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Autore: _p_ttl_    08/03/2024    1 recensioni
Non c'è una trama, solo Merlin che soffre per poche righe.
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
La parola scelta è Ya'aburnee, dall'arabo: la speranza che la persona che ami viva più a lungo di te, così da risparmiarti il dolore di vivere senza di lei.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
La parola scelta è
Ya'aburnee
, dall'arabo: la speranza che la persona che ami viva più a lungo di te, così da risparmiarti il dolore di vivere senza di lei.


Morire per primo

 
Quando Arthur morì, Merlin sentì tutto il mondo andare in pezzi. Non fu solo il suo cuore a disintegrarsi. Se fosse stato solo il cuore, avrebbe significato che lui era, almeno esternamente, rimasto intatto, capace di parlare, capace di vedere la bellezza attorno a lui, capace di vedere i colori, capace di muoversi. Ma lui non lo era.
Non fu solo la sua mente a disintegrarsi. Se fosse stata solo la mente, sarebbe uscito di senno. Invece, era più lucido che mai. I pensieri e le domande circa la sua missione, il suo destino, il futuro di Albion, cosa ne sarebbe stato di lui stesso, si susseguivano rapidamente, sovrapponendosi e confondendosi l’uno con l’altro.
Era ancora capace di percepire il mondo esterno, i suoni, la sensazione dell’erba che gli solleticava le mani, il peso del corpo esanime di Arthur tra le sue braccia. Non era stato, quindi, nemmeno solo il suo corpo fisico ad andare in pezzi. Poteva ancora fare esperienza della vita terrena, a cui il corpo fisico è votato.
Tutto in lui continuava a funzionare e contemporaneamente aveva smesso di farlo. Forse, a volerle far uscire, anche le parole sarebbero uscite ben articolate, col solito suono della sua voce, ma senza la possibilità di esprimere nulla. Gli occhi vedevano, distinguevano il rosso dal verde, il buio dalla luce, ma era il mondo ad aver perso ogni sfumatura. Poteva muoversi, ma le membra erano intorpidite, come se il suo corpo non gli appartenesse più, come se galleggiasse nell’etere, in una vita che non era la sua. Poteva muoversi, ma per andare dove? Pensava, ma ogni pensiero aveva perso ogni senso. Tutta l’esistenza non aveva più alcun significato. Poteva sentire il mondo, ma per farci cosa?
E allora era il mondo intero a non aver più ragione di essere. Tutto andava avanti, ma senza poter andare avanti davvero, senza esprimere nulla, avendo perso ogni bellezza, ogni sprazzo di vita, avendo perso il futuro, la concretezza, la realtà stessa. Tutto ciò che sentiva era disperazione, insieme a un dolore sordo al centro del petto e alla gola e alla bocca dello stomaco. Sarebbe impazzito di dolore?
Quando Arthur morì, Merlin capì che non era solo il destino, non era solo il suo futuro, non era solo la profezia, era l’amore. E questo non era riuscito a dirglielo. Era riuscito a svelargli, alla fine, il suo più oscuro segreto, ma non i suoi sentimenti. Aveva giurato di proteggerlo e non era servito. Se anche fosse successo in un lontano futuro, aveva sperato di morire per primo, perché, giovane o vecchio, non c’era vita senza di lui. Aveva sperato ogni giorno della sua vita di non dover mai vedere una sola alba senza il suo Re. Quello che non sapeva era che prima di esalare l’ultimo respiro, Arthur si era sentito in pace, stretto tra le sue braccia. Si era sentito grato, perché nel dolore della morte almeno un unico desiderio era stato esaudito. Perché ogni giorno della sua vita, Arthur aveva sperato la stessa cosa.
  
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