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Autore: EllyPi    19/02/2024    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Murtagh chiese a Castigo di atterrare fuori da Ilirea perché nessuno lo vedesse volare insieme a una donna che non fosse Nasuada sulla sella del grado cremisi. Avrebbe voluto, in effetti, non dover trasportare la domestica tra le braccia (posto che avevano occupato solamente Nasuada o i suoi bambini), ma per una questione di velocità era stato necessario spostarsi in volo, e chiedere agli stallieri che gli portassero la sella biposto perché la potesse sostituire a quella monoposto, lo avrebbe smascherato subito. A ogni modo, Maeve per lo meno aveva intuito il suo sentimento restio a sostituire la moglie, perché si tenne saldamente al bordo della sella fino a farsi sbiancare le intere mani e non si abbandonò sul corpo del Cavaliere come avrebbe invece fatto un altro passeggero. Toccata terra, Murtagh scese e aiutò la donna a scendere. Quella volta, se la dovette issare tra le braccia perché lo sforzo all’eccesso dei muscoli che le aveva permesso di non essere scalzata via in volo (seppur Murtagh avesse innalzato incantesimi per evitarlo e le tenesse comunque un braccio attorno alla vita) l’aveva stremata, sistemandola a terra con delicatezza. Le gambe della donna, come Murtagh si ricordava potesse succedere dai suoi primi voli, le cedettero e rovinò a terra, proteggendosi il ventre con un braccio ripiegato. Fortunatamente, Murtagh l’aveva deposta così gradualmente che non fu una vera caduta, piuttosto fu come un sacco di farina pieno a metà quando si accascia su sé stesso dopo averlo spostato. Murtagh la osservò cercando di non farsi vedere, mentre slegava una bisaccia e la appoggiava a terra perché Maeve vi si sedesse sopra. Era quasi notte, così le impartì di rimanere accanto al drago mentre raccoglieva della legna per il fuoco. La donna si propose di aiutarlo, ma Murtagh fu irremovibile: “Stasera sarai tu mia ospite.”

 

Sfruttò il silenzio del boschetto che delimitava la radura dove erano atterrati per ragionare sulle nuove scoperte. Sui Sognatori, sui suoi nemici a corte, sul comportamento di Maeve che era decisamente diverso da prima. Sebbene aveva ben altri e più grossi problemi, non riuscì a togliersi dalla mente tutti quei piccoli scostamenti che aveva notato in quelle ore di prossimità con la dama. Quando era stata assunta per occuparsi del principe e quindi anche della famiglia di questo, aveva quell’atteggiamento di timore reverenziale tipico delle matrone nei confronti dei loro eredi. Dopodiché, man mano che la confidenza cresceva e anche l’importanza del suo ruolo e del suo lavoro nella famigliola, il suo attaccamento si era spostato direttamente sul Cavaliere (senza però trascurare fino a poco tempo prima la fedeltà alla regina e ai principi) tanto che egli aveva creduto che il suo affetto si fosse tramutato in attrazione amorosa (chiaramente non ricambiata). Dopo il loro soggiorno a Dras-Leona, era come se avesse trovato un altro soggetto del suo interesse. Tanto da arrivare a tradire la promessa che il Cavaliere e la regina le avevano chiesto, di non svelare la volontà di effettuare una deviazione improvvisata e senza scorta per Alagaesia.

Che sia l’amante di Jormundur?

Questo l’avrebbe sicuramente messa in una posizione scomoda con Farica, la nuova moglie del Consigliere e braccio destro di Nasuada.

Se così fosse, erano stati davvero bravi a celare la loro tresca amorosa. Era altresì vero che Jormundur aveva escogitato la denuncia del Cavaliere per cercare di toglierselo di mezzo una volta per tutte, ed era probabile che se Maeve - dopo non essersi vista ricambiare i sentimenti dal Cavaliere (che le era comunque sempre stato grato e benevolente, dimostrandoglielo apertamente) - fosse divenuta l’amante del Consigliere, ora serbasse lo stesso rancore nei confronti di Murtagh.

Jormundur non non è smosso da così tanto odio da portare un’altra persona a sdegnarti. , si aggiunse Castigo, Anzi, non credo che ti odi affatto. Come fai ogni tanto anche tu, si comporta ancora come un cucciolo permaloso.

Hai ragione, ma è indubbio che abbiano cospirato assieme per toglierci i bambini.

Castigo sospirò esasperato dalla sua testardaggine. Si sono anche dimostrati entrambi colmi di rimorso per le loro azioni.

