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Autore: dirkfelpy89    15/01/2024    1 recensioni
“Conterò le ore che si separano,” dichiarò il Sovrintendente, diretto alla moglie, “e per ognuna di esse, al mio ritorno, ti donerò un bacio.”
Cinque anni sono passati dalla fine della Guerra dell'Anello. Ma il sangue versato da Gondor e gli attacchi dei corsari continuano a perdurare.
Éowyn attende il suo amore in una Minis Tirith che si stringe attorno a lei come una morsa.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arwen, Éomund, Eowyn, Faramir, Thèodwyn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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266 Ore

 



Minas Tirith non era mai riuscita a conquistare particolarmente il cuore di Éowyn.
Facile da comprendere, considerando il fatto che, da bambina, aveva dimorato nella parte più selvaggia del suo regno natìo e che, da ragazza, Edoras le era sempre parsa una stella luccicante, quando, in realtà, la sala del trono dello zio appariva decisamente semplice e spartana in confronto alle grandi sale di Gondor.
Da donna, l'Ithilien l'aveva accolta, i suoi ampi spazi, le pianure dove lasciar vagare lo sguardo e il pensiero, la fauna e la flora selvaggia epurate finalmente dal male proveniente da Mordor.

Non c'era da stupirsi se i maestosi edifici e le strette strade, irte e spesso tortuose, della cittadella di Minas Tirith le apparivano financo claustrofobiche.
È un pedaggio inevitabile quando sposi il sovrintendente di Gondor.

La donna, istintivamente, si pose una mano sul ventre, dove stava crescendo il suo primo figlio.
Cinque anni, tanto lei e suo marito avevano impiegato per concepirlo.
“Tuo fratello e il re Aragorn devono mettere al mondo un erede il prima possibile, per noi è diverso,” Faramir le aveva detto, durante la loro prima notte di nozze. “Noi non abbiamo tale premura. Prima di mettere al mondo il nuovo sovrintendente, e signore di Ithilien, costruiamo la nostra terra, la nostra casa e il nostro amore.”
E adesso il frutto di quell'unione, travolgente e inaspettata, stava crescendo e tra pochi mesi avrebbe visto la luce.

Un rumore improvviso la sorprese; corse, per quanto la stazza del pancione glielo permettesse, fino alla prima finestra e guardò giù.
Numerosi soldati in armatura lucente, chi a cavallo e chi a piedi, si stavano radunando nell'ampio spiazzo di fronte alla sala del trono, salutando i propri cari, giunti per vederli prima della partenza.
Dopo anni di silenzio, i corsari avevano nuovamente colpito, attaccando gli insediamenti più remoti del regno. Re Aragorn si era subito mosso a difesa, per quel motivo il sovrintendente e sua moglie si trovavano nella capitale del Regno di Gondor.

“Sei già sveglia?”
La voce del marito le arrivò dalle spalle. Éowyn si voltò e stentò a riconoscere Faramir.
I capelli, che normalmente teneva lunghi ben oltre le spalle, erano stati accuratamente lavati e tagliati dalle ancelle. Non c'era un filo di barba sul volto ancora giovane ma, allo stesso tempo, segnato.
Al posto delle comode tuniche foderate di pelliccia, che portava nel freddo Ithilien, l'uomo indossava una lucente armatura argentata recante l'albero, simbolo di Gondor.
Una lunga spada, il corto pugnale elfico e il corno che era appartenuto a suo fratello, e che degli artigiani elfici avevano riparato con grande perizia, pendevano dalla cintura.

