzato. 
 
Non era mai stata tanto felice di essersi sbagliata così clamorosamente. 
 
Entrò nell'hangar e strinse le mani alla ringhiera, concedendosi un istante per cercare di tornare padrona di sé. Quali fossero i suoi sentimenti nei confronti del ragazzo, e di che natura, ancora non era riuscita a capirlo, ma quando i suoi occhi cerulei si posarono sulla sua inconfondibile figura in rosso non poté fare altro che sorridere al vuoto, preda di un sollievo che parlava da solo.
 
Vicino a lui, un altro soldato di ZAFT lo stava sostenendo per le spalle, e Miriallia capì immediatamente che si trattava del pilota del Duel, soprattutto per lo sguardo tagliente e l'espressione rabbiosa, di cui aveva tanto sentito parlare durante le chiacchierate con Dearka. Ricordando il teso confronto che i due amici avevano avuto sulla Colonia Mendel, la giovane si stupì non poco di quella pace ritrovata, e si affrettò ad avvicinarsi a loro, seppure con un po' di remore. 
 
 
 
Quando Dearka la vide in lontananza, subito cercò di raddrizzarsi, ribellandosi alle premure di Yzak, che pure gli imprecò addosso. "Sai com'è, ho costruito una certa immagine", gli sibilò, più interessato ad apparire come un impenitente sex symbol che non come un pilota gravemente ferito. 
 
L'albino sbuffò, incrociando le braccia sul petto. "Dovevo immaginare che dietro alla tua diserzione ci fosse una femmina", valutò, piccato. "Asino, non cambi proprio mai".
 
Il biondo sogghignò, spiando con sollievo il piglio infastidito, ma innocuo, del suo migliore amico. "Per una volta giuro che le mie motivazioni sono ben più nobili", lo informò, certo che l'altro sapesse perfettamente che non si sarebbe fatto remore a dargli ragione, in caso contrario. 
 
Yzak emise un verso scocciato, preferendo glissare un argomento tanto sensibile quanto il cambio di fazione che lo aveva ferito così profondamente. "Direi che ho fatto anche fin troppo", borbottò, voltandosi verso il Duel. "Vedi di prendere delle decisioni sensate, d'ora in avanti".
 
Dearka si strinse nelle spalle, divertito da quella raccomandazione travestita da monito. Anche lui, con i suoi modi spigolosi, non sarebbe mai cambiato. "Grazie", gli urlò dietro, mentre si aggrappava alla corda che l'avrebbe riportato nel cockpit del suo Gundam. Lo vide sparire oltre il portellone dell'abitacolo ed andarsene, arrogante come se l'Archangel fosse stata la sua stessa nave. 
Sospirò, sentendo finalmente i passi di Miriallia farsi vicini, già pronto a godersi un po' di pace, ma fu smentito immediatamente quando le mani di lei si strinsero attorno al colletto della maglia, visibile attraverso la tuta slacciata, e lo strattonarono con veemenza. "O-oi, vacci piano, dolcezza!".
 
"Stupido idiota!", esclamò lei. "Non ti avevo forse detto di fare attenzione?!". Lo osservò impensierita. Aveva i capelli scarmigliati, ed un terribile rivolo di sangue che gli colava lungo la faccia, al punto che aveva soltanto un occhio aperto. "Sei messo male, Elthman".
 
Il Coordinator esibì un'espressione colpevole, conscio che la CIC non doveva essersela passata bene, preda di ricordi ancora troppo dolorosi. Per quanto si impegnasse a fare lo sgargiante, intimamente era sensibile a sufficienza da capire quale tumulto interiore la agitasse. Agli inizi del loro rapporto avrebbe detto qualcosa di sciocco, su come almeno lui avesse riportato la pellaccia a casa, ma ora decise di non gettare benzina sul fuoco; non quando lei aveva gli occhi lucidi, a scapito delle sue parole belligeranti. "Scusa", si risolse a mormorare, abbassando lo sguardo. "Non era mia intenzione farti preoccupare".
 
Miriallia, a sua volta, considerò che la corazza a cui si era tanto aggrappata dopo la morte di Tolle era stata definitivamente scalfita, perché non trovò neppure la forza, o la voglia, di controbattere che non si era minimamente preoccupata per un bellimbusto del suo calibro. "Ti sei ferito solo alla testa?", chiese invece. Lo vide annuire, con aria solenne. "Andiamo in infermeria, o finirai per morire dissanguato". Un'ombra gli oscurò gli occhi violacei, e lei intrecciò le braccia dietro la schiena. "Prometto di non attentare alla tua vita", aggiunse, preferendo voltargli le spalle.
 
