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Autore: Autumn Wind    03/04/2024    0 recensioni
Mary Moon è una venticinquenne bostoniana che si è fatta da sola: nata nei sobborghi cittadini, è solo grazie alla perseveranza, al lavoro ed allo studio che è riuscita ad affermarsi come scrittrice ed a conseguire una certa indipendenza. Il suo fragile mondo le crolla addosso quando il temibile Preston Lodge II della National Trust la pone di fronte ad un gelido aut aut: o accetta di vedere suo zio e se stessa in bancarotta ed in prigione o acconsente a sposare l’ultimogenito dei Lodge ed a trasferirsi in Colorado.
Aiutare l’uomo che più detesta al mondo è l’ultima cosa che Mary vorrebbe, ma, se desidera onorare la promessa fatta a sua madre sul letto di morte come ha giurato, non ha scelta.
Trapiantata a Colorado Springs, in un mondo sconosciuto e sotto un cielo che le sembra tremendamente sbagliato, Mary scoprirà la brutalità della vita, ma anche l’amicizia e l’amore.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7.
Heart

“Allora, che ne pensi?”
Dorothy sospirò, sbattendo le palpebre mentre leggeva l’ultima puntata della storia di Scarlett. “Mi hai stupita: pensavo le cose prendessero una certa direzione ed invece hai trasformato tutto secondo un’altra traiettoria, che, devo ammetterlo, ti si addice molto di più. E chi pensava che Scarlett avrebbe scelto inizialmente Ross, salvo poi scoprire tutti questi segreti su di lui e tornare indietro da Jonathan?”
“Temevo che non ti piacesse, sai?” sorrise la giovane, lisciandosi la giacca blu e giocherellando distrattamente con la collana a forma di mezzaluna, salvo poi lasciarla subito dopo una volta resasene conto.
“Oh, invece mi piace ed anche molto! Davvero! E sono certa che piacerà anche alle nostre lettrici!” annuì la rossa, tornando al suo torchio con un sospiro. “Santo cielo, l’aria è carica di umidità questa settimana …” considerò stancamente. “Ho sentito che è tipico del cambio di stagione in Colorado!” ragionò Mary. “Oh sì, ma mai così, credimi! Ecco, con questo abbiamo finito: ora c’è il servizio sull’inaugurazione del nuovo teatro …”
“Quello che verrà aperto accanto allo Spring Chateau dal senatore Dinston?” domandò Mary, osservando la città assolata ed affollata oltre le porte spalancate del Gazette. “Esattamente: domani sera ci sarà l’inaugurazione. Oh, ma aspetta: non posso andarci! Sono invitata da Michaela per fare un’intervista a Colleen che si è diplomata alla scuola medica, è un impegno che ho preso da tempo … non potresti andare tu all’inaugurazione, Mary? Ti dispiacerebbe?”
“Mi piacerebbe tantissimo, è da quand’ero a Boston che non mi occupo di cronaca di questo genere!”
“Sapevo che saresti stata d’accordo. Ci andrà anche Daniel, in qualità di sceriffo, per evitare le proteste di quel comitato di vecchiette contrario ad ogni divertimento … sai, quelle contro l’alcool … girano per le città del Colorado, di quando in quando!” sorrise la rossa, cambiando foglio. “Immagino ci sarà anche Jake!”
“Immagini male, stavolta: è appena diventato padre, ha già fatto sapere di non poter presenziare.”
“Ah è dunque nato il bambino?”
“Sì, stamattina: è un maschietto. L’hanno chiamato Gabriel.”
“Dovremo scrivere un articolo per congratularci …”
“Oddio, è vero: un altro pezzo che devo scrivere! Dire che sono oberata è poco!” sospirò Dorothy. “Non agitarti: con calma si fa tutto! E, poi, hai me e Brian …”
“Sarei già esplosa, altrimenti! Spero che per Preston non sia un problema il tuo presenziare alla cerimonia di apertura del teatro, considerato il suo … beh, legame con lo Spring Chateau! Perché immagino ci andrai con lui ...”
Mary sospirò, posando la penna. “Cercherò di convincerlo!” sviò, distogliendo lo sguardo: l’ultima cosa a cui voleva pensare era Preston e la confusione totale che provava nei suoi confronti.
Erano passate oramai tre settimane dal bacio che si erano scambiati ad Halloween e non ne avevano più parlato, tornando alla solita routine fatta di pasti condivisi, richieste di opinioni e picnic domenicali. L’unica eccezione era stata una domenica in cui l’aveva portata al ristorante ed a teatro a Denver per festeggiare l’accettazione del prestito da parte di Michaela, dandole un’altra occasione per sfoggiare il bellissimo vestito che le aveva regalato.
Mary si era comportata come al solito, ma, quando era sola, non riusciva a smettere di pensare a quel bacio. Non se l’era minimamente aspettata e non era né la situazione né il momento giusto. Aveva cercato di ignorarne il pensiero e si era aspettata che passasse così com’era venuto, ma, al contrario, si era ritrovata ogni giorno più ansiosa che arrivasse la sera solo per potersi sedere davanti al fuoco dopo cena con Preston per parlare. Le piaceva discutere le ultime novità della città e d’America con lui, occasionalmente anche ridere e scontrarsi e, soprattutto, le piaceva guardarlo in tutta la sua altezza mentre lavorava ed accoglieva i clienti che la banca, pian piano, iniziava ad attirare nei suoi completi impeccabili, con il suo sorriso fin troppo largo ed un sottile sarcasmo.
Naturalmente, da qui a dire che lo amava ce ne passava. Razionalmente, riteneva di essergli solo affezionata poiché era la persona con cui aveva passato più tempo a Colorado Springs e perché si era rivelato migliore di quanto sembrasse ad una prima occhiata.
“A che ora sarà l’inaugurazione?” domandò a Dorothy, ben decisa a distrarsi. “Alle sette e finirà a mezzanotte, in tempo per il Ringraziamento! A proposito, tu e Preston avete programmi per la festa?”
“Non ne abbiamo parlato. Forse parteciperemo al pranzo cittadino da Grace e dal reverendo …”
“Io sarò da Michaela con Nube che Corre e tutto il resto: come ti dicevo, ci saranno anche Andrew e Colleen.”
“Sono persone molto simpatiche, è piacevole parlare con loro.”
“Senza dubbio.”
“Quello che ha fatto Michaela per i ragazzi è davvero ammirevole: non so se ne sarei capace …”
“Lo saresti, solo che è difficile immaginarlo.” sorrise Dorothy, mettendo ad asciugare i giornali freschi di stampa. “Per i figli si farebbe qualsiasi cosa.”
“Mi hai detto di averne quattro, Dorothy, ma …” azzardò Mary. “Se ne sono andati tutti, per questo: le mie figlie sono scappate da casa e dalle ubriacature del padre e si sono sposate senza farmi più sapere niente di loro, Tom è diventato un alcolista dopo la guerra e Victor ha la sua famiglia e la sua vita lontano da casa … nessuno mi parla, al massimo mi scrivono qualche lettera. Sai, mi incolpavano per non averlo cacciato via …”
“Non è stata colpa tua, Dorothy: come potevi difenderti?” eruppe Mary, sconvolta da quella rivelazione. La rossa le rivolse un sorriso triste. “La verità è che avrei potuto, ma continuavo a credere che Marcus sarebbe cambiato. Ci vuole tanta forza di volontà per abbandonare queste situazioni … come hai fatto tu scappando da tuo zio.”
“Per poi ritrovarmi in un matrimonio di convenienza.” sospirò la scrittrice, aprendo un libro per controllare un nome. “Davvero una bella fine …”
“Beh, hai un lavoro, un’entrata e non mi pare che tu e Preston litighiate di continuo, anzi: poteva andarti molto peggio, alla fin fine.”
“Sì, forse hai ragione.” asserì Mary, picchiettando la penna sul tavolo. “Ma non è comunque una scelta che ho preso liberamente.”
“No, questo è vero. Ma potrebbe diventarlo …”
La giovane aggrottò la fronte, fissando Dorothy che le sorrideva, maliziosa. “Sei l’unica, qui, a sapere che tra me e Preston non c’è niente, Dorothy!” esclamò, abbassando la voce. “Lo so, ma non sono certamente l’unica ad aver notato come vi guardavate ad Halloween.”
Mary scosse il capo. “Sbagli.” asserì. “Ad Halloween c’è stata molta confusione: avevamo litigato, ci eravamo riappacificati e poi c’era la festa ...”
“Però continui ad indossare la mezzaluna che ti ha regalato.”
“Perché mi piace e credo mi rappresenti.”
“Mentre ballavate, non avete smesso per un istante di arrossire ed evitavate accuratamente di guardarvi …”
“Se è per quello, ci siamo anche baciati, tornati in banca!”
All’occhiata sconvolta dell’amica, si affrettò ad aggiungere: “Ma è stato soltanto un momento, dovuto al fatto che avevamo bevuto ed eravamo finalmente riusciti a trovare un equilibrio. Un errore dimenticabile che non ha avuto alcun seguito! E se andiamo d’accordo è perché ci siamo sforzati di convivere per la serenità reciproca ...”
Dorothy scoppiò a ridere, ottenendo solo di irritare ancor di più Mary. “Non vedo cosa ci sia tanto da ridere!”
“Santo cielo, dev’essere una cosa di Boston, sai? Tutti quelli che conosco che vengono da lì sono davvero dei veri disastri nei sentimenti! Michaela ci ha messo anni per rendersi conto di amare Sully, Andrew pensava sempre di non essere abbastanza per Colleen e tu e Preston … beh, vi commentate da soli!”
“Quali sentimenti? Qui non ce ne sono!” sbottò la scrittrice, tornando al proprio lavoro. “Mary …” sospirò la rossa, sedendosi sul bordo della scrivania della collega. “Ci sono passata anch’io: la gente aveva notato prima di me che amassi Nube che Corre ed io negavo, per paura. Paura di quello che avrebbe comportato, di cambiare …”
“Non è il mio caso, perché non c’è proprio niente di cui rendersi conto!” ribadì Mary, sicura. “In circostanze normali, io non avrei mai e poi mai scelto Preston e lo sai: ho sempre detestato i damerini di buona famiglia, ancor peggio se leziosi banchieri!”
“Spesso le cose non vanno come credevamo sarebbero andate ed è il destino a decidere per noi.”
“Non nel mio caso.”
“Dovresti chiederti se è me o te stessa che stai cercando di convincere!” sorrise la rossa con il suo solito sorriso malizioso, ottenendo solo di far irritare ancor di più l’altra per il resto della giornata.

