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Autore: Immiriel    18/01/2024    1 recensioni
Fanfiction OC sul mondo di Eragon. Ripercorrerò la Caduta dei Cavalieri raccontando la storia di due elfi rimasti orfani durante la guerra. Nella lettura incontrerete molti dei personaggi della storia originale, missing moments, mistero, avventura e chissà, forse anche un tocco di love story!
Un piccolo estratto: Leum volava veloce come una freccia elfica, senza curarsi delle fiamme che lambivano ferocemente le guglie dei palazzi, delle urla dei sofferenti sotto di lui e della pioggia sferzante. Lacrime roventi, lacrime di drago gli scorrevano lungo le squame e subito venivano spazzate via dal vento impetuoso. Un solo pensiero gli attraversava la mente: Devo trovarla per lui. Devo proteggerla. È quello che mi ha chiesto. Devo proteggerla.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nei giorni successivi la storia dell'imponente albero cantato dai cinque giovani rimase il principale argomento di conversazione fra gli elfi, ma Gynliae non vi badò troppo perché da quel momento non riuscì a chiudere occhio.

Non appena la sua coscienza si assopiva le immagini della battaglia di Ilirea si affrettavano a travolgerlo senza dargli tregua: si svegliava urlando in preda al panico con la schiena madida di sudore freddo.

La prima notte Rhunön gli aveva preparato un decotto al faelnivr che lo aveva rilassato abbastanza da poter riposare almeno qualche ora, al risveglio però si era comunque sentito esausto e sfibrato come se avesse corso da Ceunon alla capitale dei nani in una sola notte.

Qualche giorno dopo Gynliae aveva deciso di insonorizzare la sua stanza con un incantesimo. Sapeva che l'elfa lo avrebbe rimproverato se lo avesse scoperto, ma non voleva dargli altre preoccupazioni e quando il mattino seguente gli aveva dato il buongiorno con allegria, convinta che anche il ragazzo avesse finalmente dormito senza l'ombra di un incubo a tormentarlo, Gynliae sentì un vuoto allargarsi nel suo petto.

Nonostante ciò l'elfo si dedicò alla forgia con anima e corpo strappando qualche complimento ad una Rhunön meno sagace del solito e molto più accondiscendente.

Gynliae lavorava incessantemente e con un'urgenza che gli era estranea, al punto che un giorno Rhunön gli chiese se per caso avesse intenzione di armare da solo un intero esercito da scagliare contro Galbatorix. Aveva replicato con un sorriso nervoso, convinto che l'elfa avesse capito che qualcosa non andava.

Una settimana dopo la commemorazione Rhunön lo obbligò a uscire dal laboratorio e prendersi qualche giorno libero.

«Non vorrai licenziarmi!» aveva esclamato l'elfo fingendosi contrariato e stiracchiando le labbra in un ghigno malizioso: «e poi sono l'unica persona che sei in grado di sopportare».

«Vero» concesse lei «ma è da una settimana che non mi lasci avvicinare alla forgia. Vuoi che mi arrugginisca?»

«Non permetterei mai che la mia maestra faccia la stessa fine di una comune arma umana» disse Gynliae rassegnato mentre porgeva guanti di pelle e martello a Rhunön.

«Bene, allora vai a fare quello che fanno gli elfi della tua età, qualsiasi cosa sia. Non voglio vedere la tua faccia fino al calar del sole».

«In realtà c'è qualcosa che dovrei fare...» iniziò lui cauto «il giorno in cui ho consegnato la spada a Ydrë, mi ha chiesto di parlare con te del fatto che vorrebbe che Oromis incantasse l'ametista di Maydias, la spada che ho forgiato per lui. Mi ha detto che i Cavalieri conoscono un incantesimo per immagazzinare l'energia magica nelle pietre preziose»

«Oromis ha problemi più urgenti del compiacere un lord» ribatté lei battendo il martello su una lamina metallica.

Qualcuno li interruppe bussando vigorosamente alla loro porta. Quel giorno non aspettavano clienti. Rhunön roteò gli occhi, si diresse verso l'uscio con fare seccato e spalancò la porta con malagrazia.

«Barzûl» esclamò la donna all'ospite che Gynliae non poteva ancora vedere «cosa ci fai qui?»

Fu la voce beffarda di un uomo a rispondere: «Come sempre la tua accoglienza non è delle migliori, Rhunön-elda».