Sollevato, Dearka si risolse a seguirla, sebbene ogni passo fosse un'agonia viste le sue condizioni fisiche. "Speriamo che nessun idiota abbia lasciato un armamentario degno di un supermercato statunitense", valutò, ancora stupito che nel carrello del pronto soccorso, tra garze e disinfettante, ci fossero coltelli e pistole.
 
"Questa volta non sei un prigioniero", gli ricordò Miriallia. "Ma non farmi pentire di questo slancio di buona fede". Lo sentì sghignazzare, leggero, e fu lieta che le stesse camminando dietro, o avrebbe sicuramente fatto commenti sull'ammaliante sorriso che le stava curvando le labbra all'insù. 
 
Quando giunsero a destinazione, l'infermeria era straordinariamente vuota, vista la dirompente battaglia che si era appena conclusa. 
 
Dearka si lasciò cadere su uno dei lettini, lo stesso su cui era stato legato a seguito della sua cattura. Fu quasi con nostalgia che guardò Miriallia avvicinarsi, tra le mani un vassoio con tutto il necessario per medicarlo, al posto di un pugnale. Anche i suoi occhi, per quanto freddi, non tradivano la furia omicida che l'aveva spinta ad aggredirlo, qualche mese prima, e mestamente considerò che era grazie al fatto che, questa volta, era rimasto in silenzio. Nessun commento sarcastico e perfido: non aveva né la voglia, né le forze per comportarsi da stupido. Non ora, e non con lei. 
Rimase immobile, lasciando che le delicate mani della CIC gli sfiorassero i capelli, e la pelle, nel tentativo di curare la ferita sanguinante sulla fronte. Abbassò le palpebre, beandosi di quelle inaspettate premure, e della inebriante sensazione delle sue dita tra i boccoli, alla ricerca di qualche altro taglio, ma trasalì quando i polpastrelli tastarono un prorompente bernoccolo. 
 
"Scusa", fece la giovane, ma senza troppo senso di colpa nella voce. "Hai proprio la testa dura, Elthman".
 
"Se avessi un dollaro per ogni volta che me l'ha detto mia madre...", sospirò di rimando il Coordinator. "Non credevo fossi così brava con le medicazioni".
 
Miriallia fece spallucce, prodigandosi ad avvolgergli la fronte con una benda. "Necessità virtù, suppongo", rispose, non resistendo ad un ultimo strattone con il rotolo. "Ma avrei preferito essere di turno in mensa. Almeno avrei imparato a cucinare".
 
Dearka rise, rilassandosi. "Ti è andata bene, allora. Io sono un cuoco provetto".
 
La ragazza gonfiò le guance e sbuffò, piantandosi i pugni sulle anche. "Cosa stai cercando di insinuare? Non prenderti troppe libertà solo perché sono stata gentile con te". Applicò un gancio alla fasciatura, soddisfatta del suo lavoro, e lo guardò: se ne stava ancora con gli occhi chiusi ed un'espressione pacifica sul volto. In tutti quei mesi, si era costretta a trovarlo impertinente, e fastidioso, e non si era data troppa pena nel manifestare i suoi sentimenti scocciati. Ciò che, invece, aveva celato anche a se stessa era l'irresistibile sensazione che avvertiva ogni qualvolta lui flirtasse con lei, facendola sentire irresistibile e importante. Che Elthman fosse, poi, così dannatamente bello non l'aiutava di certo.
Le sue dita lasciarono la fronte, e si ritrovò impotente quando, al posto di tornare in uno spazio sicuro, scivolarono leggere lungo il suo zigomo, fino a sfiorargli il labbro inferiore, così pieno e morbido. Il suo cuore cominciò a galoppare per quel contatto impensabile, e le sembrò quasi di sentire la voce di Tolle, colma di affettuoso scherno, mentre le diceva che, come sempre, rimuginava troppo sulle cose. 
Lo vide spalancare gli occhi per la sorpresa, e lei allontanò di scatto la mano. Si voltò, facendo un paio di passi in direzione della porta. "Perdonami". Si afferrò l'uniforme all'altezza del petto per tentare di calmarsi, giudicandosi al pari di un fedigrafo. Tolle non c'era più, e lei si era fatta prendere da uno stormo di emozioni che non voleva. Ma che ci sono, le ricordò, con malizia, una vocina dentro di sé, e la consapevolezza di una verità così pesante fu sufficiente per farle scendere finalmente le lacrime che stava trattenendo da quando le era parso che il Buster fosse in pericolo di esplodere. 
 
