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Autore: Black Jackcioc    21/01/2024    0 recensioni
Tyndren Leanger ha sempre avuto il desiderio di realizzarsi, inizia un viaggio con il suo amico Poguven per realizzare un sogno; ostacolati da loro stessi affronteranno un meravigliosa avventura in un mondo come il nostro ma non uguale, stesso universo ma sulla terra l'evoluzione e la scienza hanno avuto intrecci diversi in un periodo simile al nostro XVI secolo.
E' la prima volta che rendo pubblica una mia creazione, ve ne sarei grato se mi segnalaste in privato eventuali errori o inesattezze, per poterle correggere e non disturbare la lettura.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio nome è Tyndren Leanger un semplice cittadino di Sbihàn, una allegra cittadina sulle grandi acque. Vivo da solo in una casa sul porto, non è una reggia ma si regge in piedi. 
Sto per rendervi partecipi di una strana avventura che mi cambierà la vita. 
Non per vantarmene ma finalmente ho trovato quello che cercavo. 

Avevo 35 anni, era il secondo mese del caldo, e c’era un calore tremendo nell’aria.
Come sempre, l’umidità rendeva le mie tende di casa dei teli da bagno usati da poco.
Sapevo benissimo che acquistare questa baracca sul porto non sarebbe stato il più grande affare della mia vita, evitiamo di parlare poi dell’aroma di fauna marina morta e andata a male, proveniente dai barili delle pescherie che la circondano.
Anche quella mattina scendo dal letto molto assonnato e con poca voglia di fare, osservando meglio la stanza in qui dormivo, mi resi conto che non dovrebbe esserci così tanta muffa in una abitazione. 

I tenui raggi di sole che riescono a entrare attraverso la polvere che opacizza i vetri delle finestre, illuminavano la mia unica stanza, comprendente di un letto piccolo e scricchiolante, un armadio fatiscente e una sedia con al fianco una tinozza piena d’acqua, che cambio una volta a settimana; dovrei aumentare la frequenza di sostituzione dell’acqua. Chi sa, un giorno mi sarei potuto permettere del grasso di balena profumato alle rose. 
Calzai gli stivali che ho l’abitudine di riporre a bordo letto, cerco di non cadere con il viso a terra, dondolando sul posto come una boa, ho sempre avuto la malsana abitudine di alzarmi troppo velocemente.

In quel periodo ero preso dalla cura della forma fisica, quei periodi che ti senti in vena di cambiare le tue brutte abitudini, a tal proposito ogni mattina mettevo in pratica ipotesi di esercizi fisici approssimati, chi mi vedeva dalla strada, se riusciva a vedermi, avrà sicuramente creduto in un tentativo di imitazione di una scimmia o una danza tribale.
Maledette candele, avevo tutto il pavimento sporco di cera, non potevo permettermi l’olio per delle costose lampade, quindi spesso mi ritrovavo a natiche a terra. 
La cosa buffa è che oltre a provocarmi strappi muscolari ne risentivano spesso anche I pantaloni del pigiama di cotone ingiallito che indossavo.
Terminati gli esercizi amavo fermarmi davanti all’armadio aperto e subito una domanda mi attanagliava: cosa indosso oggi? Una bella domanda davvero. 
Potevo scegliere tra varie camicie piene di macchie e gilet di pelle con non pochi buchi. Meno male che avevo solamente due paia di brache. 
Ho sempre tenuto al mio aspetto, per girovagare tutto il giorno per il porto! 
                                                                      
Ricordo che quella mattina in particolare uscii sbattendo la porta di casa, ignaro di aver interrotto la colazione di alcuni gabbiani, che banchettavano con delle sardine vicino la porta di casa, spaventati si alzarono in volo, uno di questi pensa di apportare una modifica ai toni di grigio delle macchie sulla mia camicia.

Esclamai: -Non c’è modo che un uomo possa tenere alla propria immagine in questo porto lercio? 
Assistendo alla scena un pescatore ridendomi in faccia replicò: 
-Non arrabbiarti, che porta fortuna! 

Lo guardai afferrando con la punta delle dita le estremità sui fianchi della camicia, allargatoli e alzando le spalle risposi: 
- Quale fortuna? Fosse mai la volta buona! 

Feci un cenno di saluto al tizio sconosciuto in modo scortese e mi avviai fuori dal porto verso I vicoli di Sbihàn.

Arrivai con calma al luogo dell’appuntamento riconoscibile da una grande mascella di squalo con incisa la frase “Locanda del pesce marcio”: un locale, come si evince dal nome, di tutto rispetto.
Appena fuori dal locale era collocato un vecchio barile per le sardine sotto sale, immaginate come si possano immedesimare i clienti, al passaggio emanava un odore talmente forte che ti sanguinano le narici.           
Pur scoraggiato dall’aroma, non mi lasciai trasportare dalle emozioni che mi suscitava il mio olfatto ed entrai con coraggio. 
Ovviamente come ogni santo giorno, spostai il povero ubriacone con una delicata spinta di stivale sul petto, che permanentemente soggiornava seduto sull’uscio di questa premiata locanda; ho sempre apprezzato questo luogo, sarebbe stato il mio locale preferito, se avessi avuto scelta, a Sbihan non c’è altro che questa locanda puzzolente! 

Dal bancone della locanda si sentiva chiamare a voce alta, leggermente distinguibile tra il vociare dei clienti seduti ai tavoli: 
-Tyndren! Buongiorno, ti aspettavo da un pezzo!