***

“Una firma qui … perfetto: siete ufficialmente proprietari di una splendida casa nei dintorni di Colorado Springs, congratulazioni!” sorrise Preston, stringendo la mano dei signori Collison, i quali avevano appena concluso un prestito. Quelli che aveva concluso sinora non erano tanti come un tempo, ma abbastanza da far capire che la banca stava tornando al suo antico splendore, passo dopo passo. In questo, la decisione di Michaela di fidarsi nuovamente di lui era stata senz’altro determinante, doveva riconoscerlo.
Mentre apriva la porta ai due contadini, si ritrovò faccia a faccia con un nefasto Horace. “Posta.” sbottò, consegnandogli le buste in mano prima di andarsene.
Preston congedò i clienti e tornò alla sua scrivania, smistando le missive: c’erano delle comunicazioni per la banca, proposte d’affari e d’investimento, due lettere per Mary, una di miss Jane ed una del suo editore ed una per lui dai Lodge. Con un sospiro, mise da parte il resto ed aprì per prima quella, stupendosi nel riconoscere la grafia di sua madre: non gli aveva mai scritto da quand’era arrivato a Colorado Springs, salvo mandargli occasionali saluti tramite suo padre, il suo unico interlocutore.

Caro Preston,
Mi vedo costretta a scriverti personalmente in quanto tuo padre ha contratto una brutta influenza e non è nelle condizioni mentali e fisiche di farlo. Sta bene, non angustiarti: i Lodge hanno tempra difficili da scalfire, come ben sai.
Qui a Boston la vita procede come al solito: sta arrivando l’autunno e tutti si riversano nei caffè e nei teatri. Al circolo gira voce che verrà in città un circo dall’Europa, ma non vedo come questo potrebbe interessare la gente perbene: come ben sai, è una pratica estremamente barbara, a mio avviso.
I tuoi fratelli stanno bene e stanno portando a compimento un successo dopo l’altro: James ha investito con successo in delle miniere e ne sta traendo grande profitto, Henry oramai conduce abilmente la filiale newyorkese della National Trust, Connor si sta mostrando un abile rivenditore nel settore delle grandi catene, anche se ero molto scettica sui grandi magazzini, come sai e Thomas ci ha deliziati giusto la scorsa domenica annunciandoci che presto diventerà padre per la terza volta.
Posso dirmi soddisfatta del numero di nipoti che mi sono stati dati dai tuoi fratelli e dalla compostezza delle loro mogli, ma non faccio a meno di chiedermi quando anche il tuo matrimonio inizierà a dare i suoi frutti, Preston: il fatto che abbia dovuto trovarti moglie tuo padre, e per giunta nella Boston dei peggiori sobborghi, lavoratrice e così testarda a quanto scrivi, è già dura da sopportare. Non potrei tollerare l’umiliazione di vederti senza figli che portino avanti la tua banca, se mai resterai in Colorado per il resto della tua vita. Vedrai che, una volta impegnata con la maternità, anche tua moglie tornerà a portarti rispetto ed a mantenere il ruolo che ogni donna deve avere, senza ridicoli sconfinamenti.
Spero di avere tue notizie prima del Ringraziamento e, come ogni anno, ti invito a farci visita per l’occasione, anche se già so che probabilmente declinerai con qualche scusa.
Ogni bene