Murtagh guardò in cagnesco i ramoscelli tra le sue mani, come se avesse davanti il drago stesso. Crepitarono sotto la sua morsa. Dovrei forse perdonarli?

Castigo sfilò dalla sua memoria le sensazioni di inadeguatezza e vergogna ogni volta che udiva, nei mesi dopo la Liberazione, nominare lui o il suo Cavaliere nelle taverne che quest’ultimo aveva saltuariamente frequentato per tenersi aggiornato sulla situazione del nuovo regno.

Se non puoi ancora perdonarli, cerca almeno di comprenderli.

Ho compreso i loro moventi!, gridò mentalmente il Cavaliere, stizzito.

“Loro”? Se non sei certo di una cosa, non fare di tutta l’erba il medesimo fascio, lo rimbeccò il drago con il medesimo tono. Inoltre, li hai ascoltati ma non certo compresi.

Murtagh rilassò la mano, facendo cadere a terra tutta la legna raccolta. Alzò il volto verso l’alto, abbandonando il capo all’indietro. Espirò con un gemito rabbioso, poi si sforzò di ricomporsi. Devo rimanere lucido.

Quanto tempo era passato, dall’ultima notte di sonno ristoratore? Settimane, forse un mese. Non ricordava di preciso nemmeno da quanto tempo gli avessero tolto i bambini, come se la sua mente si rifiutasse di quantificare e quindi realizzare che fosse tutta realtà.

Si affrettò a raccogliere nuovamente la legna, tornando al piccolo accampamento improvvisato nella radura. Trovò Castigo intento a osservare la domestica incuriosito, mentre lei si torceva l’orlo delle maniche tra le dita, come una bambina in attesa di una punizione.

Quando i loro sguardi s’incrociarono, Murtagh assunse un’espressione allusiva. È tesa come la corda di un arco.

Il drago sbuffò, facendo trasalire sia il Cavaliere sia la domestica. Se ti ostini ad accusarla di tutti i tuoi mali, perché torturarmi le orecchie con i tuoi arrovellamenti?

Murtagh si avvicinò a loro, posando la legna in centro alla radura e circondandola di pietre grandi come un palmo, per delimitare il focolare. “Brisingr.” , pronunciò a bassa voce per appiccare la fiamma. Concentrò la sua mente perché il suo incantesimo servisse solamente a generare una fiammella, invece che bruciare tutta la foresta come avrebbe rischiato di fare se quello fosse stato il suo intento. La dama lo stava guardando ora assorta in pensieri lontani, come indicava il suo volto malinconico.

“Presto torneremo a Ilirea. Non c’è di che preoccuparsi in mia presenza.” , la rincuorò cercando di non sembrare duro.

La donna inspirò brevemente riscuotendosi, spostando lo sguardo sugli alberi che incombevano su di loro scuri, sui cui tronchi danzavano i bagliori del fuoco. Si cinse le spalle con le mani, come se avesse freddo.

Era ormai notte e le prime stelle incominciarono a uscire per stagliarsi meravigliose nel cielo. Murtagh iniziò a sentire la stanchezza attanagliarlo, perciò si sbrigò a mettere della carne secca in una pignatta da viaggio assieme a dell’acqua e della birra.

Si frugò in tasca, estraendo delle erbe (rosmarino, bacche di ginepro, alloro e maggiorana) che aveva strappato dai cespugli davanti alla casa di Angela. Le triturò con il coltello e le aggiunse alla loro cena sfregando la lama sul bordo del contenitore, di piatto. “Non ho sale. Spero non ti dispiaccia.”

“È un lusso di cui non ho goduto tutta la vita, perciò potrò farne a meno.”, lo rassicurò Maeve.

La carne essiccata che si poteva acquistare a Ilirea era la migliore di tutto il paese: durava mesi e mesi senza deperire e manteneva la sua capacità di essere permeata da liquidi, perciò solo masticandola con la saliva o bollendola per poco tempo, ritornava ben presto piuttosto morbida.

Murtagh afferrò due ciotole dalle piccole bisacce e ne porse una alla donna dopo averla riempita con la cena. Non gli sfuggì che stesse tenendo, fino a quel momento, le mani giunte sul grembo, massaggiandoselo con una cura tale da rivelare benissimo al Cavaliere la verità. Mangiarono in silenzio, mentre lui rifletteva sui suoi nemici e ora quella rivelazione.

 

Una scia luminosa tracciò il tragitto di una stella cadente.

“Esprimi un desiderio.”

“Mh?”, chiese distratta la donna. Non riusciva proprio a rimanere concentrata.

“La stella cadente.”

“Sì?”

“Non l’hai vista?”

