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Autore: Ellygattina    23/02/2024    1 recensioni
Chuuya ha rischiato davvero grosso questa volta durante una missione, ma per fortuna Dazai non si limita solo a prenderlo in giro (?). Come reagirà Chuuya?
Storia ambientata nel pre-serie.
Attenzione: accenni a suicidio e torture (nulla di grafico) e linguaggio scurrile.
*Questa storia partecipa alla challenge “Easter Advent Calendar 2024” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction.*
(Storia presente anche su AO3 con lo stesso nickname.)
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ougai Mori, Ougai Mori
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Intontito e dolorante come non mai, Dazai aprì a fatica gli occhi nel tentativo di capire cosa stesse succedendo. Era buio, però, e l’aria satura di fumo; intorno a lui udiva urla, gli inconfondibili rumori di uno scontro e un costante crepitio che solo dopo un tempo fin troppo lungo riconobbe come il fragore del fuoco. Avrebbe dovuto alzarsi o voltare almeno la testa per vedere a che distanza fossero le fiamme, ma non ne aveva la forza. Poteva solo stare sdraiato lì, chissà dove e perché, ad aspettare il suo destino.

Non ricordava, infatti, come fosse arrivato in quella situazione, ma sorrise comunque al pensiero che finalmente sarebbe morto, anche se quel modo di andarsene non doveva essere affatto piacevole. Non aveva altra scelta, però, e chiuse di nuovo gli occhi senza curarsi della voce irata che lo chiamava e di uno strano movimento sotto di lui.

 

Nello stesso momento Chuuya, furibondo, cercava di convincere il suo partner a spostarsi una buona volta. Gli si era lanciato addosso chissà quanto tempo prima, bloccando il suo potere, e non riusciva a liberarsene. Probabilmente avrebbe dovuto ringraziarlo, visto che un attimo dopo una forte esplosione li aveva sbalzati entrambi a diversi metri di distanza proprio dal punto in cui si stava dirigendo a tutta velocità, ma in quel momento non riusciva ad apprezzare il gesto. La stanza già in penombra durante la sparatoria era piombata nel buio, a eccezione delle fiamme sempre più vicine, e il fumo rendeva difficile respirare. Il tocco di Dazai gli impediva di usare il suo potere e in quella posizione, incastrato probabilmente tra alcune delle casse piene di armi che quell’organizzazione minore alle loro dipendenze aveva sottratto alla Port Mafia, non era in grado di spostarlo senza rischiare di causargli altri danni. Non gli restava che cercare di attirarne l’attenzione prima che fosse troppo tardi, ma quando mai il suo partner gli dava retta?

«Vuoi toglierti, razza di idiota? Non ho intenzione di bruciare vivo per colpa tua!» gli urlò contro per l’ennesima volta, provando infine a dare un colpo di reni per allontanarlo da sé. Non voleva arrivare a tanto, visto che il compagno, di cui avvertiva per fortuna il battito attraverso i vestiti, doveva essere in condizioni peggiori delle sue dopo avergli fatto da scudo con il suo stesso corpo, ma aveva già provato di tutto senza successo e il tempo stringeva. Nonostante il ronzio nelle orecchie causato dall’esplosione, infatti, sentiva fin troppo bene i rumori dello scontro ancora in corso da qualche parte lì intorno e le sirene della polizia in avvicinamento. Erano entrambi famosi criminali e non potevano rischiare di farsi trovare lì; senza contare il pericolo che dei proiettili vaganti causassero altri danni a loro o alle casse, con il rischio di farli saltare davvero in aria.

Dopo alcuni tentativi, riuscì finalmente a sgusciare via dalla sua presa, constatando poi con uno strano sollievo che le sue condizioni, di sicuro non buone, sembravano comunque meno gravi di quanto temesse, prima di caricarselo sulla schiena già dolorante per l’impatto. Per un attimo era stato tentato di lasciarlo lì e scappare da solo, ma quel giorno non se lo meritava. Gli aveva salvato la vita, dopotutto, e doveva chiedergli perché. Poteva essere semplicemente per le sue manie suicide se si era messo in mezzo, ma Dazai era troppo intelligente per non sapere che quello era un modo terribile di andarsene, del tutto in contrasto, quindi, con i metodi che provava di solito. Più ci pensava, più sospettava che quell’idiota si fosse sacrificato per salvare lui, ma non aveva senso, visto che non si erano mai sopportati.