Raggiunse la donna con un bacio sulla fronte, le mani accarezzando amorevolmente il pancione. Éowyn sentì un brivido lungo la schiena quando le mani di Faramir accarezzarono dolcemente il suo ventre, il calore della sua pelle trasmettendo rassicurazione.
“Quando cresce!” esclamò l’uomo.
“Già…”
Qualcosa, nello sguardo della moglie, si era indurito, vedendolo pronto alla battaglia. Faramir sospirò, indovinando i pensieri che turbavano la donna.
“Sei ancora adirata?”
Éowyn volse lo sguardo verso la finestra.
“Perché?” Chiese, infine
L'uomo scosse la testa.
“Quando il signore di Gondor muove guerra, è compito del Sovrintendente…”
“So quale sono i tuoi compiti,” Éowyn esclamò, interrompendo il marito. “Ma perché, di tanti generali disponibili…”
Faramir prese la mano di sua moglie e se la portò alla bocca.
“È un momento delicato per Gondor, dopo tante guerre i corsari non si sono ancora arresi ed è la prima volta che il nostro regno viene invaso, da quando sire Aragorn è re. È partito con l'avanguardia ma ha bisogno di supporto, e chi meglio di me, e un contingente di truppe scelte, può aiutarlo.”
La donna fece per ribattere ma si morse la lingua.
Conosceva troppo bene il marito per pensare che avrebbe cambiato idea.

“La cosa importante è che tu non ti preoccupi troppo, fallo per me e per il nostro bambino,” aggiunse Faramir, tornando a toccare il ventre della donna. “Non sono più quel ragazzo che affrontava a viso aperto le orde di Orchi che avevano conquistato Osgiliath. Non correrò rischi inutili, ora che so quante cose belle ho da perdere.”
“Vorrei poter venire con te,” sospirò.
“E so bene che, se tu non ti trovassi in stato interessante, dovrei controllare bene tutti i miei uomini, prima di partire per la battaglia. Cercheresti, come minimo, di infiltrarti tra loro.”

Marito e moglie condivisero un sorriso fugace ma subito, sul volto di Faramir, tornò la preoccupazione.
“Se io non dovessi tornare…” esordì ma subito Éowyn lo interruppe.
“Non è di buon auspicio parlare di queste nefaste faccende prima di una battaglia.”
“Non sarà di buon auspicio ma è necessario comunque,” obiettò l'uomo. “Se io non dovessi sopravvivere a questa battaglia, ti prego di tornare nell'Ithilien e crescere nostro figlio fino a quando non potrà prendere il mio posto come Sovrintendente. Allora ti dovrai ritenere libera dal giuramento che prestammo cinque anni fa, potrai tornare a Rohan, sposarti nuovamente e…”
Éowyn si gettò tra le braccia del marito, interrompendolo prima che potesse concludere la frase.
“Sire, siamo pronti a partire.”
L’ingresso di una delle guardie della cittadella ruppe la magia di quel momento. Faramir annuì, prese la mano della moglie e insieme scesero per le lunghe scalinate di bianco marmo, diretti nello spiazzo ingombro di soldati.

Era consuetudine che una dama di corte benedicesse la partenza dei soldati in battaglia.
Quella mattina, l'onore toccava alla moglie del Sovrintendente, poiché la regina Arwen si trovava a sud del regno.
All’ingresso di Faramir, i soldati, circa duecento, scattarono sull’attenti, mentre l’uomo montò sulla sella di Brunocrine, un Mearas, dono di Eomer per il suo matrimonio.
“Che la benedizione delle donne e degli uomini liberi guidi i vostri passi e le vostre azioni,” recitò Éowyn, ad alta voce, "tornate vittoriosi per la vostra famiglia e per il vostro regno.”
“Per Gondor!” Esclamò Faramir.
“Per Gondor!” Ripeterono i soldati.
“Conterò le ore che si separano,” dichiarò il Sovrintendente, diretto alla moglie, “e per ognuna di esse, al mio ritorno, ti donerò un bacio.”

La donna sorrise, incoraggiante, e osservò la lunga processione dei cavalieri giù per le strade della Cittadella mentre una folla si era radunata, lanciando mazzi di erbe selvatiche sotto gli zoccoli dei cavalli come segno di buon augurio; una tradizione tramandata attraverso le generazioni.
Poi, una volta fuori dalle mura, per tutta la città risuonò il rumore familiare del corno di Gondor.
Era tradizione, infatti, che ogni qualvolta il sovrintendente lasciasse là città, il suono del corno risuonasse per annunciare la sua partenza e spaventare eventuali nemici.
Solo allora la dama si ritirò all'interno del palazzo.