Tua madre
Alice McKinnon Lodge

Preston appoggiò la lettera con un sospiro frustrato e, istintivamente, cercò un sigaro: niente riusciva a dargli sui nervi come quelle lettere da Boston, soprattutto se provenienti dalla penna di sua madre. Alice non aveva mai mostrato affetto né simpatia per l’ultimogenito: all’epoca, sperava di avere finalmente la bambina che aveva sempre desiderato e l’ennesimo maschio si era rivelato una profonda delusione. Suo padre lo vedeva come un costante fallimento rispetto agli altri suoi figli ed i suoi fratelli come il buono a nulla di casa, troppo pomposo ed ambizioso, ma fondamentalmente senza abbastanza polso per ottenere qualcosa. Quando aveva sentito da un vecchio professore di Harvard delle possibilità offerta dal Colorado in termini di affari, era stato quasi felice di lasciare Boston, anche se il trasferimento era stato accolto con scherno, come la crisi economica ed il matrimonio combinatogli dal padre.
L’unica persona in tutta Boston che gli mancava e gli scriveva spesso era sua zia Fanny, la sorella di suo padre: lei era sempre stata inspiegabilmente affezionata all’ultimogenito del fratello e, non essendosi mai sposata, aveva riversato su di lui tutto l’amore che aveva da dare. A detta di suo padre, era stata la sua pessima influenza a renderlo un rammollito, o a salvarlo dal baratro, come avrebbe sostenuto chiunque altro.
La porta della banca si riaprì in quel mentre, facendo entrare una stanca Mary. “Ciao!” lo salutò, dirigendosi spedita verso le scale. “Com’è andata al Gazette?” chiese Preston, allungandole le sue lettere. “Una faticaccia, con questa umidità …” considerò la giovane, aprendo subito quella dell’editore e sbuffando quando l’ebbe letta. “Brutte notizie?”
“Non intendono pubblicare il mio ultimo romanzo e m’invitano ad essere meno scialba. Suggeriscono anche non troppo velatamente che il Colorado mi abbia rammollita ...”
“Forse ti stanno solo invitando ad essere più te stessa, come ti dico sempre anch’io, del resto: non devi aver paura di osare.”
Mary annuì, poco convinta: quel romanzo l’aveva impegnata per tantissimo tempo, praticamente da quand’era arrivata e vederlo rifiutato così bruscamente era un vero e proprio affronto.
“Potresti sempre revisionare e proporre la storia di Scarlett, magari con qualche aggiustamento!” azzardò Preston, facendo spallucce. La moglie gli rivolse un’occhiata perplessa. “Nella raffinata Boston una storia del genere sarebbe sgradita ...” sottolineò. “Forse no: il fascino del selvaggio west è un’attrattiva non da poco, lo sai bene!”
La giovane annuì, poco convinta, ma, al contempo, intrigata dalla prospettiva: forse, ogni tanto, Preston aveva ragione, anche se non l’avrebbe mai ammesso, neanche a se stessa.
“Hai altri appuntamenti per oggi?” gli chiese, cambiando discorso. Il banchiere sospirò, alludendo a delle carte impilate accanto a sé. “I signori Fitzwilliam: sono in ritardo, oltre che nell’appuntamento di oggi anche nel pagamento della loro rata e di ben due settimane. A breve scadrà un’ulteriore rata, ma non potranno permettersela per via delle ingenti spese mediche del figlio e mi hanno chiesto di essere … comprensivo. Iniziamo ottimamente con la politica della bontà, come vedi! Per una banca, non può funzionare: se non rientro nei termini, i finanziatori chiuderanno i cordoni ...”
“Ti ritengo una persona previdente, ma, a volte, ti perdi in un bicchiere d’acqua ...” sospirò, trattenendo a stento un sorriso. Il banchiere cercò di ignorare quanto gli scaldasse il petto l’idea di essere riuscito a farla ridere di nuovo. “Offriti di coprire le spese mediche.” gli disse semplicemente. Preston sgranò gli occhi, volgendosi a fissarla, sconvolto. “Cosa? Un altro prestito se non sono nemmeno in grado di gestire quello che hanno? Ti è forse andato di volta il cervello?”
“Non l’ho mai avuto completamente apposto, se è per quello, ma pensaci bene: se coprissero con un altro prestito le spese mediche, avrebbero più tranquillità nell’immediato e soldi per pagare la proprietà, si dovrebbero preoccupare di restituirti quelli delle spese in futuro. Inoltre, ci guadagneresti: due prestiti, doppi interessi, anche se meriterebbero senz’altro uno sconto. Proponiglielo, almeno, ma secondo me accetteranno, non sono persone orgogliose o ignoranti. Su Michaela avevo ragione, concedimelo: forse, ce l’ho anche ora!”
Preston annuì, soppesando mentalmente i conti dei Fitzwilliam. Mary rimase a guardarlo, sconsolata, sospirando e preparandosi mentalmente a ciò che stava per dire. “A proposito, domani devo recarmi allo Spring Chateau per l’inaugurazione del teatro: devo scrivere un articolo per il Gazette ...”
A quelle parole, il banchiere parve dimenticare tutti i suoi conti e scattò in piedi. “Vuoi dirmi che sarai tu ad andare a quell’evento con Dorothy?” obiettò. “Sarò sola.”
“Meraviglioso, così, oltre ad andare all’hotel che ho perso, ti farai anche fotografare con il senatore che mi ha umiliato!”
“Non essere ridicolo: è stato tempo fa ed io non c’entro in questa storia! Non ero neanche in Colorado, all’epoca!”
“Ma ci abiti adesso e sei sposata con me!”
“Questo non significa che io sia del tutto incapace di badare a me stessa: ho la mia indipendenza e l’avrò sempre e comunque, qualunque cosa accada!” replicò lei, secca. “Non è di questo che stiamo parlando, ma del fatto che in città così piccole tutti sparlano e la banca sta appena iniziando a risollevarsi: cosa potranno dire i residenti, vedendoti coinvolta nell’attività che ho perso? Che forse gioisci anche tu nel vederla prosperare perché sono un despota?”
“Non sarà certo questo ad impedirmi di svolgere un incarico che fa parte del mio lavoro e per cui sono pagata! E, comunque, non preoccuparti: se non intendi accompagnarmi, lo chiederò a Daniel!” ribadì, rivolgendogli un’occhiata sdegnata prima di andare in casa sbattendo la porta. Preston sospirò, portandosi una mano alle tempie mentre, con l’altra, si accendeva un altro sigaro: sul fatto di avere una moglie troppo testarda aveva indubbiamente ragione sua madre. Nessuno, neanche Michaela Quinn, era mai riuscito a farlo esasperare come Mary con la sua ostinazione. Certo, era altrettanto vero che nessuno era mai riuscito a farlo sentire apprezzato come lei.
In tanti anni trascorsi in Colorado, non si era mai sentito del tutto a proprio agio, né aveva mai avuto la sensazione di poter abbassare la guardia ed essere davvero se stesso, ma con Mary era diverso. Forse era dipeso dal fatto che fosse lì apposta per lui e che fosse la persona che aveva conosciuto meglio in Colorado, ma, in presenza della sua schiettezza, Preston riusciva ad essere sempre sincero. Avrebbe mentito se avesse negato che gli facesse piacere averla lì: apprezzava i consigli che gli dava su come riacquistare la fiducia dei clienti della banca, anche se, il più delle volte, non glieli chiedeva, il fatto di trovare sempre profumo di dolci una volta tornato in casa e fiori freschi sparsi ovunque, ma ancor di più, di poter parlare di qualunque cosa anche fino a tardi di fronte al caminetto ed ad una tazza di tè caldo. L’intelligenza di Mary avrebbe intimidito la maggior parte degli uomini, ma a lui intrigava: si potevano dire molte cose di lui, ma non che fosse stupido o ignorante e trovare qualcuno con cui confrontarsi era come una boccata d’aria fresca, anche e soprattutto perché molto spesso si trovavano d’accordo.
Certo, le cose erano cambiate dalla sera di Halloween, se ne rendeva conto e quella discussione ne era l’ennesima prova: prima erano entrambi molto più spontanei ed a loro agio, ma, dopo quanto successo una volta tornati alla banca dopo la festa, a volte erano quasi timorosi di parlarsi. Preston non era cieco e si conosceva bene: sapeva che aveva iniziato a guardarla con occhi diversi e da ben prima di Halloween, ma il terrore di venire in qualche modo rifiutato era tanto da fargli soffocare qualunque cosa, attribuendo quei sentimenti alla troppa solitudine degli ultimi anni. Questo non gli impediva di fare di tutto solo per farla sorridere: quando lo faceva, era in grado di illuminare qualunque ambiente. La verità, pura e semplice, era che, a volte, avrebbe solo voluto posare nuovamente le labbra sulle sue, ma era troppo timoroso anche solo per dirle quanto la trovasse bella, figurarsi per confessarle altro. La codardia era la sua condanna.

