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Autore: MissAdler    07/02/2024    2 recensioni
AU. Giorni nostri, Tokyo. Eiji osserva tutti i giorni un ragazzo bellissimo che legge su una panchina all'ombra di un gynkgo. Troverà il coraggio di parlargli?
Dal testo: Mentre ascoltava quella voce bassa e cantilenante, condita da una sfumatura di moderata strafottenza, Eiji si incantò a osservare una macchia di marmellata di fagioli rossi all’angolo della sua bocca.
Anche la sua bocca era bella, rosa e carnosa, di sicuro morbida come quel dorayaki mordicchiato che teneva tra le dita.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ash Lynx, Eiji Okumura
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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NB: Questa storia partecipa alla challenge di San Valentino "come as you are not" indetta sul gruppo Facebook "Non solo Sherlock, gruppo eventi multifandom".


 
SEE YOU TOMORROW



 
Era seduto sotto un jinkgo carico di neve e leggeva.
Salinger, Orwell, Wilde.
Era come guardare un quadro. Occhiali da vista su un naso sottile, capelli biondissimi, cappotto cammello, gambe divaricate in una posa indolente ma elegante al tempo stesso.
Eiji Okumura l’aveva visto altre volte, sempre sulla stessa panchina, sempre alla stessa ora, mentre tornava a casa dopo gli allenamenti del club di atletica, con le dita intirizzite strette a pugno nelle tasche. Ma non gli aveva mai parlato. Si era limitato a osservarlo in silenzio, curioso e affascinato.
Forse perché non era asiatico, o forse perché semplicemente era bello, ma era impossibile non notarlo. Eiji di certo non riusciva a togliergli gli occhi di dosso.
Fotografava con la mente quel viso perfetto, archiviava l’ennesimo scatto in uno scomparto segreto del suo cervello e poi si imponeva di rimettersi a camminare con il petto in subbuglio.


Il giorno in cui Eiji scoprì il nome del ragazzo sulla panchina iniziò con una nevicata fitta e densa.
Dopo gli allenamenti si infilò il giubbotto sulla divisa ancora sudata, calcò per bene il cappuccio sulla testa e prese la strada del parco, come faceva tutte le volte che finiva tardi il defaticamento.
Iniziò a camminare veloce, sentendo il calpestio delle sue scarpe sul viale innevato, convinto, e in qualche modo già deluso, che con quel freddo non l’avrebbe trovato al solito posto.
Si sentì un po’ stupido. Era diventato così importante, per lui, spiare quel ragazzo? Non era un tantino da svitati? Magari stava diventando uno stalker…
Mentre rimuginava su come i suoi genitori avrebbero reagito a una denuncia del genere, a come sua madre avrebbe pianto tutte le sue lacrime mentre gridava che lei aveva fatto del suo meglio come genitore e che non poteva credere che il suo dolce, piccolo Eiji fosse un maniaco, arrivò alla solita panchina.
Lui era lì, in piedi accanto al tronco di ginkgo, l'ombrello aperto in una mano, occhiali e libro nell’altra.

“Cioccolata calda?”

Eiji ci mise almeno dieci imbarazzanti secondi per realizzare che stesse parlando con lui.
Del resto non c’era nessun altro nei dintorni, con quel tempaccio.
“Come prego?”
“Se anche oggi vuoi guardarmi mentre leggo, tanto vale starcene al caldo.”
Lo disse con un sorrisetto malizioso ed Eiji sentì uno strano rimescolamento all’altezza dello stomaco.
Si era accorto di lui? L’aveva beccato in flagrante mentre lo squadrava senza ritegno cinque volte a settimana negli ultimi tre mesi?
Oh, mio-
“Dai, stalker, oggi offro io.”