Sbuffando e tossendo per tutto il fumo che aveva respirato, arrancò a fatica fino alla macchina che aveva lasciato in una strada laterale, ancora miracolosamente sgombra mentre forze dell’ordine e mezzi di soccorso accorrevano sul posto.

Appena l’ebbe raggiunta, in un moto di stizza di cui si pentì subito, lanciò quasi il compagno privo di sensi sul sedile posteriore per poi telefonare a Mori mentre si dirigeva alla massima velocità possibile verso uno dei rifugi della Port Mafia. In realtà avrebbe solo voluto sdraiarsi da qualche parte e cedere di nuovo all’oblio come qualche minuto prima nel magazzino, quando l’impatto con le casse gli aveva fatto perdere i sensi per un tempo che non avrebbe saputo quantificare, ma sapeva che era un impulso troppo pericoloso finché non fossero stati al sicuro.

Si sforzò quindi di proseguire, maledicendo tra sé, per l’ennesima volta, quei traditori e il folle gesto di Dazai nel tentativo di ignorare le fitte in tutto il corpo prima di crollare semisvenuto tra le braccia di alcuni uomini venuti al parcheggio per aiutarli a raggiungere l’ambulatorio del loro capo. Fu un duro colpo per il suo orgoglio appena se ne accorse, ma lo spegnimento del suo potere gli aveva impedito di attutire la caduta e l’esplosione e il fumo dell’incendio avevano fatto il resto. Per fortuna, almeno per il momento, non era in grado di soffermarsi troppo su quei pensieri mentre veniva praticamente trascinato di peso lungo i corridoi da qualcuno che non riuscì a riconoscere.

Come si aspettava, dopo aver dato a entrambi un’occhiata veloce e una mascherina per l’ossigeno a lui, Mori si allontanò svelto con il suo compagno, raccomandandogli di non muoversi fino al suo ritorno. Precauzione inutile, visto che il suo corpo sembrava urlare pietà dopo un simile sforzo, ma se non altro, almeno per qualche ora, nessuno avrebbe preteso rapporti su quella missione disastrosa.

 

Avrebbe dovuto essere un incarico facile come tanti altri recuperare le armi rubate, ma i traditori erano più di quanti si aspettassero e ben organizzati. Le urla e gli spari rimbombavano nel magazzino buio e di sicuro entrambe le parti avevano subito pesanti perdite.

Sostituito il caricatore vuoto, Dazai azzardò un’occhiata a Chuuya, che si muoveva rapido nei dintorni grazie al suo potere urlando insulti e sparando all’impazzata come al solito.

Scosse la testa esasperato e si voltò appena in tempo per vedere uno degli avversari, nascosto a poca distanza, togliere la sicura a una bomba a mano e voltarsi per lanciarla.

Seguendo il movimento, capì subito le sue intenzioni e si buttò d’istinto sul suo partner per impedirgli di andare incontro a morte certa. L’uomo mirava infatti al mucchio di casse verso cui si stava dirigendo a tutta velocità, con il chiaro intento di creare una via di fuga per sé e i compagni superstiti mettendo fuori gioco la persona con più probabilità di raggiungerli in caso di inseguimento.

Chuuya, impegnato a combattere, non si era accorto di nulla e Dazai non poté far altro che correre fuori dal nascondiglio e afferrarlo senza preavviso, ignorando le sue sonore proteste quando il contatto tra loro bloccò di colpo la sua abilità.

Un attimo dopo un boato fragoroso gli trapassò i timpani e la stanza piombò nel buio più totale mentre tanti pugnali lo colpivano insieme alle spalle. Dazai fece una smorfia, ma non mollò la presa, aggrappandosi più saldamente al compagno, che aveva smesso di divincolarsi, mentre un’ondata di aria calda li faceva volare chissà dove.

L’impatto con qualcosa di duro fu devastante e il ragazzo, avvolto dall’oscurità, cominciò presto ad ansimare per il dolore intenso in tutto il corpo Gli sembrava di avere lame arroventate nelle gambe e nella schiena, la testa e le ginocchia pulsavano e faticava a respirare. C’era un fragore assordante intorno a lui, ma non capiva il motivo. L’unica cosa certa era che niente di tutto questo fosse normale.