Avvertì Dearka portarsi dietro di lei e prendere un respiro profondo. "Non c'è nulla per cui chiedermi scusa", le fece sapere, ma a sua volta provava un tumulto interiore. Benché l'esperienza non gli mancasse di certo, quel contatto fugace era stato elettrizzante. "Tranquilla".
 
Miriallia si volse a guardarlo, stupita dal tono di voce arrendevole che gli era uscito. Le era capitato di udirlo arrogante, pomposo, borioso, allegro... ma mai così abbattuto. Forse quando le aveva raccontato del confronto con Yzak Joule, ma anche allora aveva comunque cercato di stemperare la tensione con qualche battutaccia. "Mi sento così in colpa", soffiò, riuscendo per miracolo a sostenere il suo sguardo. "Ed il fatto che tu sia così comprensivo e quieto non mi aiuta".
 
Il biondo arricciò appena le labbra, ma il suo ghigno era storto. "Se vuoi, posso comportarmi da idiota e baciarti, ma finiresti con l'odiarmi ancora di più, e non potrei tollerarlo", disse, ma non resistì comunque alla tentazione di posarle una mano sulla guancia umida.
 
Lei dovette evitare di piangere ancora più forte. In quel turbinio di sentimenti spiacevoli, che provava da quando l'Aegis aveva distrutto lo Skygrasper, finalmente era in pace. Non era ciò che voleva, ma i suoi più reconditi desideri erano impossibili da realizzare. 
 
Le piaceva Dearka? Sì.
Voleva buttare giù i muri che si era costruita attorno per preservare la decenza di qualcuno che non c'era più? Sì.
Se si fosse preservata, Tolle sarebbe tornato dalla morte? No
Sarebbe riuscita a resistere solo qualche altro giorno, fino a quando avrebbero dovuto abbandonare l'Archangel e tornare alle loro vecchie e pacifiche vite?
 
Assolutamente no.
 
Decise di agire d'impulso, esattamente come quando gli si era avventata addosso con in mano un coltello, e si mise in punta di piedi, afferrandolo per la tuta da pilota e baciandolo con un trasporto che non credeva avrebbe avvertito più.
 
Dal canto suo, Dearka impiegò un paio di secondi per realizzare esattamente cosa stava succedendo, ma il suo corpo stava già reagendo per conto suo. La mano che ancora le teneva una guancia si mosse verso la nuca, mentre l'altra scese a cingerle la vita per farla avvicinare, e la strinse a sé con tutta la passione che riuscì ad accumulare. Solitamente era lui quello che prendeva l'iniziativa, ma ora aveva troppa paura di fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto interrompere quel momento che ambiva da un pezzo. 
Schiuse le labbra, e la sentì approfondire il bacio, aggrappandosi, febbrile, a lui. Di certo non si lamentò, e si permise di rilassarsi e di godersi l'attimo. 
 
Quando si staccarono, e il Coordinator notò quanto rosse fossero le guance di lei, Miriallia si affrettò ad abbassare lo sguardo. "Se ti scusi", cominciò quindi il giovane, "giuro che te ne do un altro".
 
Alla CIC sfuggì un risolino tremulo. "Forse non sarebbe così male".
 
Dearka sorrise e scosse piano la testa, ancora dolorante. "Non essere avida, ora", la rimbeccò goliardico. "Inizia ad andare sul ponte di comando. Ti raggiungo tra un po', per non dare via a noiose chiacchiere".
 
Miriallia non poté fare altro che annuire, e si defilò rapidamente. Appena fu fuori dall'infermeria, però, dovette appoggiarsi alla porta e si portò due dita alla bocca, incredula di essere stata così audace. E dissacrante. E vergognosamente deliziata da un bacio del genere. 
 
Si ritrovò a sorridere, come non le capitava da tempo, e riprese a galleggiare verso la sua postazione. Di sicuro non era bastato quello per cancellare la tristezza che si portava dentro, ma, si disse, era comunque un primo passo necessario, e che, in fin dei conti, era contenta di aver compiuto. 
  
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