Gynliae allungò il collo con curiosità. Non aveva mai sentito nessuno rivolgersi a lei in quel modo irriverente. Di solito il suo popolo tendeva a ignorare il carattere rude e pungente di Rhunön e tutti si rivolgevano a lei con il massimo rispetto.

L'elfo si avvicinò all'uscio, notando per prima cosa l'altezza modesta e l'aspetto denutrito del loro ospite. Il suo era il volto di un uomo ancora giovane, ma la sua pelle scottata dal sole iniziava a mostrare i primi segni del tempo. I ricci capelli bruni ricadevano disordinati lasciando intravedere un paio di orecchie inequivocabilmente rotonde. Un umano.

Gli occhi vispi e color nocciola dell'uomo incontrarono quelli azzurri di Gynliae: «Sei cresciuto molto dal nostro ultimo incontro. Ti ricordi di me? Eka ai fricai un Shur'tugal»
L'uomo alzò un pugno mostrando un anello sormontato da uno zaffiro e vergato con il Yawë, un pegno conferito solo ai più preziosi amici degli elfi.

«Brom!»

L'umano annuì mentre Gynliae si avvicinava con deferenza: era l'ultimo Cavaliere umano rimasto in vita oltre a Galbatorix e a Morzan.

L'ultima volta che Gynliae aveva visto Brom erano passati solo pochi mesi dalla battaglia di Ilirea. Era giunto alla soglia del laboratorio di Rhunön strappandosi i capelli e gemendo per la perdita della sua compagna di cuore e di mente, Saphira. Aveva implorato Rhunön di forgiare per lui una nuova spada con cui decapitare il Re Nero, purtroppo però lei aveva già pronunciato il suo giuramento e a malincuore aveva dovuto negare al Cavaliere il suo aiuto.

Negli anni successivi l'elfa aveva continuato a lavorare alla forgia per insegnare a Gynliae il mestiere e perché l'amore per la sua arte era tutto fuorché svanito, ma era solo da qualche mese, quando l'abilità con il martello di Gynliae era diventata più che soddisfacente, che il laboratorio di Rhunön aveva ricominciato a prendere vita e a popolarsi di clienti. Era sempre Gynliae a forgiare le armi, mentre lei si limitava a supervisionare il suo lavoro correggendolo quando necessario, cantando gli incantesimi protettivi sulle armi plasmate dal giovane e forgiando oggetti innocui o difensivi come cotte di maglia, elmi e armature.

Rhunön invitò Brom a sedersi e fece un cenno eloquente al'elfo. Gynliae colse il messaggio e fece per varcare la soglia di casa quando Brom lo fermò: «Il ragazzo può restare. Ho chiesto udienza alla regina, ma ciò che ho avuto da dire non le è piaciuto. Coloro che conoscevo un tempo sono morti o non hanno alcuna intenzione di opporsi al volere di Islanzadi. Per essere un amico degli elfi, il vostro popolo non ha fatto che rifiutarmi, ultimamente».

Brom parlò senza risentimento, ma la sua voce era venata da una sottile ironia. Rhunön lo incoraggiò a continuare e lui annuì con gratitudine: «So che odi i giri di parole, quindi andrò subito al sodo. Negli ultimi mesi ho reclutato alcuni uomini che hanno combattuto contro Galbatorix nella guerra dei Cavalieri. Abbiamo formato un gruppo abbastanza solido, ma per ora abbiamo agito solo nell'ombra. La nostra rete di spie è sufficientemente estesa da essersi infiltrata alla corte di Urû'baen e il mese scorso uno dei miei subordinati ha fatto una scoperta incredibile.»

Brom si leccò le labbra e fece un lungo sospiro: «Galbatorix ha nascosto tre uova di drago nella sua fortezza, Rhunön. Riesci a crederci?»

Se Gynliae per poco non cadde dalla sedia, la reazione di Rhunön fu più pacata: «Sei sicuro che non sia solamente un pettegolezzo? Questa tua spia... ha visto le uova?»

«Non di persona. Ha ucciso uno dei maghi di Galbatorix, ma prima di ciò è riuscita ad abbattere le difese della sua mente. Ha carpito da lui alcune informazioni interessanti. Non molte, in realtà, ma sufficienti da farmi credere che le tre uova esistano. Oh, grazie, Gynliae» disse al ragazzo mentre lui gli porgeva una tazza di tè fumante. Brom lo sorseggiò con gusto: «Se c'è una cosa che mi è mancata di Ellesméra, è l'ottimo tè che preparate voi elfi» appoggiò la tazza, che a contatto con il tavolo scandì un'unica nota ovattata.