Confuso e spaventato, gli ci volle un po’ per realizzare che non stringeva più a sé il suo partner e provò quindi a cercarlo con lo sguardo. Non si sopportavano, in realtà, ma era sicuro che fossero molto vicini quando era stato colpito da qualcuno che non ricordava e doveva per forza trovarlo. Forse erano stati catturati e chiusi in celle diverse e quello era un ottimo motivo in più per cercare di scappare. Chi si era occupato di lui aveva esagerato per metterlo fuori combattimento e non aveva intenzione di restare lì ad aspettare che si facesse vivo di nuovo per concludere il lavoro.

Ignorando il mal di testa e uno strano bruciore al naso e alla gola, fece uno sforzo immane per sollevarsi di poco e guardarsi intorno, cercando invano di penetrare l’oscurità.

All’inizio non vide nulla, ma dopo un po’ si accorse di un bagliore, dapprima lontano e poi sempre più vicino. Si stava muovendo e non se n’era accorto?

Non fece in tempo a darsi una risposta perché quella luce rassicurante si trasformò presto in fiamme altissime che divoravano uomini e casse stranamente familiari.

Rimase immobile a fissare la scena fin troppo a lungo, cercando invano di capire cosa stesse succedendo, le orecchie squassate da suoni molto simili a spari ed esplosioni che si alternavano alle urla dei malcapitati mentre il fragore del fuoco riempiva l’aria, avvicinandosi pericolosamente, senza che potesse fare nulla.

Ecco spiegato il calore sempre più intenso che sentiva addosso, e Dazai, accortosi in ritardo di essere stato circondato a sua volta dalle fiamme, avvertì una fitta di gelido terrore che sembrò del tutto fuori luogo in un posto del genere.

Doveva essere morto e finito all’Inferno, non c’era altra spiegazione, e per un attimo si chiese se l’assenza di Chuuya non fosse un buon segno. L’idea lo fece sentire fin troppo sollevato, come se prima di arrivare lì avesse cercato di salvarlo per chissà quale motivo, e trovò davvero ironico che la prima buona azione della sua vita fosse stata aiutare, in qualche modo che non ricordava, quell’idiota senza speranza che non pensava mai prima di agire.

Il pensiero smosse qualcosa nella sua memoria confusa, ma una fitta lancinante alla schiena, terribilmente simile a un’ulteriore coltellata, lo distrasse. Ora che ci pensava, secoli prima uno scrittore aveva detto che all’Inferno ci fossero diavoli che torturavano per l’eternità i loro prigionieri e Dazai si sentì sommergere da un’ondata di sconforto. Aveva sempre immaginato diversamente la morte, cercandola poi fin troppo spesso nei modi più svariati, e l’idea che il suo futuro sarebbe stato invece un dolore senza fine era insopportabile. Non che non lo meritasse, dopo tutto quello che aveva fatto dal suo ingresso nella Port Mafia, ma per lui, che aveva paura di soffrire, era una punizione atroce.

In realtà non vedeva esseri mostruosi intorno a sé e nemmeno catene che lo trattenessero, ora che ci faceva caso, ma in quale altro modo poteva spiegare quell’orribile situazione? Gli sembrava di aver preso fuoco anche lui in quell’aria rovente, e nonostante il desiderio di scappare, non riusciva a muoversi come avrebbe voluto; inoltre, era abbastanza sicuro di aver visto sparire, in quel mare di fiamme, anche gente che negli anni era morta per colpa sua. Non riusciva a spiegarsi le casse, ma al momento quelle erano l’ultimo dei suoi problemi.

Il dolore era sempre più intenso – di colpo i suoi carcerieri si stavano impegnando davvero, come se cercassero di strappargli con urgenza la risposta a domande che non aveva nemmeno sentito – e ben presto Dazai non riuscì più a trattenere urla che gli graffiarono ulteriormente la gola. Avrebbe voluto dire che gli dispiaceva, sperando senza alcuna logica che bastasse per essere lasciato in pace, ma le parole non gli uscivano.

Provò allora a divincolarsi con la forza della disperazione, nonostante la tragica consapevolezza che sarebbe stato inutile, raddoppiando gli sforzi nel sentire una presa ferrea stringergli le braccia.

Ovviamente non servì a nulla, e con l’ennesima ondata di panico gli venne in mente che quelle catene dovevano essere più resistenti di quelle costruite dall’uomo, ma non gli importava. Doveva esserci un modo per liberarsi e sfuggire a quel tormento.

