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Autore: Tynuccia    14/01/2024    1 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Quel piccolo gioiello, pegno del loro amore, era stata l’ancora a cui si era aggrappata, letteralmente, per non colare a picco.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno
 
 
 
La guerra era finita, la pace conquistata, ma i grattacapi che aveva tra le mani erano ancora troppi. 
 
Innanzitutto c’erano le trattative di pace da seguire, e per quanto le parti coinvolte fossero più che disposte a seppellire l’ascia, le richieste erano molte e, con tre fronti da accontentare, trovare un terreno comune per soddisfarle non era un lavoro semplice;
 
poi c’era Orb, devastata da una politica interna su cui lei non aveva saputo - e potuto - mettere bocca, e che si era appena rialzata da quel delirante vortice di avidità e sciocchezza ad opera dei Seiran. Al solo pensiero, ancora, il suo stomaco si contorceva dolorosamente, e per quanto ormai avesse ripreso in mano la pesante eredità di suo padre, scendere a patti con quanto successo non le risultava naturale come avrebbe sperato;
 
infine, in fondo alla classifica delle priorità, c’era lei stessa.
 
Aveva avuto un’adolescenza ribelle, e a rifletterci ora si stupiva che Uzumi non avesse la testa ricoperta di capelli bianchi, con una figlia che si era dilettata in fughe rocambolesche ed avventure che altri, a cinquant’anni, non avevano mai potuto vivere. Quindi, con razionalità, non poteva certo dire che avesse condotto un’esistenza votata al prossimo. 
 
Probabilmente Haumea le stava facendo pagare lo scotto di quegli anni disubbidienti, costringendola ora a dover seppellire i suoi bisogni in favore del paese, che pure amava con tutto il suo cuore, ancora sanguinante. 
 
Non le pesava particolarmente, sia chiaro, dedicarsi anima e corpo a Orb e all’ottenimento totale della pace, ma c’erano due momenti, ogni giorno, in cui doveva scendere a patti con il fatto che, dietro la rispettabile immagine del Delegato Athha, c’era ancora Cagalli, con i suoi desideri e le sue debolezze. 
 
Seduta di fronte alla toeletta, mentre Myrna le stava sistemando i corti capelli dorati, i suoi occhi corsero non tanto all’immagine riflessa nello specchio, quanto al portagioie che non aveva davvero il coraggio di aprire, sapendo perfettamente cosa contenesse. E, come ogni volta che si preparava per la giornata, o per andare a dormire, Orb e le vicissitudini lavorative scomparivano, lasciando spazio esclusivamente al ricordo di lui.
 
Dovette combattere contro l’impulso di tremare, ripensando per la milionesima volta alla sensazione dolce amara di come l’avesse stretta con delicatezza prima che si imbarcasse per lo spazio. Non se lo era aspettata, aveva creduto che il loro commiato sarebbe stato rigoroso, e, quando si era ritrovata premuta contro di lui, aveva esitato un attimo prima di ricambiare quell’abbraccio così intimo e, al contempo, così titubante, mentre il mondo e gli spettatori attorno a loro sembravano non esistere più. 
 
Non aveva mai dubitato dei suoi sentimenti, ed era proprio per quel motivo che aveva riposto l’anello che lui le aveva donato mesi prima, quando ancora il futuro sembrava sia sorridente che beffardo. Quel piccolo gioiello, pegno del loro amore, era stata l’ancora a cui si era aggrappata, letteralmente, per non colare a picco. 
Poi lui, insieme a quella ragazzina dai capelli scarlatti a cui lo aveva affidato, era comparso sull’Archangel, talmente malconcio che Cagalli si era concessa il lusso di glissare su tutto per stargli accanto, in infermeria. Anche solo guardarlo riposare era stato un regalo gradito, e per la prima volta dopo mesi le era sembrato che avesse ricominciato a respirare ossigeno puro. 
 
Certamente non era stata l’occasione adatta per ritagliarsi del tempo e discutere della loro relazione, ma aveva scoperto che, come spesso era accaduto, non avevano bisogno di parole per intendersi. Lei era ancora sua, come lui era ancora suo. E tanto era bastato perché si decidesse che non aveva più necessità di conforto sotto forma di anello per trovare la forza di andare avanti. L’abbraccio che ancora portava nel cuore, quasi più di altri ricordi ben più intimi, ne era stata la prova tangibile.
 
Da allora, però, non si erano più rivisti, e benché sapesse che non sarebbe stata certo l’ultima volta, la parte meglio nascosta di sé anelava con ogni fibra al momento in cui avrebbe potuto nuovamente condividere la sua vita con Athrun Zala. 
 
L’auto frenò di fronte agli uffici governativi, e lei capì che il momento delle fantasticherie doveva giungere al termine per lasciare spazio al Delegato Athha.
 
