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Autore: aelfgifu    16/03/2024    3 recensioni
Brian e Valerie hanno preso una decisione importante, il cane Sam fa conoscenza con Kat & Poes, i genitori di Valerie devono metabolizzare le novità, Hans van Veldeke medita sul trascorrere del tempo e finisce col sedersi a fare una merenda notturna insieme a Jacob, Valerie rincontra il bullo dei tempi della scuola, Jacob scopre l’amore per gli animali, due giovani sposi sono alle prese con l’organizzazione del loro matrimonio, Brian vola nei Paesi Bassi per comprare un anello di fidanzamento, tre persone speciali ricevono un invito, e alla fine di tutto un libro si rivela veramente l’ascia che rompe il ghiaccio dentro di noi. (Sequel di “Qui, in questo mondo”, “il mondo è piccolo ovvero la ragazza col mal di mare” e “Se”).
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Brian Cruyfford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Hier, in deze wereld'
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La vita fugge, e non s’arresta un’ora
 
Valerie arrivò a Hambleton con un trasportino per gatti. Mentre si avviava sul vialetto che portava a casa, le era corso incontro Sam, il Border collie di casa, che si era messo a girare freneticamente intorno al trasportino, scodinzolando e annusando. 
“Ok, giovanotto” gli disse Valerie “ho qui due nuovi componenti della famiglia: vedi di essere un bravo fratello maggiore” e prosegui col cane alle calcagna. Entrò in casa, e trovò sua madre proprio sull’ingresso. 
“Mamma! Mi tendi gli agguati?” 
Sua madre la guardò di sotto in su: 
“Chi c’è lì dentro?” 
Valerie non rispose e proseguì verso la cucina. Posò il trasportino, mise un ginocchio a terra aprendo la porticina e dall’interno balenarono i lampi di due paia di piccoli occhi. Si sentì una specie di rimestio all’interno. 
“Forza, voi due” esclamò Valerie “venite fuori!” E nel frattempo dava una leggera pacca al cane, che l’aveva seguita e ora era fermo accanto a lei, guardando il trasportino con curiosità. Anche Maud Douglas era entrata in cucina e si era fermata dietro la figlia, le braccia incrociate. Dopo qualche minuto di tramestio, aveva fatto capolino la piccola testa arancione di Poes. “Avanti, fifone, esci” lo esortò Valerie “Sam non ti fa niente!” 
Poes, leale alla sua indole avventurosa, avanzò fuori dal trasportino e si fermò davanti a Valerie, ma con un occhio su Sam che cercava di avvicinarsi per fiutarlo. “Ti presento Sam. Non spaventarti, vuole solo conoscerti”. 
Sam si avvicinò. Immediatamente Poes inarcò la schiena, rizzò il pelo, abbassò le orecchie e soffiò. Se non fosse stato così minuscolo sarebbe stato davvero minaccioso. Alla signora Douglas scappò una risata soffocata. Valerie accarezzò il gattino, cercando di calmarlo, e mentre lo teneva fermo Sam poté terminare la sua ricognizione. Guardò il micino dall’alto in basso (a Valerie parve che stesse ridendo), si strinse affettuosamente alla sua grande amica umana e poi si allontanò. Solo allora venne fuori anche Kat. 
“Bel fratello sei, esci solo quando il pericolo è passato!” 
“Hanno bisogno di fare merenda?” domandò la signora Douglas. 
“Non dovrebbero avere fame, ma un po’ di latte a mo’ di benvenuto li metterebbe a loro agio”. 
 
*** 
 
Riattata la vecchia casetta del defunto Tabby accanto alla rimessa degli attrezzi, con aggiunta di comfort quali vecchi cuscini e ciotole per acqua e cibo, Valerie rimase a sorvegliare i due micini che facevano esperienza del nuovo ambiente, e si rese conto con grande soddisfazione che erano proprio come aveva sospettato lei - vivaci e pronti a esplorare il mondo, anche il tranquillo Kat. Quella sera a cena i suoi genitori le chiesero notizie della sua vita nella “grande città” (come definivano, non senza un po’ di campagnolo disprezzo, Manchester). Valerie esitò un momento prima di annunciare: “Ehm… esco con un ragazzo”. 
Sua madre e suo padre la guardarono e chiesero all’unisono: “E chi è? È una cosa seria?” 
Valerie alzò le spalle. “Se non pensassi che è una cosa seria, non ve ne avrei parlato…” 
“E chi è, che cosa fa?” chiese subito suo padre, pratico. 
“Ehm… credo che tu lo conosca già, pa’ “. 
Il signor Douglas aggrottò le sopracciglia. 
“Sì, voglio dire, è… è una persona… famosa”. 
“Non mi dire che è Charles Windham?” 
Charles Windham era stato suo compagno di scuola alle superiori, nonché sua cotta quinquennale non corrisposta; si era dato alla politica giovanissimo e ora era nel consiglio del Wyre Borough, cosa che agli occhi dei genitori di Valerie lo rendeva una “persona famosa”. 
“Papà, Charles Windham non mi guardava quando avevo diciassette anni e non mi guarda neanche adesso” ridacchiò Valerie. “E fa male” la rimbeccò subito suo padre. 
I suoi, e specialmente suo padre, da più di dieci anni nutrivano il sospetto che il  signor Windham, da ragazzo, fosse stato troppo timido per dichiararsi a Val; e aspettavano che lo facesse ora, visto che era diventato una “persona famosa” e Val era uscita con una delle medie più alte della storia dalla scuola di medicina veterinaria di Edimburgo.
“Comunque no, non è lui” confermò Valerie “è un po’ più… famoso”. 
“E dove avresti incontrato uno famoso? Tu non esci, non fai vita sociale, casa e lavoro e lavoro e casa” obiettò sua madre. 
“L’ho conosciuto dal dottore” spiegò Valerie. “Stavamo aspettando tutti e due di fare una visita dal professor Robbins”.
“E quindi si può sapere chi è?” 
“Sì, pa’, è Brian Cruyfford dello United”. 
Il signor Douglas mise su un’aria sospettosa. 
“Il calciatore?” 
“Sì, pa’”. 
“Uhmmmm!” disse il signor Douglas. Tacquero tutti per un minuto buono; Valerie, per dissipare l’imbarazzo, si concentrò sul purè di patate. Ne prendeva grossi bocconi e masticava ostentatamente. 
“OK” infine fu sua madre a parlare “a parte che normalmente questi calciatori frequentano tutt’altro tipo di ragazze…” Il signor Douglas diede una gomitata alla moglie. 
“Dai, Roger, hai capito cosa voglio dire!” rispose lei. “Quella è gente che frequenta queste… tipe qui, donne di spettacolo, top model, Valerie non appartiene certo alla categoria!” 
“Tranquilla, mamma, non mi offendo” rise Valerie “io infatti sono una ragazza normale!” 
“Tu non sei affatto una ragazza normale” replicò suo padre. 
“Perché, ho le corna?” 
“Hai capito cosa voglio dire, Val…” 
“Sì, papà, certo che ho capito”. 
“Ma è affidabile questo Cruyfford?” 
“Pensiamo di sposarci alla fine della stagione”.  
Per i suoi genitori fu troppo; si guardarono con l’aria di non aver capito nulla, poi guardarono la figlia. 
“È meglio che ne riparliamo domani, Val. Per stasera abbiamo abbastanza novità da digerire” sentenziò sua madre.  
 