***

Dopo un’intera giornata trascorsa al Gazette a prendere appunti, correggere e scrivere, Mary accolse l’inaugurazione del teatro come una meritata occasione di svago e riposo dopo tanto lavoro.
Nonostante avesse promesso a se stessa ed a Dorothy di divertirsi, tuttavia, anche mentre terminava di prepararsi non poteva fare a meno di sistemare e risistemare i fogli con gli appunti. Solo quando fu certa che fosse tutto in ordine, osò guardarsi allo specchio: il vestito lilla di Halloween le donava e le perle le davano un’aria professionale, esattamente quella che voleva avere. Controllò l’ora con un sospiro, raddrizzando i capelli che aveva acconciato su una spalla ed indossò il soprabito melanzana, dirigendosi spedita giù in banca: Daniel, che aveva accettato con piacere di fare la strada fino allo Spring Chateau con lei, l’aspettava. Anche se si era senz’altro posto qualche domanda, lo sceriffo aveva avuto la decenza di non chiedere perché non ci andasse con Preston.
Al solo pensiero del marito, Mary si ritrovò a scuotere il capo: non conosceva persona più impossibile di lui. Certo, aveva immaginato che potesse essere contrario al suo andare all’inaugurazione, ma non era preparata al silenzio tombale che aveva seguito il loro piccolo diverbio. Come ad ogni discussione, entrambi erano semplicemente troppo orgogliosi per cedere e, così, avevano continuato a fissarsi in cagnesco ed a non parlarsi. Forse, dall’indomani, le cose sarebbero tornate come prima. Ma, poi, era quello che voleva?
Mary sospirò, guardando il cielo basso e violaceo di quella sera: quel mattino, quando Loren le aveva descritto nei minimi dettagli il piccolo Gabriel Slicker, era stata sinceramente felice per Teresa e Jake, ma il suo umore si era decisamente rabbuiato quando il signor Bray le aveva dato una gomitata complice. “Su, presto toccherà anche a lei, vedrà! Intendo, pancioni, pannolini e tutto il resto ...”
Mary aveva replicato con un sorriso tirato, ignorato il dolore sordo che l’aveva accompagnata per il resto della giornata, distraendola anche dai suoi lavori di revisione. In fondo, aveva sempre voluto un figlio, era vero: non ci aveva mai pensato concretamente, ma, quando si era posta la questione, era stata favorevole. Solo uno, due bambini al massimo, cresciuti nell’amore di una famiglia serena. Peccato che la cosa non si sarebbe mai realizzata: il suo non era un vero matrimonio, tutt’altro, anche se la prospettiva di passare la vita con Preston oramai non le sembrava più così terribile. C’erano state notte insonni, almeno da parte sua, in cui aveva fissato il soffitto, chiedendosi perché le veniva così spontaneo essere se stessa con lui, perché nessuno avesse mai capito perché lui si comportasse come spesso si comportava senza vedere la sua storia e senza capire che aveva bisogno solo di un po’ d’affetto e di stima ed immaginando come sarebbe stato se tutte le sue piccole e ridicole fantasie nate dalla sua immaginazione fin troppo fervida si fossero avverate, come sarebbe stato se lui l’avesse baciata liberamente ogni volta che ne aveva voglia e cos’avrebbe provato tra le sue braccia nelle fredde notti del Colorado. Tutte sciocchezze nate dall’essere troppo sola e dall’immaginare troppe storie, senza dubbio: tra lei e Preston non c’era niente e non ci sarebbe mai stato nient’altro che quel finto matrimonio alquanto ridicolo, ma necessario per entrambi.
Scese in banca e lo trovò intento a revisionare alcuni prospetti con aria crucciata. Vedendola, sollevò appena lo sguardo. “Sei davvero decisa ad andarci con Daniel?” disse solo. “Ovviamente.” replicò, rivolgendogli un’occhiata esasperata: quando faceva così, il che avveniva più o meno una volta al giorno, non c’era niente che desiderasse di più di schiaffeggiarlo. “Bene: il nostro sceriffo ti sta già aspettando, lo vedo da qui. Di certo attirerai l’invidia di tutte le donne nubili di Colorado Springs: Daniel è considerato il principe azzurro dal cavallo bianco ...”
“Trovo sia più importante la sua gentilezza spassionata ed indistinta verso tutti. Non so a che ora tornerò.”
“Oh, non preoccuparti: me la caverò.” sibilò il banchiere, ingoiando una risposta al vetriolo e tutto il suo risentimento. “Come sempre, del resto. Buona serata.”
“Aspetta!”
Mary, già sulla soglia, si volse a guardarlo, vagamente sorpresa. “Dobbiamo davvero salutarci in questi termini? E devi proprio andare là … con lui?” sospirò Preston, alzandosi. “Se non sei disposto a mettere da parte il tuo orgoglio per un secondo ed ad accompagnarmi, sì.” sospirò lei, fermandosi per qualche istante a guardarlo. Notando che non accennava a muoversi, scosse il capo ed uscì in fretta dalla banca, dirigendosi a passo sicuro verso Daniel, che già l’aspettava in un elegante, ma sportivo, completo scuro. Preston restò sulla soglia della banca a guardarla prodigarsi in saluti con lo sceriffo ed espirò per liberarsi dal fervente bruciore che gli risalì il petto e la gola al vedere Daniel aiutare Mary a montare a cavallo e venire ricompensato da un altro dei suoi sorrisi: com’era possibile che quel bellimbusto riuscisse a farla sorridere così facilmente e che avesse avuto con lei lo stesso tipo di contatto che aveva avuto lui, che era suo marito? Avrebbe dovuto essere lui ad aiutarla a cavallo e, all’inaugurazione, avrebbe dovuto essere sempre lui a tenderle il braccio, non lo sceriffo. “E potresti essere tu, se fossi un po’ meno egoista. E se anche lei lo fosse.” si disse, amareggiato. Sbuffò, vedendoli andare via e guardò le nuvole scure che si rincorrevano nel cielo: poco male, almeno il tempo aveva il buon gusto di rispecchiare il suo umore.