Come ogni giorno, fu Kisaka ad aprirle la portiera, salutandola con l’accenno di un sorriso e tendendole un dossier per la riunione imminente. Quella mattina toccava agli Emiri. Toccava a Orb.
 
Ascoltò con cura il resoconto di quello che, in troppe occasioni, aveva malignamente etichettato come il suo babysitter, ed entrò nel palazzo, vagamente conscia della schiera di uomini sull’attenti al suo passaggio. Anche quella era routine, ed i suoi occhi erano incollati al fascicolo, ma un guizzo di verde, in mezzo alle uniformi bianche e celesti, la costrinse a distogliere l’attenzione dai problemi quotidiani per posarlo sul soldato che, tra gli altri, spiccava meravigliosamente, con la sua postura impeccabile ed i suoi inconfondibili capelli blu mezzanotte. 
 
Il cuore di Cagalli martellò contro la gabbia toracica, e si ritrovò quasi inebetita nello scorgere un tiepido sorriso sul volto di Athrun.
 
“Cagalli-sama”, bisbigliò Kisaka, ben consapevole delle ragioni della sua protetta. “La riunione”.
 
Il Delegato si voltò a guardare l’uomo, e faticò alquanto a riprendere il possesso di sé. Fece un piccolo cenno al suo ex amante, più appropriato per un conoscente, e riprese a camminare, aggrappandosi alla manica di Kisaka una volta che furono lontani da occhi, e orecchie, indiscreti. “Potresti… convocarlo nel mio ufficio?”.
 
Non stupito da quella richiesta, l’uomo si limitò ad annuire con solerzia. “Parlerò con la tua segretaria”.
 
*
 
Non poteva definire quella poltrona comoda, ma quel pomeriggio, alla fine dell’ennesima, interminabile riunione, la trovava infernale, come se sulla seduta avessero versato una colonia di formiche rosse. 
 
Si sistemò per l’ennesima volta, non sapendo bene come porsi. Per quanto avesse agognato quel momento, non si era mai soffermata troppo sulle specifiche, e ora si ritrovò in una posizione totalmente innaturale quando, infine, la sua segretaria le comunicò di avere un ospite. 
 
“Fallo entrare”, ordinò con voce traballante alla giovane, che pure le era sembrata più trasognata del solito. Roteò gli occhi, e fu proprio con quell’espressione che la trovò lui.
 
“Athrun Zala, a rapporto”, disse, mettendosi sull’attenti. 
 
Cagalli appoggiò il mento alle mani intrecciate. “Non c’è bisogno di tante formalità”, gli fece notare. Lo vide sorridere e il suo stomaco si popolò di farfalle, quindi si schiarì la voce e indicò la poltrona di fronte alla sua. “Vorresti dell’acqua? O del caffè?”.
 
Lui scosse la testa. “Sono a posto così, grazie”.
 
Troppo preoccupata a riempire il silenzio, lei sembrò sorda alla sua risposta. “Oppure una tazza di tè, ti è sempre piaciuto, del resto”.
 
“Cagalli”, disse Athrun, più divertito che scocciato. “Sei nervosa, per caso?”.
 
La ragazza gonfiò le guance e sollevò il mento. “Estremamente sorpresa, piuttosto. Penseresti che il collocamento dell’Ammiraglio passi per il Delegato, ma evidentemente mi sbaglio di grosso”.
 
Il soldato sollevò un sopracciglio. “Ho dovuto sbrigare un paio di incombenze, ma credevo fosse lampante che sarei tornato”. Fece una pausa e distolse lo sguardo, indossando un sorriso rassegnato. “Non potevo certo tornare su PLANT, del resto”.
 
“Quindi Orb sarebbe un ripiego?”, si scaldò subito lei, ma il suo temperamento venne smorzato dal fatto che Athrun avesse appena allungato una mano, per stringere la sua, la sinistra. 
 
“Un posto dove ricominciare”, la corresse gentilmente, indugiando sul quarto dito con il polpastrello. “E l’unico posto in cui io mi sia mai sentito davvero a casa”.
 
Cagalli sgranò gli occhi, nuovamente preda del batticuore. Il suo sguardo era il solito, dannatamente sincero, e si giudicò alquanto sciocca nel sentirsi emozionata come una ragazzina alla prima cotta. Avrebbe potuto replicare in un’infinità di modi, dal metterlo in dubbio visto il benvenuto poco caloroso dei Seiran, al fargli notare che non c’era bisogno di ricominciare, perché per lei non era mai finita. Trovò, comunque, più corretto andarci con i piedi di piombo, e si concesse di non sottrarsi a quella presa così gentile che le faceva dissolvere ogni dubbio, ed ogni stanchezza. Fece un grosso respiro e sorrise. 
 
“Bentornato a casa, allora, Ammiraglio Zala”. 
  
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