 

Con un lieve sbuffo, Chuuya decise infine di provare ad alzarsi. Dopo la visita e le cure necessarie, Mori gli aveva raccomandato di stare a letto e riposare, ma il ragazzo, nonostante la stanchezza, non riusciva a dormire. Detestava ammetterlo, ma era preoccupato per Dazai. Il loro capo aveva detto che era stato fortunato, vista la dinamica che gli aveva descritto, ma le sue condizioni erano comunque gravi e non poteva sapere se e quando si sarebbe svegliato.

Sentendo quelle parole, Chuuya aveva finto indifferenza, ma la risposta alla sua domanda noncurante – o almeno si augurava che fosse sembrata tale – continuava a risuonargli in testa, alimentando la sua rabbia. Non riusciva a credere che il suo partner fosse stato così stupido da sacrificarsi in quel modo per una persona che si era sempre divertito a sbeffeggiare a ogni minima occasione, e se non avesse saputo che era assurdo, avrebbe creduto che l’avesse fatto apposta per metterlo in difficoltà una volta di più.

Per fortuna Mori non l’aveva incolpato della situazione, limitandosi a un fastidioso sorrisetto di natura non bene identificata quando gli aveva chiesto informazioni sul compagno, ma Chuuya si sentiva lo stesso fin troppo a disagio al pensiero che quell’idiota avrebbe potuto morire per una sua disattenzione.

Gli venne in mente che più di una volta si era lamentato del fatto che pensasse solo a combattere, senza guardarsi intorno e usare il cervello, e per un solo attimo fu sul punto di dargli ragione. L’istante successivo resistette a fatica all’impulso di urlargli contro nel silenzio di quell’ospedale clandestino, maledicendolo tra sé mentre immaginava la sua reazione. Poteva quasi sentire il suo commento derisorio e strinse i pugni, desiderando di abbatterli su quella stupida faccia con tutte le sue forze.

Sbuffando irritato, raggiunse la porta con passo malfermo e la aprì piano, controllando il corridoio buio prima di uscire. Gli avrebbe dato solo un’occhiata veloce, giusto il tempo di rendersi conto che non stava male come credeva per mettere a tacere quell’assurdo senso di colpa, e il pensiero lo aiutò a proseguire a tentoni nonostante la debolezza. Quell’idiota avrebbe fatto decisamente meglio a svegliarsi presto o l’avrebbe soffocato con un cuscino. Possibile che riuscisse a essere una tale seccatura anche quando era più morto che vivo?

In pochi minuti arrivò nella zona riservata ai feriti più gravi, dove si infilò rapido e silenzioso nell’unica stanza occupata, richiudendosi la porta alle spalle.

Come si aspettava, il compagno era lì e Chuuya provò uno strano misto di sollievo e irritazione quando posò gli occhi su di lui. Era ancora privo di sensi, naturalmente, con una mascherina per l’ossigeno in faccia e fastidiosi macchinari che controllavano le sue condizioni.

Gli si avvicinò con un sospiro, cercando di convincersi che si sedeva un momento sulla sedia accanto al letto per riprendersi dallo sforzo e non perché fosse preoccupato. In fondo c’era un motivo se Mori gli aveva detto di passare la notte lì, e sebbene l’antidolorifico gli avesse permesso di alzarsi e andare in giro, non significava che il suo corpo fosse davvero pronto a farlo.

Rassicurato da quel pensiero, lo osservò per qualche minuto riflettendo. Avrebbe potuto trovarsi nelle sue stesse condizioni o peggio se Dazai non gli si fosse buttato addosso, impedendogli di raggiungere gli uomini nascosti nell’angolo da cui era partita la bomba. Non se n’era reso conto quando aveva ripreso i sensi nel magazzino con il compagno steso sopra, ma pian piano aveva messo insieme i pezzi. L’unica cosa che ancora non capiva era perché l’avesse fatto. D’accordo che erano partner, per sua disgrazia, ma quell’idiota non faceva che ripetergli quanto sarebbe stato meglio se lui fosse morto nel corso dei suoi folli piani o per un colpo di testa dello stesso Chuuya e non aveva senso che si fosse ridotto così per proteggerlo dall’esplosione che avrebbe potuto esaudire il suo desiderio. Come Mori aveva constatato, infatti, Dazai aveva impedito quasi del tutto a schegge e detriti di raggiungerlo e il ragazzo era quasi certo che avesse anche cercato di attutirgli il colpo alla testa quando l’onda d’urto li aveva scagliati a diversi metri di distanza.