/ / / / / / /

I primi giorni si rivelarono tutto sommato semplici, non molto dissimili da quelli precedenti.
La corte dei Principi dell'ithilien arrivò in gran completo ed Éowyn venne distratta da tutto quel calore, dalle facce amiche che riuscivano a tramutare la sua permanenza a Minas Tirith come un ricordo piacevole.
C'erano feste e ricevimenti da organizzare, mai abbastanza tempo per fermarsi e volgere il pensiero alla guerra.
Solo durante la notte, nelle ore più fredde e scure, l'immagine di Faramir tornava a fare visita alla mente della donna.
Questo per i primi tre giorni, questo fino a quando non arrivarono i primi morti e feriti.

Erano state le guardie della città ad aprire le porte a una decina di carri pieni di soldati morti o troppo feriti per poter camminare da soli.
E l'incubo tornò.
Le grandi dame si erano illuse, vedevano la guerra come qualcosa di astratto, un luogo dove l'onore e le gesta ardite facevano da padroni. Ma Éowyn sapeva, aveva visto che cosa erano in grado di farsi due eserciti sul campo di battaglia.
Capiva che l’onore e le gesta eroiche ben presto facevano spazio a massacri, ferite purulente e morti strazianti.
E allora neanche la corte fu in grado di distrarla, le pareti della cittadella tornarono a stringerle la gola.

E fu proprio grazie a quella guerra che la regina Arwen riuscì a farsi amare dalla popolazione e finalmente essere accettata come una di loro. Un giorno, la bella dama elfica, vista da tutti così eterea e inarrivabile, si presentò all'infermeria da campo, allestita nel livello più basso della città, e iniziò a dare una mano ai vari infermieri e guaritori.
La sua medicina elfica si dimostrò ben presto dannatamente efficace e quando non veleggiava tra una brandina e l'altra, prestando aiuto ai malati più gravi, il suo canto elfico riusciva spesso a calmare le menti e i corpi dei feriti più doloranti e sfiduciati.

Solitamente, Éowyn, moglie del Sovrintendente, avrebbe dovuto assumere la stessa responsabilità, lo aveva già fatto, curando i feriti dopo il Fosso di Helm, ma ora non ci riusciva.
Il suo stato interessante, la lontananza di Faramir, l’avevano completamente abbattuta, rendendola incapace di svolgere il suo dovere.
E le persone sembravano capirla, non si aspettavano certo che una donna in avanzata gravidanza si mettesse a rovistare nelle ferite, tutti la osservavano con uno sguardo pieno di comprensione, forse anche pena, e proprio questo la disturbava oltre ogni altra cosa.
Odiava la sua debolezza ma allo stesso tempo si rendeva conto che non poteva superarla.

E allora lasciava che Beregond raccogliesse le informazioni per lei, che scendesse all'infermeria ogni mattina per raccogliere informazioni e capire se avessero portato altri feriti o morti.
“I corsari non demordono, mia signora, si sta combattendo sia sul mare che sulla terraferma.”
“E non hai notizie di Faramir?” Chiese la donna.
“No, mia signora. Deve capire che portano qui soltanto i feriti più gravi e i morti, i soldati che non possono essere trattati sul campo,” spiegò Beregond. “Perdonate la franchezza, tanti di quelli che arrivano non sono in grado di parlare o sono in preda ai deliri per la febbre o per quello che hanno visto.”
Éowyn annuì, il pensiero già lontano.

Passarono così undici giorni dall'inizio dell'offensiva.
Giorni vuoti, ore trascorse nell'ansia e nell'attesa. Solo il sonno riusciva in qualche maniera a ritemprare il suo fisico e la sua mente.
L'undicesima notte sognò suo padre e sua madre.
Strano, non le accadeva da anni di rivedere le facce ormai sbiadite dei suoi genitori.