C’era un caffè a pochi passi dal parco, con sedili in pelle e ampie vetrate che davano sul viale alberato. Luci dorate erano sospese sui tavolini di metallo e l’odore di cappuccino e glassa alla vaniglia addolciva l’atmosfera sapientemente riscaldata.
Una cameriera aveva sistemato due tazze fumanti di cioccolata con panna davanti a loro, due dorayaki erano stati messi in un piattino proprio in mezzo al tavolo. Omaggio della casa, aveva detto la tizia squadrando il ragazzo biondo decisamente troppo a lungo.
“Come ti chiami?” aveva trillato Eiji quando se n’era andata, ormai più emozionato che imbarazzato.
Forse, se l’aveva invitato in quel locale, quel tipo non l’avrebbe denunciato, né tantomeno insultato o preso a pugni.
“Aslan Callenrees. Ma puoi chiamarmi Ash.”
“Ash…” ripetè sottovoce, lentamente, assaporando quel nome come se fosse più dolce della cioccolata che aveva appena sorseggiato. “Io sono Eiji Okumura, frequento il primo anno di università qui a Tokyo, ma in realtà sono di Izumo, non so se ci sei mai sta-”
“Università?? Cazzo, ma quanti anni hai??”
“D- diciannove, ma so che ne dimostro almeno uno in meno” ridacchiò grattandosi la guancia con la punta dell’indice.
“Solo uno? Diamine, sembri più piccolo di me!”
“Perché, tu quanti ne hai?”
“Diciassette.”
“Oh… vai ancora al liceo?”
“Ehi, adesso non ti atteggiare però. Sei solo due anni più grande.”
Eiji scoppiò a ridere e anche Ash arricciò le labbra a sua volta.
Era bello quando sorrideva.
Battè le palpebre ed Eiji notò per la prima volta che i suoi occhi erano di un verde rarissimo, come due perle di giada incastonate in uno sguardo acuto e diffidente.
Ma il dettaglio che lo colpì più di tutti furono le sue ciglia, che erano lunghe e chiarissime, proprio come i suoi capelli.
“Quindi ti piace leggere...” buttò lì all’improvviso, temendo di arrossire senza un motivo reale.
“Da cosa l’hai capito?” ridacchiò Ash prendendo in mano un dorayaki. Ma Eiji era troppo di buon umore per cogliere il sarcasmo.
“Cosa stai leggendo ora?”
“Questo?” Ash posò la mano pallida ed elegante sulla copertina del libro e diede un morso al dolcetto che teneva nell’altra. “Hemingway. Isole nella corrente.”
“È bello?”
“Deprimente più che altro. Ma sì, è un buon libro. È Hemingway” concluse come se questo potesse spiegare tutto.
Mentre ascoltava quella voce bassa e cantilenante, condita da una sfumatura di moderata strafottenza, Eiji si incantò a osservare una macchia di marmellata di fagioli rossi all’angolo della sua bocca.
Anche la sua bocca era bella, rosa e carnosa, di sicuro morbida come quel dorayaki mordicchiato che teneva tra le dita.
“… in realtà me l’ha prestato mio zio. Lui è in fissa con questo libro, l’avrà letto venti volte e... ehi, ci sei? Ti senti bene?”
“Che?”
“Sei diventato tutto rosso. Vuoi andare a sciacquarti la faccia?”
L’istinto di correre fuori e gettarsi nella neve appena spalata sul ciglio della strada fu molto forte, ma Eiji resistette e spazzò via dalla testa l'immagine di quelle labbra perfette dicendo che no, non ce n’era alcun bisogno, che era colpa della cioccolata bollente bevuta troppo in fretta.
“E tu cosa fai nel tempo libero, Okumura?”
“Sono nella squadra di atletica del campus. Salto con l’asta.”