Chi mi chiamava èra il mio amico Poguven anche detto “Ginocchio tarlato”, un simpatico soprannome, senza significati nascosti, giusto per non ironizzare sulla sua gamba di legno; un tipo leggermente ricurvo, un po’ duro d’orecchio, grassoccio con i capelli neri intrisi d'olio di pesce: lui amava pettinarli così; le guance rosse e una ricca collezione di macchie d’ogni sorta di alimento sui vestiti vecchi e bucati.
Adora la mattina aspettarmi alla locanda, attende me per aprire la quinta bottiglia.                                                  

Iniziai ad attraversare la sala, non potreste capire mai cosa significa a quest’ora del mattino, riuscire a trovare il bancone senza una bussola, nella fitta nebbia di sigari e pipe.
Iniziammo a giocarci su urlando: 
-Poguven continua a parlare! Tenterò di raggiungerti, seguendo la tua voce!

Ridevo come un pazzo svincolandomi in mezzo ai tavoli, spostando le sedie disposte in ordine sparso, ovviamente di legno pesantissimo, di quelle ottime per le risse, ne basta una per mietere molte vittime.                
 Arrivai al bancone dopo molte acrobazie, è meglio evitare descrizioni del pavimento non voglio pensare a cosa ho calpestato. 
Con una stretta di mano e un abbraccio io e il mio vecchio amico ci salutammo: 
-Come stai bene stamane, ti trovo in forma. Hai visto per quella vecchia roba galleggiante?

Io e Poguven stavamo per acquistare una meravigliosa imbarcazione, avevamo un progetto in comune, mi disse che gli servivano per fare un affarone, avevo dato tutte le monete che possedevo a lui per questo, così deciso e sicuro risponde: 
-Certo Tyndren, ed ho anche buone notizie. 

Gonfiò il petto, nel frattempo, mentre lo ascoltavo mi distraevo con qualche scarafaggio che correva qua e là per il bancone, zigzagando tra un boccale e l'altro, sorrisi annuendo a Poguven e ordinai la nostra colazione: alzai la mano e chiesi il locandiere: 
Una bottiglia di Likerscai per favore! Con un bel po’ di limone grazie, un pezzo di Mizrod, per cortesia, senza limone mi resta sullo stomaco di prima mattina. 

Il Likerscai, è una bevanda superalcolica per uomini duri, prodotta con distillato di malto, mosto di uva e pesce fermentato che riesce a stendere chiunque: si vendeva molto in quel periodo, prima dell’arrivo di altre bevande, provenienti da altre terre emerse. 
Questa bevanda accompagnava benissimo il Mizrod: un impasto di farina di cereali e acqua cotto al forno.

Dopo l’ordinazione ripresi subito la conversazione, avevo molto interesse nell’argomento: 
-Allora Poguven, mi dicevi di questa roba vecchia, galleggia ancora? Chiesi impaziente. 
-Certo, addirittura non entra nemmeno acqua, e si vede ancora un poco di legno sotto le incrostazioni! Risponde sempre più sicuro di aver fatto un vero affare.
Assecondandolo, risposi alle sue informazioni, posandogli la mano sulla spalla e annuendo nervosamente: 
-Un vero affare Poguven, davvero, bravo!

Iniziammo a mangiare e bere, rallegrati dalle buone notizie ciondolando la testa, come due tacchini, con due sorrisi da ebete stampati sulla faccia, anche se iniziava a crescere in me, l’idea che stavo per fare un altro affare, simile a quello di casa.
                 
Poguven insoddisfatto chiamò un’altra bottiglia di Likerscai. Passarono pochi minuti, sia io che il mio amico e socio finimmo di fare colazione, ma qualcosa ci disturbò, il locandiere si appoggiò con un gomito sul bancone, proprio davanti a me, minaccioso avvicinò il suo volto al mio, con toni gentili iniziò un colloquio civile e pacato: 
-Avete finito d'ingozzarvi animali? Ora chi paga il conto? Fanno 20 lonmak! Sono stanco che ogni mattina, rimandate al giorno dopo, all’altro ancora!  
Con un espressione di stupore io e il mio amico ci guardammo, da una prima impressione, della situazione che si è creata, capimmo di essere nei guai; guardai il boccale ormai vuoto che avevo tra le mani, rassegnato sospirai e risposi al locandiere, con un tono educato e sereno: 
-Gentile ristoratore, la prego, non si arrabbi, questa mattina sto per concludere un affare importante, le assicuro che sarà ripagato dei suoi servizi di ristoro.
Amavo esprimermi come una persona importante ed ero proprio convinto che lo stessi convincendo. 
Il locandiere replicò: 
-Ti avverto, so come ti chiami, dove vivi, se domani mattina non paghi i conti, te la vedrai con Dentino!
Dentino era il suo cane da guardia, un immenso essere onnivoro che viveva nel piccolo giardino sul retro, proseguì:
-In questa locanda chi non paga diventava il suo pasto. 
Visibilmente terrorizzato all'idea risposi: 
-Certo non tema, il mio amico ed io domani mattina le porteremo i suoi lonmak. Farfugliai con voce tremolante.             
Terrorizzati dall'avvenimento, ci alzammo e uscimmo in tutta fretta dalla locanda, guardandoci spesso alle spalle, non si poteva sapere mai; rischiammo di inciampare tra le sedie, ma raggiungemmo l’uscita, verso la libertà e l’aria pulita e fresca del porto, finalmente fuori da li, sani e salvi.
   
 
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