***

“Un altro bicchiere, Mary?”
“Oh, no, grazie, altrimenti prenderò appunti tremendamente confusi, temo!” sorrise la giovane, rivolgendo la propria attenzione alla sala gremita dove si stavano svolgendo le ultime danze: la serata era stata impegnativa, ma tutto sommato soddisfacente. Dopo il discorso del senatore Dinston, c’era stata la prima del teatro, un gioiellino esternamente in legno chiaro dalle poltrone rosa, le tende rosse ed i lampadari floreali. Gli attori di una delle compagnie più famose di Denver avevano recitato in una divertente versione di Sogno di una Notte di Mezza Estate e, subito dopo, gli spettatori erano stati scortati all’hotel per buffet e danze. Mary, dopo una breve intervista a Dinston ed all’attrice che interpretava Giulietta, aveva passato buona parte della serata a scribacchiare freneticamente sul suo taccuino per annotare ogni impressione ed ora, finalmente, poteva godersi un po’ di spensieratezza.
Daniel, accanto a lei, aveva appena finito di divorare una tartina senza troppi indugi. “Mi aspettavo fossi dai Sully, stasera!” considerò Mary ad un certo punto. “Oh, no: è un momento in famiglia, non volevo essere di troppo.”
“Credo che loro ti considerino parte della loro famiglia.”
“Sì, questo sì, ma non è come farne davvero parte, non so se mi spiego …”
La scrittrice annuì. “Capisco. Capisco fin troppo bene ...”
“E, poi, ho pur sempre i miei doveri di sceriffo. Fortunatamente, quelle vecchiette ululanti non si sono fatte vedere!”
“Sarebbe stato divertente, però! Avrei avuto qualcosa di davvero unico da scrivere!” rise Mary. “Senza dubbio. Domani sarai al pranzo di paese?”
“Non ho ancora deciso.” sviò lei. “E tu?”
“Domani sarò dai Sully: è un’occasione non troppo familiare, a quanto pare.” rise. “Spero di avere anch’io una famiglia mia con cui trascorrere il Ringraziamento …”
“Accadrà prima di quanto immagini: non c’è motivo per cui qualcuna debba rifiutarti, dopotutto!”
“Non si può mai sapere: voi donne siete imprevedibili!” sorrise Daniel. “Davvero? A me sembriamo molto semplici, invece …”
“Affatto. E la cosa più difficile da capire sono i vostri gusti … prendi te, ad esempio!”
“Io? Santo cielo, penso di essere la meno complicata di tutti!”
“Se lo fossi, non ci sarebbe mezza città a chiedersi perché tu abbia sposato Preston.”
Mary annuì, sospirando. “A volte me lo chiedo anch’io. Ma non roviniamoci la serata con queste considerazioni: vogliamo ballare?”
“Volentieri. Prego!”
La scrittrice accettò di buon grado la sua mano e si lasciò guidare al centro della pista, ben decisa ad allontanare ogni pensiero negativo da quella serata. Certo non si aspettava il vuoto che sentì dentro quando si rese conto che, per quanto Daniel fosse gentile e ballasse bene, era un’altra compagnia che avrebbe voluto con sé quella sera.