C’era riuscito solo in parte, visto che era comunque svenuto per l’impatto, ma era ovvio che i danni avrebbero potuto essere ben peggiori.

Se lui se l’era cavata con un bernoccolo, qualche livido e lievi ferite, però, non si poteva dire lo stesso di Dazai e Chuuya, osservando il suo volto, si chiese se stesse soffrendo. Probabilmente sì, a giudicare dall’espressione, e si sentì ancora più in colpa.

Senza pensarci, prese la pezzuola posata sul comodino di fianco a una bacinella e la immerse nell’acqua, strizzandola con più cura del necessario prima di passarla sulla fronte del compagno, che si agitava nel sonno. Stando così vicino, poteva sentire il calore emanato dal suo corpo e rinfrescarlo un po’ mentre dormiva non avrebbe fatto male a nessuno. Di sicuro c’era ancora tempo prima che Mori tornasse a controllarli e avere qualcosa da fare l’avrebbe aiutato a non impazzire per i suoi stessi pensieri e il rumore ritmico dei macchinari.

Sarebbe stato meglio alzarsi e trascinarsi di nuovo a letto, lo sapeva, ma era troppo stanco per farlo. In fondo era comodo su quella sedia e qualche spugnatura era il minimo che potesse fare per lui dopo quanto era successo nel magazzino. Sarebbe bastato adottare più tardi qualche piccolo accorgimento per non farsi scoprire, evitando così noiose ramanzine e battute inappropriate.

Soddisfatto del suo piano, continuò a immergere la pezzuola nell’acqua e passargliela sulla pelle calda e sudata, facendo attenzione a non toccare i fili e le bende che aveva addosso. Sembrava che Dazai apprezzasse il trattamento e Chuuya si sentì stranamente sollevato, cominciando infine a rilassarsi a sua volta. Il senso di colpa e le domande erano ancora lì, ma meno pressanti mentre si concentrava su altro.

I minuti scorrevano lenti e il ragazzo perse presto la nozione del tempo mentre il sonno pian piano ritornava.

Era sul punto di cedere e tornare nella sua stanza – non poteva certo farsi trovare addormentato accanto a un tizio che odiava con tutto il cuore – quando lo vide agitarsi di nuovo, lamentandosi a voce più alta di quanto avesse fatto fino a quel momento.

Per un attimo rimase immobile a fissarlo, incerto se provare a calmarlo o scappare di corsa prima che Mori tornasse al suono degli allarmi che di certo non avrebbero mancato di avvertirlo di lì a poco, ma uno scatto improvviso di Dazai lo convinse invece ad afferrargli le braccia per tenerlo fermo.

La parte più razionale del suo cervello cercò di avvisarlo che in quel modo avrebbe rischiato di farsi scoprire, ma il ragazzo, con il cuore in gola, non l’ascoltò. Muoversi così poteva essere molto pericoloso per un ferito grave e non gli avrebbe permesso di peggiorare ancora la situazione. Aveva già fatto abbastanza per quel giorno, e se doveva morire, spettava a lui il piacere di ucciderlo.

Sia pure sorpreso dalla forza con cui cercava di sfuggirgli, non mollò la presa, stringendo il più possibile quelle braccia esili mentre tentava di svegliarlo.

In un altro momento si sarebbe accorto che era una pessima idea, visto che il suo partner era proprio l’ultima persona che avrebbe dovuto sapere della sua presenza in quella stanza, ma era troppo impegnato a impedirgli di farsi ancora del male per riflettere.

Lottarono per un tempo fin troppo lungo per il suo corpo ancora debole e dolorante, ma alla fine Dazai aprì gli occhi di colpo, restituendogli per un attimo uno sguardo di puro panico.

«Alla buon’ora» borbottò Chuuya, lasciandosi cadere di nuovo sulla sedia, nel tentativo di dare alla situazione una parvenza di normalità e calmare i battiti del suo cuore. Non l’avrebbe mai ammesso, ma si era spaventato e quei lamenti pietosi non smettevano di risuonargli in testa, facendolo rabbrividire. Di sicuro, almeno per un po’, aveva risolto il problema di rischiare di addormentarsi.