«Dunque, la spia è riuscita a vedere alcune immagini delle uova nella mente del mago e abbiamo anche un'idea di quale possa essere l'ala del castello dove Galbatorix le custodisce, anche se non ne siamo ancora certi. Questo però non cambia i fatti...»

Brom guardò i due elfi che lo ascoltavano rapiti. Pronunciò le parole successive con vigore: «Dobbiamo impadronirci della uova e organizzare la resistenza. Ho bisogno del supporto degli elfi per reclutare stregoni e guerrieri. Islanzadi si è rifiutata di concedermi il suo aiuto perché crede che sia un inganno di Galbatorix, ma sono sicuro che altri non saranno dello stesso avviso».

Brom tacque e osservò i due elfi con sguardo fermo. Rhunön abbozzò una smorfia: «Dopo la morte di Evandar la regina si è rifugiata nel suo dolore e ha permesso che la nostra razza si ritraesse come un granchio nelle profondità della Du Weldenvarden. Abbiamo abbandonato Alagaësia al suo destino. Gli alfakyn si sono indeboliti dalla fine dei Cavalieri, ma avremmo dovuto tentare di più. Voi umani siete deboli e mortali, eppure credo che gli alfakyn abbiano ancora molto da imparare dalla vostra razza. Farò qualsiasi cosa in mio potere per sostenere la tua causa, Brom.»

L'uomo annuì con gratitudine: «Sapevo di non sbagliare a rivolgermi a te, Rhunön-elda. Ho ragione di credere che anche lo Storpio Che È Sano troverà questa storia estremamente interessante».

A quel punto Gynliae non riuscì più a trattenere l'entusiasmo e si alzò di scatto: «Lascia che mi unisca alla spedizione!»

Brom si girò verso di lui: «Apprezzo il tuo coraggio, ma per i canoni della tua specie sei ancora un ragazzino».

Gynliae notò con la coda dell'occhio il tentennamento della vecchia elfa, ma non si fece intimidire: «So tirare di scherma. Non me la cavo male con la magia...»

«Come quasi tutti gli elfi di Ellesméra...» osservò Brom schiettamente: «prima di gettarti in una probabile missione suicida dovrai dimostrare di fare molto più che cavartela».

«Sono d'accordo» aggiunse Rhunön aggrottando la fronte.

Il ragazzo si costrinse ad assentire mentre Brom finiva di sorseggiare il suo tè: «Andrò subito a Tel'naeir. Vorrei che tu mi accompagnassi, Rhunön, in modo da discutere della questione anche con Oromis e Glaedr. Ora la priorità è ottenere il loro appoggio. Chissà, forse loro due potranno convincere anche la regina».

Rhunön annuì. Prima di varcare la soglia riservò a Gynliae uno sguardo indecifrabile, poi Rhunön e il Cavaliere uscirono di casa parlottando fittamente, lasciando Gynliae ai suoi pensieri.

Tre uova di drago. La scoperta di Brom cambiava ogni cosa. Con tre Cavalieri dalla loro parte anche gli elfi si sarebbero convinti di poter tenere testa a Galbatorix. Animato da una nuova risolutezza Gynliae afferrò la prima spada che gli capitò a tiro e si diresse verso il campo di addestramento in cui erano soliti allenarsi gli elfi di Ellesméra.

Quando Rhunön fece ritorno la luna era già alta nel cielo, uno spicchio aggraziato a vegliare sul firmamento notturno e sul canto dei gufi nascosti tra le fronde silvane.

Gynliae riposava vicino al caminetto acceso leccandosi le ferite. Quel pomeriggio aveva lottato contro Ilion ed era riuscito a respingerlo senza troppi sforzi, ma quando si erano fatti avanti elfi più esperti ed anziani Gynliae non aveva potuto fare molto contro la loro esperienza centenaria finendo per collezionare una variegata quantità di lividi violacei. Rhunön si abbandonò su una morbida poltrona color vinaccia.

«Brom è rimasto a Tel'naeir?»

La voce dell'elfa rivelò tutta la sua stanchezza: «No, è partito poco fa. Mi ha chiesto di porgerti i suoi saluti».

«Capisco. Rhunön, io...»

Lei lo guardò, le ombre guizzanti delle fiamme che danzavano sul volto vetusto: «So già cosa stai per chiedermi, ragazzo, quindi sbrigati a sputare il rospo».

