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Autore: Quebec    23/01/2024    0 recensioni
Tommy e Vittoria sono due amici che amano starsene seduti su un vecchio ponte abbandonato a osservare il fiume sottostante, ma un giorno tutto cambia.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Papà mi diceva sempre che mi voleva bene, che non mi avrebbe mai lasciata da sola. Allora perché se n'è andato? Perché non mi vuole più bene? E per questo?»
Il bambino non sapeva come rispondere. Non aveva mai avuto problemi simili, non riusciva nemmeno a immaginare suo padre che lo abbandonava. «Forse... Ecco, lui tornerà. Magari è stato trattenuto al lavoro.»
«Ma papà non mi ha detto niente. Lui... lui se n'è andato. La sera prima mi dava la buonanotte e il mattino dopo non c'era più...»
Tommy non rispose. Adesso non sapeva davvero cosa dire.
Sedevano sul ponte e guardavano l'acqua del fiume scorrere sotto i loro piedi penzolanti. Si sedevano sempre lì, su quel ponte arrugginito e cosparso di foglie secche dove un tempo passavano i treni merci. Era il loro posto magico, il loro ritrovo.
«Tu ci vieni da Eric?» chiese il bambino.
«Non lo so» rispose Vittoria con il volto rattristato. «Non mi va tanto. Credo che tornerò a casa.»
«Vuoi che ti accompagno?»
Lei si voltò. «Devi andarci adesso da Eric?»
Tommy abbassò gli occhi con il viso arrossato. «Ehm... No, non devo andarci per forza ora.»
Restarono in silenzio cullati dallo sciabordio dell'acqua. Ogni tanto udivano transitare il treno dall'altra parte delle collina e il vecchio ponte tornava a fremere un poco. E quel fremito era piacevole.
«Ehi!» gridò una voce alla loro destra.
Si voltarono.
«Ma che ci trovate di bello a stare su quel ponte?» chiese Lenny mentre li raggiungeva.
Vittoria sbuffò e si alzò. «Vado a casa.»
«Aspetta!» disse Tommy, ma lei si era già avviata lungo il ponte.
Lenny si fermò accanto all'amico. «Perché se n'è andata?»
«Forse non le stai simpatico» rispose il bambino.
«A Vittoria non le sta simpatico nessuno. Magari neanche tu le stai simpatico.»
Tommy non rispose.
Lenny gli posò un braccio attorno alla spalla con un sorriso divertito. «Andiamo da Eric. Oggi a scuola mi ha detto di aver comprato un gioco dove puoi rubare le macchine e uccidere la gente. Te lo immagini un gioco così? Magari mi ha preso solo in giro, ma se fosse vero? Non vedo l'ora di giocarci, se esiste davvero. Dai, andiamo. Vittoria se n'è andata ormai.»
Quella fu l'ultima volta che Tommy vide Vittoria.
Lei si trasferì con sua madre a Seattle per otto anni, poi in una qualche sperduta cittadina del Canada. Era tutto quello che era riuscita a scoprire dalla zia di lei.
Col passare dei mesi e degli anni Vittoria diventò solo un pensiero e una polaroid conservata nel cassetto. Una foto in cui si sforzava di ridere alla festa di compleanno di Eric. Un sorriso tirato, gli occhi due abissi di tristezza. Più guardava quegli occhi, più sentiva qualcosa contorcersi nello stomaco. Sapeva che gli faceva male, come sapeva che avrebbe dovuto gettare quella foto e dimenticarsi di lei. Ma non ci riusciva.
E tra un ricordo e un altro volarono vent'anni.
Mentre Tommy tornava dalla ferramenta, una ruota del suo pick-up esplose. L'auto sbandò diverse volte, ma riuscì a controllare il manubrio e accostò sul bordo della strada. Scese dalla vettura e controllò la gomma.
Era andata.
Si guardò attorno e si accorse di essere vicino al vecchio ponte con cui andava sempre con Vittoria. Abbozzò un mezzo sorriso malinconico e abbassò gli occhi ai ricordi che emergevano dalla mente. Poi tirò fuori il cellulare, compose il numero di Lenny, ma non lo chiamò. Qualcosa lo attirava altrove. Era una sensazione strana, piacevole. L'istinto gli suggeriva la via.
Guardò il sentiero boscoso e il ricordo di lui e Vittoria che lo percorrevano ogni pomeriggio, sempre alle quattro, gli fece venire un nodo alla gola.
Si portò il cellulare in tasca e seguì il sentiero. Non ci veniva da quando Vittoria era andata via. E più si perdeva tra le fronde dei pini, più si sentiva avvinghiare da una felicità inquieta. Ricordava le volte in cui si inseguivano tra gli alberi, le volte in cui giocavano a nascondino o passeggiavano in lungo e in largo parlando di tutto o di niente. Ogni ricordo emergeva più potente, più vivido man mano che si perdeva tra l'odore dei pini.
Poi si accigliò.
Una donna era seduta nello stesso posto in cui sedeva Vittoria. Aveva i suoi stessi capelli castano scuri a caschetto che le sfioravano le spalle, la frangetta corta. Indossava un corto giubbino nero sotto una maglietta rossa e pantaloni neri. Lo sguardo vagava perso tra la corrente del fiume sottostante.