Nel frattempo Dazai, ancora scosso per il terribile incubo fin troppo vivido, si guardava intorno agitato, rendendosi pian piano conto che non c’era nulla di cui aver paura. Un attimo prima avrebbe giurato di trovarsi tra le fiamme dell’Inferno a subire torture atroci, ma quella stanza piacevolmente buia e la presenza di Chuuya, sia pure inspiegabili per lui, erano molto rassicuranti.

«Cosa ci fai qui?» chiese piano, la voce rauca e affaticata, dopo aver studiato il luogo con aria confusa ma sempre più sollevata. Non riusciva a riconoscere quell’ambiente comunque familiare, ma di sicuro era meglio di ciò che aveva lasciato e il suo partner avrebbe saputo spiegargli la situazione.

Quella semplice frase sembrò riattivare il cervello di Chuuya, facendogli capire di essere nei guai. Di colpo, sentì di nuovo il bisogno di alzarsi e scappare il più in fretta possibile, augurandosi che il compagno non ricordasse di averlo trovato lì al suo risveglio, ma i muscoli, dopo lo sforzo di poco prima, non gli obbedivano e nemmeno la testa sembrava intenzionata a collaborare. Perché diavolo non se n’era andato quando poteva farlo?

«Mori mi ha detto di tenerti d’occhio» inventò alla fine, evitando il suo sguardo mentre cercava una scusa per allontanarsi che gli permettesse di salvare la faccia, senza accorgersi che l’altro lo stava studiando in silenzio. Nonostante la testa ancora confusa e dolorante, infatti, Dazai sentiva che c’era qualcosa di diverso tra loro e doveva capire cosa fosse.

Con qualche secondo di ritardo, si accorse delle bende intorno al capo e alle braccia del suo partner e si sentì invadere da uno strano misto di sollievo e preoccupazione che non riuscì a spiegarsi.

«Non avresti dovuto alzarti» lo rimproverò alla fine, serio come non mai, accennando al suo braccio sinistro, dove un rivolo di sangue ormai secco indicava che si era tolto da solo una flebo sicuramente necessaria, da quello che vedeva.

«Non accetto prediche al riguardo da te!» scattò Chuuya, punto sul vivo. Ormai aveva perso il conto delle volte che quell’idiota aveva fatto lo stesso in condizioni ben più gravi delle sue e di certo non aveva il diritto di rivolgersi a lui con quel tono, come se gli importasse davvero della sua salute, tra l’altro. «Perché l’hai fatto, piuttosto?» sbottò.

«Fatto cosa?»

«Mi prendi in giro? Per poco non crepavamo tutti e due per la tua bella idea di saltarmi addosso in quel modo!» lo aggredì Chuuya, per nulla intenerito dalla sua espressione confusa e troppo arrabbiato per accorgersi di avergli appena offerto su un piatto d’argento una serie di battute una più imbarazzante e umiliante dell’altra.

Per fortuna il suo partner non ne approfittò e il ragazzo, suo malgrado preoccupato da quell’ennesimo segnale di quanto fosse grave la situazione, sentì montare di nuovo la rabbia e quell’assurdo senso di colpa che lo stava facendo impazzire. Incredibile ma vero, dimenticò perfino la stanchezza e il bisogno di fuggire.

«Non ricordi nemmeno la missione?» insistette con più foga del necessario e un accenno di disperazione nella voce che l’altro non colse per pura fortuna. «Dovevamo recuperare le armi rubate da quegli stronzi, ma un idiota peggio di te ha lanciato una bomba a mano e…»

«Quindi è per questo che sei qui… Sei così carino a preoccuparti per me!» lo prese in giro Dazai, tornando se stesso nel momento peggiore, con uno strano senso di calore nel petto di natura non bene identificata.

«Figuriamoci! È stato Mori a ordinarmelo e stavo giusto pensando a come ucciderti senza insospettirlo» ribatté Chuuya con orgoglio, maledicendo tra sé l’intuito dell’altro e il suo pessimo senso dell’umorismo.

«Troppo complicato per uno come te» ridacchiò Dazai, per nulla impressionato. «E poi anche tu sei ferito e dovresti essere a letto» aggiunse poi, tornando serio all’improvviso per una fitta traditrice. Il suo partner era bravo a nasconderlo, ma lui lo conosceva troppo bene per non accorgersi, dalla postura e dall’espressione, di quanto fosse stanco e sofferente. Qualunque cosa fosse accaduta quella sera – il breve racconto non era infatti bastato a fargli tornare la memoria –, era ovvio che il loro capo non gli avesse certo ordinato di assisterlo in quelle condizioni.