Era una bambina, Éomund, Maresciallo del Mark, in armatura, e Theodwyn, bianca in volto e terribilmente magra.
Era quella l'immagine dei suoi genitori che conservava: suo padre, sempre pronto a difendere il confine, una vita a cavallo, in armatura, sua madre devastata dalla perdita del marito, chiusa in se stessa, fragile come un fiore che vacilla nel vento.

“Mamma, come hai fatto a sopportare la perdita di papà?” Aveva chiesto, nel sogno.
La donna aveva sorriso, amaramente, e poi la sua risposta fu breve e flebile, come lei stessa: “non l'ho fatto, mia cara, e ti chiedo perdono perché avrei dovuto essere forte e lottare per voi. Ma quando provi un amore così intenso, quando la sua stessa vita si fonde con quella del tuo compagno…”
Non finì la frase ma non ce ne fu bisogno, Éowyn aveva capito.
“Ma la stessa sorte non toccherà a te,” dichiarò suo padre. Nel sogno aveva la stessa voce di zio Theoden.
Il tempo aveva obliato il suono delle parole emesse da Éomund.
“Non ti toccherà la stessa sorte, Éowyn. Lui tornerà.”
“Éowyn!”

Di soprassalto, sudata e ansante, la donna si svegliò. Nella camera da letto, c'era qualcuno, una persona che l'aveva toccata a lungo, risvegliandola.
“Chi è?” Borbottò, ancora mezza addormentata.
Una torcia venne accesa e un volto familiare, in armatura, apparve dinanzi a lei.
“Faramir!”
Era proprio lui, sebbene paresse invecchiato di parecchi anni: i capelli erano sporchi, incrostati di fango e sporcizia, l'armatura insanguinata, sul viso un paio di nuovi lividi.
“Sto sognando?”
“In tal caso, spero che si tratti di un bel sogno, non certo di un incubo!” Esclamò l'uomo, sorridendo.

La donna si alzò e corse ad abbracciarlo e i due rimasero così, uniti, incuranti del sudore, dello sporco e del sangue.
“È finita, i corsari sono stati sconfitti, hanno accettato la pace,” spiegò l'uomo, “il re si trova là per ultimare il trattato di pace, io ho pensato bene di tornare dalla mia sposa.”
“La tua sposa è stata una disgrazia. Avrei dovuto essere un simbolo per la città e invece me ne sono rimasta qui dentro, a piangere e a pensare a te. Stanotte ho sognato mio padre e mia madre e io… odio essere così vulnerabile e debole, ma non ci riesco.”
“È finito, tutto finito. Gli ultimi nemici del regno sono stati sconfitti,” sussurrò Faramir. “il corno non suonerà più, tranne quando partiremo per viaggi ufficiali. Il sangue degli uomini non bagnerà più la terra.”
“Voglio tornare a casa,” sussurrò l’altra.
A quelle parole l'uomo sorrise.

“Lo faremo. Ma prima duecentosessantasei."
Éowyn l’osservò, corrugando la fronte. Non riusciva a capire!
Faramir rise.
“Sono le ore che ci hanno diviso, ti avevo detto che le avrei contate. E per ogni ora, un bacio alla mia bella dama!”
"Riscuoterai la tua ricompensa, sì, ma solo quando avrai fatto un bel bagno caldo,” esclamò la donna, ridendo a sua volta.
“Ai suoi ordini, principessa!” L'uomo si mise sull’attenti e poi uscì, non riuscendo a nascondere un gran sorriso sotto i baffi.

Solo in quel momento Éowyn poté finalmente rilassarsi.
Si avvicinò a una delle poche finestre della stanza e osservò il cielo stellato.
“Grazie,” mormorò, prima di rimettersi a letto e finalmente cedere al sonno.

/ / / / / / /

Salve a tutti, questo rappresenta il mio esordio assoluto nel fandom del Signore degli Anelli.
Ovviamente ho letto il libro, adoro i film, però non avevo mai fino a questo punto deciso di partecipare alla scrittura.
Lo faccio con una storia che riguarda una delle coppie che preferisco di più e spero vi piaccia. In caso, fatemi sapere mi farebbe, davvero piacere, buona serata ^^

  
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