Chiacchierarono per quasi due ore, il giapponese di Ash suonava perfetto ed Eiji scoprì che era perché aveva vissuto a Tokio fin da bambino, quando suo zio l’aveva portato con sé per allontanarlo da una situazione familiare delicata.
Conobbe molto altro di lui, ad esempio che era assurdamente intelligente, quasi geniale in effetti. Che amava i musei e le biblioteche, che aveva l’abitudine di fare una corsa la mattina presto ed era anche bravo nella boxe. Che il suo migliore amico era un punk cinese con la cresta viola, che suo zio non era veramente suo zio, che era russo ma voleva disperatamente trasferirsi ai Caraibi e che ogni settimana portava a casa una donna diversa, definendosi un vero estimatore del gentil sesso.
“E tu ce l’hai la ragazza?” chiese a bruciapelo, facendo avvampare le guance di Eiji.
“Ma che dici? Certo che no!” gridò indignato, come se avere una ragazza fosse il peggior crimine immaginabile. “E… e tu?”
“Non in questo momento.”
Quindi gli piacevano le ragazze…
“Credo che ora come ora preferirei avere un ragazzo.”
Per poco Eiji non gli rigurgitò la cioccolata in faccia.
“Un che?”
“Uno carino, ovviamente. Sono molto esigente, sai?”
Oh no. Doveva dare di stomaco? Aveva la febbre? Forse Ash aveva ragione, non si sentiva bene per niente, perché il suo petto ora era caldo, troppo caldo, come se stesse per prendere fuoco.
“Ci siamo già visti Eiji?” domandò Ash di punto in bianco, fissandolo con occhi sbarrati, come se si fosse appena reso conto di qualcosa, di un dettaglio importantissimo che finora gli era sfuggito. “Intendo prima di incontrarci al parco. Sai, ho come l’impressione di aver già parlato con te...”
In realtà anche lui aveva avuto quella sensazione. La prima volta che l’aveva visto su quella panchina era rimasto come folgorato, una sensazione di dejavù, una vertigine che aveva ribaltato l’universo e ricalibrato il suo baricentro.
“Non saprei… magari è successo di incrociarci in giro per Tokyo...”
Ash inghiottì l’ultimo morso di dolce e prese una lunga sorsata di cioccolata.
“Mi sarò sbagliato” concluse senza troppa convinzione.
Il suo telefono vibrò e lui lesse distrattamente un messaggio sullo schermo.
“Mio zio” spiegò a mo’ di giustificazione. “Devo andare, il vecchio inizia a rompere.”
“Certo, figurati.”


Fuori dal locale Eiji continuava a sentire caldo, anche se la neve non aveva mai smesso di cadere e il cielo si era fatto scuro.
“Beh, sayōnara, stalker. Ci si vede in giro.”
“Non usare quella parola, è orribile.”
“Stalker?”
“Sayōnara.”
Sapeva che Ash non intendeva davvero dargli un addio definitivo, ma per qualche motivo gli aveva fatto male sentire quel saluto dalle sue labbra.
“E che parola vorresti sentire?”
Ash gli si avvicinò con le mani in tasca, sguardo fisso e sorriso malizioso, piantandosi a meno di cinque centimetri dalla sua faccia.
“A domani” farfuglio Eiji senza fiato, abbassando lo sguardo sulle sue labbra. “Puoi dirmi a domani.”
Ash azzerò quella distanza irrisoria e posò le labbra sulle sue. Erano morbide e calde proprio come aveva immaginato Eiji.
Di nuovo quella sensazione di dejavù, di nuovo quel vuoto gravitazionale.
Era possibile provare qualcosa di simile per qualcuno appena conosciuto? Avrebbe dovuto dirgli che quello era il suo primo bacio?
“A domani, Eiji.”
Gli sorrise in un modo nuovo, dolce, innocente. Quando incrociò i suoi occhi gli parve addirittura commosso.
La neve ondeggiava sulle loro teste, si posava silenziosa sulle loro spalle, sulla punta del naso, sulle guance arrossate. Sembrava quasi un sogno. E se lo fosse stato, Eiji non avrebbe voluto svegliarsi.
Eppure era reale. Ash era lì. Era vero.
Era vivo.
E questa consapevolezza, per qualche motivo sconosciuto, bastò a riempirgli il cuore di una gioia straripante.


“A domani, Ash.”




 
FINE


 


ANGOLINO DELL'AUTRICE 

Salve gente! Approdo in questo fandom con l'unico desiderio di dare a questi due bimbi stupendi un po' di gioia e serenità. Spero che questo piccolo esperimento vi sia piaciuto e spero di scrivere ancora di loro molto presto. Se vi va di lasciarmi qualche parola mi farebbe tanto piacere. ♥
Il prompt che mi era stato dato per questa coppia miracolosamente sorteggiata era: "AU. Una mattina d’inverno a Tokyo”, ma io la "mattina" me la sono proprio scordata e l’ho ambientata di pomeriggio, spero vada bene lo stesso. Grazie a Marta Biagini per avermelo suggerito!
   
 
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