Tommy l'osservò incantato per un momento, poi le si avvicinò incredulo. «Vi-Vittoria.»
Lei si voltò e un sorriso si dipinse sul suo volto pallido. «Tommy.»
Lui la raggiunse del tutto rapito dai suoi occhi da cerbiatto, le labbra piene, gli zigomi alti. Non era più quella bambina discriminata nella polaroid, sebbene i suoi occhi conservassero ancora quella strana malinconia. Era una donna, adesso. «No, non alzarti.» Si sedette accanto a lei e le sorrise. «Mi sembra di essere ritornato bambino. E poi guardati... Sei così cresciuta.»
«Anche tu. Ora puoi fare concorrenza agli armadi» sorrise Vittoria.
Tommy smorzò una risata. «Cosa ci fai qui? Pensavo che... Insomma, fossi andata via per sempre.»
«Sono tornata per mia zia. Non sta molto bene e non ha nessuno che possa prendersi cura di lei. Dicono che le restano pochi mesi di vita, forse settimane.»
«Mi spiace» rispose Tommy. Rimase in silenzio per un momento. «Non sapevo vivesse ancora qui. Pensavo si fosse trasferita.»
«Non vive più in città, ma a tre chilometri da qui, vicino Alexandria.»
«Alla casa di riposo Matheson?»
Vittoria annuì.
Restarono in silenzio, lo sciabordio dell'acqua che li cullava e li riempiva di una tranquillità persa nella fanciullezza.
«Sei qui da sola?» chiese lui.
«Sì, mia madre non c'è più da molti anni.»
«Oh... mi spiace.»
«No, non è morta. È andata via con un altro. Mi ha lasciato con i nonni in Canada ed è sparita anni fa. Da allora non si è fatta più sentire.»
Tommy aggrottò le sopracciglia. Non sapeva se farle o meno questa domanda, perché la sua vita sembrava una discesa di sola andata verso l'inferno. «E tuo padre? È tornato?»
Vittoria intrecciò le dita sul grembo. «M-mio padre è morto vent'anni fa. Mia madre... lei me l'ha tenuto nascosta. Ma la capisco, non voleva farmi soffrire. Credeva fosse la cosa più giusta.»
Tommy voleva domandarle come fosse morto, ma non lo fece. Non lo riteneva rispettoso e lei ne soffriva ancora come quando era bambina. Gli bastava guardarla negli occhi per capirlo.
«I tuoi, invece?» chiese Vittoria con un sorriso. «Sono ancora insieme?»
«Sì, sono ancora insieme» rispose Tommy un po' a disagio. Lui era stato fortunato. Era cresciuto in una famiglia compatta e affettuosa. E ora che non era più un bambino si sentiva incolpa. Adesso capiva perché Vittoria era sempre triste, perché parlava sempre di suo padre.
Vittoria sospirò. «Sai, da bambina ho sempre invidiato i tuoi, come ho sempre invidiavo te. Volevo una famiglia come la tua dove non ci fossero problemi. E poi volevo una madre come la tua. Affettuosa, comprensiva, presente. La mia... Bè, ormai non ha più importanza. È inutile rivangare il passato.» Si zittì per un momento. «Spero un giorno di trovare lo stesso amore che vivono ancora i tuoi» disse come se fosse l'unica cosa importante della sua vita.
Ce l'hai davanti, pensò Tommy. Proprio davanti a te. Non ho mai smesso di pensarti. Mi sei sempre piaciuta. Forse da bambino non ti guardavo con gli stessi occhi di adesso, ma ho sempre tenuto a te. Sei sempre stata nei miei pensieri. «Ti auguro di trovarlo.»
Vittoria abbassò lo sguardo per un attimo un po' delusa, poi si alzò in piedi. «È stato bello rivederti.»
«Sì, anche per me. E pensare che... che sono venuto qui solo perché ho bucato» disse Tommy un po' impacciato per cercare di tenere in piedi la chiacchierata. «Sembra che il ponte abbia dei poteri magici.»
«Già, questo ponte è speciale. Lo abbiamo sempre pensato.»
Calò il silenzio, sguardi imbarazzati.
«Allora... allora ci vediamo» disse Vittoria con gli occhi bassi.
«Sì, ci vediamo» rispose Tommy stringendo una mano a pugno per non essere stato in grado di farla restare un altro po'.
Lei attese per un attimo, come se si aspettasse di essere trattenuta. Ma lui non lo fece. Non questa volta, non come le altre volte, non come lei ricordava.
Vittoria si allontanò lungo il ponte che scricchiolava sotto i suoi stivaletti neri. Il suo viso era ritornato pallido e spento. Forse quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe rivisto Tommy. In un certo senso era tornata anche per lui. Aveva sperato con tutto il cuore di incontrarlo proprio qui e per una qualche strana coincidenza era accaduto. Doveva pur significare qualcosa? Oppure era stato solo un caso? Sì, forse è stato solo un caso, pensò. Mi sono illusa come sempre. Ho interpretato male i segnali che forse non ci sono mai stati. Sono solo una cretina.
Poi il ponte scricchiolò alle sue spalle. Qualcuno si avvicinava verso di lei.
Si girò e Tommy la baciò.
Questa volta non l'avrebbe lasciata andare.
   
 
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