***

Quando rientrarono a Colorado Springs, era quasi mezzanotte e Mary si stupì, come sempre, di quanto bella apparisse la città sotto le luci soffuse della notte.
“Grazie per avermi accompagnata: non mi sarei fidata, da sola, per la strada. Non la conosco poi così bene!” sorrise mentre, con Daniel, smontavano da cavallo dinanzi al Gazette. “Non c’è problema, figurati. Immaginavo che Preston non ti avrebbe comunque accompagnata …”
“Non ha digerito molto bene la perdita dello Spring Chateau, temo.” annuì lei. “Avrebbe anche potuto mettere da parte l’orgoglio per accompagnarti!” obiettò lo sceriffo. “Avrebbe, sì, ma l’orgoglio è qualcosa di radicato per quelli della Boston perbene. Tu forse non li conosci abbastanza, ma posso assicurarti che non se lo leveranno mai completamente di dosso. Neanche Michaela ed Andrew, in una certa misura.”
“A vederli, non si direbbe!”
“Perché è un orgoglio diverso, ma sempre di onore si tratta.”
Una serie di schiamazzi provenienti dal saloon interruppe la loro conversazione. Daniel sospirò, legando le briglie dei cavalli alla staccionata. “Vado a controllare che non si stiano azzuffando come al solito, aspettami qui.”
Mary annuì, ponendosi di fronte alla clinica di Michaela mentre Daniel entrava nel locale: da dentro venivano i soliti rumori di bicchieri, risate sguaiate e sedie trascinate. Stava per tornare a concentrarsi sul suo cavallo quando uno scintillio familiare attirò la sua attenzione.
Ad un tavolo non troppo distante dall’entrata, Jake sedeva tranquillo con un sombrero messicano, la superficie ricoperta da carte da poker e vari boccali di birra. Accanto a lui, Loren, Preston, Horace e Hank. Loren sembrava già completamente ubriaco, rideva e si dondolava ed Horace era sulla buona strada per imitarlo. Probabilmente, stavano festeggiando la nascita del figlio di Jake, aveva sentito Loren accennare a qualcosa di simile. Quello che le fece gelare il sangue nelle vene, però, fu vedere Preston ridere tranquillo con uno dei suoi sigari ed un boccale di birra, circondato dalle ragazze di Hank: due gli si erano avvinghiate alle spalle ed una, addirittura, gli sedeva sulla gambe e fissava le carte, sussurrando, di tanto in tanto, suggerimenti con le sue labbra rosse e carnose.
Non ebbe neanche il tempo di riflettere sulla situazione che le sue gambe erano già automaticamente marciate nel saloon, del tutto incuranti delle occhiate degli avventori che si trascinava dietro al suo passaggio.
“Mary!” esclamò Hank, sornione, al suo ingresso. “Non avrei mai pensato di vederla in un locale del genere di sua spontanea volontà!”
“La smetta, Hank!” tagliò corto lei, riversando, forse erroneamente, la rabbia che in quel momento le bruciava nel petto sull’uomo. “Come preferisce!” ghignò questi, agitando la chioma dorata all’aria pesante del saloon. “Quello che di sicuro non sembra aver intenzione di smetterla tanto presto è suo marito, però, a giudicare da come si sta divertendo! Sa come si dice … se uno non mangia a casa, mangerà da qualche altra parte!”
Una serie di risate accompagnò quel commento, ma Mary le ignorò, dirigendosi a passo spedito al tavolo in questione ed ignorando totalmente Daniel che la chiamava, preoccupato.
Quando fu dinanzi ai quattro uomini, Loren, che stava ridendo, smise subito, rivolgendole un’occhiata mortificata nonostante l’evidente ubriacatura. Preston si volse in quel mentre e, quando incontrò il suo sguardo, Mary seppe immediatamente che, qualunque cosa avesse detto, l’avrebbe ferita. “Ah, Mary! Stavamo giusto parlando di donne … com’è andata la festa? Immagino splendidamente! Del resto, con una compagnia affascinante come quella del nostro sceriffo …”
“Potrei dire lo stesso di te, anche se temo che le signore qui presenti non siano altrettanto affascinanti …” ribatté lei, gelida. “Oh, al contrario: sono un’ottima compagnia!”
“Preston …” tentò Jake, salvo poi rivolgersi direttamente a Mary. “Non stava accadendo nulla di sconveniente: stavamo solo brindando alla nascita di mio figlio.”
“Oh, da parte sua lo credo, signor Slicker. Temo che da parte di qualcun altro però non sia esattamente così!”
“Almeno lui può festeggiare la nascita di un figlio!” ghignò Preston, prendendo un’altra sorsata di birra. Mary, come congelata, lo fissò prima di prendere un respiro e sibilare: “Per quanto mi riguarda, puoi anche ubriacarti o andare con queste sgualdrine, ma non ti permetterò di discutere dinanzi a tutti i nostri affari privati!”
“E perché tu cos’hai fatto andando a quella festa?”
“Ho lavorato, l’unico modo che ho per uscire da questo inferno!” sbottò, salvo poi scuotere la testa, convinta a non lasciarsi sopraffare dalle emozioni contrastanti di quel momento. “Sei esattamente come dicevano tutti. Sono stata stupida io a ricredermi!” sibilò, del tutto ignara dell’espressione ferita di Preston, voltandosi ed uscendo in fretta dal locale, trascinandosi dietro un silenzio assordante. Una volta fuori, inciampò persino su uno degli scalini del locale, ma ignorò la mano tesa di Daniel che cercò di aiutarla a rialzarsi. “Sto bene, grazie.” mormorò. “Mary, non credo che tu stia esattamente bene …” iniziò lo sceriffo. “Ed invece sto benissimo. Davvero. Ora, se non ti spiace, vorrei solo andare a casa. E dovresti farlo anche tu: è tardi e domani è il Ringraziamento.” considerò, sfoggiando un sorriso forzato che le risulto difficile mantenere prima di voltarsi e, con le lacrime che le salivano agli occhi, trascinare Tuono fino alle scuderie di Robert E.
Lo legò e si diresse a passo spedito in banca, correndo in casa il più velocemente possibile. Una volta che si fu chiusa la porta alle spalle e tolta il soprabito, permise alle lacrime di scenderle lungo le guance ed ai singhiozzi di scuoterle il petto, rannicchiandosi dinanzi al camino: non immaginava che sarebbe andata così. Era iniziata male, malissimo, ma poi aveva scoperto quel lato di Preston che l’aveva fatta ricredere e, pian piano, se n’era addirittura innamorata, oramai poteva ammetterlo. Ma quella sera, come si era comportato per il solo fatto di essere andata a quella festa contro la sua volontà e con una persona che lui disprezzava …