«Sono messo molto meglio di te! Non ti conviene mettermi alla prova» lo minacciò Chuuya, sia pur consapevole che quell’idiota sarebbe stato capacissimo di sfidarlo a ucciderlo in quello stesso istante, mettendolo con le spalle al muro come sempre. Nonostante la rabbia che provava in quel momento, infatti, non sarebbe mai riuscito a fargli seriamente del male, soprattutto quella sera, e questo Dazai lo sapeva fin troppo bene. Perché diamine gli era toccato un partner così diabolico?

«Per rispondere alla tua domanda di prima, comunque… no, al momento non ricordo cosa sia successo, ma immagino sia stata colpa del mio fedele servitore. Sei un idiota che non pensa mai prima di agire, ma se morissi, non saprei più a chi dare ordini ed è troppo divertente farti fare quello che voglio» disse Dazai dopo qualche secondo per ripristinare le distanze e distrarsi dalle strane emozioni che il suo partner gli stava suscitando e l’ombra di disagio che Chuuya aveva provato vedendolo sussultare per una probabile fitta poco prima scomparve all’istante, sostituita da una rabbia cieca che rischiò di fargli perdere davvero il controllo.

«Cos’hai detto, stronzo? Ti ammazzo davvero!» sibilò minaccioso, le guance più rosse che mai per l’ennesima umiliazione che per qualche motivo l’aveva ferito nel profondo. Avrebbe dovuto aspettarsi una risposta del genere, visto che il compagno non aveva mai nascosto la sua convinzione di essergli superiore, ma che fosse in fondo colpa sua era vero, purtroppo, e sentirselo rinfacciare così brutalmente dopo quello che aveva sopportato nelle ultime ore era un colpo basso. Non poté sfogare in alcun modo la sua rabbia, però, perché l’arrivo della persona meno opportuna in quel momento lo costrinse a fermarsi sul più bello.

«Non ti avevo detto di startene a letto?» disse infatti Mori, entrando con un sorrisetto poco rassicurante, tremendamente simile a quello rivoltogli chissà quanto tempo prima. Di male in peggio. Perché aveva deciso di alzarsi e impedire a quello stronzo di ammazzarsi da solo? Sarebbe stato così bene senza più averlo tra i piedi!

«Chuuya non poteva starmi lontano» ne approfittò subito Dazai e il diretto interessato si trattenne a fatica dal tirargli un pugno che l’avrebbe finalmente spedito all’altro mondo per il bene dell’umanità.

«Crepa, fottuto spreco di bende!» sbottò il ragazzo furibondo, incapace di sopportarlo oltre. Con Mori nella stanza non c’era più bisogno che facesse del suo meglio per aiutarlo e per un po’ non voleva vederlo.

Suo malgrado ferito da tutta la situazione e da quell’odioso sorrisetto che prima o poi gli avrebbe cancellato dalla faccia, tornò quindi a grandi passi nel suo letto senza più curarsi della stanchezza e dei dolori che ormai gli pervadevano di nuovo tutto il corpo e nemmeno dell’espressione vagamente dispiaciuta del compagno al rimprovero esasperato e divertito insieme del loro capo. E pensare che si era preoccupato tanto per il suo partner, al punto da perderci il sonno! Appena quello stronzo si fosse ripreso abbastanza da lasciare l’ospedale, l’avrebbe ammazzato nel modo più lento e doloroso possibile. Questo era poco ma sicuro.

 

Prompt: Inferno

 

Angolo autrice:

Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! È la mia prima fic su di loro e non avevo mai scritto nulla del genere, ma spero che la storia vi sia piaciuta. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, e grazie a tutti per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3

Come ho scritto nell’introduzione, la storia partecipa alla challenge “Easter Advent Calendar 2024” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction. Passate a trovarci se anche voi amate questo genere! 😉

Se volete conoscere altri fan delle opere di Mashima, passate a trovarmi sul mio gruppo facebook Fairy Tail & Edens Zero Italian fan group (attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online!), dove organizzo periodicamente challenge di scrittura e disegno. Vi aspettiamo numerosi! :)

Penso di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto, augurandovi una buona serata.

Bacioni e alla prossima!

Ellygattina

  
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