Gynliae iniziò a mordicchiarsi nervosamente l'interno della guancia: «Oggi parlavo sul serio, quando ho detto a Brom di portarmi con lui.»

L'elfo attese paziente il verdetto osservando come ipnotizzato i giochi delle fiamme: «Sei giovane. Così tanto in effetti, che chiunque mi darebbe della pazza se sentisse ciò che sto per dirti. Non ho intenzione di impedirti di unirti a Brom, se è questo che desideri, ma non ti lascerò partire senza un'adeguata preparazione.»

Un velo di antico dolore evidenziò le rughe profonde di Rhunön. Gynliae sapeva quanto le fosse costato pronunciare quelle parole. Rhunön era quasi sempre brusca ed irritabile, ma dietro quella scorza d'acciaio si celava l'animo di una donna ferita nella mente e nello spirito, mai completamente guarita dopo la caduta dei Cavalieri. Aveva paura di perderlo, ma allo stesso tempo capiva i suoi sentimenti e il suo desiderio di rivalsa.

«Mi impegnerò di più nello studio e mi allenerò con la spada ogni giorno. Al ritorno di Brom, sarò pronto.»

Gynliae era sicuro di potere tenere a bada anche quattro o cinque umani contemporaneamente, ma d'altro canto era consapevole che per una spedizione così delicata e pericolosa Brom non poteva permettersi errori e che probabilmente avrebbe finito per scegliere elfi molto più anziani e potenti di lui.

«Oggi ho spiegato ad Oromis che vorresti partecipare alla missione e ha espresso il desiderio di incontrarti. Ha anche detto che le tue abilità di fabbro potrebbero rivelarsi utili. Sei atteso domattina a Tel'naeir».

A Gynliae sembrò di essere appena stato colpito da uno schiaffo in pieno viso: «Mi prendi in giro?»

L'ultimo dei Cavalieri rimasti fra gli alfakyn aveva chiesto espressamente di vederlo. Cosa avrebbe dovuto aspettarsi? Che Oromis avesse intenzione di sottoporlo a un qualche tipo di prova? In quale modo il Cavaliere intendeva servirsi della sue capacità come fabbro?

Alla reazione sbalordita dell'elfo Rhunön stirò le labbra sottili in un sorriso divertito, poi si alzò per ritirarsi nei suoi appartamenti: «Non rivelare a nessuno quanto hai udito oggi. L'idea di Brom era comunicare il suo messaggio a quanti più alfakyn possibili, ma siamo giunti alla conclusione che la cosa migliore è tenere un basso profilo finché non otterremo l'appoggio di Islanzadi».

Gynliae annuì e augurò la buonanotte a Rhunön, ancora scosso per la piega inaspettata presa dagli eventi. Si coricò pensando a cosa lo avrebbe aspettato a Tel'naeir.

Glaedr e Oromis, l'ultimo fra i Cavalieri, erano sopravvissuti quasi per miracolo alle torture dei Rinnegati, però le ferite li avevano segnati nel profondo e da quel momento in avanti si erano ritirati a vita privata, preferendo la tranquillità e la solitudine della foresta alle case cantate nel legno della capitale elfica.

Gynliae non li aveva mai incontrati di persona, ma da quando dieci anni prima era arrivato a Ellesméra scalpitava ogni volta che sentiva sbattere le ali del drago dorato e in quelle occasioni si precipitava fuori dal laboratorio di Rhunön sperando di intravederlo nel cielo. Così come il resto della sua specie sentiva di condividere con i draghi un legame profondo, anche se con la loro fine la magia degli elfi aveva iniziato ad affievolirsi.

L'eccitazione gli impedì di addormentarsi per diverse ore. Alla fine le sue palpebre si chiusero e la sua coscienza iniziò a galleggiare nello stato tra il sonno e la veglia tipico della sua razza. Per la prima volta dal giorno della commemorazione, il suo fu un sonno senza sogni.

Nda: Eccomi! So che l'uovo di zaffiro verrà effettivamente recuperato molti anni dopo, ma mi piaceva l'idea di inserire Brom nella mia storia e non vi preoccupate, rimarrò il più possibile fedele agli eventi della trama originale aggiungendo qualche missing moment sulla nascita dei Varden. Vi sarà tutto più chiaro più avanti :) nel frattempo vi mando un abbraccio virtuale e ci tengo a ringraziare tutti i lettori che si sono aggiunti su Wattpad, chi ha aggiunto la storia alle seguite qui su EFP e soprattutto un grazie gigante a stefy per il suo supporto. A presto!

 

   
 
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