Si circondò le ginocchia con le braccia e vi affondò il viso, lasciandosi andare al primo pianto da quando si era sposata. Si fermò solo quando sentì dei passi e la porta di casa aprirsi e chiudersi.
Nel silenzio totale della stanza, sollevò gli occhi rossi, incontrando quelli altrettanto arrossati di Preston, apparentemente come al solito, se non fosse per la serietà del suo volto.
“Mi dispiace.” disse, dopo un po’. “Oh, ti dispiace? Adesso ti dispiace? Dopo avermi umiliata di fronte a tutti, standotene con … con quelle?” eruppe lei, sdegnata, alzando il mento con rabbia nonostante le lacrime. “E per cosa? Perché ho fatto il mio lavoro?”
“Eri andata via con Daniel.” sospirò il banchiere, grattandosi le tempie. “E con ciò? Lo sapevi che sarei andata a quell’inaugurazione con lui! Io …”
“Io … io vi ho visti ridere. Ed ho … ho visto che eri felice, con lui. Molto più di quanto lo sei stata con me.” ammise, con una fatica sovrumana. Mary lo fissò, sconvolta, trattenendo il fiato. “E l’ho invidiato. Non per la prima volta e non più di quanto abbia invidiato Sully dal mio arrivo, o Horace, o Jake, per quel che vale. Tutti.” sospirò, frugando nelle lettere posate sul tavolino e porgendogliene una aperta. Mary la afferrò cautamente e lesse le parole di Alice Lodge, restandone sempre più sconvolta ad ogni riga. “Perché non mi hai detto niente?” domandò con freddezza una volta terminato, restituendogliela. “Perché non condivido quello che dice, non l’ho mai fatto. E non intendevo turbarti. La verità, Mary, è che … è che mi sono sempre sentito solo, sin da bambino. Nessuno s’interessava particolarmente a me e mi consideravano tutti un fallito. Speravo di avere degli amici, crescendo, magari una famiglia tutta mia, ma … ma non è successo, anzi: qui ho trovato soltanto nemici e mio padre mi ha addirittura dovuto trovare una moglie perché nessuno sembrava capace di riuscire ad amarmi o anche solo a sopportarmi. Quello …” deglutì, rivolgendole lo sguardo, che, come Mary notò con stupore, era rosso dal pianto trattenuto. “Quello che non mi aspettavo era una come te. Testarda, cocciuta, sarcastica e spesso invadente, te lo concedo … ma … ma anche determinata, coraggiosa, intelligente … e bellissima. Io non mi aspettavo di riuscire a condividere tutto con te, di essere davvero me stesso per la prima volta nella vita, anche se ammetto di non essere un granché … e di certo non mi aspettavo di innamorarmi di te.”
Mary trattenne il fiato, come colpita da un pugnale in pieno petto. “Dunque ti chiedo scusa. Sono stato geloso e stupido, simile a quei selvaggi che prendo sempre in giro. Ma non credo sia giusto per nessuno dei due andare avanti così: domani ti comprerò i biglietti per Boston e ti ci accompagnerò. Tornerai al tuo mondo ed annulleremo il matrimonio, non sarà troppo difficile dimostrare che non è stato … beh, hai capito. Ti chiedo solo, se puoi, di non odiarmi.”
Stava per voltarsi ed andarsene, ma Mary lo raggiunse in pochi passi e gli afferrò la mano, stringendola. Preston le rivolse un’occhiata sconcertata. “Non ti odio.” ammise, tirando su con il naso. “Non potrei mai. Ero gelosa anch’io di vederti al saloon con … con quelle: sei riuscito nel tuo intento. Ammetto che questa storia sia cominciata male, molto male: nessuno dei due è un granché nei sentimenti e siamo entrambi testardi. All’inizio non ti sopportavo, è vero: eri il classico figlio di papà, il genere di damerino che odiavo. Senza contare cosa dicevano di te ...”
Preston abbozzò un sorriso. “Ma poi ho capito che c’era dell’altro: la tua famiglia, come ti hanno fatto sentire rifiutato, la solitudine … ed anche le tue qualità, sì: non ho mai conosciuto nessuno di più gentile ed intelligente di te. Mai. Ed avresti potuto approfittare di me quando volevi, ma non l’hai mai fatto. Mai. Ad Halloween … ad Halloween, lo volevo. Lo volevo davvero e l’ho voluto anche dopo, ma fare finta di niente è stato più semplice. Dio solo sa quanto siano complicate le cose tra di noi, ma … ma non voglio andarmene.”
Il banchiere, le sfiorò la guancia con le dita, raccogliendo una lacrime furtiva. “Ed io non voglio che tu te ne vada.” mormorò prima di abbassarsi su di lei e posare le labbra sulle sue.
Il tempo, in quegli istanti, per Mary parve fermarsi: c’erano solo il silenzio delle strade, il crepitio del fuoco, le braccia e le labbra di Preston che sapevano di whisky sulle sue, sempre più pressanti. Quando si ritrovò ad urtare la parete con la schiena, sobbalzò, staccandosi brevemente ed ansimando. “Sono un totale disastro.” mormorò, sapendo di essere scarmigliata, di avere gli occhi lucidi e le guance rosse. Preston, però, non sembrava essere dello stesso avviso, a giudicare da come continuava a sfiorarle le guance. “Io non credo di aver mai visto nulla di più bello, invece …” sussurrò, deglutendo, una luce negli occhi che Mary credeva di non avergli mai visto prima. “Possiamo …” deglutì. “Possiamo provarci. Non ti prometto che andrà bene o che saremo felici, ma vorrei … vorrei provarci.”
Per tutta risposta, il banchiere, la sollevò alla sua altezza, strappandole un gridolino prima di baciarla di nuovo, tenendola saldamente a sé. Quando l’intensità e la profondità di quei baci divenne troppa per poter essere ignorata, lui si stacco appena da lei, osservandola con serietà. “Mary, se non …”
“Lo voglio tanto quanto lo vuoi tu.” replicò lei, rivolgendogli un timido sorriso prima di lasciarsi trasportare dalle sue braccia salde di sopra, con in testa solo il battito furioso del proprio cuore ed il desiderio di non separarsi mai più da lui.