Maeve scosse la testa.

“Peccato. Io ho avuto la mia occasione, tu no.”

La donna parve amareggiata.

“Cosa desidereresti, nella vita?”, chiese poi sussultando nel rendersi conto di aver appena domandato di rivelare informazioni che per superstizione dovevano rimanere segreti, per divenire realtà. “Che stupido che sono…”, mormorò emettendo un colpo di risata.

“No!” , si affrettò a rispondere Maeve.

“Se l’avessi vista, avrei desiderato di tornare a vedervi felice.”

Murtagh si voltò lentamente verso di lei, con un sopracciglio alzato. “E niente per te?”

Maeve si strinse nelle spalle. “Ormai penso che non ci sia nulla di salvabile in me. Sono una donna detestabile, per quanto mi sforzi di svoltare vita.”

Murtagh strinse le labbra, conoscendo fin troppo bene quegli stessi pensieri.

“Jormundur non la penserebbe così.”

Maeve si voltò a guardarlo dritto negli occhi, stringendo le palpebre per poi sbarrarle per la sorpresa. “Per quale motivo?”

“Mi siete sembrati una coppia molto unita in questo periodo…” , disse con tono apertamente accusatorio.

Maeve scoppiò in una risata amara. “Vi posso assicurare, Cavaliere, che Jormundur è fedele a Farica tanto quanto voi alla regina.”

“Dunque di chi altri sarebbe il bastardo?” , chiese Murtagh quella volta direttamente, indicando con il mento in direzione della porzione inferiore del corpo della donna.

Maeve sbiancò. “Come lo sapete?”

“Ero accanto a Nasuada quando durante quest’ultima gravidanza ha iniziato a non sopportare nei momenti più sporadici certi odori e sapori. Anche oggi, all’odore di zolfo della pozione di Angela hai reagito esattamente come avrebbe reagito mia moglie in quella condizione.”

Alzò poi l’avambraccio con cui l’aveva cinta nel viaggio. “E in più ho percepito la sporgenza. È inconfondibile… È per questo che hai preferito essere stremata dal viaggio pur di non permettermi di sorreggerti?”

Maeve sospirò, piegando le spalle in avanti. Il suo volto era contrito, come se dentro di lei si stesse svolgendo una greve battaglia. “Sì” , mormorò a un tratto sconsolata.

Poi alzò gli occhi, colmi di paura. “Non è un bastardo."

Il Cavaliere alzò le sopracciglia. “Non era morto, tuo marito?”

Maeve gli rispose con un silenzio che diceva più di mille parole. Murtagh si spostò a sedere accanto a lei, le loro spalle che quasi si toccavano. “Ti stai nascondendo da lui?” , le chiese con la dolcezza normalmente riservata a Nasuada.

Maeve annuì con riluttanza, asciugandosi rabbiosamente alcune lacrime che le erano sfuggite.

“V-vuole che mi s-sbarazzi del bambino.”

Le cinse le spalle. “Se vorrai crescerlo - o crescerla - faremo in modo che ti sia permesso.”

“Ho paura che possa fargli del male.”

“Non ho bisogno di sapere che volto abbia, o come si chiami.” , proruppe l’altro ferreo per poi continuare: “Fagli recapitare il messaggio che ora sei sotto la protezione della regina Nasuada e del Cavaliere del Drago Murtagh.”

Era un rischio offrire la sua protezione senza conoscere il volto dell’oppressore, ma per sua indole non era molto incline a obbligare le persone a raccontare la loro storia, a denudare la loro intima esperienza per far sì che si fidasse dell’altro. Purtroppo (e per fortuna), era nella sua natura avere una buona opinione di partenza di chiunque. Questo lo aveva portato a scottarsi parecchie volte, specialmente da bambino a corte con i suoi coetanei, ma al contempo era un barlume di bontà che si era sempre rifiutato di rinnegare, così rischiando di diventare come suo padre.

Maeve si voltò col busto verso di lui. “Vi ringrazio.”

Si osservarono a lungo negli occhi colmi di lacrime. “Sono sicuro che presto entrambi potremo stringere i nostri figli tra le braccia e vivere sereni.”

Maeve gli afferrò la mano che teneva abbandonata su una gamba. “Vi prego, Cavaliere: se dovesse succedermi qualcosa che mi impedisca di prendermi cura di mio figlio, potreste occuparvene voi?”

“Non lo abbandonerei mai, come so che non abbandoneresti mai i miei bambini.”

Maeve confermò con il capo.

“Ora riposiamoci, domani torneremo Ilirea e andrò a cercare i principi.”

  
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