***
 
Quando lo raccontò a Brian al telefono, lui sembrava incredulo. 
“Ma nemmeno fossi il duca di Cambridge!” andava ripetendo. 
Valerie pensava: fino a un’ora fa i miei erano convinti che anche un consigliere provinciale fosse al disopra delle mie forze, figurati che effetto deve avergli fatto il tuo nome… e poi tutto questo rivolgimento nel giro di pochi mesi, quando non ho mai portato un ragazzo a casa da quando Tom Walker veniva da me a ripassare matematica, quindici anni fa! 
“Comunque ne riparleremo domattina a colazione”. Valerie andò a dormire, ma passò un bel po’ prima che riuscisse a prendere sonno. 
 
***
 
Quella sera neanche Hans van Veldeke riusciva a prendere sonno. Un paio d’ore prima, al telefono, Brian gli aveva rivelato che intendeva sposare la dolce veterinaria del Lancashire. Per non dare fastidio a Ria girandosi e rigirandosi nel letto, si alzò pian piano e andò in soggiorno. Sedette nella poltrona davanti alla tv, ma non accese l’apparecchio: rimase a meditare fissando il buio. Come sempre, quando in qualche modo c’era Valerie di mezzo, lo assaliva una strana emozione. No, non era gelosia nei confronti di Brian, anzi era felice che si fosse innamorato di quella ragazza così fuori dal comune. Dieci anni prima aveva avuto un’esplosione di desiderio improvvisa e furiosa nei confronti di quella che al tempo era stata una ragazzina di vent’anni; era riuscito a resistere solo convincendosi del fatto che si trattava di una reazione al conflitto con Ria. Ora però vedeva le cose diversamente: non aveva desiderato quella ragazza perché frustrato dai litigi e dalla lontananza di sua moglie, ma perché Valerie gli aveva suscitato un’invincibile nostalgia, la nostalgia che ci prende quando incontriamo qualcuno di buono e di pulito e noi ci rendiamo conto che abbiamo già fatto delle scelte, che non possiamo tornare indietro, il tempo non è più a nostro favore e insieme al tempo abbiamo perso anche la possibilità di realizzare molti sogni. Insomma, Valerie lo confrontava col tempo e gli chiedeva conto di quel che ne aveva fatto. “Non mi pare di averlo sprecato” disse Hans a mezza voce “non mi pare di aver fatto scelte sbagliate. Non mi pare di avere rimpianti da alimentare”. E allora perché quella malinconia? Forse perché a luglio Johan e Jacob avrebbero compiuto dodici anni? Perché il tempo corre e noi fatichiamo a stargli dietro, e arriviamo al traguardo prima ancora di rendercene conto? Valerie lo stava mettendo di fronte alla sua morte? 
Un rumore di piedi scalzi che attraversavano il corridoio lo riscosse. Si alzò per andare a controllare, e vide Jacob che quatto quatto, al buio, entrava in cucina, apriva il frigorifero e tirava fuori quello che rimaneva del cheesecake di Faith, che avevano mangiato per merenda. Nascosto nell’ombra, Hans vide suo figlio che posava il dolce sul tavolo, prendeva un coltello, si tagliava una grossa fetta e: 
“Jacob” disse, materializzandosi sulla porta della cucina. Jacob fece un salto e per poco non lasciò cadere la fetta di cheesecake. 
“Non hai mangiato abbastanza a cena?” lo rimproverò suo padre. 
“No” rispose Jacob con la sua solita faccia di bronzo.
“Allora tagliane un’altra fetta e siediti a mangiare con me”. 
 
  
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