 

Mary aprì gli occhi il giorno seguente e si rese conto con sorpresa di non essere nella sua stanza. Si era abituata, in quei mesi, a svegliarsi con il rumore della ferrovia e la luce filtrata dal grande albero che sorgeva sopra la sede dello sceriffo, ma, in quella stanza, si vedeva solo il cielo azzurro e sereno dell’alba, solcato da soffici nuvole rosate ed aranciate. La seconda cosa di cui si rese conto fu un braccio saldamente ancorato alla vita che la teneva premuta contro un petto ed un respiro regolare tra i capelli. L’ultima realizzazione fu quella di quanto fosse tranquilla, a dispetto del lieve fastidio al basso ventre e fu questa a farla ricordare e sorridere, assieme al profilo del suo vestito e del panciotto di Preston, entrambi abbandonati sul pavimento. Sorrise al ricordo di com’era sparito in fretta tutto ciò che potesse dividerli. Preston era stato titubante fino all’ultimo, timoroso di farle del male, ma, a dispetto di un lieve fastidio, tutto ciò che Mary aveva sentito era una felicità piena e completa, come mai aveva provato nella sua vita. Si era sentita come se avesse sempre vagato, sola e spaurita, in una landa gelida e deserta e fosse finalmente giunta a casa, davanti ad un focolare ed a due braccia calde che l’avevano accolta e scaldata. E solo allora aveva realizzato che, forse, aveva ragione Dorothy: forse era a lì che apparteneva.
Con un sorriso, si girò, per poi trovarsi di fronte a Preston appena sveglio, con gli occhi semiaperti ed i capelli spettinati.
“Buongiorno.” gli sorrise, baciandolo prima che avesse l’opportunità di parlare. Quando questi si separò da lei, le sorrise. “Come ti senti?” chiese subito, accarezzandole la guancia. “Bene. Forse non sono mai stata tanto bene in tutta la mia vita …” arrossì Mary, accoccolandosi nuovamente tra le sue braccia e lasciando che lui le accarezzasse pigramente i capelli. “Oggi è il Ringraziamento.” statuì Preston ad un certo punto. “Lo so. Dorothy mi aveva invitata al pranzo cittadino.”
“Le avevi detto che ci saresti andata?”
“Che ne avrei parlato con te.”
“E vuoi che ci andiamo?”
Sollevò la testa a fissarlo. “No. No, voglio restare qui con te. Voglio far finta che non esista il mondo là fuori … soltanto per oggi …”
Preston la fermò baciandola per poi regalarle uno dei suoi sorrisi smaglianti, forse ancor più brillante perché di vera felicità, stavolta. “Anche per tutta la vita.”

Angolo Autrice:
Bentornati/e!
Spero che la storia fin qui vi sia piaciuta e che i personaggi risultino realistici e coerenti. Dal prossimo capitolo arriveranno difficoltà varie, ma, intanto, lasciamo godere ai nostri protagonisti della felicità ritrovata. V
oglio ringraziare chiunque sia arrivato fin qui: spero sempre di leggere un vostro parere!
A presto!
E.

 

  
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